PROGRAMMA MINIMO DI 
DEMOCRAZIA POPOLARE – SINISTRA UNITA
ELEZIONI COMUNALI DI ROMA 2001

FUORI E CONTRO IL BIPOLARISMO

 

ROMA: 
UNA CITTA’ DA CAMBIARE

 

ROMA è al centro delle contraddizioni tra il Nord ed il Sud del Paese. Città-Capitale e non capitale della cultura né unificata in un identico progetto che la valorizzi come Comune mentre da sempre saccheggiata da abusivismi edilizi ha vissuto, e vive, un particolare disordine nei trasporti e nel traffico, processi migratori confusi uniti ad alta disoccupazione e mancato sviluppo di lavori concernenti la concreta salvaguardia del suo stesso patrimonio storico, artistico ed ambientale (soprattutto nelle periferie). Roma rappresenta una sorta di “cento città” scollegate tra di loro e servite diversamente.

ROMA NON HA MAI VISTO PIANI ORGANICI CHE RENDESSERO BORGATE E QUARTIERI PARTE REALE DELLA CITTA’ STESSA E ANCHE ATTUALMENTE  MANCA UNA RETE DI SERVIZI SUFFICIENTE A SODDISFARE LE ESIGENZE DELLA COLLETTIVITA’.

Spesso i veri “criminali” sono proprio coloro che hanno governato la città: tutta la politica bipolare è impostata fortemente sulla questione di città più sicure e la micro-criminalità mentre la grande criminalità, la logica del profitto, lo strapotere di finanza e possessori di mezzi di produzione, la stessa corruzione continuano a “governare” le scelte politiche e a far trionfare gli interessi di pochi sulle moltitudini e a creare un nuovo conformismo dell’emarginazione e dell’esclusione che sconfina in razzismo, intolleranza, omofobia.

E ancora si continua a non valutare nella sua vitalità l’Agro Romano e a trasformare il verde in luoghi da privatizzare. Privatizzata la Centrale del Latte, l’energia elettrica e dell’acqua ed ora, parzialmente e a pillole, gli stessi trasporti Roma sarà sempre di più meta di faccendieri senza scrupoli allontanando la possibilità di realizzare un progetto adeguato al nuovo millennio e a farne una città europea moderna e popolare. Emarginazione, irrisolti problemi sul disagio sociale e culturale, intere zone dormitorio sono ormai simboli nefasti di una città lontana dai bisogni collettivi con una “classe dominante” che cerca di corrispondere al neoliberismo, alla nuova globalizzazione, agli ordini del Fondo Monetario Internazionale e, quindi, al’abbattimento dello stato sociale e delle conquiste del mondo del lavoro. E’ nel caos, con centinaia di senza casa e sfrattati, lo stesso piano per l’edilizia economica e popolare e assenti, oltre le iniziative private o autorganizzate, gli spazi per vivere e fare cultura. Non mancano stanziamenti a pioggia spesso finalizzati a realtà collegate a questo o a quel partito ma il decentramento culturale è ormai un ricordo del passato morto con le stesse Giunte Argan e Petroselli insieme ad una politica d’intervento verso le fasce più deboli della società.

 

RISORSE FINANZIARIE E TRIBUTI

 

Si tratta di indirizzare parte sostanziale delle risorse verso l’edilizia scolastica intesa come realizzazione di Campus attrezzati per corrispondere ad una adeguata riforma della scuola e alla scuola a tempo pieno che non escluda il rapporto tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, tra teoria e pratica, che sappia rapportarsi ai beni paesaggistici e monumentali, che potenzi il rapporto tra studio e pratica sportiva, tra apprendimento e inserimento al lavoro. Tra l’altro, a partire dalla scuola e comunque dovunque, va inserito un piano organico per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

E’ necessario, inoltre, rivisitare l’intera rete fognaria della città e adeguarla nei nuovi insediamenti abitativi e nell’estrema periferia potenziando, altresì, acqua e illuminazione, parcheggi liberi e spazi per il tempo libero a verde attrezzato o in luoghi culturalmente polivalenti. Gli stessi assessorati alla cultura più che finanziare progetti dovrebbero garantire il libero accesso alla cultura e allo sport per tutti e tutte attraverso un magazzino organizzato e provvisto di ogni necessità (stand, sedie, tavoli, amplificazioni, palchi e via elencando) fino ad abolire la tassa per l’occupazione di suolo pubblico a cooperative, associazioni, comitati di quartiere per attività di interesse sociale e collettivo. Sviluppare lo sport (e la cultura) implica investimenti concreti in strutture a gestione popolare e il potenziamento di quelle esistenti.

Ingenti risorse vanno, inoltre, indirizzate al decentramento amministrativo con obbligo di estensione della partecipazione dei cittadini e delle cittadine alle scelte comuni.

Quello della casa, invece, non è un problema ma una vera e propria emergenza: anziani, giovani coppie, disabili, singoli cittadini, famiglie numerose, disoccupati, famiglie prive di o a basso reddito. Si tratta di semplificare i meccanismi di assegnazione, inventariare le case sfitte intervenendo con leggi adeguate che favoriscano chi loca e tassino il lusso, abolire l’ICI sulla prima casa e verificare precedenti assegnazioni fino a punire chi ha fatto speculazione su case assegnate. Le grandi ville (Lais, Caffarella, Torlonia ecc.) continuano a non essere attrezzate per l’uso intelligente del tempo libero e per creare “lavoro utile a cielo aperto” in generale mentre piccoli spazi verdi vengono abbelliti negandosi al gioco dei minori, alla loro stessa praticabilità e favorendo spazi macchina sia privati che da pagare. Una politica di rigore amministrativo pretende l’abolizione dei tanti privilegi (dalle auto al personale) degli eletti, un ridimensionamento di stipendi di lusso e un innalzamento di quelli “assistenziali” (è enorme la disparità di trattamento economico tra un sindaco e un consigliere circoscrizionale) oltre ad una giusta distribuzione, al servizio dei cittadini, del personale in generale (eliminando la grande servitù ai governanti o uffici gonfi di “giullari” mentre si fa, ancora, la fila per un documento) e rendendo moderna (uso delle tecnologie avanzate) tutta la macchina amministrativa. Altrettanto adeguata deve essere la lotta all’evasione fiscale, l’ottenimento della totale trasparenza degli appalti e la verifica dei redditi degli eletti e del personale dirigente dell’amministrazione.

IL PERSONALE CAPITOLINO

All’interno del Comune di Roma esistono non poche posizioni di privilegio che pretendono una vera e propria “riforma morale” e sono non pochi coloro che assunti per altre mansioni (dal vigile al bidello) sono riusciti ad “infiltrarsi” in situazioni parassitarie grazie all’aiuto compiacente di questo o quel politico e senza avere particolari capacità. Il clientelismo, spesso, l’ha fatta da padrone e lo stesso vale per gli “straordinari” e la sperequazione degli stipendi con il bene placido di sindacati silenti dinanzi alla stesso non rispetto dei contratti nazionali. Al tempo stesso vanno obbligatoriamente inquadrati in ruolo i lavoratori socialmente utili, i precari, i possessori di contratti atipici e a termine. Moralizzazione è anche stabilire con chiarezza le norme per i concorsi e gli stessi passaggi di “livello” oltre alle nomine per Enti, commissioni o luoghi di esperti. Moralizzare è anche adeguare i servizi ai bisogni ed alle esigenze della collettività che implicherebbe di fatto nuove assunzioni e lotta alla disoccupazione soprattutto giovanile e femminile valorizzando, sempre e comunque, la produttività del personale e l’utilizzo necessario. Una “gestione del personale” consentirebbe programmazione e giusta distribuzione dello stesso fino a coprire totalmente, anche con nuove assunzioni, la città nel suo insieme (decentramento). Il personale capitolino va inoltre ragionato  per rispondere alle nuove esigenze dei servizi sociali (valorizzando con contributi adeguati, e non come concorrente al minor costo, il volontariato organizzato e dotato di curriculum). Personale insufficiente è presente nei servizi in genere ed in particolare per i giardini, consultori, asili-nido, scuole materne, netturbini, terminalisti, esperti in telematica, igiene, personale per la lotta all’emarginazione e per favorire la città multietnica, turismo, musei capitolini e comunali e manca parallelamente una ristrutturazione dei servizi stessi con particolare riferimento al popolo. I cittadini e le cittadine di Roma vanno favoriti per la fruizione dell’arte in città, antica e moderna, con speciali tessere che la consentano gratuitamente. Un obiettivo di fondo è tuttavia semplificare ogni procedura amministrativa e abolire rimpalli burocratici mentre gli orari degli uffici vanno rivisitati rispetto quelli delle scuole, del commercio ecc. al fine di favorire la decongestione del traffico e l’uso dei mezzi pubblici di trasporto. Il personale capitolino inoltre va educato al rapporto con il cittadino ed essenziale è rendere edotta la popolazione dei servizi, loro funzionamento e costi rendendo tutti e tutte consapevoli della gestione della “cosa pubblica”.

 

ALLOGGI

Ogni illecito realizzato sia dall’amministrazione che dal cittadino va punito per porre fine a pratiche consolidate di strumentalizzazioni a fini clientelari nell’assegnazione degli alloggi e a “vendite illegali a scopo speculativo”. L’assegnazione degli alloggi va condotta all’insegna della moralizzazione e del rigore con particolare attenzione al mondo del lavoro mentre va rivisitato il percorso che ha permesso assegnazioni precedenti fino a constatare se un’identica famiglia ha avuto più assegnazioni nel corso degli anni. Rimane l’esigenza di avviare una forte ripresa nella costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare e vanno pensati gli affitti corrispondendo a possibilità e condizioni reali e possibili per i locatori e, ancora, va riattualizzato l’esproprio di immobili ed aree da parte dell’amministrazione quando la legge lo consente in una lotta contro abusivismi e speculazioni selvagge in contrasto con gli interessi collettivi e della città. Vanno valorizzate libere associazioni di chi lotta per il diritto alla casa e sanata la piaga degli affitti alti e dell’intermediazione a scopo di lucro che rende inaccessibili molte case nella città. Nei casi di abusivismo quando si è dinanzi a bisogni e alla prima casa è compito dell’amministrazione inventare permute di terreni e favorire la libera iniziativa. Vanno aiutate le famiglie con incentivi sostanziosi per l’acquisto o l’affitto di case mentre vanno posti tetti nei costi per rendere possibile la locazione. Ogni azione va “meccanizzata e memorizzata” al fine di avere un quadro della situazione globale. Si tratta di costruire una vera e propria “anagrafe della casa” mentre per i giovani e le ragazze vanno favorite condizioni di residenza in “comune” e “ostelli organizzati” attrezzati e popolari. Monitorare la città dal punto di vista abitativo è un bisogno quanto vedere scomparire la stessa piaga di chi si trova in strada o di chi ha scelto vita errante consentendo attraverso “campi modernamente attrezzati per ogni stagione” di non aver più nessun essere umano “sotto le stelle”. Gran parte delle somme di una amministrazione devono essere destinate alla casa (e poi alle borgate, alle utenze, al lavoro e alla stessa agricoltura, alle grandi infrastrutture soprattutto per la tutela dell’ambiente, all’istruzione, all’assistenza e alla sanità, al patrimonio artistico e al fare cultura e sport popolari, ai trasporti e al variegato mondo della cooperazione e dell’associazionismo valorizzando un nuovo commercio e un nuovo artigianato e una stessa media e piccola industria anche turistica dentro idee consortili e aggregative e dentro piani zonali e di libera vendita superando un’enormità di autorizzazioni e cavilli burocratici spesso penalizzanti anche per idee innovative e coraggiose). In città si tratta di dare ancora alloggi a stranieri e comunità non più erranti, a italiani che vivono in alloggi impropri, in garage, scuole, negozi, soffitte proponendo una vera programmazione e applicando ovunque un nuovo “equo canone”.  Lo sviluppo del settore edilizio va indirizzato verso il pubblico e meno verso il privato avendo quest’ultimo già fortemente penalizzato la città mentre va sostenuta e sviluppata l’edilizia e l’imprenditoria cooperativistica.

 

PROGRAMMARE

Bisogna avere per la città dei veri e propri piani legati:

a)      alla struttura economico-produttiva

b)      al recupero civile ed urbanistico

c)      alle prospettive per la città

Scuola, borgate e periferie anche moderne, trasporti, servizi sociali, ambiente, tempo libero, traffico e circolazione sono alcuni titoli che richiedono impegni e piani concreti. Roma deve essere anche più pulita ma non si può fermare un processo che riguarda i rifiuti se la città è rifiutata, se attaccare un manifesto abusivo è la sopravvivenza per chi non può permettersi altre possibilità per “esistere”, se i cartelloni pubblicitari negano spazio a quelli artistici, se lavoro non è anche salvaguardia dell’esistente oltrechè del proprio patrimonio ridisegnando un palazzo, colorando la città, un muro… Il settore economico deve aprirsi a nuovi lavori e alla fantasia mentre vanno allargate le basi produttive della città (dove il parassitismo, il clientelismo e l’abusivismo arrogante trionfano), valorizzare ciò che è rimasto dell’agricoltura, del piccolo commercio, del locale tipico, dell’artigianato, dei mille mestieri collegati al turismo (dalle “botticelle” ai “ciceroni”) fino alla stessa edilizia e alla conservazione del patrimonio. Ogni spazio inutilizzato va ceduto a movimenti organizzati richiedenti e gli stessi vanno sostenuti per servizi di pubblica utilità valorizzandoli come luoghi di libertà e d’incontro sanando le occupazioni e “inventandone” con il concorso dell’amministrazione per recuperare aree intere, cinema in chiusura e via aggiungendo. Inoltre è altrettanto importante decentrare la “direzione” della città creando più uffici con identiche competenze al fine di snellire procedure e traffico liberando aree e spazi che non possono comunque diventare tabù per chi abita nelle periferie. La trasformazione profonda del modo di essere delle circoscrizione è parte di una programmazione che guarda alle prospettive di assestamento futuro della città valutando anche un finanziamento alle stesse per il diritto gratuito all’istruzione, ai trasporti per lavoratori e studenti, ai servizi in genere e alla sanità per chi ha redditi da lavoro dipendente o da disoccupazione fino a garantire spazi culturali e sportivi. Va altresì creata la condizione per la partecipazione effettiva dei cittadini alle decisioni amministrative attraverso commissioni e consulte popolari e delegati in rappresentanza di condizioni sociali, del lavoro, dell’associazionismo, della gioventù e delle donne individuando anche figure professionali per il buon governo democratico e popolare. Vanno, dunque, istituiti “governi ombra”, da prevedere negli stessi “regolamenti”, riconosciuti come consigli territoriali circoscrizionali e in sintesi consiglio territoriale comunale.  Gran parte dei “poteri” appartengono già alle Circoscrizioni (dalla segnaletica stradale al decentramento dei certificati anagrafici, dalla vigilanza urbana alle biblioteche o alle ASL): va potenziato il progetto senza accentrarlo nelle mani di pochi o come nascita di mini-comuni ma essenzialmente per favorire il controllo della spesa, il corrispondere a piccole o grandi esigenze di quartiere, il favorire la partecipazione della collettività. Vanno, dunque, qualificati gli operatori comunali e circoscrizionali ai diversi livelli e ristrutturati i servizi decentrati (amministrativo, tecnico, socio-sanitario, educativo-culturale-sportivo, vigilanza urbana, ragioneria, smaltimento rifiuti e parchi in particolare). Per l’energia vanno creati appositi luoghi per favorirne quella alternativa mentre per l’ambiente va costruita una rete per ricerca, monitoraggio, controllo, consulenza, assistenza, sperimentazione, raccolta differenziata (oggi fatta alla speriamo io me la cavo), gestione aree verdi e attività collegate per il tempo libero. Programmare è anche creare occupazione soprattutto giovanile e femminile e degli stranieri mentre permangono doppio lavoro per molti impiegati ed economia sommersa con bassi salari e precarietà. La creazione di nuovi posti di lavoro richiede anche il potenziamento dei servizi per ampliare la base produttiva (ricerca e tecnologie pulite, formazione, nuove tecnologie, pubblicità), per la tutela e la fruizione dei beni ambientali e culturali (dai parchi ai musei, dal verde urbano al centro storico e all’archeologia periferica, dal riuso del patrimonio edilizio al risanamento dei territori, dalla raccolta differenziata alla cultura), per il miglioramento e l’estensione dei servizi alle persone e della lotta all’emarginazione, per il completamento degli organici nella Pubblica Amministrazione. Lo stesso commercio, il turismo e l’artigianato, la nascita di luoghi tipici tra usi e costumi fino all’alimentazione particolare e tradizionale sono occasione su cui investire energie e risorse. Nello stesso settore della sanità va incrementato un modo diverso di fare medicina, professionalizzando ulteriormente il personale oltre il medico, contro sprechi e mancata prevenzione, contro una sanità spesso basata sulla prescrizione farmaceutica, per l’efficienza di consultori e medicina nelle scuole e nei posti di lavoro, per la stessa medicina alternativa, per il reinserimento sociale del disabile e dell’anziano. Per programmare un ruolo diverso dell’ACEA è necessaria una battaglia per restituirla al servizio pubblico contro la sua privatizzazione essendo la stessa anche fonte concreta per nuovi lavori. Una conferenza di produzione sull’illuminazione e gli impianti idrici si pone come condizione essenziale per potenziare un piano che sviluppi l’ACEA non per il profitto di pochi ma per l’intera cittadinanza.  Interagire con l’ACEA deve implicare forme di consultazione anche popolari per risolvere energicamente la dotazione del servizio nei nuovi siti periferici, il controllo degli esistenti e la loro stessa modernizzazione e adeguamento riconoscendo le priorità. Vanno inoltre valorizzati dal punto di vista dell’illuminazione i beni archeologici oltre il centro storico.

LA GESTIONE SOCIALE DELLA SCUOLA E NEI SERVIZI SANITARI

Vanno rivisitati i regolamenti per la scuola dell’infanzia e la stessa va potenziata contro qualsiasi logica di finanziamento pubblico alle scuole private. Lo stesso discorso è valido per gli asili-nido. Ciò che va eliminato è un isolamento del servizio rispetto le famiglie ed il territorio mentre vanno favoriti gli interscambi tra diverse scuole all’interno della città per migliorare l’intervento educativo, la stessa cultura dell’alimentazione e del gioco. Il rapporto non può essere insegnante bambino o studente ma vanno costituiti “gruppi educativi” polivalenti e aperti alla società. Va favorita la ricerca, la sperimentazione, l’interscambio, l’idea di classi aperte, il decentramento, l’aggiornamento continuo, la reale integrazione per disabili e stranieri valorizzando anche cooperative e associazioni collegate al “settore”. I comitati di gestione non casualmente devono essere dotati di poteri che burocrazie e logiche accentratrici non devono minacciare. Gli orientamenti educativi e i programmi di lavoro devono necessariamente vedere tutti i soggetti (incluse le famiglie) in un paritetico rapporto. L’organismo di base di gestione delle scuole materne e dei nidi deve essere l’assemblea mentre vanno introdotte scelte che garantiscano pienamente i “diritti del mondo dell’infanzia” fino a comprendere come ci si attiva verso il disagio non solo nella nostra città: la solidarietà internazionale a tutela dei diritti è un dovere di tutti e di tutte. Politiche chiare vanno poi pensate per “gli spazi” ed il loro essere oggettivamente attrezzati dentro un’unificazione almeno a livello territoriale delle varie esperienze: una vera e propria consulta circoscrizionale che si saldi verso la scuola dell’obbligo. I servizi vanno ripensati come servizi sociali appunto ovvero al servizio dell’intera comunità. La comunità è di fatto esclusa dai diritti, dal controllo, dalla stessa partecipazione. I bambini si “parcheggiano” per liberare tempo da dedicare ad altre necessità. Ma se è facile individuare l’asilo nido complesso è comprendere il consultorio come utenza continua e della prevenzione, lo stesso centro anziani, luoghi per fisioterapia, l’ambulatorio… è un insieme di forze sociali e di cittadini che vanno responsabilmente coinvolti come parte attiva e non solo come utente da un lato e fornitore di un servizio dall’altro (spesso dentro meccanismi perversi che non rendono mai chiaro cosa si può chiedere e cosa si propone). Anche per le ASL (che devono avere consulte permanenti e partecipate) si pone l’esigenza di una vita pratica in rapporto con un territorio e con chi lo abita (creando anche nuovi lavori) per comprendere esattamente un servizio preventivo, la cura, l’intervento sul disabile, i soggiorni per ragazzi ed anziani, le urgenze, il rapporto abitanti e servizio e un’autonomia medica decentrata, polivalente e professionalizzata che determini sicurezza in ogni complesso abitativo fino a rivisitare orari e presenza di veri e propri team plurali.

 

UN PIANO PER ROMA OLTRE UNA LEGISLATURA

Ciò di cui la città ha urgente bisogno è un piano di risanamento a partire dalla politica urbanistica e dai bisogni primari (casa, salute, scuola, servizi, lavoro) che tenga conto dei problemi reali e che sappia ragionarsi in una visione regionalistica. Le stesse basi produttive della città vanno ripensate, potenziate, allargate: zone industriali, rilancio dell’agricoltura, riqualificazione del terziario, attività edilizia che corrisponda all’abbattimento di barriere architettoniche, alla domanda popolare di alloggi, alla rivisitazione degli spazi abbandonati e da assegnare, alle infrastrutture. Rimane sempre alto il bisogno di giustizia delle borgate non solo per i servizi essenziali ma per dotarsi di oggettivi spazi a verde, per lo sport e la cultura, per il movimento. La stessa espansione della città (soprattutto a Sud e ad Ovest) è stata disordinata ed è mancata una vera e propria strategia che comprendesse onde migratorie e natalità, flussi turistici, ricerca di nuovi lavori. E’ mancata una politica che tenesse conto dei bassi redditi di tanta parte della popolazione. E’ mancata una capacità verso Tor Vergata ad esempio e nel settore orientale di creare facili spostamenti e nuove attività oltre il privato (zone fiere e per il decentramento culturale, teatri, ostelli, spazi culturali da autogestire ecc.). E’ mancata una politica che valorizzasse in zone attrezzate l’insediamento di imprese piccolo-industriali e artigianali mentre è avanzata disgregazione sociale e decadenza morale, incapacità a riqualificare la struttura occupazionale e irrazionalità negli investimenti. Calmierare i prezzi delle aree da destinare a cultura, artigianato, impresa è una via obbligata quanto trasferire impianti dall’improvvisazione (o dal clientelismo e dalla corruzione) a zone organizzate prevedendo investimenti per impianti industriali, favorendo cooperazione e processi collettivi, favorendo il credito e la gestione delle aree delle forme associate, favorendo formazione professionale e conseguente impiego produttivo, investendo in opere infrastrutturali e quindi in occupazione. Ma, soprattutto, va avviata una grande politica per il recupero del patrimonio edilizio esistente e costituirlo per aree in un insieme organico armonioso e funzionale evitando interventi singoli e parcellizzati, variazione di destinazione d’uso al di fuori di un piano e destinando gran parte del patrimonio a centri socio-culturali e residenze collettive con particolare riferimento alle periferie e senza escludere il Centro Storico: evitando per quest’ultimo politiche clientelari di assegnazione e destinazione. Ci sono voluti anni di lotte per risanare parzialmente le borgate e sono le lotte che valorizzano ancora oggi spazi diversamente abbandonati o destinati alla speculazione privata. Alle vecchie borgate si aggiungono (tra bisogni ed abusivismo edilizio) le nuove. I problemi che li legano sono sempre gli stessi: zone dormitorio, emarginazione, mancanza di adeguati spazi pubblici, carenza di diversi istituti per l’istruzione, la cura, la vita associata e culturale, la vita sportiva, i trasporti e le stesse aree produttive e commerciali. Manca infatti un disegno complessivo della città e si continuano a costruire “casermoni” che spesso riciclano denaro di dubbia provenienza o saranno destinati a “privati” per gli interessi di pochi senza coerenza riguardo gli indici di fabbricabilità e la tutela del grande patrimonio ambientale e faunistico aggredito nel tempo e mai inteso come risorsa. Lo stesso verde (oltre i grandi parchi spesso salvi grazie a reperti archeologici) è un insieme di piccole “lottizzazioni” prive di utilità e spesso non fornite di illuminazione ed impianti idrici. Dopo le giunte Argan-Petroselli-Vetere lo stesso piano ACEA per la città ha subito un arresto fino al disimpegno e non si è portato a compimento un censimento rigoroso per avere una idea chiara dello stato della città (a partire dalle case fino ai servizi e alle aree per il tempo libero o per il lavoro) il che implica difficoltà per interventi concreti. Non si è saputo utilizzare il mondiale di calcio a Roma né il Giubileo (strade inutili lasciando sopraelevate come quella sulla Prenestina a danneggiare la città ed i suoi abitanti, parcheggi enormi e inutili come al Granicolo senza recuperare le ex caserme nel centro della città e favori vari a questa o a quella ditta senza pensare Roma nel suo insieme e il suo stesso agro: miliardi investiti per non sanare gran parte dei problemi della città: un fiore all’occhiello della Giunta Rutelli con il silenzio complice di Rifondazione Comunista).

 

APPUNTI SUL CENTRO STORICO 

Recuperare il centro storico non è certo un problema di illuminazione e neppure è valorizzazione delle aree archeologiche:  la scelta della giunta Rutelli e del PRC per creare una nuova area archeologica ha significato aver represso al Casilino la presenza dei rom, sinti e caminanti senza grandi prospettive tra deportazione e precarietà: una nuova area archeologica e la possibilità per la Nato di avere edifici direzionali. Intanto va combattuto lo spreco dovuto al sottoutilizzo e allo stesso degrado di un patrimonio vasto di luoghi, abitazioni, palazzi, servizi e monumenti. In alcuni parchi la presenza di “ruderi” implica il rifiuto ad organizzare iniziative culturali che al contrario andrebbero incentivate e al tempo stesso finalizzate alla memoria e alla conoscenza del passato. Inoltre va ostacolata l’idea che la protezione del centro storico è rappresentata dai divieti a partire dalla libera circolazione e dalla stessa fruizione per i romani fino ad avere distrutto (salvando solo multinazionali e mcdonad’s) un tessuto sociale interessante fatto di locali tipici e spazi sociali. Sono le attività che recuperano i luoghi! I rioni sono stati spopolati, i prezzi esaltati per immobili e consumi mentre ristrutturazione e manutenzione è stata affidata a speculazioni di vario tipo favorendo unicamente stranieri danarosi e alti redditi. I cacciati dal centro sono andati a rinforzare le fila dei senza casa o degli abusivismi periferici. E’ la nascita di una fascia di cittadini che definiamo “non protetti” e che ha comportato la morte di botteghe artigiane e turistiche e di tante piccole attività commerciali. E’ necessario perseguire una politica che pensi alla conservazione e al miglioramento e alla fruizione delle strutture residenziali e ad un uso socialmente utile fino a favorire e ad assegnare edifici vuoti o sottoutilizzati attraverso comitati per la casa e associazioni. Gli edifici storici, in sostanza, vanno destinati in gran parte a scopi sociali e culturali riunificando le zone d’interesse archeologico e migliorando l’ambiente urbano, recuperando lo stesso Tevere a risorsa sportiva, culturale, ricreativa e navigabilità non solo turistica oltre fiere e rassegne unicamente commerciali e private. Bisogna allontanare dal centro alcuni servizi pubblici a carattere urbano compreso depositi, caserme tutte e carcere ( quest’ultimo va totalmente ripensato per il recupero e l’integrazione e le attività in generale in rapporto ad un quartiere e alla cittadinanza ). Va creata una estesa pedonalizzazione e incentivato il trasporto pubblico (taxìbus e tariffe di favore).

 

LA GESTIONE DEMOCRATICA DEI SERVIZI

Assistenza ai minori, agli anziani, ai “non abbienti”, alle famiglie dei carcerati, ai rifugiati politici, ai nomadi, agli stranieri in genere, agli studenti “fuori sede” richiede la nascita di “nuovi lavori” e soprattutto di un comitato interistituzionale permanente come luogo di consultazione e di programma. Lo stesso discorso è valido per la cura e la sanità. Solo la partecipazione dei cittadini e il decentramento possono essere garanzia di una lotta alle burocrazie, agli sprechi delle risorse, al duplicarsi degli interventi, alla frammentazione degli stessi. Bisogna far uscire dall’isolamento il “diverso” e renderlo protagonista della vita comunitaria. Vanno rafforzate le Unità Territoriali di Riabilitazione e favoriti i centri contro la droga liberalizzando le droghe leggere e favorendo la prevenzione per le tossicodipendenze oltre gli ospedali. Lo spazio ambulatoriale deve essere in ogni luogo: in un quartiere, in una scuola, in un luogo di lavoro o sportivo: in un giusto rapporto tra intervento e numero di abitanti istaurando la figura del medico di quartiere dentro un “gruppo” che comprenda psicologo, assistente sociale, infermieristica, pronto intervento. In ogni territorio vanno incentivate le organizzazioni per le attività di fisiochinesiterapia, kocoterapia, psicoterapia e psichiatria infantile valorizzando, altresì, attività generali di riabilitazione e il sussidio tecnico-didattico. Bisogna mettere in cantiere la realizzazione diffusa di consultori intesi anche come luoghi di “educazione sessuale” (per le biblioteche diremmo che le stesse devono inizialmente educare alla lettura critica e alla conoscenza della Costituzione Italiana) reperendo sedi e personale e favorendo interventi non solo medici ma anche psicologici e sociologici. Necessita dunque personale altamente specializzato e qualificato e dotato di particolare sensibilità per una comunità consapevole della prevenzione e dei propri diritti e doveri. Il consultorio deve essere pensato nella dinamica dei rapporti sociali più globali e “aprirsi” contro la non frequenza maschile spesso elemento di “presunzione” attorno alle questioni “sessuali”. La legge sull’aborto richiede consenso per affrontare una maternità libera e consapevole quanto intervenire sulla coppia per gravidanze, contraccezione, sterilità e medicina preventiva appunto. Particolare interesse devono assumere i soggiorni estivi (disagio, anziani, disabili ecc.) e i Centri Ricreativi Estivi nati dentro grandi entusiasmi progettuali e ridotti a “parcheggi” dequalificati. Soggiorni e Centri non hanno senso se non prevedono forme di aggregazione, scambi culturali, coinvolgimento di cooperative (agricole, artigiane, servizi) tra italiani e stranieri, tra località. 

 

IGIENE,  SMALTIMENTO DEI RIFIUTI ED ENERGIA

Non bastano un parco macchine adeguato, la qualificazione degli addetti al servizio, la meccanizzazione più completa possibile del sistema di raccolta. Si tratta di rivisitare, contro ogni privatizzazione, l’intera organizzazione del servizio valorizzandolo essenzialmente come organizzazione ambientalista, potenziando la raccolta differenziata, ampliando il parco macchine di autospazzatrici, pale meccaniche, pulizia percorsi e giardini, impianti di lavaggio, discariche per i rifiuti impropri, riciclaggio controllato e rapporti con le ASL.  Autospurghi, Lavacassonetti e raccolta rifiuti solidi devono essere un servizio comunale puntuale e gratuito. L’igiene ambientale e del lavoro deve assumere carattere prioritario mentre va favorita la “preparazione” del cittadino alla tutela ambientale e alla politica del riciclaggio fino ad entrare nel vivo dell’uso del rifiuto alla ricerca delle stesse fonti alternative di energia. Rafforzare la ricerca per una sana politica energetica è un dovere ed impone scelte coraggiose. L’architettura solare un obbligo al pari della diffusione delle tecnologie solari. Gran parte delle sedi istituzionali e pubbliche potrebbero utilizzare la sperimentazione di energia alternativa mentre le nuove costruzioni dovrebbero considerare il risparmio energetico che non corrisponde necessariamente a minor consumo. Importante è anche la metanizzazione controllata e favorita (metano allo stato puro). Inoltre vanno sfruttate, lottando contro gli sprechi, fonti locali di energia anche minime coinvolgendo la popolazione. Contemporaneamente urge una politica di recupero e di risparmio delle risorse naturali. Di quelle idriche innanzi tutto. Enorme deve essere l’impegno per la verifica delle utenze e lo stato di conservazione quanto per garantire la “sopravvivenza” delle storiche fontanelle rendendole patrimonio della città ma evitando che siano fonte di sprechi.  Parallelamente va intensificata una politica idrica per lo sviluppo della condizione agricola “resistente”.

 

ANAGRAFE E VIGILI URBANI

Il servizio anagrafico indubbiamente è abbastanza funzionale se non fosse per la carenza di personale ed ancora l’esistenza di code nonostante i progressi dello stesso. Per le scuole si tratta di favorire una richiesta di certificati da parte delle segreterie ed evitare affollamenti mentre va organizzato un servizio internet per particolari certificati che si unisca all’autocertificazione. Il vigile di quartiere, anche come consulente amministrativo e non soggetto punitivo, è una figura auspicata quanto una maggiore democratizzazione del servizio. Il vigile va posto al servizio dell’amministrazione e del cittadino per una cultura che assicuri il rispetto di legge e regolamenti e che favorisca l’utilizzo dei servizi. Istituire camper attrezzati in ogni quartiere può rendere funzionale un rapporto concreto tra cittadino e regole. Armare i vigili è distruggere il loro ruolo e modificare sostanzialmente il servizio e rientrare in un piano più ampio di militarizzazione della società. Rafforzare il servizio NAE (interventi verso il disagio e l’emarginazione) e creare anche in questo caso una commissione interistituzionale è un progetto essenziale. Essenziale è inoltre, attraverso proiezioni, editoria ecc., educare ai codici, favorire il rapporto tra cittadini ed Istituzioni, intervenire nel campo della solidarietà e dell’uso dei servizi, contrastare speculazioni, favorire la ricerca di lavori e dell’uso del tempo libero, proteggere e vivere l’ambiente, regolare il traffico ad esempio. Il Vigile nei piani delle forze bipolari deve invece diventare un nuovo poliziotto, armato, repressivo, pronto a colpire anche i piccoli errori e, soprattutto, i meno difesi e coscienti: questa logica fascista va fortemente combattuta!

 

LA PICCOLA MANUTENZIONE  
E LA RISTRUTTURAZIONE DEL TRASPORTO PUBBLICO

Tanti piccoli problemi ordinari richiamano alla piccola manutenzione ma la stessa spesso è fonte di grandi ostacoli burocratici, sprechi, gonfiamento delle spese, disagi: la piccola manutenzione deve essere totalmente decentrata ai servizi, alle scuole… in sostanza agli interessati con un fondo straordinario da controllare continuamente e la trasparenza dei mini-bilanci sulla tematica. La piccola manutenzione può essere anche migliorare per evitarla con frequenza in futuro: ancora una volta è necessario ipotizzare la nascita di consulte popolari tra servizio ed utenti. Gli stessi organi collegiali delle scuole possono essere attivi in tale direzione: tuttavia gli stessi hanno perso le caratteristiche originarie diventando luoghi strani di piccoli poteri, strumenti coercitivi o punitivi e parlamentino inutile. La manutenzione in generale deve essere sottoposta a logiche di emergenza e priorità e al controllo popolare. Tutta una serie di lavori, anche con l’ultima giunta Rutelli e del PRC, sono stati realizzati a tappe favorendo oscure assegnazione e sperpero inutile di denaro pubblico. Questo vale anche per i trasporti mentre furbescamente si sta lavorando per una loro privatizzazione e per il verde pubblico in via di demolizione per far posto alla cultura del parcheggio privato. Ribadiamo: fasce orari, sconti e gratuità per condizioni, studenti e pendolari, potenziamento di risorse nel trasporto alternativo (taxìbus) sono linee-guida quanto combattere ogni processo privato nel settore. Il capitolo metropolitana va sempre migliorato e potenziato. La notte il servizio va studiato per orari ma garantito. Gli spazi metro possono diventare veri e propri luoghi per potenziare alcune attività produttive ed incentivare la cultura (rassegne e spontaneismi culturali). La rete del servizio per quanto apparentemente efficiente è in realtà disordinata ed insegue il caos del traffico. Vi sono linee lunghissime, altre assenti, altre doppiate, altre con frequenza assidua ed alcune con frequenze alla soglia della sopportabilità con mancanza in tantissime aree di protezione pedonale per gelo e pioggia. Persistono sprechi e una visione intermodale del trasporto è ancora lacunosa. Esistono linee principali e linee secondarie e comunque totale inaffidabilità per tempi di viaggio, comodità del servizio, orari. Sbilanciato è inoltre il rapporto tra città e viaggio verso la provincia. Serve un programma di ristrutturazione della rete potenziando il servizio notturno e i prolungamenti verso borgate e agro romano e nuovi insediamenti abitativi e universitari. I mezzi pubblici di trasporto possono essere utilizzati anche come luoghi di aggregazione sociale, lavori collegati al turismo, mostre itineranti, iniziative fantasiose. I capolinea potrebbero essere luoghi oggettivi per un rapporto con il cittadino (lo stesso turista, lo straniero ecc.) fino a contemplare le attività alternative mentre la questione del reperimento biglietti impone un servizio sugli stessi mezzi di trasporto… Manutenzione, trasporti, lavori socialmente utili nell’insieme impongono un programma per l’occupazione generale e per l’occupazione giovanile e delle donne in particolare considerando la partecipazione dei giovani,delle ragazze e dei lavoratori in particolare al “governo della città”: del resto il governo di una città se non favorisce il ruolo “dirigente” delle organizzazioni popolari è “privatistico” e coercitivo. L’impiego dei giovani può garantire nuovi servizi alla popolazione amministrata e può elevare la qualità della vita nella città. I giovani possono essere fortemente utilizzati nella sanità e nell’assistenza, nella telematica e nel patrimonio, nella ricerca, nel traffico, nei lavori pubblici e nei giardini (posti da rendere vivi e fruibili con attività particolari per biciclette, consumi alimentari, feste…), attività ricreative e agricoltura anche alternativa, centro storico e musei “vivi” e negli stessi servizi scolastici.

ROMA PER UNA CULTURA EUROPEA 
E CITTA’ MONDIALE MULTIETNICA

Far funzionare il Palazzo delle Esposizioni a tempo pieno non basta: questo luogo va aperto alla sperimentazione, alla frequentazione popolare ed organizzata, ai tanti Mozart e Galileo Galilei spesso “assassinati” prima di potersi esprimere. Vanno create le condizioni per l’accesso al Teatro dell’Opera, al Teatro di Roma e ai Conservatori oltre logiche selettive nella spettacolazione, nella formazione, nella gestione e nella fruizione. Va potenziato un piano per i musei rendendoli luoghi vivi e non depositi di “cose morte”. Vanno recuperati cinema e sale da ballo in una logica amministrativa per una partecipazione popolare nella gestione e nella utenza. Va potenziato un centro sulle arti visive e finanziato il settore e va creata la consulta popolare per i coordinamenti didattici, per comprendere le nuove attività del lavoro umano, le tradizioni etno-antropologiche, la cultura materiale, l’architettura, l’ambiente. Mancano spazi concreti per fare e vivere musica e tutta la vita teatrale è mortificata. Il cinema in decentramento è spesso mortificato compreso un’educazione allo stesso. Le nuove tecnologie e un uso intelligente delle stesse è materia oscura. Non c’è un progetto pilota per itinerari guidati nella città né un servizio ad hoc con identiche finalità mentre va rinnovato lo schema tradizionale del “conosci la città”. Roma è città non omogenea dal punto di vista culturale e anche luogo di disgregazione e le sue tensioni culturali e di vita intellettuale sono non raramente mortificate. Il compito dell’amministrazione non può essere quello di selezionare rassegne e feste e favorire finanziamenti “mirati” o a pioggia quanto stimolare una crescente ed intensa vita culturale attraverso strumenti e mezzi e l’abolizione di una serie di tasse (suolo, banchetti, stand …) penalizzanti. Enormi e da snellire sono poi gli iter per fare cultura (impatto acustico ad esempio che invece di essere un servizio è un costo in più e spesso al servizio di doppio lavoro ed impedimenti). C’è distacco tra centro e periferia, tra periferia e centro, tra cultura popolare e cultura “colta” ecc. Manca la ricerca ed un piano (dall’editoria al filmato) per conoscere la stessa città. Le stesse biblioteche sono sempre di più biblioteche ed il rapporto con la cittadinanza sempre più distaccato e “freddo”: manca il sostegno a produzioni alternative.  Oltre le grandi associazioni vanno favorite le tante organizzazioni che propongono cineclub, cultura alternativa, processi di aggregazione evitando che gli “asociali” siano continuamente allertati (insieme ai Vigili Urbani) contro la crescente presenza di iniziative multietniche e contro un “gioioso rumore” che rovina la quiete degli zombies. Roma può essere città della poesia e del teatro, della musica e dei grandi concerti, del cinema e delle nuove tecnologie, degli itinerari turistici ragionati, dell’arte culinaria tipica ed alternativa, del rilancio dell’artigianato e delle grandi rassegne storiche (dalla regata sul Tevere alle bighe) se sa unire energie e predisporre piani non improvvisati o spontanei ed occasionali fino a ragionare sul mondo dell’infanzia: sono anni che non esiste più una grande attività per i più piccoli.  Decentramento significa programmazione, rivalutazione del ruolo delle biblioteche, utilizzo di scuole, aule magne, teatri e gli stessi spazi circoscrizionali, cinema e teatri. Vanno favoriti i centri culturali e le case del popolo per attrezzarle con stanze per i giovani e per gli anziani, luoghi di donna, dotazione di audiovisivi, libri, registratori, cd, giornali e periodici al fine di renderle polivalenti e inserite in un progetto organico di diritto all’informazione, alla formazione e all’istruzione. Ugualmente vanno valorizzati punti verdi primaverili ed estivi verso tali finalità. Ugualmente per lo sport, per favorire il movimento e la fruizione, aprendo scuole e sostenendo palestre per lo sport per tutti e tutte, va realizzato un piano che tenga conto delle tante esperienze ed organizzazioni esistenti. Gran parte della gestione sportiva o è privatistica o è per la semplice visione. Manca una cultura sportiva, l’educazione allo stesso e alla storia dello sport (rassegne, mostre ecc. possono aiutare in questa direzione). Lo  sport deve essere attività quotidiana, anche nelle scuole e nei posti di lavoro, favorendo soprattutto società sportive di base. Possiamo schematizzare come segue:

a)      recupero e piena utilizzazione degli impianti esistenti

b)      costruzione di nuovi impianti funzionali allo sport di base e polivalente

c)      nuova politica di gestione partecipata agli impianti pubblici

d)      attività promozionali

e)      sostegno alla medicina sportiva

f)       sostegno alle attività in generale

g)      attivismo sportivo nella scuola e nei posti di lavoro

h)      sviluppo di sport altri quali atletica, pattinaggio, pallavolo, basket ad esempio

i)        rendere possibile la partecipazione popolare ai cosiddetti sport elitari

j)        favorire l’uso di piscine e potenziare la partecipazione delle donne allo sport

k)     inventare o potenziare centri sportivi polivalenti di quartiere

l)        potenziare attività collegate allo sport: convegno, seminari, aggiornamenti.

 

Roma può essere una città che cambia inserendo alcuni elementi di partecipazione popolare e alcune proposte di miglioramento. In realtà Roma può essere un’altra città (moderna, di tutti e di tutte, servita e capace di soddisfare esigenze e bisogni collettivi) valutando concretamente la partecipazione dei lavoratori e di una cultura del progresso e della trasformazione nella gestione della cosa pubblica valorizzando una rivoluzione dell’uomo, una riforma intellettuale e morale, la mutazione dello stato di cose presente, contrastando l’attuale organizzazione delle disuguaglianze e una società dedita al profitto per pochi e ad un Welfare sempre più per miserabili.