PROGRAMMA MINIMO

SCHEDE DI DOCUMENTAZIONE

IL PROGRAMMA MINIMO DI

DEMOCRAZIA POPOLARE (SINISTRA UNITA)

° PER INSERIRE ELEMENTI DI SOCIALISMO NELLA SOCIETA'

° PER COSTRUIRE L'ALTERNATIVA

° PER UN NUOVO INTERNAZIONALISMO

RELAZIONE DEL SEGRETARIO NAZIONALE

MICHELE CAPUANO

COMPLETA DI EMENDAMENTI E PROPOSTE DEL GRUPPO FONDATIVO:

Enrica ANTOGNELLI, Elio LAMARI, Edoardo NUCCI, 
Ines VENTURI

PREMESSA:

Le proposte che andrò ad elencare, sintetiche ed orientative, appariranno per diversi motivi limitate e ripetitive riguardo il metodo ed i contenuti. Ciò è inevitabile per chi non intende trascurare un programma dei comunisti in Italia e, quindi, di noi demopopolari che dalla storia intendono attingere documenti ed idee, lotte ed esperienze con l'ambizione di penetrare i nostri giorni per costruire un futuro diverso. Il tentativo è, inoltre, quello di comprendere che se la teoria non è dimostrata nella prassi, ovvero se le lotte non diventano il pane quotidiano per l'affermazione di una dottrina, tra tattica e strategia, dell'organizzazione la nostra stessa nascita ed esistenza è inutile, autorefenziale, ipocrita e saccente. Non abbiamo la verità in tasca ma aiutati dall'abc del socialismo scientifico possiamo tentare di ordinare appunti per la difesa e la riforma dello Stato democratico nato dalla guerra di Liberazione (una nuova tappa della rivoluzione antifascista), per un nuovo sviluppo economico e sociale, per la ricerca scientifica, le istituzioni culturali e sportive, la scuola e l'università, per la pace ed il disarmo, lo scioglimento della Nato e la riforma dell'ONU, per l'ambiente, i servizi, il Mezzogiorno d'Italia ed il Sud del mondo, la giustizia in campo fiscale, una nuova Europa per un pianeta diverso. Dobbiamo "essere" un "governo ombra" per consentire alle masse che riusciremo a raggiungere, l'oscuramento della nostra esistenza anche a sinistra sarà inevitabile, di credere nell'alternativa di classe, di diventare protagoniste del cambiamento e di una mutazione della società. Per tutta una fase la nostra sarà la storia di una minoranza, di un piccolo gruppo di militanti per il riscatto degli oppressi e degli sfruttati, per le masse povere, per i lavoratori in genere, per l'emancipazione di una nuova generazione, i diritti degli anziani e delle donne. Una minoranza, però, unita e combattiva che deve rendere dirigente una massa spesso amorfa, che deve saper parlare al popolo e, attraverso anche piccole lotte e compromessi deleteri, percorrere la strada tortuosa verso una radicale mutazione, ovvero quel socialismo dal volto umano che intendiamo edificare. Sarà, dunque, il programma e non le dispute ideologiche tra questo o quel pensatore marxista il faro che deve impegnarci. Sarà il marxismo, i più marxismi, la bussola per orientarci in questo incredibile presente. Marx oltre il semplice conflitto, difendendo le conquiste dei lavoratori, remando contro ma coscienti che è doveroso, nel pensiero e nell'azione, dimostrare la nostra diversità, saper proporre e, soprattutto, lottare concretamente. La rivista che abbiamo in cantiere e che ci piace chiamare "la sinistra unita", il lavoro in internet saranno piccoli aiuti di un movimento che deve riscoprire il territorio, la fabbrica e la scuola, il mercato ed ogni luogo d'aggregazione. Vanno inventati, altresì, la gioia del fare, l'avere occhi che sorridono, il riprendersi la fantasia e l'immaginazione per contaminare la scienza e la realtà e il possedere quella minuta felicità di chi sa di essere portatore di un "sogno" al plurale di liberazione per un "umanesimo nuovo", una "nuova civiltà" e, quindi, un "uomo nuovo". La società dell'accumulazione flessibile imprigionata da un modello di sviluppo a bassa occupazione e ad alta flessibilità, la società del Profit State e del massacro dello stato sociale, il pianeta in cui si vuole imporre il pensiero unico delle attuali classi dominanti ed una globalizzazione per il profitto di un'élite deve trovarci preparati, disposti allo studio ed al sacrificio ma, soprattutto, capaci di avere un linguaggio per parlare ai più e un progetto fatto anche di piccole iniziative per un coinvolgimento da protagonisti di chi si intende rappresentare. La relazione, a tratti anche noiosa, che navigherà tra appunti di lavoro e ancoraggio alla "dottrina" vuole essere solo una "provocazione", fortunatamente non siamo malati di leaderismo e personalismi, per avviare un dibattito sincero che non può non arricchirci ma che, immediatamente, deve vederci impegnati nelle lotte e fuori da discussioni senza fine ed improduttive. Un intellettuale collettivo è necessario quanto pretendere che ognuno, nel rispetto di ogni idea, si senta tutta l'organizzazione mentre questa tutti ci deve rappresentare. Forniremo, infine, schede di lavoro territoriali che, genericamente predisposte, vanno valorizzate, modificate e sviluppate realtà per realtà. Ci attendono lotte dure e non dobbiamo spaventarci se a volte appariremo ingenui o coinvolti in piccole iniziative l'importante, compagne e compagni, è non smarrire il fine per cui siamo nati e sapervi collegare ogni modesta attività (saranno i Dipartimenti, poi, immaginati come vere e proprie officine di lavoro, ad approfondire argomenti, tematiche, linee per l'azione). Buon lavoro a tutti noi.

A) PER LA PACE ED UN NUOVO
INTERNAZIONALISMO

  1. In un mutato presente, catturato dall'organizzazione mondiale delle disuguaglianze, i demopopolari danno grande importanza ad una politica che sia di sostegno allo sviluppo, nell'indipendenza, dei Paesi e dei popoli di quello che impropriamente viene definito Terzo Mondo. La causa fondamentale del dramma di popoli interi, soprattutto dopo la "caduta del muro", della stessa situazione di sottosviluppo in cui vivono centinaia di milioni di esseri umani e che determina sfruttamento selvaggio, sfruttamento minorile incontrollato e milioni di morti per fame va ricercata in un impietoso imperialismo e, più precisamente, nell'attuale assetto delle relazioni economiche internazionali. I Paesi del "Terzo Mondo" non sono stati integrati nell'economia mondiale e stanno vivendo un consolidato legame di dipendenza al mercato globale, al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale, che provoca forme distorte di crescita, iniquità negli scambi, sviluppo ineguale, continuo furto di risorse (anche umane), processi migratori incontrollati, distruzione ambientale. Un nuovo ordine economico, nel pieno recupero della sovranità nazionale ed una cooperazione paritaria è indispensabile. L'annullamento del debito estero per molti Paesi, la negoziazione nelle "zone calde", l'esportazione dei diritti soprattutto in tema di lavoro, contratti e stato sociale, lo sviluppo del commercio internazionale ristrutturando i sistemi di produzione, il blocco di nuove forme di protezionismo, la fine di ogni embargo economico contro chiunque, il concedere spazi adeguati nei Paesi industrializzati alle produzioni dei Paesi oggi depredati e "modernamente colonizzati", la stabilizzazione dei prezzi delle materie prime e l'ottenimento di una politica di "sconti" per ogni acquisto finalizzato allo sviluppo economico dei popoli oggi ipersfruttati sono parte organica del programma dei demopopolari. Vanno trasferite risorse dai Paesi ricchi ai Paesi poveri dentro una  programmazione economica che preveda la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, di ogni comunità e delle realtà rurali smantellando "un ruolo dittatoriale delle multinazionali" la cui attività va regolamentata in sede politica attraverso un protagonismo nuovo delle Nazioni Unite. I principi della universalità e della partecipazione ai processi decisionali è essenziale quanto il diritto di ogni popolo alla propria autonomia favorendo la pace, il disarmo, lo scioglimento della Nato, contrastando il pericoloso nuovo modello di difesa. Vanno sanzionate quelle nazioni che negano l'autonomia etnica e il diritto per i popoli ad avere propri Stati (curdi, palestinesi…), che ledono i diritti umani attraverso la negazione della partecipazione alla politica, alla vita in genere, tramite il barbaro permanere della pena di morte, le ingiuste detenzioni politiche, il razzismo e l'autoritarismo. Si tratta di attuare una svolta radicale per la tutela degli interessi materiali e morali dei lavoratori di qualsiasi razza. Lo stesso Esercito Italiano deve mantenere ed utilizzare il servizio di leva per un lavoro di cooperazione, retribuito, a difesa e tutela dei bisogni e delle esigenze dei popoli che hanno subìto, in virtù della loro ricchezza (umana e materiale), l'oppressione delle classi dominanti nazionali e multinazionali.

  2. DP (SU) pone al centro della sua politica la questione della pace che non implica il non riconoscimento di quelle lotte cruente per la libertà ed il progresso necessarie in Paesi quali il Perù, per i diritti delle comunità nel Chiapas ecc. come lo furono quelle dei partigiani contro il nazifascismo e, più recentemente, dei vietnamiti contro l'arroganza dei potentati dell'America del Nord, dei cubani o dei sudafricani. La pace ed il disarmo sono nella nostra epoca la condizione stessa per la stessa sopravvivenza della civiltà e del genere umano ed implicano sedi negoziali adeguate che riconoscano la sovranità degli stati e l'indipendenza dei popoli. Va rifiutato, inoltre, ogni tentativo, già in corso, di militarizzazione dello Spazio ed avviato il dialogo, attraverso una cooperazione tra tutti gli Stati, per la ricerca di soluzioni adeguate nei conflitti "regionali". Per questo si rende utile la scomparsa di strutture quali la Nato ed un nuovo ruolo delle Nazioni Unite che allontani l'umanità dall'incubo di una guerra nucleare, da guerre intelligenti e falsamente "umanitarie". L'ONU deve, quindi, avere un'effettiva autorità nella composizione pacifica delle controversie internazionali prevedendo gravi sanzioni per chi si erge suo inventato paladino.

  3.  Il divario tra Nord e Sud ha ormai caratteri laceranti e la stessa politica di "aiuti" (dagli Stati al terzo settore) è lontana dal rimuoverne le cause e promuovere un nuovo sviluppo. Permangono, quasi inalterate, vecchie e recenti forme di dominio economico, finanziario e commerciale: una spirale resa sempre più pericolosa dalla politica del Fondo Monetario Internazionale e dagli Stati Uniti. Gravi fenomeni di spopolamento delle campagne, inurbamento selvaggio, migrazione di milioni di uomini, carestie, fame e miseria obbligano non ad un'estensione del mercato capitalistico ma a lotte per un'emancipazione dei popoli e per uno sviluppo autonomo degli stessi ricercando, quindi, una globalizzazione dal basso che salvaguardi, anche, gli equilibri globali della biosfera, la natura la vita. Si tratta di passare da uno sviluppo di pura crescita quantitativa ad uno sviluppo più qualificato in rapporto ai bisogni umani. Si tratta, riconoscendo l'inevitabilità dello sviluppo tecnologico, di impiegare risorse rinnovabili, risparmiare energia e materie prime, combattere l'inquinamento e ridistribuire ricchezze per difendere e creare posti di lavoro. La lotta di emancipazione dei lavoratori, in un nuovo internazionalismo, cammina accanto a quella per un avanzamento della condizione delle donne e la costruzione di prospettive per le giovani generazioni.

  4.  DP (SU) rifiuta la tesi secondo la quale lo sviluppo tecnologico implica maggiore disoccupazione, scomparsa della funzione storica della classe operaia, dequalificazione dei lavoratori e via mentendo. Lavorare meno lavorare tutti rimane una linea per l'azione. Le 35 ore a parità di salario un bisogno. Il divario tra sviluppo tecnologico e occupazione, lo squilibrio tra le classi, le nuove povertà, l'analfabetismo di ritorno, gli stessi incontrollati processi migratori sono semplicemente una delle contraddizioni del capitalismo che utilizza la rivoluzione tecnologica unicamente per il profitto di pochi contro ogni interesse generale.

  5.  L'accumulazione dell'informazione, la sua distribuzione e controllo sono concentrate nelle mani di una èlite. Questa tendenza va ribaltata. Il Sud del mondo ne è tagliato completamente fuori. La libertà della stessa cultura e della creazione artistica è oggettivamente minacciata. Essenziale è una lotta per porre tutti come uguali dinanzi ai fatti di cultura allargando la possessione dei mezzi per viverla mentre la visibilità delle fonti e dei processi decisionali nell'informazione va conquistata al fine di garantire i fondamentali diritti individuali, favorire la diffusione delle conoscenze, l'elevamento culturale dei popoli, lo stesso pluralismo culturale e politico. Quella che stiamo vivendo, in ogni campo, è una vera e propria offensiva conservatrice anche se non si tratta di un ritorno al passato. Anzi: essa intende imporsi come moderna ed efficiente. In realtà il vero obiettivo del capitalismo è quello di accrescere il dominio sulle società, annientare ogni organizzazione avversaria, limitare gli interventi degli stessi Stati, ridurre le quote di reddito destinate ai lavoratori ed alle spese sociali, mortificare le idee di uguaglianza e di solidarietà, rilanciare un individualismo sfrenato, fondare un pianeta basato sulla competizione e sulla vittoria dei più potenti. Proprio questi squilibri, queste contraddizioni, ci invitano a rilanciare con più vigore e su basi diverse una strategia di avanzamento verso il socialismo.
  6. DP (SU) è contraria a questa Europa. DP (SU) ritiene fondamentale la costruzione di un'altra Europa. Il superamento del contrasto tra ricchi e poveri, tra Stati egemoni e Paesi emarginati tecnologicamente, una lotta per un'Europa del lavoro contro il regresso sociale, nuova stagnazione, decadenza politica e guerre sono scelte obbligate per un'organizzazione rivoluzionaria che intende fare la sua parte per un'unificazione europea che intanto sappia essere autonoma e libera dai vincoli imposti (e accettati) dall'imperialismo di oltreoceano. L'Europa dispone, in ogni campo, di grandi risorse eppure registra un alto tasso di ingiustizie e disoccupazione. Tra l'altro partecipa alla vita internazionale affidando il proprio destino a prepotenti poteri multinazionali, ammassando armi atomiche, valorizzando il ruolo della Nato. Grande è il lavoro che deve svolgere la sinistra antagonista in questo continente. La crisi del movimento operaio non ha consentito, in questa fase, penalizzata anche dalla confusione dei tradizionali partiti di sinistra, un grande lavoro per il superamento della crisi economica, sociale ed istituzionale per un'Europa dei popoli, capace di sostenere chi, in qualsiasi parte del mondo, lotta per affermare i propri diritti di libertà, autodeterminazione, indipendenza, progresso. Si tratta, a partire dalle contraddizioni delle società europee, di costruire un nuovo internazionalismo, un continente in movimento smascherando una modernizzazione che non risolve ma inventa nuovi problemi ed è priva di ogni programmazione allargando il divario tra Nord e Sud mentre l'occupazione di posizioni di potere nel comparto della finanza assume carattere strategico e accentua una nuova conflittualità tra interessi economico-finanziari e politici. Il capitalismo italiano in questo panorama è arretrato rispetto i Paesi più forti: un carciofo a cui gli altri mangiano sistematicamente le foglie. E' in crisi il nostro stesso sistema di accumulazione e nessun ritorno a Keynes è risolutivo. La nostra base produttiva si è, quindi, ridotta e molte produzioni si sono trasferite altrove. Le imprese ottengono profitto attaccando il salario, aumentando la produttività e occupando di meno. Lo stesso bilancio dello Stato è posto al servizio di finanziamento della rendita. Già da una breve analisi sulle questioni internazionali si evidenzia, per l'Italia, che una nuova guida non può venire dalla convergenza tra partiti ma sollecitando ed interpretando lo sviluppo di movimenti nella società e battaglie per un rinnovamento della politica, per una riforma intellettuale e morale oltre settarismi e visioni schematiche. E' indispensabile lavorare per una nuova unità dei lavoratori, un'alleanza tra sapere e lavoro, un coinvolgimento delle donne e dei giovani e dei loro bisogni di concretezza ed idealità pur essendosi logorato un grande patrimonio di organizzazione e partecipazione che ha visto il proprio esplodere negli anni sessanta e settanta. Si evidenzia, ancora, l'attualità di un impegno per lo sviluppo di un nuovo associazionismo (cultura, sport, solidarietà internazionale, pacifismo, ecologia, diritti civili, consumo equo e solidale, alimentazione): laico e cattolico. Assai significativo è il fatto che operino, in Chiapas o in Italia, in Nicaragua o in Brasile organizzazioni d'ispirazione religiosa che propongono una lotta vera alle ingiustizie e che sono schierate al fianco dei più deboli e degli sfruttati per conquistare una società inedita. Una convenzione programmatica delle forze rivoluzionarie e di progresso si rende, oggi, auspicabile.
  7. Il modello di sviluppo capitalistico sta mutando sulla spinta di un forte processo di finanziarizzazione. L'attuale globalizzazione imposta dal Capitale è totalmente immersa in una logica disumana di abbattimento dello stato sociale, incremento del tasso di disoccupazione, di forme di lavoro atipico, interinale, part-time ecc., per ottenere più profitti da destinare ai paradisi fiscali ed alle speculazioni finanziarie. Profitti realizzati grazie ad una elevata compressione del costo del lavoro, a maggiore produttività senza corrispondervi aumenti salariali, a riforme tributarie che hanno favorito la grande impresa. I vantaggi di cui hanno usufruito il Capitale sono, dunque, rimasti nelle sue tasche e non hanno attivato nessun programma di "socializzazione", né il miglioramento delle condizioni di vita e della qualità del lavoro, né aumenti della spesa sociale e nuovo lavoro. Al contrario masse enormi sono state espulse dal processo produttivo. Per il Capitale diviene necessario promuovere ed imporre flessibilità e eliminare ogni forma di garanzia dell'epoca fordista. Ormai sono fenomeni strutturali le forme di contratto atipico per i lavoratori, il supersfruttamento, la scomparsa del lavoro regolamentato, la precarizzazione, l'aumento di lavoro subordinato, le disuguaglianze e la distruzione di forme di convivenza civile che il modello keynesiano prevedeva. Lo Stato diventa lo Stato-Impresa ed il capitalismo selvaggio il nuovo padrone di parte consistente del pianeta. In un sistema di alta competitività internazionale i costi dello stato sociale sono un ingombro mentre un nuovo consociativismo, includente le attuali socialdemocrazie europee e di atri continenti, si afferma e dilaga. L'Europa di Maastricht è, infatti, l'Europa voluta dai grandi capitali finanziari che ha delegato proprio, e non solo, ai governi di centro-sinistra, con la desistenza di fatto di organizzazioni che pure si richiamano alla lotta di classe, lo smantellamento di ciò che rimane delle grandi conquiste operaie che avevano garantito migliori livelli di vita per tutti. Pensione, invalidità, servizi sono ormai in contraddizione con i processi di ristrutturazione del Capitale al pari di diritti costituzionali, di sciopero, di rappresentanza sindacale . La privatizzazione del Welfare e delle imprese pubbliche non conosce ostacoli riconoscendo quasi unicamente quel volontariato o terzo settore a carattere assistenziale, sottopagato e di soccorso ai soli "poveri". Altrettanto violento è e sarà l'attacco alle "liquidazioni" (salario differito da spostare in busta paga con un forte appesantimento fiscale sulle tasche dei lavoratori o per processi di finanziarizzazione dell'economia capaci di creare grandi e facili profitti padronali). Vanno rilanciate la centralità del conflitto Capitale-Lavoro, la socializzazione degli utili di produttività e la tassazione dei capitali. Va intrapresa una battaglia per un Reddito Sociale Minimo in Europa, una diversa politica fiscale redistributiva che colpisca il capitale valorizzando un nuovo modello di sviluppo e nuove forme per l'occupazione. Un nuovo internazionalismo va oltre le organizzazioni comuniste, va oltre le mode e lo spontaneismo ed impone un programma ampio contro privatizzazioni generalizzate, il semplice assistenzialismo e un imperialismo violento ed incontrollato che mentre propone visioni apocalittiche le determina. Dovremmo, infine, ragionare approfonditamente sulla società multietnica, il ritorno dei nostri "migranti", il rapporto scuola-lavoro ecc..Sinteticamente va precisato: noi siamo per la soppressione totale delle armi atomiche, il blocco dell'installazione di armi a raggio intermedio in Europa ed il loro graduale ritiro, il disarmo generalizzato e controllato, l'eliminazione delle basi militari, il divieto di tutte le esplosioni sperimentali, il controllo immediato del commercio delle armi, la creazione di un pianeta denuclearizzato mentre deve essere finanziata la ricerca per l'atomo pulito a scopi pacifici, l' autonomia europea e la modifica dell'articolo 80 della Costituzione Italiana per favorire un controllo parlamentare sulle scelte di politica internazionale. L'Europa che proponiamo pretende giustizia sociale, efficienza economica e lavoro, sviluppo e ampliamento della democrazia, cooperazione tra i popoli, riequilibrio delle condizioni nazionali non solo attraverso interventi antinflazionistici, riforma della politica agricola, prevenzione e sicurezza sociale, statuto per i diritti degli emigrati e tutela delle minoranze per la promozione dell'uguaglianza fra diversi, fra uomo e donna, fra generazioni, nuove politiche per l'energia, risoluzione della "questione meridionale" ovvero nuovi rapporti tra Nord e Sud di una nazione, di un continente, del mondo ed iniziative per favorire i processi di restaurazione democratica e di sviluppo economico e sociale in particolare nei continenti latinoamericani, asiatici ed africani, lotta strenua al razzismo ed alle manifestazioni di xenofobia, alla fame, al sottosviluppo, al disordine finanziario mondiale. E' necessario avviare al controllo internazionale ugualitario le scelte del Fondo Monetario Internazionale che mettono attualmente in pericolo la stabilità politica stessa dei Paesi in cui interviene, non favoriscono la scomparsa del debito estero dei popoli che ne hanno bisogno né ridanno impulso alle economie nazionali o continentali

B) SCUOLA, UNIVERSITA',
RICERCA SCIENTIFICA,
ISTITUZIONI CULTURALI E SPORTIVE

  1. Il problema di una qualità del lavoro è strettamente connesso ad un nuovo  rapporto tra sapere e lavoro. L'alternanza tra studio e lavoro è, quindi, dentro una logica di trasformazione della società e di una radicale riorganizzazione della vita  sociale che superi il profondo distacco tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. La privatizzazione di fatto della scuola e i soldi alle scuole private, laiche o cattoliche, sono il primo attacco delle classi dominanti al diritto allo studio. L'innalzamento della scuola dell'obbligo se non prevede lavoro e salario per gli studenti è un pretesto dei governi per avere disoccupazione da non dichiarare e controllata. Nella stessa Università, valorizzando le 150 oltre le scuole medie, si rende necessario un inserimento al lavoro retribuito per approfondire gli studi che si compiono ed iniziare a verificarli nella pratica. L'impegno degli studenti in attività socialmente utili, già a partire dalla scuola media secondaria, deve affiancarsi ad una lotta per ottenere la costruzione di "campus polivalenti" ed una Università completamente rinnovata che inventi centri di sostegno didattico decentrati, orari per le lezioni che tengano conto degli studenti lavoratori, pari dignità per chi lavora a tempo pieno e chi lavora a tempo parziale, convenzioni con gli Enti Locali per contratti di formazione-lavoro, riqualificazione professionale degli insegnanti e accesso per i lavoratori agli studi per un adeguamento allo stesso sviluppo tecnologico e dell'informazione. Necessarie diventano in questa prospettiva le 35 ore di lavoro a parità di salario. Il numero chiuso nelle Università, ed ora in alcuni Istituti Superiori, il ritardo nella ricerca scientifica, il non riconoscimento dopo otto anni degli esami di chi non ha potuto continuare gli studi sono segnali di un'istituzione scolastica malata ed ancora vittima di un "baronaggio" che nega la pari dignità per ognuna ed ognuno di accedere e proseguire gli studi.

  2. L'autonomia della funzione intellettuale da ogni condizionamento, la tutela e la fruizione dei beni culturali (occasione anche di occupazione giovanile e recupero dell'attività per gli anziani disagiati o ai minimi pensionistici), la riforma e la riorganizzazione dei grandi apparati della ricerca, della scienza e del sistema formativo sono parte essenziale di un programma minimo dei demopopolari. Manca, nel campo della cultura in genere, una qualsiasi politica di programmazione mentre confusamente si sta smantellando la scuola pubblica.

  3. Per quanto riguarda l'Università vanno create le condizioni per una sua maggiore fruizione a partire dal ridimensionamento dei costi e dalla reintroduzione di un salario per i più disagiati valorizzando titoli intermedi e corsi di studio brevi collegati al mondo del lavoro, innovando la didattica, inserendo nuove cattedre, finanziando la ricerca con risorse pubbliche e private (ovvero destinare parte dei profitti al diritto allo studio pubblico).

  4. L'elevamento dell'obbligo è sacrosanto ma va accompagnato da un corrispondente riassetto dell'istruzione secondaria e di base basato su contenuti culturali e scientifici che consentano ai giovani una formazione professionale autentica, una comprensione dell'innovazione tecnologica e la garanzia dell'inserimento nel mondo del lavoro. Un sistema formativo integrato deve, quindi, mirare all'occupazione mentre va ripensata una Carta dei diritti dello studente, rivisitati gli organi collegiali con la partecipazione delle famiglie, delle organizzazioni del lavoro, dell'associazionismo democratico, del territorio. Vanno, altresì, garantite tutte le condizioni materiali necessarie all'attività scolastica (biblioteche, corredo scolastico per chi ne ha necessità, palestre, impianti sportivi esterni, gabinetti scientifici, gite didattiche e fruizione dei beni culturali ed ambientali…). L'aggiornamento degli insegnanti, il mantenimento del ruolo dei lavoratori nei servizi scolastici, l'istituzione di laboratori aperti al territorio, l'uso polivalente degli spazi sono parte integrante di una scuola riformata contro l'attuale divisione a canne d'organo, la meritocrazia, la mancanza di futuro.

  5. La scuola può servire anche per una nuova produttività dei beni culturali, per un equilibrato rapporto con l'ambiente storico e naturale, la costruzione di "musei vivi", l'elevamento culturale di cittadini nella diffusione dell'arte fra le masse mentre vanno decentrate le esperienze degli Enti pubblici quali la Biennale e va superata la separazione tra beni culturali e sistema scolastico. Una nuova legge per la libertà del diritto della stampa delle opere del passato e per la diffusione di materiali formativi favorirebbe una diffusione del sapere per porre tutti come uguali dinanzi ai fatti di cultura. La totale gratuità per gli studenti, di ogni ordine e grado, nel visitare il "nostro patrimonio" è un obbligo al pari della gratuità dei trasporti pubblici (gratuità che va garantita anche a lavoratori e pendolari con l'obbligo di studiare orari per uffici, fabbriche e scuole che non generino sovraffollamento degli utenti). Totale, inoltre, deve essere la riqualificazione culturale delle attività ricreative e del turismo con assunzioni regolate da giusti contratti nazionali.

  6. Abbiamo l'esigenza, tra l'altro, di praticare una cultura della contaminazione con altri popoli, favorire la cultura di nostri ospiti stranieri e quella delle nostre comunità all'estero.

  7. Nel campo dello spettacolo vanno realizzate una serie di riforme contro lo squilibrio che esiste in questo settore: squilibri regionali, squilibri per l'accesso alle manifestazioni culturali, squilibri nel fare e vivere cultura, squilibri economici nella pratica di un esasperato divismo e di uno strapotere dei mezzi di comunicazione di massa. Vanno sostenute tutte quelle forme di nuova aggregazione (consorzi, cooperative, associazioni) per un pluralismo culturale, per la sperimentazione, per la divulgazione della cultura. Riforme per il cinema, per il teatro, per la musica, per la danza e le arti figurative, abolendo la censura amministrativa, impongono finanziamenti e programmazione e un ridimensionamento degli alti contributi economici per i divi di turno e una lotta agli sprechi. Vanno favoriti e creati laboratori, sostenute rassegne tematiche e multietniche, favorite autonome attività di produzione discografica o televisiva, radiofonica o filmica e aperti Conservatori e Teatri Stabili popolari, archivi o scuole di cinema favorendo la possibilità economica di accedervi. Va sostenuta la media e piccola industria editoriale, libraria e discografica, le pubblicazioni minori e la stampa in generale. Gli Enti Locali possono attrezzarsi con strutture e materiali per consentire a tutti di fare e vivere cultura ovvero si può investire in questa direzione abolendo le tasse per l'occupazione di suolo pubblico per rassegne e feste eliminando i finanziamenti a pioggia unicamente per chi è in grado di realizzare forti investimenti inattesa di contributi che arriveranno tardi e particolarmente gonfiati (nelle grandi e medie città ad esempio i Comuni possono essere dotati di palchi, sedie, stand, impianti tecnici da mettere a disposizione per iniziative culturali e sportive risparmiando rispetto finanziamenti spesso concordati e sollecitando lo sviluppo del fare cultura e sport: questa non è una regola  unica ma un'idea in più). Stesso discorso vale per le televisioni locali, a carattere cittadino o regionale, che vanno aiutate contro lo strapotere della Rai e di Mediaset. Ciò, indubbiamente, che va garantita è la qualità dell'informazione, la serietà del progetto, la sua stessa pluralità. E, ancora, necessitano Stabili Popolari, l'aiuto per la nascita di Case dei Popoli e una riforma degli Enti Pubblici (ETI, Coni ecc.). Va, quindi, pensata una Consulta Nazionale per la promozione e lo sviluppo dell'associazionismo culturale, sportivo e ricreativo ed un suo obbligatorio ed immediato decentramento territoriale, va valorizzata l'autonomia dei circoli aziendali ed eliminato l'obbligo di affiliazione ad associazioni nazionali, va istituito un Servizio Nazionale dello Sport che provveda, attraverso consigli territoriali da edificare, alla diffusione della pratica sportiva ridefinendo il ruolo dei Comuni e delle Regioni per la costruzione di nuovi impianti , la formazione degli istruttori, la medicina sportiva, il finanziamento alle attività da assicurare attraverso le grandi lotterie (totocalcio ecc.) collegate al mondo dello sport. Lo sport e la cultura nei posti di lavoro devono essere un'esigenza indiscutibile. La trasparenza, infine, delle lotterie (meccanismi economici e vincite) è necessaria contro consolidati imbrogli, pessima distribuzione degli utili e loro concentramento nelle mani di pochi, ulteriore evasione fiscale dei "nuovi ricchi". Ma ciò che più deve impegnarci è una lotta, percorrendo anche strade inesplorate, per una concreta riforma intellettuale e morale, un "nuovo conformismo" per il potere popolare domani e la scomparsa delle classi poi.

C) RIFORMA DELLO STATO
VERSO IL SOCIALISMO

  1. Siamo dentro un progetto di "americanizzazione" della società ingabbiato da leggi elettorali "truffa", sogni presidenzialistici e svilimento del ruolo delle autonomie locali. Le forze di polizia e i carabinieri non raramente sono stati utilizzati a scopo repressivo contro i lavoratori, la CIA ha fatto le sue tranquille passeggiate di potere in Italia e la mafia continua a dominare apparati interi dello Stato. Questo e molto altro. Un intervento, mentre si smantella la stessa Carta Costituzionale e comunque la si ignora per fare guerre o regalare soldi ai privati, per una riforma delle istituzioni democratiche nel presente è una necessità. Dobbiamo porci piccoli e concreti obiettivi per essere capiti da una moltitudine e far esplodere contraddizioni all'interno dei poteri costituiti. Intanto va sollecitato e promosso un lavoro affinché tutti i corpi armati della nazione siano messi adisposizione della pace, di un servizio di aiuto nelle condizioni di difficoltà  derivanti da criminalità organizzata o calamità naturali, di rispetto della sovranità popolare. Va difeso un Esercito che comprenda un servizio di leva e dell'obiezione di coscienza che vanno equamente retribuiti e che devono operare per una convivenza civile e democratica, per lo sviluppo della cultura e la pratica dello sport, fermo restando, nella fase attuale, l'idea di un Esercito idoneo a difendere la nazione; parimenti va abolita ogni logica interventista ed "offensiva". Pertanto bisogna procedere alla riforma democratica delle forze armate e all'abolizione di ogni privilegio economico e di potere dei graduati superiori. Le forze armate  debbono, con l'obbligo di conoscenza della Carta Costituzionale, operare negli interessi del popolo, per la democrazia e la tutela del cittadino. Un Comitato Interistituzionale (civili e militari) che comprenda associazioni pacifiste, ambientaliste, organizzazioni sindacali erappresentanze parlamentari e delle forze armate è negli stessi principi del nostroordinamento democratico. Ci sono graduati e ci sono   proletari in divisa: i sindacati di settore vanno collegati a quelli del mondo del lavoro e della scuola e va intrapresa una battaglia per giusti salari e per ogni diritto politico del militare. L'elevamento culturale dei militari non di leva è necessario ed obbligatorio quanto riordinare le carriere per garantire equità, alta professionalità e rispetto delle Istituzioni democratiche. Un esercito di mestiere non solo è pericoloso ma contraddice la stessa Carta Costituzionale. L'ammodernamento tecnologico ed il miglioramento del trattamento economico e delle condizioni umane e di lavoro degli appartenenti alle forze armate e dell'ordine è di per sé insufficiente se non si smantellano logiche corporative e non si avvia un programma trasparente sugli indirizzi generali da perseguire. Tra questi il primo è la lotta alla criminalità organizzata. Non sono quattro immigrati e tre rom il problema della sicurezza della nazione ma, oltre il sovversivismo reazionario dei servizi segreti, il connubio tra mafia e politica.

  2. La stessa amministrazione della giustizia, civile, penale e amministrativa è in profonda crisi. Gli uomini di Gladio tentano di processare la storia del PCI, i tangentisti pretendono le scuse e alcuni giovani delle lotte del '77 ancora attendono risposte. Forse la storia assolverà Fidel Castro ma, intanto, i giudici hanno assolto Andreotti, il malgoverno democristiano e del CAF, le trame più oscure della Repubblica. Occorre battersi contro la mafia, il racket, l'usura, i mercanti di corpi di donna e di bambini, gli spacciatori di droghe (urgente è la liberalizzazione delle stesse ed un ruolo di prevenzione ed intervento istituzionale) ed approvare con celerità alcune leggi di riforma del sistema penitenziario valorizzando pene alternative e depenalizzazione in modo da riservare, abolito l'ergastolo, il carcere  unicamente alle più gravi forme di criminalità. Va favorito l'inserimento sociale del condannato e perseguiti con misure amministrative tutta una serie di illeciti minori. Il carcere è sempre stato, principalmente, una sede per le fasce più emarginate della società, sottoproletari, zingari, immigrati, minori disagiati ecc. e mai si è ragionato su una Carta dei diritti del carcerato, sulla distribuzione territoriale dei giudici, sui problemi degli stessi agenti di custodia. La vita penitenziaria in alcuni istituti è totalmente deteriorata quanto una società che ancora lascia impunite le stragi (di Stato) e consente ai ladri di denaro pubblico di fare le leggi. Difendendo l'autonomia della magistratura, grazieall'esperienza di tangentopoli, va rivalutato il ruolo di commissioni parlamentari quali l'antimafia, per la verità sulla loggia  massonica della P2 ecc., per una adeguata difesa dei valori democratici. Il potere mafioso limita fortemente lo stesso progetto economico di intere regioni meridionali con una forte espansione in tutta la penisola. Stretti sono i suoi collegamenti con poteri politici e poteri occulti. Sportelli contro la mafia ed i suoi tentacoli vanno programmati in ogni Regione e pubblicamente finanziati.

  3. La sicurezza dei cittadini è rappresentata dalla casa, la scuola, i trasporti, la sanità, servizi funzionanti e non certo da uno Stato di Polizia ma necessario è rimettere ordine alla materia per individuare la vera criminalità e combatterla.

  4. E' la Costituzione repubblicana il terreno per restituire valore di rappresentanza e legittimità ai poteri democratici e popolari. Vanno snelliti i Ministeri, vanno dimezzati gli "onorevoli", va costituita una sola Camera, vanno tolti gliinnumerevoli privilegi degli eletti, ridimensionate le paghe, vietate le  fughe da un partito ad un altro in sede istituzionale, studiati iter parlamentari rapidi ed efficaci, pretendere non "atti parlamentari" ma programmazione e bisogna  costituire una Consulta Parlamentare per ogni ministero composta da rappresentanze popolari organizzate provenienti dal mondo del lavoro e della scuola,dell'associazionismo e della cultura…

  5. Le Regioni e le Autonomie Locali vanno totalmente rivisitate per consentire un'ampia partecipazione del popolo alle decisione. Un vero decentramento non è mai stato realizzato e nemmeno un rapporto concreto tra cittadini ed istituzioni. A questo fine si pone l'esigenza di una Consulta Nazionale delle Regioni e delle Autonomie Locali e forme di governo più adeguate delle aree metropolitane. In ogni realtà vanno istituite, quindi, consulte per i diritti (ambiente, condizione delle donne e dei giovani, anziani, emarginazione…) e vanno tutelati i dritti delle minoranze nazionali presenti in Italia, gli immigrati in genere, i nomadi. Anche le riforme elettorali, nel quadro di un sistema proporzionale, devono prevedere quote di sbarramento, superamento della logica delle preferenze, collegi uninominali. La riforma della Pubblica amministrazione è una battaglia essenziale per ridare centralità al popolo e, quindi, al Parlamento.

  6. Tutta la tematica qui accennata vuole essere solo una griglia di lavoro per rilanciare una serie di lotte che contrastino l'egemonia delle classi dominanti le quali hanno ridotto la politica alla logica del tanto meglio tanto peggio obbligandoci ad accettare una violazione sistematica della Costituzione e dello stesso ruolo del Parlamento. Scomparso l'antifascismo si fa scomparire ogni piccolo valore democratico fino ad imporci un pensiero unico gradito alle grandi multinazionali, al Fondo Monetario Internazionale, agli Stati Uniti. La vita democratica si riduce a formule di governo, desistenze vere o finte incluse, coalizioni per l'alternanza al potere sottovalutando bisogni ed esigenze reali. Modificare i rapporti di forza a favore della classe operaia e delle masse impone programmi avanzati ma anche piccole idee e, soprattutto, incalzare i rappresentanti delle classi dominanti su ogni questione, porne di nuove, inventarne se necessario. Vanno individuati i problemi più urgenti del Paese ed il loro collegamento con le grandi questioni internazionali, va ricostruita una forte unità dal  basso e create le condizioni di un nuovo protagonismo delle masse. Le modificazioni in atto nel sistema produttivo, nella stratificazione sociale, nelle culture   diffuse comportano una penetrazione puntuale della realtà e la ricerca di vie anche originali per cambiarla. Non dobbiamo attendere il socialismo, che tra l'altro non è dietro l'angolo, ma impegnarci per una nuova stagione di lotte che imponga al duemila di chiamarsi sessantotto.

  7. In una epoca interclassista e in piena crisi del partitismo non deve venire meno, contro settarismi e corporativismo, il rilancio della funzione storica della classe operaia, del nuovo proletariato urbano e rurale superando logiche di "etnomarxismo" che potrebbero allontanarci dai nuovi soggetti antagonisti che irrompono nelle società e possono contribuire alla formazione di unaessenziale "volontà collettiva" per la nascita di un socialismo, dentro l'orizzonte designato da Marx d Engels nel Manifesto del 1848, che ci invita a comprendere i profondi cambiamenti di struttura e il ruolo enorme assunto dalla sovrastruttura. L'offensiva conservatrice, dopo "la caduta del muro", è ancora più tenace e sta a dimostrare che le innovazioni tecnologiche non coincidono meccanicamente con un avanzamento sociale. Sono, dunque, i valori di uguaglianza e solidarietà ad essere messi in discussione e una risposta può essere  vincente se saremo capaci di realizzare un progetto ed un programma praticabili, inserendo elementi di socialismo nel presente, combattendo burocrazia e pratica anomala dei referendum, ostacolando trust e individualismo, valorizzando la socializzazione, le libertà ed i diritti individuali e collettivi. Camminiamo verso la barbarie mentre il movimento operaio nel suo insieme è in crisi, in crisi la lotta di emancipazione delle donne e lo "spirito di ribellione" delle giovani generazioni. La lotta per il socialismo diviene più necessaria ma vanno predisposti con maggiore esattezza i mezzi per renderla attuale. Dobbiamo intrometterci in ogni campo della vita, dire la nostra ma, soprattutto, essere "veri guerrieri" ovvero uomini e donne che con l'azione dimostrano le loro ragioni, la validità delle loro idee, la concretezza del proprio programma.

D) PER UN NUOVO SVILUPPO
ECONOMICO E SOCIALE

  1. Il Partito della Rifondazione Comunista in questo fine 1999 ha divulgato una piattaforma dei diritti fondamentali per tutti e tutte. Molte declamazione ci trovano d'accordo. Ci convincono anche molte affermazioni programmatiche del Partito dei Comunisti Italiani. Si tratta di capire quale rapporto c'è tra una fraseologia che pure appare rivoluzionaria per alcuni aspetti e la prassi. Facciamo un referendum per l'abolizione dell'ICI sulla prima casa e facciamone uno per abolire i ticket sanitari. Proponiamo una iniziativa capillare e di massa per le 35 ore a parità di salario, indirizziamo le lotte studentesche per una vera riforma della scuola e contro le privatizzazioni, usciamo da quelle giunte regionali e locali che privatizzano i servizi essenziali ed utilizziamo gli eletti per costruire lotte e smascherare il cedimento borghese del centrosinistra italiano. Sollecitiamo le occupazioni di fabbriche contro disoccupazione e licenziamenti e rendiamo caldo l'autunno oltre l'innaturale effetto serra. Lavoro, giusti salari, lotta alle disuguaglianze, diritti dell'infanzia, allo studio, alla salute, diritti sociali della persona, diritto alla pensione, alla casa, ai servizi fondamentali, all'ambiente, alla cultura ed alla comunicazione, diritti per i cittadini immigrati e, ancora, una politica per i trasporti popolari, per la pace, per i tagli alle spese militari, all'evasione fiscale, per il Mezzogiorno e l'agricoltura e via elencando necessitano non di un "nuovo consociativismo", furbizie elettorali, passeggiate indolori per contarsi definite cortei, riviste e salotti per parlare all'infinito del modo migliore per fare una rivoluzione ma, semplicemente, di democrazia politica, unità dal basso, radicamento sociale ed iniziative concrete dentro e fuori le istituzioni. Proclamiamo, dunque, la nostra diversità da una consolidata "sinistra aristocratica" rifiutandoci di essere dei "duri e puri" ma, contraddizioni ed errori permettendo, dei militanti per costruire concretamente l'alternativa ridando, in primis, fiducia e speranza a chi non intende tirarsi in disparte… Due battaglie, intanto, sono importanti: la conquista del posto di lavoro garantito e corrisposto a salario completo per tutti i lavoratori socialmente utili e il reddito sociale minimo. Per le altre cose di cui parleremo ci faremo aiutare anche da programmi già proposti dal Pci nel passato e da realtà della Nuova Sinistra: ripetersi non è sempre un errore.
  2. Siamo in un'epoca in cui prioritaria diviene la battaglia per la difesa delle pensioni, dei salari, del posto di lavoro in particolare nel Mezzogiorno. Rimane inalterato lo sviluppo distorto dl Paese e, come in epoca democristiana, assistiamo allo sviluppo spontaneo del mercato, alla concentrazione selvaggia degli investimenti (il Nord continua a farla da padrone) con l'aggravante di una emigrazione di ritorno ed un processo migratorio internazionale incontrollato. Le conseguenze per il Sud sono pesanti e drammatiche e la spirale inflazione-deflazione assume, per le condizioni di vita delle popolazioni, aspetti nuovi ed allarmanti mentre non si riconosce che il problema centrale da risolvere è quello della riqualificazione della spesa pubblica, della lotta al parassitismo, di nuova occupazione, di investimenti produttivi più calzanti ai bisogni ed alle esigenze del presente. Vanno, nel frattempo, eliminati gli sprechi del "Palazzo" a partire dalle spese correnti, privilegi burocratici, alti costi del personale nella sua totalità e per i famosi "tempi tecnici" sempre incredibilmente lunghi. Le pensioni di lusso ci obbligano a stabilire un tetto massimo oltre il quale non si può andare (parimenti vanno innalzate le pensioni minime e d'invalidità).
  3. Il problema più grave del Paese, della stessa Europa, è e rimane l'occupazione. Si distruggono le esperienze cooperativistiche e si dà fiato ambiguamente ad un terzo settore già parzialmente controllato dai "poteri forti", non si crea lo sviluppo in agricoltura, nell'industria nel Mezzogiorno, nel turismo, nel terziario avanzato, nei servizi sociali e nella stessa Pubblica amministrazione. Una riconversione economica deve affiancarsi a quella culturale mentre vanno istituiti Sportelli di Formazione ed Avviamento al Lavoro decentrati che operino unitariamente dentro un nuovo piano di sviluppo e priorità con la capacità di elaborare progetti e programmi per il lavoro, per l'ampliamento dei servizi di interesse pubblico, lo sviluppo della creatività, la cultura, l'ambiente e la natura in genere, il turismo, l'allevamento e l'agricoltura (pensando a Comunità da costruire) e garantendo una giusta preparazione. Il lavoro a tempo parziale deve riguardare unicamente gli studenti, le donne che ne facciano richiesta, gli anziani non più in condizione di svolgere lavori a tempo pieno, determinati settori del commercio, dell'artigianato e dell'uso intelligente del tempo libero. I giovani devono costruire proprie leghe, organizzazioni, consorzi, cooperative ed associazioni per conquistare l'inserimento nella produzione e in attività necessarie. Per le donne va garantito il rispetto delle leggi di parità e la conquista di un apparato produttivo che ne faciliti l'inserimento al lavoro. I beni ambientali e storici, le aree protette che ci sono e quelle da chiedere, il recupero di aree e locali, un moderno sistema agro-alimentare-industriale, una rete di servizi reali, lo sviluppo di una industria piccola nei campi dell'elettronica, la meccanica di precisione, la discografia o l'editoria, l'artigianato tradizionale e moderno, il piccolo commercio, la ricerca di fonti alternative per l'energia sono già contenitori possibili per imbarcare occupazione in genere e quella giovanile in particolare.
  4. Il Mezzogiorno d'Italia, ovvero la mai risolta questione meridionale, ci impongono riflessioni adeguate proprio perché è da qui che dobbiamo ripartire per parlare di piena occupazione, allargamento della base produttiva, soddisfazione di bisogni fondamentali secondo criteri di uguaglianza e giustizia sociale, per ridurre la nostra dipendenza dall'estero, intervenire sullo stesso debito pubblico e tutelare lo stato sociale. Va rovesciata la tendenza a risparmiare sulla mano d'opera e ad allargare il divario tra Nord e Sud sostenendo anche sforzi autonomi di una piccola imprenditoria e dei giovani ostacolati da miopia politica e vecchia e nuova mafia. Intanto nel sud e in quel nord interno alla questione meridionale l'agricoltura deve diventare un settore strategico per uno sviluppo qualitativo e insieme quantitativo: una agricoltura competitiva capace di affrontare i mercati internazionali e di fare un salto tecnologico per una giusta alimentazione e alimenti sani (agricoltura biologica inclusa). Va tutelata e protetta la stessa azienda agricola familiare mettendola dentro una rete di piccoli produttori per usufruire di tecnologia e distribuzione adeguate, un credito agevolato ed un commercio facilitato. Vanno inventate cooperative e nuove forme di associazionismo e potenziate, soprattutto per i giovani, idee di agro-turismo e di ricerca agro-biologica possibili. L'attuale debolezza strutturale del settore è tra le cause di un suo "invecchiamento" ed abbandono insieme ad un assistenzialismo miserabile e alle elemosine comunitarie. Realtà quali l'AIMA vanno riformate mentre si deve procedere ad una programmazione del cosa e per chi produrre modificando sostanzialmente la stessa politica agricola comunitaria. Ma il Sud ha bisogno soprattutto di infrastrutture utili ed opere pubbliche, una crescita qualificata del terziario, un progetto per la collina e la montagna meridionali collegato alla sistemazione dei suoli, il rilancio della zootecnia, delle attività turistiche e della piccola e media industria dentro crediti agevolati, assistenza tecnica, fonti di energia convenienti, trasporti efficienti, riorganizzazione dei sistemi portuali e l'avvio di progetti speciali per la ricerca o l'irrigazione, il ritorno degli emigrati o la lotta alla criminalità, una scuola pubblica e a tempo pieno e la cura gratuita per tutti i bisognosi, una rinnovata edilizia economica e popolare o per la costruzione di polifunzionali centri di aggregazione.
  5. E' in atto un pesante attacco allo stato sociale. Si è avviata una politica che punta ad identificare lo Stato Sociale con l'assistenza ai poveri: lo Stato Sociale è, invece, un bene comune che supera interessi di parte e generazionali. Lo Stato Sociale è il termometro per misurare il grado di civiltà di un popolo, di un continente. Ma è indubbio che alcuni correttivi vanno proposti: occorre estendere gli orari dei servizi, eliminare burocrazia, combattere sprechi ed inefficienza, garantire il controllo popolare delle utenze e valorizzare un volontariato qualificato. Il diritto all'istruzione, alla mobilità, all'abitazione, alla salute, ad un tranquilla vecchiaia, al tempo libero vanno, oggettivamente, garantiti. Per questo la lotta all'evasione fiscale, la redistribuzione dei profitti ottenuti con lavoro non pagato, tetti massimi per le pensioni d'oro e gli stipendi del privilegio sono necessari quanto calmierare lo spreco nel mondo dello spettacolo e dello sport. Il sistema tributario attuale è totalmente inadeguato a rispondere a criteri di giustizia e decisiva è una trasformazione strutturale della Pubblica amministrazione e la semplificazione delle procedure amministrative. L'imposizione sui redditi da capitale e societari va riordinata e deve prevedere una tassazione sul bilancio da rendere trasparente e verificabile. Va abolita l'IVA sui generi di prima necessità ed aumentate le imposte collegate all'acquisto di alta tecnologica (del resto maggior produzione non ha corrisposto a maggior lavoro e migliori condizioni di vita). Una politica dei sacrifici ha senso se parte dal lusso e non dal prelievo sui bisogni fondamentali dei ceti popolari. Nella pratica sanzionatoria per l'evasione va distinto il furbo dal bisognoso, il piccolo errore dal calcolo, la modesta infrazione dall'operazione fraudolente. Spesso pagano i piccoli mentre "lor signori" navigano verso paradisi fiscali ed impunità. La partecipazione dei lavoratori nelle decisioni che riguardano la vita economica e fiscale di una nazione, di un continente, nel pianeta dovrebbe essere essenziale anche agli effetti del rilancio del processo di accumulazione, di giuste politiche per i servizi, i consumi sociali, la tutela dell'ambiente, gli insediamenti abitativi, la trasparenza di bilancio delle aziende, la stessa democrazia costituzionale.
  6. L'Italia ha realizzato diverse riforme sanitarie (il termine riforma del resto è buono ormai per qualsiasi scempio) ma alcune considerazioni sono ancora necessarie. Abolire i ticket, decentrare l'intervento dagli ospedali sul territorio con una rete organizzata di ambulatori attrezzati, medici di base, spazi per la prevenzione e per il pronto intervento e ricoveri urgenti con funzione curativa e riabilitativa è un modo per contrastare consolidate tendenze centralistische. Va riorganizzato il Servizio sanitario nazionale collegandolo oggettivamente, baroni permettendo, all'ordinamento sanitario universitario favorendo la ricerca scientifica biomedica e farmacologica e finalizzando, concretamente, la ricerca nel suo insieme alla condizione del Paese e allo sviluppo della società multietnica. La prevenzione sanitaria invita anche a ragionare sulla tutela ambientale, l'alimentazione, la salute nei posti di lavoro, i danni inquinanti dell'industria, l'utilizzo dei pesticidi ecc.: occorre costruire consulte territoriali e aziendali di programma e di controllo per produrre difendendo l'uomo e senza inquinare mettendo a disposizione della collettività tutti i dati conosciuti e praticando scelte adeguate nel campo idrogeologico, urbanistico, agricolo ed industriale. Il primo disastro ambientale è e rimane lo sfruttamento dell'uomo, la sua oppressione, la negazione dei diritti fondamentali e delle libertà. A questa consolidata violenza si aggiunge quella sul territorio. L'uso distorto che fino ad oggi se ne è fatto ha determinato un degrado per alcuni aspetti irreversibile (flora, fauna, paesaggi, patrimonio storico…). In realtà l'ambiente, non ce ne vogliano i nemici dello stesso come alcuni Verdi e le classi dominanti in genere, è al centro di un qualsiasi progetto di trasformazione ed implica un rapporto organico con la ricerca scientifica e tecnologica, la conoscenza stessa. Risparmiare energia e materie prime (limitando anche la grande inutile pubblicità cartacea), valorizzare le acque ed i monti (guerre consentendo), la fauna, anche per l'occupazione e cercare energia pulita è inderogabile ed altrettanto necessario è l'impegno per prevenire calamità (e i costi che ne conseguono) e risanare i territori: è questo il solo modo per comprendere che questo pianeta ci è semplicemente stato dato in prestito per consegnarlo alle generazioni future. Lottare contro la pesca a strascico, incontrollate manipolazioni genetiche, elettrosmog e un disordinato controllo per lo smaltimento dei rifiuti è rivoluzionario quanto collettivizzare una fabbrica.
  7. Ragionare su maternità ed infanzia, assistenza sociale, politica per la casa, trasporti e comunicazione è ancora riflettere su un programma minimo per un nuovo sviluppo economico. Garantire alle donne una maternità libera e consapevole, evitare il ritorno dell'aborto clandestino e creare condizioni per tutelare la salute della donna (consultori ecc.) è per i demopopolari un dato consolidato che, comunque, ripropone lotte affinché l'infanzia sia assistita e la libertà sessuale garantita. Lottare per i diritti omosessuali, trovare strade nuove ed accessibili per le adozioni di fatto e a distanza, favorire il diritto alla maternità ed alla famiglia anche nelle condizioni carcerarie, imporre norme per l'informazione sui problemi della sessualità, assistere sempre e comunque i minori, sostenere le ragazze-madri economicamente, inventare case convitto, cooperative e campi di lavoro per facilitare la pratica della convivenza e del vivere in comune, favorire l'uso del contraccettivo sdoganandolo dalla speculazione industriale, ampliare il servizio dei nidi popolari e pubblici e delle scuole materne sono una guida pratica per inserire elementi di socialismo nella società. La miopia della Chiesa su tutta la materia rinnova il bisogno di una rivoluzione all'interno della stessa per frenarne un anacronismo cronico che la rende serva sciocca dei grandi potentati economici e nemica dichiarata del progresso e dell'uomo in genere. Il Cristo che conosciamo nel miracolo proponeva la risoluzione dei problemi una volta per tutte ed ha pagato con la crocifissione il suo schierarsi contro il vecchio per proporre novità che pure apparvero da condannare ai padroni del Tempio suoi contemporanei. Non ci spaventi, dunque, il doverci schierare apertamente contro le mostruosità di tanta parte della Chiesa anche perché questa è la strada per incontrare quella parte sana che pure in essa vive. Siamo e vogliamo essere anche l'organizzazione di quel mondo religioso che ama la pace, un pianeta migliore ed ha in abominio il male, l'oppressione di classe, lo sfruttamento dell'uomo, la violenza (a partire da quella sulle donne e all'infanzia), la negazione dei diritti, i signori che affamano e generano miseria… Siamo e vogliamo essere l'organizzazione che deve lottare contro l'emarginazione in generale, quella degli anziani e dei disabili non con la pietà ma favorendone l'inserimento pieno nella società (è questa tra l'altro una grande possibilità per inventare lavoro e marciare verso un avvenire sereno). Ma quale serenità può esserci in noi quando ancora per molti la casa è un sogno ed una speranza? Quando il patrimonio pubblico costruito con i soldi degli stessi lavoratori viene ceduto e non si intravedono programmi chiari di nuova edilizia economica e popolare e piani per regolamentare il caos che c'è in tutto il settore? Compreso i furbi che occupano case più volte, venditori di cose non loro, nuovi ricchi che non lasciano il posto a chi ne ha bisogno e via criticando… Qualcosa, anzi più di qualcosa, è stato fatto: si tratta di andare avanti. Bisogna incoraggiare l'acquisto della prima casa con incentivi seri ed aiuti concreti, sostenere chi non può pagare affitti, smembrare la prepotenza delle immobiliari per costi accessibili e affitti in base ai redditi (tetti massimi inclusi) e senza nessuna distinzione tra un centro ed una periferia, va sviluppata l'edilizia convenzionata e riformato l'istituto autonomo delle case popolari. Intanto anche qui si privatizza mentre ogni anno servirebbero almeno 200.000 alloggi da destinare alla residenza. Vanno censite le case sfitte e praticata una lotta incessante all'abusivismo dei palazzinari mentre i Comuni devono aiutare i lavoratori che vogliono costruirsi la casa anche col proprio lavoro favorendo permute di terreni non fabbricabili con aree urbanizzate e dotate di progetti già consolidati. L'abbattimento di barriere architettoniche e l'adozione di nuove tipologie per ridurre costi di costruzione e dare incremento alla produttività devono appartenere al nostro programma minimo al pari di iniziative per l'eliminazione degli oneri per le concessioni stabilite dalla legge per i lavoratori. Vanno abolite tasse di successione e consentita la cessione ai figli da parte dei genitori delle loro proprietà senza spese. Impellente è anche un piano per i trasporti in generale contro privatizzazioni, smantellamento del servizio pubblico, politiche dissennate di "alta velocità" per le ferrovie e lavoro flessibile… Va perfezionato un piano dei trasporti integrato che sia caratterizzato dall'uso di trasporti pubblici collettivi combattendo lo squilibrio, anche in questo caso, tra Nord e Sud. Le Ferrovie vanno riorganizzate ed il potere delle stesse deve passare dalle mani dei privati al decentramento amministrativo collegandole ad una politica di risanamento delle linee extraurbane e favorendo il trasporto merci su rotaie. Il trasporto su rotaie e quello su strada vanno agevolati ed è necessario giungere alla costruzione di centri intermodali, corsie particolari, zone sosta. Una analisi sul settore urbano riguarda programmi minimi da costruire, come per altre tematiche, territorio per territorio. Un piano per i porti e per la cantieristica navale è decisivo per l'economia marittima ripensando i meccanismi di gestione portuali, assicurando finanziamenti sufficienti e collegando in una apposita commissione realtà dei diversi porti italiani, dei pescatori, dei cantieri navali e più in generale dl mondo del lavoro e dell'impresa. Quella del trasporto aereo è una vera propria crisi e manca una razionalità in tutto il sistema aeroportuale italiano a partire da una legge che disciplini i voli charters e che favorisca una nuova professionalità. Rimane una politica dei costi per i voli nazionali (mancanza di aero-bus) per consentire un dinamismo maggiore a chi vive viaggiando. Nel settore dei servizi postali va spazzato via il grande fenomeno del parassitismo e del clientelismo che sono spesso i responsabili di disservizi e sprechi. Sviluppare continuamente il processo di meccanizzazione è un obiettivo mentre è necessaria (anche per la telefonia) una internazionalizzazione del settore salvaguardandoli da ogni artiglio privato. Energia, comunicazione, trasporti al pari di sanità ed istruzione ad esempio non possono non essere servizi pubblici.
  8. La riforma delle pensioni è e rimane un tema scottante. Le pensioni vanno toccate! Va smantellata una fitta rete di interessi e privilegi che hanno negato una politica di solidarietà nazionale, condannato alla fame alcuni e regalato denaro dei lavoratori ad un manipolo di faccendieri. Bisogna consolidare l'aggancio delle pensioni alla dinamica salariale e per i minimi deve valere l'indice delle retribuzione dell'industria al fine di garantire il potere reale d'acquisto ed una rivalutazione dentro il costo della vita. Vanno unificate le pensioni ai lavoratori che hanno requisiti uguali e va imposto un tetto massimo di pensione ed una regolamentazione del cumulo tra pensioni e reddito al fine di tutelare redditi modesti di lavoratori anziani a tempo parziale e pensioni sociali e di invalidità. Un solo istituto pensionistico è più che sufficiente ed è indispensabile per un'azione solidaristica nell'utilizzazione delle risorse e per risparmi economici nei costi di gestione. Nel settore dell'invalidità favoritismi e cinismo la hanno fatta da padroni. Gli inabili, i malati cronici e gli invalidi in genere hanno diritto a contributi pensionistici sufficienti alle esigenze di vita o ad un lavoro part-time nel caso fosse possibile affrontarlo. La previdenza in agricoltura va unificata a quella delle categorie lavoratrici non agricole e va garantito ai lavoratori autonomi un trattamento pensionistico dignitoso consentendo una sanatoria per porre ordine al sistema dei versamenti e delle erogazioni. Nel campo delle pensioni e in quello della politica retributiva l'Italia è il simbolo di ingiustizie e sperequazioni inaudite. Le differenziazioni economiche all'interno di uno stesso settore e tra settori è enorme. Raccogliere firme per evidenziarlo è solo un modo per tenere impegnate masse altrimenti "vive". Serve una lotta dura, dentro e fuori le istituzioni, perché questa materia è una delle ragioni stesse dell'esistenza delle organizzazioni di classe. Va rilanciata concretamente la battaglia per la scala mobile e protette con norme le lavorazioni pericolose, faticose e disagiate. Bisogna pretendere l'ottenimento di retribuzioni corrispondenti al lavoro svolto e alla professionalità effettivamente prestata con una quota per i lavoratori sugli utili realizzati (ciò che poi implica un controllo sulla produzione, i costi, i bilanci): esportare nel pianeta questo diritto è una scelta obbligata per il futuro dell'umanità contro lo sfruttamento selvaggio e innaturale degli esseri umani e delle stesse risorse. Una politica retributiva sana è basata sulla trasparenza di tutte le retribuzioni e di bilanci e va garantita la piena uguaglianza a parità di lavoro e tra sessi. I lavoratori che si battono solo per il contratto, trascurando altri lavori e la disoccupazione, sono condannati alla loro miseria culturale, morale ed, infine, economica. Migliaia di metalmeccanici in piazza per esigenze corporative sono un'umiliazione per la classe operaia e la gioia del padronato. Lo sciopero per i diritti del lavoro, per il lavoro, per un nuovo modello di sviluppo è un "egoismo" di cui sentiamo la mancanza. Egoisticamente devi difendere il bambino sfruttato, il coreano che difende il suo posto di lavoro per difendere il tuo salario e le speranze di lavoro per i tuoi figli. Va pensato un rinnovato sindacato confederale che oggettivamente riscopra i contenuti di classe del suo esistere ed agire. Il CNL, i COBAS, i CUB diversi militanti della CGIL stanno operando in questa direzione: le loro lotte vanno sostenute, ampliate e difese. Regolamentare gli scioperi e regolamentare i salari (bloccarli per gli investimenti) è un'invenzione dei ladri del lavoro altrui. Ciò che serve è un'uguaglianza per consumare e promuovere ricchezza, un intervento sui costi per unità di prodotto, una politica di riforme delle strutture ed una programmazione democratica dell'economia. Servono le 35 ore a parità di salario e gli studenti-lavoratori, serve una certa spregiudicatezza e maggiore potere agli operai ed ai lavoratori complessivi, servono leggi chiare per i diritti dei lavoratori dello Stato, del parastato, degli Enti locali, della scuola, degli ospedalieri ecc. per un risanamento globale, la formazione e l'aggiornamento necessari, nuovi criteri di produttività e mobilità e norme chiare nelle assunzioni. La crisi del capitalismo gli appartiene totalmente mentre si intende farne pagare i costi ai ceti popolari, del resto hanno anche fondato partiti per ingannarli. Molti fondi nazionali ed internazionali attendono ancora di essere utilizzati e sono inoperanti programmi finalizzati e di nuovo intervento. Rimane uno sviluppo spontaneo, soprattutto nella media e piccola impresa, ed il massacro del capitalismo nostrano da parte di potentati stranieri è all'ordine del giorno (basta per tutte l'analisi sulla nostra industria dell'informatica che se fosse firmata da uno stilista di moda sarebbe maggiormente competitiva). Del resto le nostre classi dirigenti ci vogliono ignoranti, privi di strumenti tecnologici e amanti dell'erba del vicino… La nostra economia va ricollocata nel quadro di una divisione internazionale del lavoro che vive un suo continuo mutamento. Serve, quindi, una pluralità di soggetti per una programmazione ben inserita nel millennio che ci attende. Lo sviluppo industriale è confuso, occasionale, una bandiera incolore al vento, privo di una diversificazione produttiva ampia e incapace di utilizzare settori avanzati per sostenere quelli meno dinamici (il settore manifatturiero può aiutare quello agricolo ad esempio e, quindi, i profitti possono essere razionalizzati in una distribuzione non solo tra "padrone" e "salariato" ma, anche, tra industria in movimento e industria meno dinamica). L'ampliamento dell'industria ha bisogno di infrastrutture, trasporti seri, progresso tecnologico, energia sufficiente ed economica, materie prime, servizi sociali ma i nostri capitani d'industria pretendono negarlo affidandosi alla provvidenza o incolpando i "cornuti" per "mazziarli": negano i diritti, la partecipazione dei lavoratori alle scelte industriali, solidarietà tra settori, programmi d'investimento concreti e servizi e poi si affidano al massacro dello stato sociale e alle elemosine di finanziarie incoscienti per sperare in un futuro roseo. Imitano le grandi potenze industriali che navigano su incrociatori con la pretesa sciocca di realizzare con delle zattere sconquassate identici percorsi e raggiungere identiche mete. Se lo Stato riuscirà ad organizzare, per la media e piccola industria, punti di riferimento credibili ed una programmazione chiara esse potranno davvero rappresentare un faro economico importante e una garanzia stabile per l'occupazione. In questi settori, come in molte campagne italiane, ciò che più prevale è la presenza di lavoro sottopagato ed in nero mentre manca la promozione di aree attrezzate e di consorzi, snellimento delle procedure per accedere al credito d'investimento, lo stesso aggiornamento degli imprenditori ed un loro rapporto concreto con le maestranze. Anche l'artigianato, favorendo lo sviluppo delle forme associative fra imprese e piccoli artigiani, va rivisitato per valorizzare la sua funzione economica e culturale (rapporto con le scuole e le Università) e per una sua espansione collegata allo stesso turismo. Ma per attuare una politica inerente al lavoro ed una politica industriale è necessario tutelare il sistema delle Partecipazioni Statali per renderle parte organica di una programmazione economica. L'intero sistema è in via di smantellamento mentre è necessario mantenerlo per avviare una politica per la ricerca di fonti nuove di energia, per l'approvvigionamento di materie prime cercando forme di collaborazione con i paesi dell'Africa, dell'Asia, dell'Americalatina e del Pacifico per le innovazioni tecnologiche, per una partecipazione delle rappresentanze popolari alla gestione della "cosa pubblica". Lo stesso commercio al minuto, il piccolo commerciante, il bottegaio sono stati condannati a morte al pari dell'osteria e dell'edicola simboli della nostra cultura passata e recente. Le imprese familiari devono inventarsi necessariamente varie forme di associazioni soprattutto per controllare la dinamica costi-guadagno, pretendere un piano nazionale ed europeo per l'ammodernamento della rete distributiva, l'ottenimento di crediti agevolati, piani territoriali concertati. Serve una legge globale che comprenda mercati, lavoro ambulante, piccolo e grande commercio, vendite al dettaglio e all'ingrosso per ragionare su costi, meccanismi solidali, orari, giuste retribuzioni, crediti ecc. Un comitato prezzi ha senso dentro un rapporto con gli Enti Locali cittadini e regionali. E', in fondo, una politica di risanamento quella che si propone e che non può escludere l'edilizia per servizi e le stesse opere pubbliche. Anche in questo caso molte decisioni sono casuali e manca una concreta pianificazione territoriale riguardante tutta la penisola. Alcune opere, del resto, rientrano ormai in piani internazionali. I piani regolatori comunali sono ridicoli ed antistorici e mai prevedono, dentro una urbanizzazione caotica, acquedotti, opere igienico-sanitarie, difesa dei suoli e delle acque, tutela ambientale, vie di comunicazione adeguate, sistemi integrati nei trasporti ecc. Il livello più basso di una pianificazione territoriale è, ormai, la Regione che deve costituire coordinamenti di controllo plurali per gli appalti, le spese, i tempi e valorizzare ogni piano in un giusto rapporto con l'internazionalizzazione della materia. Una delle più grandi fonti di ricchezza dell'Italia è il turismo. Il Mezzogiorno può esserne la locomotiva. Il paesaggio ed i beni culturali ne garantiscono il futuro ma manie speculative incontrollate ne stanno minacciando la "resistenza". Una politica per il turismo, inoltre, deve favorire il diritto sacrosanto al riposo dei nostri lavoratori oltre ad essere pensata per ragioni economiche e valutarie. Tra tutela dell'ambiente ed industria turistica vi è, quindi, un nesso inscindibile! Ed un identico rapporto vi è con le infrastrutture, i trasporti, le vie di comunicazione, la difesa del patrimonio storico, la prevenzione dalle calamità, la lotta al traffico e all'inquinamento, la valorizzazione degli usi e di costumi tradizionali ecc. ecc..
  9. Infine particolare attenzione va riservata alla questione dell'energia. Negli appunti sparsi, che seguiranno questo programma minimo che attinge dalla storia dei comunisti in Italia e da un presente ancora tutto da analizzare, introdurremo analisi sull'organizzazione (dal moderno principe al principe necessario), sull'attualità del marxismo, sulla gioventù "ribelle" e sull'interpretazione della stessa realtà per tentare di rendere possibile l'idea di una società alternativa. Se ci facessimo trascinare solo da un programma minimo perderemmo l'orientamento ed ogni fine scomparirebbe dal nostro progetto rendendoci dei simpatici riformisti, dei bravi socialdemocratici e dei pessimi rivoluzionari. Ci illudiamo, ancora, di lottare dentro una via democratica al socialismo, di comprendere le nostre particolari peculiarità, di non avere modelli e miti. Attendiamo giudizi negativi tranquillamente e "professori in cattedra" che intendono farci la lezione, ritenerci superflui e scontati, un po’ nostalgici ed ingenui. Noi tenteremo di rispondere attraverso le lotte quotidiane, le sconfitte e le piccole vittorie, coscienti che abbiamo scelto di faticare per capire e di lavorare per mutare una realtà da protagonisti. Dicevamo dell'energia. Non la nostra che ci è necessaria ma quella che stiamo sperperando con consumi distorti. Un primo obiettivo deve essere quello di stabilire, per una corretta politica energetica, un giusto rapporto tra sviluppo economico e tutela dell'ambiente e della salute. Va realizzato il massimo risparmio ma, soprattutto, vanno privilegiate fonti energetiche rinnovabili (solare, idrica, geotermica): risparmiare non significa proibire ma realizzare trasporti collettivi, orari per le scuole, gli uffici, la fabbrica ragionati, attuare tipologie edilizie che conservino al massimo il calore ed investire in tecnologia per consumi industriali bassi. Per il petrolio si fanno guerre "umanitarie", le si fanno per il "metano" a noi il compito di dichiarare guerra all'uso del nucleare e alla mancanza di un impegno serio per le fonti energetiche alternative.