Nuove generazioni e  lotta politica (parte seconda)

 Intervento di Michele Capuano 

  1. Una domanda non è rituale: molti giovani oggi rifiutano i partiti: sono questi che non creano le condizioni per una partecipazione oppure, oggettivamente, i giovani in genere non "amano" identificarsi nei partiti? Affermiamo: la critica è sempre necessaria: la critica distruttiva minaccia le basi stesse della convivenza civile: i partiti, nei fatti, oltre contestabili o meravigliose declamazioni non hanno vissuto nessun particolare rinnovamento ingabbiati da una logica autoritaria, gerarchica, selettiva, autoreferenziale e burocratica. I partiti non sono necessari alle classi dominanti: lo sono nella misura in cui la classe lavoratrice si organizza e prende coscienza: gli attuali partiti di sinistra che pure si richiamano ai lavoratori, in Italia, nei fatti, sono portatori di "deformazioni ideologiche" che contaminano la stessa scienza sociale marxista e poco favoriscono la crescita dei giovani, i loro stessi desideri ed aspirazioni. Vecchia non è solo la struttura ma, indubbiamente, lo è il linguaggio, i processi organizzativi ed il modo di fare politica. Le delusioni sono, per la gioventù, più minacciose degli errori! Nei partiti si assiste alla rappresentazione di giullari, ruffiani, animali acritici, presuntuosi e impegnati nella ricerca di piccoli tornaconti personali, che danzano attorno ai loro "capi"(non solo scelti ma anche imposti). E' una danza esclusiva che impone l'eliminazione di ogni potenziale concorrente, il trionfo di polemiche inutili, la menzogna ed una superficialità sbrigativamente condivisa. Si comprende come il vecchio modo di "associarsi" non solo sia in crisi ma rappresenti una minaccia per ogni più banale valore democratico. Le sedi decentrate si stanno trasformando in luoghi di autocoscienza collettiva e consolatrice senza nessuna funzione formativa e  mobilitante. Vince il disordine ed il particolarismo. Fino alla fine degli anni '80, nella nostra penisola, c'era il grande Partito Comunista Italiano, c'era la Democrazia Cristiana, c'erano alcuni partiti minori con un grande potere (socialista, repubblicano, socialdemocratico, liberale), il Partito Radicale, Democrazia Proletaria e diverse esperienze di "Nuova Sinistra". C'era anche il MSI e drappelli monarchici e qualunquistici. Oggi ci sono oltre quaranta partiti (molti nascono a tavolino ed hanno rappresentanze politiche enormi anche senza partecipare ad elezioni democratiche). C'erano grandi movimenti di popolo. Il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana erano organizzazioni di massa, ereditavano dalla guerra di Liberazione "frammenti" di orientamenti politici diversi, schemi ideologici eterogenei e una visione dello Stato democratico dissimile. Figli della significativa unità antifascista che fu una linea per l'azione, per liberarsi dal mostro della storia che fu il nazifascismo (il cui "ventre" è più che mai fecondo), i partiti democratici italiani furono, pur essendo contrapposti, gli artefici dell'attuale Costituzione Repubblicana. C'era il sistema elettorale proporzionale. Oggi c'è un pazzesco sistema elettorale maggioritario. Il Partito democratico cristiano ha avvelenato, non poco, la vita politica italiana nella esaltazione di un integralismo cattolico e di una discriminazione di classe dalle proporzioni esagerate, come rappresentante di una borghesia gretta e retriva, di un ceto rurale privilegiato, meschino e dissipatore, semifeudale e parassitario, nella pratica e nell'uso (avamposto colonizzato contro il comunismo) d'ogni mezzo, legale ed illegale, per impedire ogni sviluppo di quella rivoluzione che la guerra di Liberazione prima e la nascita della Repubblica dopo imponevano come necessaria. La Democrazia Cristiana ha rappresentato per l'Italia ciò che per il piccolo coccodrillo rappresenta la madre: disposta a cibarsi della sua prole pur se seguiranno lagrime (non si sa se per cattiva digestione o per l'eccessivo lavoro mandibolare). Inutile soffermarsi su ciò che sa anche un cinico o un ingenuo: acuirsi delle contraddizioni tra nord e sud con conseguente abbandono del secondo, immiserimento di larghi strati sociali, emarginazione anche intellettuale, processi "inflattivi galoppanti", "bigottismo religioso", assistenzialismo incontrollato e disordinato, disoccupazione, stragismo, connubio tra potere politico e criminalità organizzata, fascismo di ritorno e oppressione delle masse popolari, uso fazioso e lottizzato dei mezzi di comunicazione di massa, sprechi per spese militari, "asservimento" ai capitali stranieri e via destabilizzando. La grande iena bianca (noi rispettiamo le balene), oggi, frantumata (in attesa di ricomporsi?) in una miriade di sigle, anche in piena crisi di una egemonia della parte più conservatrice della Chiesa (in pieno recupero), agitandosi nello scacchiere di centro-destra e di centro-sinistra, si impone come zattera determinante per tutti quei naufraghi della politica italiana che hanno come unico obiettivo quello di farsi raccattare dalla nave, in avaria (anche se non sembra), del mediocre capitalismo italiano. Si può dichiarare, per quanto appaia semplicistico, che la linfa per auto-proclamarsi organizzazioni di massa di alcuni partiti italiani sia semplice eredità, continuità ingannevole, di grandi movimenti politici passati e, quindi, alla lunga destinata a dissolversi per la sua stessa natura equivoca ed antistorica… In questa realtà entità fasciste (comunque mascherate) possono aspirare a svilupparsi come organizzazioni di massa mentre i partiti italiani complessivamente sono sempre più un serbatoio senza fondo di "schegge smarrite" in cerca di una funzione e dell'appagamento di interessi personali. Si fa sempre di più strada l'essere di formazioni politiche interclassiste e "i possessori dei mezzi di produzione o dl movimento di denaro e liquidità", avendo compreso la loro "funzione intellettuale", diventano essi stessi "padroni" della "cosa pubblica", organizzatori del consenso degli stessi compratori di merci. Impadronendosi dei partiti, direttamente o indirettamente, con mezzi legittimi o illegittimi, poli od aree, poi degli organismi statali e dell'informazione l'imprenditore, il "capitano" del movimento finanziario, il "soldato" del Fondo Monetario Internazionale sanno che possono creare le condizioni più favorevoli all'espansione della propria classe, con l'ausilio di "garzoni e commessi", per un proficuo rapporto di massa sui consumatori. Il centro-destra ed il centro-sinistra diventano astri non brillanti che ruotano attorno al pianta capitalistico pronti a rappresentarlo e ad esserne organici trafficanti di voti per ottenerne privilegi altrettanto esclusivi. La costituzione di DP si ripropone, al pari di una irrisolta "questione comunista", come essenziale! Lo avremmo detto per il PRC se scelte, metodi ed azioni che lo riguardano non lo confondessero con deformazioni burocratiche, pratiche scissionistiche perpetue, un "consociativismo a pillole" teso alla ricerca di alleanze tecnico-elettorali verticistiche ed incoerenti dove il carrierismo di alcuni, cooptazioni ingenerose per i militanti, strumentale accettazione delle minoranze, provincialismo incontrollato, ebete divismo, dilettantismo "rivoluzionario" e settarismi nonostante le belle intenzioni non lo avessero già fortemente inquinato e contaminato. Una formazione politica così "danneggiata" è destinata a perdersi nei vizi del partitismo tricolore; rimane la speranza che "i braciolari", militanti severi e non sciocchi esecutori, non incrocino le braccia, non si rassegnino, isolino, senza indugio, i costruttori di "trame private" che nulla hanno a che vedere con l'edificazione di una società socialista dove pure non mancheranno contraddizioni ma, intanto, ci compete lavorare per risolvere ed eliminare, oggi, storture ed errori. DP non vuole nascere in una logica di scissione a sinistra né, priva di verità assolute, come ulteriore frammentazione. Crediamo in un processo unitario da realizzarsi attraverso l'agire concreto ed insistiamo a batterci per contrastare il pauroso fallimento della stessa idea di civiltà coscienti che non vogliamo essere l'organizzazione degli "ex" ma di chi, in un percorso collettivo ed egualitario, è disponibile a fare la propria parte. I tempi sono non brevi ma intendiamo "inventare" un giorno in più per vivere e realizzare una lotta essenziale obbligandoci a condurre ad unità tipi diversi di cultura affinché militanti "vecchi" e "nuovi" collaborino, senza esclusione, nell'esercizio della critica e dell'autocritica degli errori passati, presenti e che faremo, al rafforzamento di una coscienza di classe. Una spiegazione razionale del recente passato, di ciò che si manifesta nella storia moderna e contemporanea è possibile solo attraverso un'analisi ed una filosofia scientifiche. La società è nel suo insieme più complessa ma rimane valido il quesito: "uscire dalla crisi o uscire dal capitalismo?" E' essenziale uscire dal torpore della sinistra ovvero da una crisi del movimento operaio, delle sue stesse avanguardie, anche se a piccoli passi. Una nuova morale va, senza tentennamenti, conquistata contro una diffusa idea di "benessere" che affascina e confonde. I rapporti umani sono sempre più contradditori: l'egoismo, l'individualismo ecc., sono virus che si sono insinuati prepotentemente nei rapporti sociali fino a condizionare anche quelli più intimi. La stessa straordinaria solidarietà nelle condizioni di calamità naturali ed umane è, il più delle volte, dentro occasionalità, mode, contingenze. Il rapporto tra gli esseri viventi e tra questi e la natura è "minacciato" continuamente proprio dalla esistenza della società divisa in classi, da quando, cioè, la logica del profitto per pochi ha deformato ogni rapporto. Per quanto tempo la sessualità, ad esempio, è stata subordinata solo alla procreazione? E, fenomeni quali stupro, pedofilia ecc. non sono, forse, degenerazioni estreme di una logica dell'oppressione di un "dominante" su ciò che va "dominato"? La ricerca di un "piacere" per pochi, i più forti: l'emancipazione sessuale comunque non ha storia se non è dialetticamente  "subordinata" alla lotta reale per l'emancipazione della donna e, quindi, della società: diciamo cose scontate ma, nei fatti, "esorcizzate" da un potere che le teme. Tra i motivi, ad esempio, in particolare tra i giovani, che portano al disagio, al disfattismo, allo scoraggiamento, agli squilibri e turbe sessuali, agli stessi suicidi ecc. vi è l'oppressione dell'Autorità "borghese" e dei suoi "apparati coercitivi", le contraddizioni della piccola borghesia, la non presa di coscienza delle stesse "classi subordinate": dilaga una ideologia irrazionale e reazionaria. La nostra gioventù sta subendo una colossale truffa: non è libera: non è libera di vivere liberamente la propria sessualità, la cultura, lo sport, la stessa politica, il viaggiare o il riempire intelligentemente il proprio tempo libero. Bisogna far comprendere alle nuove generazioni che una critica generica rischia di trasformarsi in una critica alla stessa civiltà mentre una critica al capitalismo è riconoscere che i valori di questo "sistema" non sono universali, naturali ed eterni. Il deficit dello stato è ormai di oltre 2.000.000 di miliardi di lire e gli interessi maturati sul debito pubblico sono di circa 100.000 miliardi: si continua, paradossalmente a promuovere finanziarie che tagliano la spesa pubblica, danno elemosine a pochi, regalano ulteriori incentivi al  "padronato",  svendono il patrimonio immobiliare dello Stato. Le cifre della disoccupazione superano abbondantemente il 12% mentre aumentano le spese per la guerra e il "parassitismo": bastano piccoli dati peculiari per comprendere che il marxismo è la bussola per orientarci nel presente: si tratta di capire con quale linguaggio dobbiamo rivolgerci alle masse in genere, ai giovani nello specifico. Questa è una fatica non di Sisifo che si pone come non rinviabile. Uno dei terreni che impegna "gruppi" non indifferenti di giovani e ragazze è quello internazionalista e della solidarietà (come forte è la propensione al viaggio). Questi giovani sono i primi ad aver intuito il bisogno di un nuovo internazionalismo ed una lotta al "nuovo colonialismo", hanno compreso che la povertà di molti consiste proprio nella loro ricchezza (umana e materiale): da "espropriare" fuori da ogni regola. Ciò non determina immediatamente una coscienza rivoluzionaria (tra l'altro la stessa non è irreversibile) ma aiuta ad avere "piccoli successi pratici" (come nel lavoro o in una scuola) ovvero "vittorie di principio". Ciò che è aberrante è il limitarsi alle stesse. I giovani, quindi, si trovano nella difficile situazione di chi deve difendere nel presente ogni piccola conquista (compreso le pensioni o una maternità libera e consapevole) per l'estensione di ogni altro diritto quindi ciò che va auspicata è una moderna "lotta di liberazione" anche perché gli stessi sistemi democratico-borghesi non sono un regalo delle classi dominanti ma una contraddizione in seno alle stesse che non h visto inoperante la classe antagonista.
  2. L'insieme dei rapporti di produzione forma la struttura economica della società stessa collegata ad una superstruttura politica, giuridica, culturale ecc. che si tende a rendere conforme ai detentori dei mezzi di produzione: questa formuletta è di per sé superficiale se non si analizza l'insieme degli elementi di cui si compone e il loro "agitarsi", muoversi, contrapporsi, regredire e progredire, annullarsi ecc…  Sono appunto le contraddizioni del sistema economico "classista" quelle che ci interessano, la loro coriacea elasticità, il loro continuo contrarsi e dilatarsi, i danni, in tutti i settori della vita, che in questo processo si realizzano fino alle implicazioni che riguardano la stessa riproduzione della specie e la pretesa del suo mero sopravvivere. Acquista priorità non il modificare, "resistente movimento ripetitivo" per il permanere dell'attuale stato delle cose, ma il mutare e, quindi, acquisire la consapevolezza di un conflitto che c'è ma che va risolto una volta per tutte: lo scontro principale esistente, nonostante i traguardi raggiunti dallo sviluppo tecnologico e nuove invenzioni, rimane quello tra salariati e profittatori: il comunismo non è morto: non lo è e non lo sarà anche perché una classe (rispetto un'altra) non scompare finché sussistono i "meccanismi" che l'hanno generata, finché non cambiano, finché, in sostanza, esistono sfruttatori e, comunque collocati, dei dominati, finché la ricchezza è dei pochi e la miseria dei tanti, finché le forze produttive partorite nella società borghese non eliminano, vincendolo, l'antagonismo che ne consegue: si tratta di avere una nuova leva di combattenti che lo comprenda e "inventare" percorsi "originali" che lo facciano comprendere.
  3. C'è una crisi del capitalismo, c'è un crisi del movimento operaio mentre un inasprimento dello scontro di classe è la risposta adeguata alle impellenze del presente: la vittoria di un processo di "normalizzazione" sta anche nel cedimento di chi  intende, o comunque dovrebbe,contrastarlo…