PROGRAMMA
MINIMO
SCHEDE DI DOCUMENTAZIONE
IL PROGRAMMA MINIMO DI
DEMOCRAZIA POPOLARE (SINISTRA UNITA)
° PER INSERIRE ELEMENTI DI SOCIALISMO NELLA SOCIETA'
° PER COSTRUIRE L'ALTERNATIVA
° PER UN NUOVO INTERNAZIONALISMO
RELAZIONE DEL SEGRETARIO NAZIONALE
MICHELE CAPUANO
COMPLETA DI EMENDAMENTI E PROPOSTE DEL GRUPPO FONDATIVO:
Enrica ANTOGNELLI, Elio LAMARI, Edoardo NUCCI,
Ines VENTURI
PREMESSA:
Le proposte che andrò ad elencare,
sintetiche ed orientative, appariranno per diversi motivi limitate e ripetitive
riguardo il metodo ed i contenuti. Ciò è inevitabile per chi non intende
trascurare un programma dei comunisti in Italia e, quindi, di noi demopopolari
che dalla storia intendono attingere documenti ed idee, lotte ed esperienze con
l'ambizione di penetrare i nostri giorni per costruire un futuro diverso. Il
tentativo è, inoltre, quello di comprendere che se la teoria non è dimostrata
nella prassi, ovvero se le lotte non diventano il pane quotidiano per
l'affermazione di una dottrina, tra tattica e strategia, dell'organizzazione la
nostra stessa nascita ed esistenza è inutile, autorefenziale, ipocrita e
saccente. Non abbiamo la verità in tasca ma aiutati dall'abc del socialismo
scientifico possiamo tentare di ordinare appunti per la difesa e la riforma
dello Stato democratico nato dalla guerra di Liberazione (una nuova tappa della
rivoluzione antifascista), per un nuovo sviluppo economico e sociale, per la
ricerca scientifica, le istituzioni culturali e sportive, la scuola e
l'università, per la pace ed il disarmo, lo scioglimento della Nato e la
riforma dell'ONU, per l'ambiente, i servizi, il Mezzogiorno d'Italia ed il Sud
del mondo, la giustizia in campo fiscale, una nuova Europa per un pianeta
diverso. Dobbiamo "essere" un "governo ombra" per consentire
alle masse che riusciremo a raggiungere, l'oscuramento della nostra esistenza
anche a sinistra sarà inevitabile, di credere nell'alternativa di classe, di
diventare protagoniste del cambiamento e di una mutazione della società. Per
tutta una fase la nostra sarà la storia di una minoranza, di un piccolo gruppo
di militanti per il riscatto degli oppressi e degli sfruttati, per le masse
povere, per i lavoratori in genere, per l'emancipazione di una nuova
generazione, i diritti degli anziani e delle donne. Una minoranza, però, unita
e combattiva che deve rendere dirigente una massa spesso amorfa, che deve saper
parlare al popolo e, attraverso anche piccole lotte e compromessi deleteri,
percorrere la strada tortuosa verso una radicale mutazione, ovvero quel
socialismo dal volto umano che intendiamo edificare. Sarà, dunque, il programma
e non le dispute ideologiche tra questo o quel pensatore marxista il faro che
deve impegnarci. Sarà il marxismo, i più marxismi, la bussola per orientarci
in questo incredibile presente. Marx oltre il semplice conflitto, difendendo le
conquiste dei lavoratori, remando contro ma coscienti che è doveroso, nel
pensiero e nell'azione, dimostrare la nostra diversità, saper proporre e,
soprattutto, lottare concretamente. La rivista che abbiamo in cantiere e che ci
piace chiamare "la sinistra unita", il lavoro in internet saranno
piccoli aiuti di un movimento che deve riscoprire il territorio, la fabbrica e
la scuola, il mercato ed ogni luogo d'aggregazione. Vanno inventati, altresì,
la gioia del fare, l'avere occhi che sorridono, il riprendersi la fantasia e
l'immaginazione per contaminare la scienza e la realtà e il possedere quella
minuta felicità di chi sa di essere portatore di un "sogno" al
plurale di liberazione per un "umanesimo nuovo", una "nuova
civiltà" e, quindi, un "uomo nuovo". La società
dell'accumulazione flessibile imprigionata da un modello di sviluppo a bassa
occupazione e ad alta flessibilità, la società del Profit State e del massacro
dello stato sociale, il pianeta in cui si vuole imporre il pensiero unico delle
attuali classi dominanti ed una globalizzazione per il profitto di un'élite
deve trovarci preparati, disposti allo studio ed al sacrificio ma, soprattutto,
capaci di avere un linguaggio per parlare ai più e un progetto fatto anche di
piccole iniziative per un coinvolgimento da protagonisti di chi si intende
rappresentare. La relazione, a tratti anche noiosa, che navigherà tra appunti
di lavoro e ancoraggio alla "dottrina" vuole essere solo una
"provocazione", fortunatamente non siamo malati di leaderismo e
personalismi, per avviare un dibattito sincero che non può non arricchirci ma
che, immediatamente, deve vederci impegnati nelle lotte e fuori da discussioni
senza fine ed improduttive. Un intellettuale collettivo è necessario quanto
pretendere che ognuno, nel rispetto di ogni idea, si senta tutta
l'organizzazione mentre questa tutti ci deve rappresentare. Forniremo, infine,
schede di lavoro territoriali che, genericamente predisposte, vanno valorizzate,
modificate e sviluppate realtà per realtà. Ci attendono lotte dure e non
dobbiamo spaventarci se a volte appariremo ingenui o coinvolti in piccole
iniziative l'importante, compagne e compagni, è non smarrire il fine per cui
siamo nati e sapervi collegare ogni modesta attività (saranno i Dipartimenti,
poi, immaginati come vere e proprie officine di lavoro, ad approfondire
argomenti, tematiche, linee per l'azione). Buon lavoro a tutti noi.
A) PER LA PACE ED UN NUOVO
INTERNAZIONALISMO
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In un mutato presente, catturato dall'organizzazione
mondiale delle disuguaglianze, i demopopolari danno grande importanza ad una
politica che sia di sostegno allo sviluppo, nell'indipendenza, dei Paesi e
dei popoli di quello che impropriamente viene definito Terzo Mondo. La causa
fondamentale del dramma di popoli interi, soprattutto dopo la "caduta
del muro", della stessa situazione di sottosviluppo in cui vivono
centinaia di milioni di esseri umani e che determina sfruttamento selvaggio,
sfruttamento minorile incontrollato e milioni di morti per fame va ricercata
in un impietoso imperialismo e, più precisamente, nell'attuale assetto
delle relazioni economiche internazionali. I Paesi del "Terzo
Mondo" non sono stati integrati nell'economia mondiale e stanno vivendo
un consolidato legame di dipendenza al mercato globale, al Fondo Monetario
Internazionale, alla Banca Mondiale, che provoca forme distorte di crescita,
iniquità negli scambi, sviluppo ineguale, continuo furto di risorse (anche
umane), processi migratori incontrollati, distruzione ambientale. Un nuovo
ordine economico, nel pieno recupero della sovranità nazionale ed una
cooperazione paritaria è indispensabile. L'annullamento del debito estero
per molti Paesi, la negoziazione nelle "zone calde",
l'esportazione dei diritti soprattutto in tema di lavoro, contratti e stato
sociale, lo sviluppo del commercio internazionale ristrutturando i sistemi
di produzione, il blocco di nuove forme di protezionismo, la fine di ogni
embargo economico contro chiunque, il concedere spazi adeguati nei Paesi
industrializzati alle produzioni dei Paesi oggi depredati e
"modernamente colonizzati", la stabilizzazione dei prezzi delle
materie prime e l'ottenimento di una politica di "sconti" per ogni
acquisto finalizzato allo sviluppo economico dei popoli oggi ipersfruttati
sono parte organica del programma dei demopopolari. Vanno trasferite risorse
dai Paesi ricchi ai Paesi poveri dentro una programmazione economica
che preveda la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, di
ogni comunità e delle realtà rurali smantellando "un ruolo
dittatoriale delle multinazionali" la cui attività va regolamentata in
sede politica attraverso un protagonismo nuovo delle Nazioni Unite. I
principi della universalità e della partecipazione ai processi decisionali
è essenziale quanto il diritto di ogni popolo alla propria autonomia
favorendo la pace, il disarmo, lo scioglimento della Nato, contrastando il
pericoloso nuovo modello di difesa. Vanno sanzionate quelle nazioni che
negano l'autonomia etnica e il diritto per i popoli ad avere propri Stati (curdi,
palestinesi…), che ledono i diritti umani attraverso la negazione della
partecipazione alla politica, alla vita in genere, tramite il barbaro
permanere della pena di morte, le ingiuste detenzioni politiche, il razzismo
e l'autoritarismo. Si tratta di attuare una svolta radicale per la tutela
degli interessi materiali e morali dei lavoratori di qualsiasi razza. Lo
stesso Esercito Italiano deve mantenere ed utilizzare il servizio di leva
per un lavoro di cooperazione, retribuito, a difesa e tutela dei bisogni e
delle esigenze dei popoli che hanno subìto, in virtù della loro ricchezza
(umana e materiale), l'oppressione delle classi dominanti nazionali e
multinazionali.
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DP (SU) pone al centro della sua politica la questione
della pace che non implica il non riconoscimento di quelle lotte cruente per
la libertà ed il progresso necessarie in Paesi quali il Perù, per i
diritti delle comunità nel Chiapas ecc. come lo furono quelle dei
partigiani contro il nazifascismo e, più recentemente, dei vietnamiti
contro l'arroganza dei potentati dell'America del Nord, dei cubani o dei
sudafricani. La pace ed il disarmo sono nella nostra epoca la condizione
stessa per la stessa sopravvivenza della civiltà e del genere umano ed
implicano sedi negoziali adeguate che riconoscano la sovranità degli stati
e l'indipendenza dei popoli. Va rifiutato, inoltre, ogni tentativo, già in
corso, di militarizzazione dello Spazio ed avviato il dialogo, attraverso
una cooperazione tra tutti gli Stati, per la ricerca di soluzioni adeguate
nei conflitti "regionali". Per questo si rende utile la scomparsa
di strutture quali la Nato ed un nuovo ruolo delle Nazioni Unite che
allontani l'umanità dall'incubo di una guerra nucleare, da guerre
intelligenti e falsamente "umanitarie". L'ONU deve, quindi, avere
un'effettiva autorità nella composizione pacifica delle controversie
internazionali prevedendo gravi sanzioni per chi si erge suo inventato
paladino.
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Il divario tra Nord e Sud ha ormai caratteri
laceranti e la stessa politica di "aiuti" (dagli Stati al terzo
settore) è lontana dal rimuoverne le cause e promuovere un nuovo sviluppo.
Permangono, quasi inalterate, vecchie e recenti forme di dominio economico,
finanziario e commerciale: una spirale resa sempre più pericolosa dalla
politica del Fondo Monetario Internazionale e dagli Stati Uniti. Gravi
fenomeni di spopolamento delle campagne, inurbamento selvaggio, migrazione
di milioni di uomini, carestie, fame e miseria obbligano non ad
un'estensione del mercato capitalistico ma a lotte per un'emancipazione dei
popoli e per uno sviluppo autonomo degli stessi ricercando, quindi, una
globalizzazione dal basso che salvaguardi, anche, gli equilibri globali
della biosfera, la natura la vita. Si tratta di passare da uno sviluppo di
pura crescita quantitativa ad uno sviluppo più qualificato in rapporto ai
bisogni umani. Si tratta, riconoscendo l'inevitabilità dello sviluppo
tecnologico, di impiegare risorse rinnovabili, risparmiare energia e materie
prime, combattere l'inquinamento e ridistribuire ricchezze per difendere e
creare posti di lavoro. La lotta di emancipazione dei lavoratori, in un
nuovo internazionalismo, cammina accanto a quella per un avanzamento della
condizione delle donne e la costruzione di prospettive per le giovani
generazioni.
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DP (SU) rifiuta la tesi secondo la quale lo
sviluppo tecnologico implica maggiore disoccupazione, scomparsa della
funzione storica della classe operaia, dequalificazione dei lavoratori e via
mentendo. Lavorare meno lavorare tutti rimane una linea per l'azione. Le 35
ore a parità di salario un bisogno. Il divario tra sviluppo tecnologico e
occupazione, lo squilibrio tra le classi, le nuove povertà, l'analfabetismo
di ritorno, gli stessi incontrollati processi migratori sono semplicemente
una delle contraddizioni del capitalismo che utilizza la rivoluzione
tecnologica unicamente per il profitto di pochi contro ogni interesse
generale.
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L'accumulazione dell'informazione, la sua distribuzione e controllo
sono concentrate nelle mani di una èlite. Questa tendenza va ribaltata. Il
Sud del mondo ne è tagliato completamente fuori. La libertà della stessa
cultura e della creazione artistica è oggettivamente minacciata. Essenziale
è una lotta per porre tutti come uguali dinanzi ai fatti di cultura
allargando la possessione dei mezzi per viverla mentre la visibilità delle
fonti e dei processi decisionali nell'informazione va conquistata al fine di
garantire i fondamentali diritti individuali, favorire la diffusione delle
conoscenze, l'elevamento culturale dei popoli, lo stesso pluralismo
culturale e politico. Quella che stiamo vivendo, in ogni campo, è una vera
e propria offensiva conservatrice anche se non si tratta di un ritorno al
passato. Anzi: essa intende imporsi come moderna ed efficiente. In realtà
il vero obiettivo del capitalismo è quello di accrescere il dominio sulle
società, annientare ogni organizzazione avversaria, limitare gli interventi
degli stessi Stati, ridurre le quote di reddito destinate ai lavoratori ed
alle spese sociali, mortificare le idee di uguaglianza e di solidarietà,
rilanciare un individualismo sfrenato, fondare un pianeta basato sulla
competizione e sulla vittoria dei più potenti. Proprio questi squilibri,
queste contraddizioni, ci invitano a rilanciare con più vigore e su basi
diverse una strategia di avanzamento verso il socialismo.
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DP (SU) è contraria a questa Europa. DP (SU) ritiene fondamentale la
costruzione di un'altra Europa. Il superamento del contrasto tra ricchi e
poveri, tra Stati egemoni e Paesi emarginati tecnologicamente, una lotta per
un'Europa del lavoro contro il regresso sociale, nuova stagnazione,
decadenza politica e guerre sono scelte obbligate per un'organizzazione
rivoluzionaria che intende fare la sua parte per un'unificazione europea che
intanto sappia essere autonoma e libera dai vincoli imposti (e accettati)
dall'imperialismo di oltreoceano. L'Europa dispone, in ogni campo, di grandi
risorse eppure registra un alto tasso di ingiustizie e disoccupazione. Tra
l'altro partecipa alla vita internazionale affidando il proprio destino a
prepotenti poteri multinazionali, ammassando armi atomiche, valorizzando il
ruolo della Nato. Grande è il lavoro che deve svolgere la sinistra
antagonista in questo continente. La crisi del movimento operaio non ha
consentito, in questa fase, penalizzata anche dalla confusione dei
tradizionali partiti di sinistra, un grande lavoro per il superamento della
crisi economica, sociale ed istituzionale per un'Europa dei popoli, capace
di sostenere chi, in qualsiasi parte del mondo, lotta per affermare i propri
diritti di libertà, autodeterminazione, indipendenza, progresso. Si tratta,
a partire dalle contraddizioni delle società europee, di costruire un nuovo
internazionalismo, un continente in movimento smascherando una
modernizzazione che non risolve ma inventa nuovi problemi ed è priva di
ogni programmazione allargando il divario tra Nord e Sud mentre
l'occupazione di posizioni di potere nel comparto della finanza assume
carattere strategico e accentua una nuova conflittualità tra interessi
economico-finanziari e politici. Il capitalismo italiano in questo panorama
è arretrato rispetto i Paesi più forti: un carciofo a cui gli altri
mangiano sistematicamente le foglie. E' in crisi il nostro stesso sistema di
accumulazione e nessun ritorno a Keynes è risolutivo. La nostra base
produttiva si è, quindi, ridotta e molte produzioni si sono trasferite
altrove. Le imprese ottengono profitto attaccando il salario, aumentando la
produttività e occupando di meno. Lo stesso bilancio dello Stato è posto
al servizio di finanziamento della rendita. Già da una breve analisi sulle
questioni internazionali si evidenzia, per l'Italia, che una nuova guida non
può venire dalla convergenza tra partiti ma sollecitando ed interpretando
lo sviluppo di movimenti nella società e battaglie per un rinnovamento
della politica, per una riforma intellettuale e morale oltre settarismi e
visioni schematiche. E' indispensabile lavorare per una nuova unità dei
lavoratori, un'alleanza tra sapere e lavoro, un coinvolgimento delle donne e
dei giovani e dei loro bisogni di concretezza ed idealità pur essendosi
logorato un grande patrimonio di organizzazione e partecipazione che ha
visto il proprio esplodere negli anni sessanta e settanta. Si evidenzia,
ancora, l'attualità di un impegno per lo sviluppo di un nuovo
associazionismo (cultura, sport, solidarietà internazionale, pacifismo,
ecologia, diritti civili, consumo equo e solidale, alimentazione): laico e
cattolico. Assai significativo è il fatto che operino, in Chiapas o in
Italia, in Nicaragua o in Brasile organizzazioni d'ispirazione religiosa che
propongono una lotta vera alle ingiustizie e che sono schierate al fianco
dei più deboli e degli sfruttati per conquistare una società inedita. Una
convenzione programmatica delle forze rivoluzionarie e di progresso si
rende, oggi, auspicabile.
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Il modello di sviluppo capitalistico sta mutando sulla spinta di un forte
processo di finanziarizzazione. L'attuale globalizzazione imposta dal
Capitale è totalmente immersa in una logica disumana di abbattimento dello
stato sociale, incremento del tasso di disoccupazione, di forme di lavoro
atipico, interinale, part-time ecc., per ottenere più profitti da destinare
ai paradisi fiscali ed alle speculazioni finanziarie. Profitti realizzati
grazie ad una elevata compressione del costo del lavoro, a maggiore
produttività senza corrispondervi aumenti salariali, a riforme tributarie
che hanno favorito la grande impresa. I vantaggi di cui hanno usufruito il
Capitale sono, dunque, rimasti nelle sue tasche e non hanno attivato nessun
programma di "socializzazione", né il miglioramento delle
condizioni di vita e della qualità del lavoro, né aumenti della spesa
sociale e nuovo lavoro. Al contrario masse enormi sono state espulse dal
processo produttivo. Per il Capitale diviene necessario promuovere ed
imporre flessibilità e eliminare ogni forma di garanzia dell'epoca fordista.
Ormai sono fenomeni strutturali le forme di contratto atipico per i
lavoratori, il supersfruttamento, la scomparsa del lavoro regolamentato, la
precarizzazione, l'aumento di lavoro subordinato, le disuguaglianze e la
distruzione di forme di convivenza civile che il modello keynesiano
prevedeva. Lo Stato diventa lo Stato-Impresa ed il capitalismo selvaggio il
nuovo padrone di parte consistente del pianeta. In un sistema di alta
competitività internazionale i costi dello stato sociale sono un ingombro
mentre un nuovo consociativismo, includente le attuali socialdemocrazie
europee e di atri continenti, si afferma e dilaga. L'Europa di Maastricht è,
infatti, l'Europa voluta dai grandi capitali finanziari che ha delegato
proprio, e non solo, ai governi di centro-sinistra, con la desistenza di
fatto di organizzazioni che pure si richiamano alla lotta di classe, lo
smantellamento di ciò che rimane delle grandi conquiste operaie che avevano
garantito migliori livelli di vita per tutti. Pensione, invalidità, servizi
sono ormai in contraddizione con i processi di ristrutturazione del Capitale
al pari di diritti costituzionali, di sciopero, di rappresentanza sindacale
. La privatizzazione del Welfare e delle imprese pubbliche non conosce
ostacoli riconoscendo quasi unicamente quel volontariato o terzo settore a
carattere assistenziale, sottopagato e di soccorso ai soli
"poveri". Altrettanto violento è e sarà l'attacco alle
"liquidazioni" (salario differito da spostare in busta paga con un
forte appesantimento fiscale sulle tasche dei lavoratori o per processi di
finanziarizzazione dell'economia capaci di creare grandi e facili profitti
padronali). Vanno rilanciate la centralità del conflitto Capitale-Lavoro,
la socializzazione degli utili di produttività e la tassazione dei
capitali. Va intrapresa una battaglia per un Reddito Sociale Minimo in
Europa, una diversa politica fiscale redistributiva che colpisca il capitale
valorizzando un nuovo modello di sviluppo e nuove forme per l'occupazione.
Un nuovo internazionalismo va oltre le organizzazioni comuniste, va oltre le
mode e lo spontaneismo ed impone un programma ampio contro privatizzazioni
generalizzate, il semplice assistenzialismo e un imperialismo violento ed
incontrollato che mentre propone visioni apocalittiche le determina.
Dovremmo, infine, ragionare approfonditamente sulla società multietnica, il
ritorno dei nostri "migranti", il rapporto scuola-lavoro
ecc..Sinteticamente va precisato: noi siamo per la soppressione totale delle
armi atomiche, il blocco dell'installazione di armi a raggio intermedio in
Europa ed il loro graduale ritiro, il disarmo generalizzato e controllato,
l'eliminazione delle basi militari, il divieto di tutte le esplosioni
sperimentali, il controllo immediato del commercio delle armi, la creazione
di un pianeta denuclearizzato mentre deve essere finanziata la ricerca per
l'atomo pulito a scopi pacifici, l' autonomia europea e la modifica
dell'articolo 80 della Costituzione Italiana per favorire un controllo
parlamentare sulle scelte di politica internazionale. L'Europa che
proponiamo pretende giustizia sociale, efficienza economica e lavoro,
sviluppo e ampliamento della democrazia, cooperazione tra i popoli,
riequilibrio delle condizioni nazionali non solo attraverso interventi
antinflazionistici, riforma della politica agricola, prevenzione e sicurezza
sociale, statuto per i diritti degli emigrati e tutela delle minoranze per
la promozione dell'uguaglianza fra diversi, fra uomo e donna, fra
generazioni, nuove politiche per l'energia, risoluzione della
"questione meridionale" ovvero nuovi rapporti tra Nord e Sud di
una nazione, di un continente, del mondo ed iniziative per favorire i
processi di restaurazione democratica e di sviluppo economico e sociale in
particolare nei continenti latinoamericani, asiatici ed africani, lotta
strenua al razzismo ed alle manifestazioni di xenofobia, alla fame, al
sottosviluppo, al disordine finanziario mondiale. E' necessario avviare al
controllo internazionale ugualitario le scelte del Fondo Monetario
Internazionale che mettono attualmente in pericolo la stabilità politica
stessa dei Paesi in cui interviene, non favoriscono la scomparsa del debito
estero dei popoli che ne hanno bisogno né ridanno impulso alle economie
nazionali o continentali
B) SCUOLA, UNIVERSITA',
RICERCA SCIENTIFICA,
ISTITUZIONI CULTURALI E SPORTIVE
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Il problema di una qualità del lavoro è strettamente
connesso ad un nuovo rapporto tra sapere e lavoro. L'alternanza tra
studio e lavoro è, quindi, dentro una logica di trasformazione della società
e di una radicale riorganizzazione della vita sociale che superi il
profondo distacco tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. La
privatizzazione di fatto della scuola e i soldi alle scuole private, laiche
o cattoliche, sono il primo attacco delle classi dominanti al diritto allo
studio. L'innalzamento della scuola dell'obbligo se non prevede lavoro e
salario per gli studenti è un pretesto dei governi per avere disoccupazione
da non dichiarare e controllata. Nella stessa Università, valorizzando le
150 oltre le scuole medie, si rende necessario un inserimento al lavoro
retribuito per approfondire gli studi che si compiono ed iniziare a
verificarli nella pratica. L'impegno degli studenti in attività socialmente
utili, già a partire dalla scuola media secondaria, deve affiancarsi ad una
lotta per ottenere la costruzione di "campus polivalenti" ed una
Università completamente rinnovata che inventi centri di sostegno didattico
decentrati, orari per le lezioni che tengano conto degli studenti
lavoratori, pari dignità per chi lavora a tempo pieno e chi lavora a tempo
parziale, convenzioni con gli Enti Locali per contratti di
formazione-lavoro, riqualificazione professionale degli insegnanti e accesso
per i lavoratori agli studi per un adeguamento allo stesso sviluppo
tecnologico e dell'informazione. Necessarie diventano in questa prospettiva
le 35 ore di lavoro a parità di salario. Il numero chiuso nelle Università,
ed ora in alcuni Istituti Superiori, il ritardo nella ricerca scientifica,
il non riconoscimento dopo otto anni degli esami di chi non ha potuto
continuare gli studi sono segnali di un'istituzione scolastica malata ed
ancora vittima di un "baronaggio" che nega la pari dignità per
ognuna ed ognuno di accedere e proseguire gli studi.
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L'autonomia della funzione intellettuale da ogni
condizionamento, la tutela e la fruizione dei beni culturali (occasione
anche di occupazione giovanile e recupero dell'attività per gli anziani
disagiati o ai minimi pensionistici), la riforma e la riorganizzazione dei
grandi apparati della ricerca, della scienza e del sistema formativo sono
parte essenziale di un programma minimo dei demopopolari. Manca, nel campo
della cultura in genere, una qualsiasi politica di programmazione mentre
confusamente si sta smantellando la scuola pubblica.
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Per quanto riguarda l'Università vanno create le condizioni
per una sua maggiore fruizione a partire dal ridimensionamento dei costi e
dalla reintroduzione di un salario per i più disagiati valorizzando titoli
intermedi e corsi di studio brevi collegati al mondo del lavoro, innovando
la didattica, inserendo nuove cattedre, finanziando la ricerca con risorse
pubbliche e private (ovvero destinare parte dei profitti al diritto allo
studio pubblico).
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L'elevamento dell'obbligo è sacrosanto ma va accompagnato
da un corrispondente riassetto dell'istruzione secondaria e di base basato
su contenuti culturali e scientifici che consentano ai giovani una
formazione professionale autentica, una comprensione dell'innovazione
tecnologica e la garanzia dell'inserimento nel mondo del lavoro. Un sistema
formativo integrato deve, quindi, mirare all'occupazione mentre va ripensata
una Carta dei diritti dello studente, rivisitati gli organi collegiali con
la partecipazione delle famiglie, delle organizzazioni del lavoro,
dell'associazionismo democratico, del territorio. Vanno, altresì, garantite
tutte le condizioni materiali necessarie all'attività scolastica
(biblioteche, corredo scolastico per chi ne ha necessità, palestre,
impianti sportivi esterni, gabinetti scientifici, gite didattiche e
fruizione dei beni culturali ed ambientali…). L'aggiornamento degli
insegnanti, il mantenimento del ruolo dei lavoratori nei servizi scolastici,
l'istituzione di laboratori aperti al territorio, l'uso polivalente degli
spazi sono parte integrante di una scuola riformata contro l'attuale
divisione a canne d'organo, la meritocrazia, la mancanza di futuro.
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La scuola può servire anche per una nuova produttività dei
beni culturali, per un equilibrato rapporto con l'ambiente storico e
naturale, la costruzione di "musei vivi", l'elevamento culturale
di cittadini nella diffusione dell'arte fra le masse mentre vanno decentrate
le esperienze degli Enti pubblici quali la Biennale e va superata la
separazione tra beni culturali e sistema scolastico. Una nuova legge per la
libertà del diritto della stampa delle opere del passato e per la
diffusione di materiali formativi favorirebbe una diffusione del sapere per
porre tutti come uguali dinanzi ai fatti di cultura. La totale gratuità per
gli studenti, di ogni ordine e grado, nel visitare il "nostro
patrimonio" è un obbligo al pari della gratuità dei trasporti
pubblici (gratuità che va garantita anche a lavoratori e pendolari con
l'obbligo di studiare orari per uffici, fabbriche e scuole che non generino
sovraffollamento degli utenti). Totale, inoltre, deve essere la
riqualificazione culturale delle attività ricreative e del turismo con
assunzioni regolate da giusti contratti nazionali.
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Abbiamo l'esigenza, tra l'altro, di praticare una cultura
della contaminazione con altri popoli, favorire la cultura di nostri ospiti
stranieri e quella delle nostre comunità all'estero.
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Nel campo dello spettacolo vanno realizzate una serie di
riforme contro lo squilibrio che esiste in questo settore: squilibri
regionali, squilibri per l'accesso alle manifestazioni culturali, squilibri
nel fare e vivere cultura, squilibri economici nella pratica di un
esasperato divismo e di uno strapotere dei mezzi di comunicazione di massa.
Vanno sostenute tutte quelle forme di nuova aggregazione (consorzi,
cooperative, associazioni) per un pluralismo culturale, per la
sperimentazione, per la divulgazione della cultura. Riforme per il cinema,
per il teatro, per la musica, per la danza e le arti figurative, abolendo la
censura amministrativa, impongono finanziamenti e programmazione e un
ridimensionamento degli alti contributi economici per i divi di turno e una
lotta agli sprechi. Vanno favoriti e creati laboratori, sostenute rassegne
tematiche e multietniche, favorite autonome attività di produzione
discografica o televisiva, radiofonica o filmica e aperti Conservatori e
Teatri Stabili popolari, archivi o scuole di cinema favorendo la possibilità
economica di accedervi. Va sostenuta la media e piccola industria
editoriale, libraria e discografica, le pubblicazioni minori e la stampa in
generale. Gli Enti Locali possono attrezzarsi con strutture e materiali per
consentire a tutti di fare e vivere cultura ovvero si può investire in
questa direzione abolendo le tasse per l'occupazione di suolo pubblico per
rassegne e feste eliminando i finanziamenti a pioggia unicamente per chi è
in grado di realizzare forti investimenti inattesa di contributi che
arriveranno tardi e particolarmente gonfiati (nelle grandi e medie città ad
esempio i Comuni possono essere dotati di palchi, sedie, stand, impianti
tecnici da mettere a disposizione per iniziative culturali e sportive
risparmiando rispetto finanziamenti spesso concordati e sollecitando lo
sviluppo del fare cultura e sport: questa non è una regola unica ma
un'idea in più). Stesso discorso vale per le televisioni locali, a
carattere cittadino o regionale, che vanno aiutate contro lo strapotere
della Rai e di Mediaset. Ciò, indubbiamente, che va garantita è la qualità
dell'informazione, la serietà del progetto, la sua stessa pluralità. E,
ancora, necessitano Stabili Popolari, l'aiuto per la nascita di Case dei
Popoli e una riforma degli Enti Pubblici (ETI, Coni ecc.). Va, quindi,
pensata una Consulta Nazionale per la promozione e lo sviluppo
dell'associazionismo culturale, sportivo e ricreativo ed un suo obbligatorio
ed immediato decentramento territoriale, va valorizzata l'autonomia dei
circoli aziendali ed eliminato l'obbligo di affiliazione ad associazioni
nazionali, va istituito un Servizio Nazionale dello Sport che provveda,
attraverso consigli territoriali da edificare, alla diffusione della pratica
sportiva ridefinendo il ruolo dei Comuni e delle Regioni per la costruzione
di nuovi impianti , la formazione degli istruttori, la medicina sportiva, il
finanziamento alle attività da assicurare attraverso le grandi lotterie
(totocalcio ecc.) collegate al mondo dello sport. Lo sport e la cultura nei
posti di lavoro devono essere un'esigenza indiscutibile. La trasparenza,
infine, delle lotterie (meccanismi economici e vincite) è necessaria contro
consolidati imbrogli, pessima distribuzione degli utili e loro
concentramento nelle mani di pochi, ulteriore evasione fiscale dei
"nuovi ricchi". Ma ciò che più deve impegnarci è una lotta,
percorrendo anche strade inesplorate, per una concreta riforma intellettuale
e morale, un "nuovo conformismo" per il potere popolare domani e
la scomparsa delle classi poi.
C) RIFORMA DELLO STATO
VERSO IL SOCIALISMO
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Siamo dentro un progetto di
"americanizzazione" della società ingabbiato da leggi elettorali
"truffa", sogni presidenzialistici e svilimento del ruolo delle
autonomie locali. Le forze di polizia e i carabinieri non raramente sono
stati utilizzati a scopo repressivo contro i lavoratori, la CIA ha fatto le
sue tranquille passeggiate di potere in Italia e la mafia continua a
dominare apparati interi dello Stato. Questo e molto altro. Un intervento,
mentre si smantella la stessa Carta Costituzionale e comunque la si ignora
per fare guerre o regalare soldi ai privati, per una riforma delle
istituzioni democratiche nel presente è una necessità. Dobbiamo porci
piccoli e concreti obiettivi per essere capiti da una moltitudine e far
esplodere contraddizioni all'interno dei poteri costituiti. Intanto va
sollecitato e promosso un lavoro affinché tutti i corpi armati della
nazione siano messi adisposizione della pace, di un servizio di aiuto nelle
condizioni di difficoltà derivanti da criminalità organizzata o
calamità naturali, di rispetto della sovranità popolare. Va difeso un
Esercito che comprenda un servizio di leva e dell'obiezione di coscienza che
vanno equamente retribuiti e che devono operare per una convivenza civile e
democratica, per lo sviluppo della cultura e la pratica dello sport, fermo
restando, nella fase attuale, l'idea di un Esercito idoneo a difendere la
nazione; parimenti va abolita ogni logica interventista ed
"offensiva". Pertanto bisogna procedere alla riforma democratica
delle forze armate e all'abolizione di ogni privilegio economico e di potere
dei graduati superiori. Le forze armate debbono, con l'obbligo di
conoscenza della Carta Costituzionale, operare negli interessi del popolo,
per la democrazia e la tutela del cittadino. Un Comitato Interistituzionale
(civili e militari) che comprenda associazioni pacifiste, ambientaliste,
organizzazioni sindacali erappresentanze parlamentari e delle forze armate
è negli stessi principi del nostroordinamento democratico. Ci sono graduati
e ci sono proletari in divisa: i sindacati di settore vanno
collegati a quelli del mondo del lavoro e della scuola e va intrapresa una
battaglia per giusti salari e per ogni diritto politico del militare.
L'elevamento culturale dei militari non di leva è necessario ed
obbligatorio quanto riordinare le carriere per garantire equità, alta
professionalità e rispetto delle Istituzioni democratiche. Un esercito di
mestiere non solo è pericoloso ma contraddice la stessa
Carta
Costituzionale. L'ammodernamento
tecnologico ed il miglioramento del trattamento economico e delle condizioni
umane e di lavoro degli appartenenti alle forze armate e dell'ordine è di per sé
insufficiente se non si smantellano logiche corporative e non si avvia un
programma trasparente sugli indirizzi generali da perseguire. Tra questi il
primo è la lotta alla criminalità organizzata. Non sono quattro immigrati e
tre rom il problema della sicurezza della nazione ma, oltre il sovversivismo
reazionario dei servizi segreti, il connubio tra mafia e politica.
La stessa amministrazione della
giustizia, civile, penale e amministrativa è in profonda crisi. Gli uomini di
Gladio tentano di processare la storia del PCI, i tangentisti pretendono le
scuse e alcuni giovani delle lotte del '77 ancora attendono risposte. Forse la
storia assolverà Fidel Castro ma, intanto, i giudici hanno assolto Andreotti,
il malgoverno democristiano e del CAF, le trame più oscure della Repubblica.
Occorre battersi contro la mafia, il racket, l'usura, i mercanti di corpi di
donna e di bambini, gli spacciatori di droghe (urgente è la liberalizzazione
delle stesse ed un ruolo di prevenzione ed intervento istituzionale) ed
approvare con celerità alcune leggi di riforma del sistema penitenziario
valorizzando pene alternative e depenalizzazione in modo da riservare, abolito
l'ergastolo, il carcere unicamente alle più gravi forme di criminalità.
Va favorito l'inserimento sociale del condannato e perseguiti con misure
amministrative tutta una serie di illeciti minori. Il carcere è sempre stato,
principalmente, una sede per le fasce più emarginate della società,
sottoproletari, zingari, immigrati, minori disagiati ecc. e mai si è
ragionato su una Carta dei diritti del carcerato, sulla distribuzione
territoriale dei giudici, sui problemi degli stessi agenti di custodia. La
vita penitenziaria in alcuni istituti è totalmente deteriorata quanto una
società che ancora lascia impunite le stragi (di Stato) e consente ai ladri
di denaro pubblico di fare le leggi. Difendendo l'autonomia della
magistratura, grazieall'esperienza di tangentopoli, va rivalutato il ruolo di
commissioni parlamentari quali l'antimafia, per la verità sulla loggia
massonica della P2 ecc., per una adeguata difesa dei valori democratici. Il
potere mafioso limita fortemente lo stesso progetto economico di intere
regioni meridionali con una forte espansione in tutta la penisola. Stretti
sono i suoi collegamenti con poteri politici e poteri occulti. Sportelli
contro la mafia ed i suoi tentacoli vanno programmati in ogni Regione e
pubblicamente finanziati.
La sicurezza dei cittadini è
rappresentata dalla casa, la scuola, i trasporti, la sanità, servizi
funzionanti e non certo da uno Stato di Polizia ma necessario è rimettere
ordine alla materia per individuare la vera criminalità e combatterla.
E' la Costituzione repubblicana
il terreno per restituire valore di rappresentanza e legittimità ai poteri
democratici e popolari. Vanno snelliti i Ministeri, vanno dimezzati gli
"onorevoli", va costituita una sola Camera, vanno tolti
gliinnumerevoli privilegi degli eletti, ridimensionate le paghe, vietate le
fughe da un partito ad un altro in sede istituzionale, studiati iter
parlamentari rapidi ed efficaci, pretendere non "atti parlamentari"
ma programmazione e bisogna costituire una Consulta Parlamentare per
ogni ministero composta da rappresentanze popolari organizzate provenienti dal
mondo del lavoro e della scuola,dell'associazionismo e della cultura…
Le Regioni e le Autonomie
Locali vanno totalmente rivisitate per consentire un'ampia partecipazione del
popolo alle decisione. Un vero decentramento non è mai stato realizzato e
nemmeno un rapporto concreto tra cittadini ed istituzioni. A questo fine si
pone l'esigenza di una Consulta Nazionale delle Regioni e delle Autonomie
Locali e forme di governo più adeguate delle aree metropolitane. In ogni
realtà vanno istituite, quindi, consulte per i diritti (ambiente, condizione
delle donne e dei giovani, anziani, emarginazione…) e vanno tutelati i
dritti delle minoranze nazionali presenti in Italia, gli immigrati in genere,
i nomadi. Anche le riforme elettorali, nel quadro di un sistema proporzionale,
devono prevedere quote di sbarramento, superamento della logica delle
preferenze, collegi uninominali. La riforma della Pubblica amministrazione è
una battaglia essenziale per ridare centralità al popolo e, quindi, al
Parlamento.
Tutta la tematica qui accennata
vuole essere solo una griglia di lavoro per rilanciare una serie di lotte che
contrastino l'egemonia delle classi dominanti le quali hanno ridotto la
politica alla logica del tanto meglio tanto peggio obbligandoci ad accettare
una violazione sistematica della Costituzione e dello stesso ruolo del
Parlamento. Scomparso l'antifascismo si fa scomparire ogni piccolo valore
democratico fino ad imporci un pensiero unico gradito alle grandi
multinazionali, al Fondo Monetario Internazionale, agli Stati Uniti. La vita
democratica si riduce a formule di governo, desistenze vere o finte incluse,
coalizioni per l'alternanza al potere sottovalutando bisogni ed esigenze
reali. Modificare i rapporti di forza a favore della classe operaia e delle
masse impone programmi avanzati ma anche piccole idee e, soprattutto,
incalzare i rappresentanti delle classi dominanti su ogni questione, porne di
nuove, inventarne se necessario. Vanno individuati i problemi più urgenti del
Paese ed il loro collegamento con le grandi questioni internazionali, va
ricostruita una forte unità dal basso e create le condizioni di un
nuovo protagonismo delle masse. Le modificazioni in atto nel sistema
produttivo, nella stratificazione sociale, nelle culture diffuse
comportano una penetrazione puntuale della realtà e la ricerca di vie anche
originali per cambiarla. Non dobbiamo attendere il socialismo, che tra l'altro
non è dietro l'angolo, ma impegnarci per una nuova stagione di lotte che
imponga al duemila di chiamarsi sessantotto.
In una epoca interclassista e
in piena crisi del partitismo non deve venire meno, contro settarismi e
corporativismo, il rilancio della funzione storica della classe operaia, del
nuovo proletariato urbano e rurale superando logiche di "etnomarxismo"
che potrebbero allontanarci dai nuovi soggetti antagonisti che irrompono nelle
società e possono contribuire alla formazione di unaessenziale "volontà
collettiva" per la nascita di un socialismo, dentro l'orizzonte designato
da Marx d Engels nel Manifesto del 1848, che ci invita a comprendere i
profondi cambiamenti di struttura e il ruolo enorme assunto dalla
sovrastruttura. L'offensiva conservatrice, dopo "la caduta del
muro", è ancora più tenace e sta a dimostrare che le innovazioni
tecnologiche non coincidono meccanicamente con un avanzamento sociale. Sono,
dunque, i valori di uguaglianza e solidarietà ad essere messi in discussione
e una risposta può essere vincente se saremo capaci di realizzare un
progetto ed un programma praticabili, inserendo elementi di socialismo nel
presente, combattendo burocrazia e pratica anomala dei referendum, ostacolando
trust e individualismo, valorizzando la socializzazione, le libertà ed i
diritti individuali e collettivi. Camminiamo verso la barbarie mentre il
movimento operaio nel suo insieme è in crisi, in crisi la lotta di
emancipazione delle donne e lo "spirito di ribellione" delle giovani
generazioni. La lotta per il socialismo diviene più necessaria ma vanno
predisposti con maggiore esattezza i mezzi per renderla attuale. Dobbiamo
intrometterci in ogni campo della vita, dire la nostra ma, soprattutto, essere
"veri guerrieri" ovvero uomini e donne che con l'azione dimostrano
le loro ragioni, la validità delle loro idee, la concretezza del proprio
programma.
D) PER UN NUOVO SVILUPPO
ECONOMICO E SOCIALE
-
Il Partito della Rifondazione Comunista in questo fine 1999 ha divulgato
una piattaforma dei diritti fondamentali per tutti e tutte. Molte
declamazione ci trovano d'accordo. Ci convincono anche molte affermazioni
programmatiche del Partito dei Comunisti Italiani. Si tratta di capire quale
rapporto c'è tra una fraseologia che pure appare rivoluzionaria per alcuni
aspetti e la prassi. Facciamo un referendum per l'abolizione dell'ICI sulla
prima casa e facciamone uno per abolire i ticket sanitari. Proponiamo una
iniziativa capillare e di massa per le 35 ore a parità di salario,
indirizziamo le lotte studentesche per una vera riforma della scuola e
contro le privatizzazioni, usciamo da quelle giunte regionali e locali che
privatizzano i servizi essenziali ed utilizziamo gli eletti per costruire
lotte e smascherare il cedimento borghese del centrosinistra italiano.
Sollecitiamo le occupazioni di fabbriche contro disoccupazione e
licenziamenti e rendiamo caldo l'autunno oltre l'innaturale effetto serra.
Lavoro, giusti salari, lotta alle disuguaglianze, diritti dell'infanzia,
allo studio, alla salute, diritti sociali della persona, diritto alla
pensione, alla casa, ai servizi fondamentali, all'ambiente, alla cultura ed
alla comunicazione, diritti per i cittadini immigrati e, ancora, una
politica per i trasporti popolari, per la pace, per i tagli alle spese
militari, all'evasione fiscale, per il Mezzogiorno e l'agricoltura e via
elencando necessitano non di un "nuovo consociativismo", furbizie
elettorali, passeggiate indolori per contarsi definite cortei, riviste e
salotti per parlare all'infinito del modo migliore per fare una rivoluzione
ma, semplicemente, di democrazia politica, unità dal basso, radicamento
sociale ed iniziative concrete dentro e fuori le istituzioni. Proclamiamo,
dunque, la nostra diversità da una consolidata "sinistra
aristocratica" rifiutandoci di essere dei "duri e puri" ma,
contraddizioni ed errori permettendo, dei militanti per costruire
concretamente l'alternativa ridando, in primis, fiducia e speranza a chi non
intende tirarsi in disparte… Due battaglie, intanto, sono importanti: la
conquista del posto di lavoro garantito e corrisposto a salario completo per
tutti i lavoratori socialmente utili e il reddito sociale minimo. Per le
altre cose di cui parleremo ci faremo aiutare anche da programmi già
proposti dal Pci nel passato e da realtà della Nuova Sinistra: ripetersi
non è sempre un errore.
-
Siamo in un'epoca in cui prioritaria diviene la battaglia per la difesa
delle pensioni, dei salari, del posto di lavoro in particolare nel
Mezzogiorno. Rimane inalterato lo sviluppo distorto dl Paese e, come in
epoca democristiana, assistiamo allo sviluppo spontaneo del mercato, alla
concentrazione selvaggia degli investimenti (il Nord continua a farla da
padrone) con l'aggravante di una emigrazione di ritorno ed un processo
migratorio internazionale incontrollato. Le conseguenze per il Sud sono
pesanti e drammatiche e la spirale inflazione-deflazione assume, per le
condizioni di vita delle popolazioni, aspetti nuovi ed allarmanti mentre non
si riconosce che il problema centrale da risolvere è quello della
riqualificazione della spesa pubblica, della lotta al parassitismo, di nuova
occupazione, di investimenti produttivi più calzanti ai bisogni ed alle
esigenze del presente. Vanno, nel frattempo, eliminati gli sprechi del
"Palazzo" a partire dalle spese correnti, privilegi burocratici,
alti costi del personale nella sua totalità e per i famosi "tempi
tecnici" sempre incredibilmente lunghi. Le pensioni di lusso ci
obbligano a stabilire un tetto massimo oltre il quale non si può andare
(parimenti vanno innalzate le pensioni minime e d'invalidità).
-
Il problema più grave del Paese, della stessa Europa, è e rimane
l'occupazione. Si distruggono le esperienze cooperativistiche e si dà fiato
ambiguamente ad un terzo settore già parzialmente controllato dai
"poteri forti", non si crea lo sviluppo in agricoltura,
nell'industria nel Mezzogiorno, nel turismo, nel terziario avanzato, nei
servizi sociali e nella stessa Pubblica amministrazione. Una riconversione
economica deve affiancarsi a quella culturale mentre vanno istituiti
Sportelli di Formazione ed Avviamento al Lavoro decentrati che operino
unitariamente dentro un nuovo piano di sviluppo e priorità con la capacità
di elaborare progetti e programmi per il lavoro, per l'ampliamento dei
servizi di interesse pubblico, lo sviluppo della creatività, la cultura,
l'ambiente e la natura in genere, il turismo, l'allevamento e l'agricoltura
(pensando a Comunità da costruire) e garantendo una giusta preparazione. Il
lavoro a tempo parziale deve riguardare unicamente gli studenti, le donne
che ne facciano richiesta, gli anziani non più in condizione di svolgere
lavori a tempo pieno, determinati settori del commercio, dell'artigianato e
dell'uso intelligente del tempo libero. I giovani devono costruire proprie
leghe, organizzazioni, consorzi, cooperative ed associazioni per conquistare
l'inserimento nella produzione e in attività necessarie. Per le donne va
garantito il rispetto delle leggi di parità e la conquista di un apparato
produttivo che ne faciliti l'inserimento al lavoro. I beni ambientali e
storici, le aree protette che ci sono e quelle da chiedere, il recupero di
aree e locali, un moderno sistema agro-alimentare-industriale, una rete di
servizi reali, lo sviluppo di una industria piccola nei campi
dell'elettronica, la meccanica di precisione, la discografia o l'editoria,
l'artigianato tradizionale e moderno, il piccolo commercio, la ricerca di
fonti alternative per l'energia sono già contenitori possibili per
imbarcare occupazione in genere e quella giovanile in particolare.
-
Il Mezzogiorno d'Italia, ovvero la mai risolta questione meridionale, ci
impongono riflessioni adeguate proprio perché è da qui che dobbiamo
ripartire per parlare di piena occupazione, allargamento della base
produttiva, soddisfazione di bisogni fondamentali secondo criteri di
uguaglianza e giustizia sociale, per ridurre la nostra dipendenza
dall'estero, intervenire sullo stesso debito pubblico e tutelare lo stato
sociale. Va rovesciata la tendenza a risparmiare sulla mano d'opera e ad
allargare il divario tra Nord e Sud sostenendo anche sforzi autonomi di una
piccola imprenditoria e dei giovani ostacolati da miopia politica e vecchia
e nuova mafia. Intanto nel sud e in quel nord interno alla questione
meridionale l'agricoltura deve diventare un settore strategico per uno
sviluppo qualitativo e insieme quantitativo: una agricoltura competitiva
capace di affrontare i mercati internazionali e di fare un salto tecnologico
per una giusta alimentazione e alimenti sani (agricoltura biologica
inclusa). Va tutelata e protetta la stessa azienda agricola familiare
mettendola dentro una rete di piccoli produttori per usufruire di tecnologia
e distribuzione adeguate, un credito agevolato ed un commercio facilitato.
Vanno inventate cooperative e nuove forme di associazionismo e potenziate,
soprattutto per i giovani, idee di agro-turismo e di ricerca agro-biologica
possibili. L'attuale debolezza strutturale del settore è tra le cause di un
suo "invecchiamento" ed abbandono insieme ad un assistenzialismo
miserabile e alle elemosine comunitarie. Realtà quali l'AIMA vanno
riformate mentre si deve procedere ad una programmazione del cosa e per chi
produrre modificando sostanzialmente la stessa politica agricola
comunitaria. Ma il Sud ha bisogno soprattutto di infrastrutture utili ed
opere pubbliche, una crescita qualificata del terziario, un progetto per la
collina e la montagna meridionali collegato alla sistemazione dei suoli, il
rilancio della zootecnia, delle attività turistiche e della piccola e media
industria dentro crediti agevolati, assistenza tecnica, fonti di energia
convenienti, trasporti efficienti, riorganizzazione dei sistemi portuali e
l'avvio di progetti speciali per la ricerca o l'irrigazione, il ritorno
degli emigrati o la lotta alla criminalità, una scuola pubblica e a tempo
pieno e la cura gratuita per tutti i bisognosi, una rinnovata edilizia
economica e popolare o per la costruzione di polifunzionali centri di
aggregazione.
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E' in atto un pesante attacco allo stato sociale. Si è avviata una
politica che punta ad identificare lo Stato Sociale con l'assistenza ai
poveri: lo Stato Sociale è, invece, un bene comune che supera interessi di
parte e generazionali. Lo Stato Sociale è il termometro per misurare il
grado di civiltà di un popolo, di un continente. Ma è indubbio che alcuni
correttivi vanno proposti: occorre estendere gli orari dei servizi,
eliminare burocrazia, combattere sprechi ed inefficienza, garantire il
controllo popolare delle utenze e valorizzare un volontariato qualificato.
Il diritto all'istruzione, alla mobilità, all'abitazione, alla salute, ad
un tranquilla vecchiaia, al tempo libero vanno, oggettivamente, garantiti.
Per questo la lotta all'evasione fiscale, la redistribuzione dei profitti
ottenuti con lavoro non pagato, tetti massimi per le pensioni d'oro e gli
stipendi del privilegio sono necessari quanto calmierare lo spreco nel mondo
dello spettacolo e dello sport. Il sistema tributario attuale è totalmente
inadeguato a rispondere a criteri di giustizia e decisiva è una
trasformazione strutturale della Pubblica amministrazione e la
semplificazione delle procedure amministrative. L'imposizione sui redditi da
capitale e societari va riordinata e deve prevedere una tassazione sul
bilancio da rendere trasparente e verificabile. Va abolita l'IVA sui generi
di prima necessità ed aumentate le imposte collegate all'acquisto di alta
tecnologica (del resto maggior produzione non ha corrisposto a maggior
lavoro e migliori condizioni di vita). Una politica dei sacrifici ha senso
se parte dal lusso e non dal prelievo sui bisogni fondamentali dei ceti
popolari. Nella pratica sanzionatoria per l'evasione va distinto il furbo
dal bisognoso, il piccolo errore dal calcolo, la modesta infrazione
dall'operazione fraudolente. Spesso pagano i piccoli mentre "lor
signori" navigano verso paradisi fiscali ed impunità. La
partecipazione dei lavoratori nelle decisioni che riguardano la vita
economica e fiscale di una nazione, di un continente, nel pianeta dovrebbe
essere essenziale anche agli effetti del rilancio del processo di
accumulazione, di giuste politiche per i servizi, i consumi sociali, la
tutela dell'ambiente, gli insediamenti abitativi, la trasparenza di bilancio
delle aziende, la stessa democrazia costituzionale.
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L'Italia ha realizzato diverse riforme sanitarie (il termine riforma del
resto è buono ormai per qualsiasi scempio) ma alcune considerazioni sono
ancora necessarie. Abolire i ticket, decentrare l'intervento dagli ospedali
sul territorio con una rete organizzata di ambulatori attrezzati, medici di
base, spazi per la prevenzione e per il pronto intervento e ricoveri urgenti
con funzione curativa e riabilitativa è un modo per contrastare consolidate
tendenze centralistische. Va riorganizzato il Servizio sanitario nazionale
collegandolo oggettivamente, baroni permettendo, all'ordinamento sanitario
universitario favorendo la ricerca scientifica biomedica e farmacologica e
finalizzando, concretamente, la ricerca nel suo insieme alla condizione del
Paese e allo sviluppo della società multietnica. La prevenzione sanitaria
invita anche a ragionare sulla tutela ambientale, l'alimentazione, la salute
nei posti di lavoro, i danni inquinanti dell'industria, l'utilizzo dei
pesticidi ecc.: occorre costruire consulte territoriali e aziendali di
programma e di controllo per produrre difendendo l'uomo e senza inquinare
mettendo a disposizione della collettività tutti i dati conosciuti e
praticando scelte adeguate nel campo idrogeologico, urbanistico, agricolo ed
industriale. Il primo disastro ambientale è e rimane lo sfruttamento
dell'uomo, la sua oppressione, la negazione dei diritti fondamentali e delle
libertà. A questa consolidata violenza si aggiunge quella sul territorio.
L'uso distorto che fino ad oggi se ne è fatto ha determinato un degrado per
alcuni aspetti irreversibile (flora, fauna, paesaggi, patrimonio
storico…). In realtà l'ambiente, non ce ne vogliano i nemici dello stesso
come alcuni Verdi e le classi dominanti in genere, è al centro di un
qualsiasi progetto di trasformazione ed implica un rapporto organico con la
ricerca scientifica e tecnologica, la conoscenza stessa. Risparmiare energia
e materie prime (limitando anche la grande inutile pubblicità cartacea),
valorizzare le acque ed i monti (guerre consentendo), la fauna, anche per
l'occupazione e cercare energia pulita è inderogabile ed altrettanto
necessario è l'impegno per prevenire calamità (e i costi che ne
conseguono) e risanare i territori: è questo il solo modo per comprendere
che questo pianeta ci è semplicemente stato dato in prestito per
consegnarlo alle generazioni future. Lottare contro la pesca a strascico,
incontrollate manipolazioni genetiche, elettrosmog e un disordinato
controllo per lo smaltimento dei rifiuti è rivoluzionario quanto
collettivizzare una fabbrica.
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Ragionare su maternità ed infanzia, assistenza sociale, politica per la
casa, trasporti e comunicazione è ancora riflettere su un programma minimo
per un nuovo sviluppo economico. Garantire alle donne una maternità libera
e consapevole, evitare il ritorno dell'aborto clandestino e creare
condizioni per tutelare la salute della donna (consultori ecc.) è per i
demopopolari un dato consolidato che, comunque, ripropone lotte affinché
l'infanzia sia assistita e la libertà sessuale garantita. Lottare per i
diritti omosessuali, trovare strade nuove ed accessibili per le adozioni di
fatto e a distanza, favorire il diritto alla maternità ed alla famiglia
anche nelle condizioni carcerarie, imporre norme per l'informazione sui
problemi della sessualità, assistere sempre e comunque i minori, sostenere
le ragazze-madri economicamente, inventare case convitto, cooperative e
campi di lavoro per facilitare la pratica della convivenza e del vivere in
comune, favorire l'uso del contraccettivo sdoganandolo dalla speculazione
industriale, ampliare il servizio dei nidi popolari e pubblici e delle
scuole materne sono una guida pratica per inserire elementi di socialismo
nella società. La miopia della Chiesa su tutta la materia rinnova il
bisogno di una rivoluzione all'interno della stessa per frenarne un
anacronismo cronico che la rende serva sciocca dei grandi potentati
economici e nemica dichiarata del progresso e dell'uomo in genere. Il Cristo
che conosciamo nel miracolo proponeva la risoluzione dei problemi una volta
per tutte ed ha pagato con la crocifissione il suo schierarsi contro il
vecchio per proporre novità che pure apparvero da condannare ai padroni del
Tempio suoi contemporanei. Non ci spaventi, dunque, il doverci schierare
apertamente contro le mostruosità di tanta parte della Chiesa anche perché
questa è la strada per incontrare quella parte sana che pure in essa vive.
Siamo e vogliamo essere anche l'organizzazione di quel mondo religioso che
ama la pace, un pianeta migliore ed ha in abominio il male, l'oppressione di
classe, lo sfruttamento dell'uomo, la violenza (a partire da quella sulle
donne e all'infanzia), la negazione dei diritti, i signori che affamano e
generano miseria… Siamo e vogliamo essere l'organizzazione che deve
lottare contro l'emarginazione in generale, quella degli anziani e dei
disabili non con la pietà ma favorendone l'inserimento pieno nella società
(è questa tra l'altro una grande possibilità per inventare lavoro e
marciare verso un avvenire sereno). Ma quale serenità può esserci in noi
quando ancora per molti la casa è un sogno ed una speranza? Quando il
patrimonio pubblico costruito con i soldi degli stessi lavoratori viene
ceduto e non si intravedono programmi chiari di nuova edilizia economica e
popolare e piani per regolamentare il caos che c'è in tutto il settore?
Compreso i furbi che occupano case più volte, venditori di cose non loro,
nuovi ricchi che non lasciano il posto a chi ne ha bisogno e via
criticando… Qualcosa, anzi più di qualcosa, è stato fatto: si tratta di
andare avanti. Bisogna incoraggiare l'acquisto della prima casa con
incentivi seri ed aiuti concreti, sostenere chi non può pagare affitti,
smembrare la prepotenza delle immobiliari per costi accessibili e affitti in
base ai redditi (tetti massimi inclusi) e senza nessuna distinzione tra un
centro ed una periferia, va sviluppata l'edilizia convenzionata e riformato
l'istituto autonomo delle case popolari. Intanto anche qui si privatizza
mentre ogni anno servirebbero almeno 200.000 alloggi da destinare alla
residenza. Vanno censite le case sfitte e praticata una lotta incessante
all'abusivismo dei palazzinari mentre i Comuni devono aiutare i lavoratori
che vogliono costruirsi la casa anche col proprio lavoro favorendo permute
di terreni non fabbricabili con aree urbanizzate e dotate di progetti già
consolidati. L'abbattimento di barriere architettoniche e l'adozione di
nuove tipologie per ridurre costi di costruzione e dare incremento alla
produttività devono appartenere al nostro programma minimo al pari di
iniziative per l'eliminazione degli oneri per le concessioni stabilite dalla
legge per i lavoratori. Vanno abolite tasse di successione e consentita la
cessione ai figli da parte dei genitori delle loro proprietà senza spese.
Impellente è anche un piano per i trasporti in generale contro
privatizzazioni, smantellamento del servizio pubblico, politiche dissennate
di "alta velocità" per le ferrovie e lavoro flessibile… Va
perfezionato un piano dei trasporti integrato che sia caratterizzato
dall'uso di trasporti pubblici collettivi combattendo lo squilibrio, anche
in questo caso, tra Nord e Sud. Le Ferrovie vanno riorganizzate ed il potere
delle stesse deve passare dalle mani dei privati al decentramento
amministrativo collegandole ad una politica di risanamento delle linee
extraurbane e favorendo il trasporto merci su rotaie. Il trasporto su rotaie
e quello su strada vanno agevolati ed è necessario giungere alla
costruzione di centri intermodali, corsie particolari, zone sosta. Una
analisi sul settore urbano riguarda programmi minimi da costruire, come per
altre tematiche, territorio per territorio. Un piano per i porti e per la
cantieristica navale è decisivo per l'economia marittima ripensando i
meccanismi di gestione portuali, assicurando finanziamenti sufficienti e
collegando in una apposita commissione realtà dei diversi porti italiani,
dei pescatori, dei cantieri navali e più in generale dl mondo del lavoro e
dell'impresa. Quella del trasporto aereo è una vera propria crisi e manca
una razionalità in tutto il sistema aeroportuale italiano a partire da una
legge che disciplini i voli charters e che favorisca una nuova
professionalità. Rimane una politica dei costi per i voli nazionali
(mancanza di aero-bus) per consentire un dinamismo maggiore a chi vive
viaggiando. Nel settore dei servizi postali va spazzato via il grande
fenomeno del parassitismo e del clientelismo che sono spesso i responsabili
di disservizi e sprechi. Sviluppare continuamente il processo di
meccanizzazione è un obiettivo mentre è necessaria (anche per la
telefonia) una internazionalizzazione del settore salvaguardandoli da ogni
artiglio privato. Energia, comunicazione, trasporti al pari di sanità ed
istruzione ad esempio non possono non essere servizi pubblici.
-
La riforma delle pensioni è e rimane un tema scottante. Le pensioni vanno
toccate! Va smantellata una fitta rete di interessi e privilegi che hanno
negato una politica di solidarietà nazionale, condannato alla fame alcuni e
regalato denaro dei lavoratori ad un manipolo di faccendieri. Bisogna
consolidare l'aggancio delle pensioni alla dinamica salariale e per i minimi
deve valere l'indice delle retribuzione dell'industria al fine di garantire
il potere reale d'acquisto ed una rivalutazione dentro il costo della vita.
Vanno unificate le pensioni ai lavoratori che hanno requisiti uguali e va
imposto un tetto massimo di pensione ed una regolamentazione del cumulo tra
pensioni e reddito al fine di tutelare redditi modesti di lavoratori anziani
a tempo parziale e pensioni sociali e di invalidità. Un solo istituto
pensionistico è più che sufficiente ed è indispensabile per un'azione
solidaristica nell'utilizzazione delle risorse e per risparmi economici nei
costi di gestione. Nel settore dell'invalidità favoritismi e cinismo la
hanno fatta da padroni. Gli inabili, i malati cronici e gli invalidi in
genere hanno diritto a contributi pensionistici sufficienti alle esigenze di
vita o ad un lavoro part-time nel caso fosse possibile affrontarlo. La
previdenza in agricoltura va unificata a quella delle categorie lavoratrici
non agricole e va garantito ai lavoratori autonomi un trattamento
pensionistico dignitoso consentendo una sanatoria per porre ordine al
sistema dei versamenti e delle erogazioni. Nel campo delle pensioni e in
quello della politica retributiva l'Italia è il simbolo di ingiustizie e
sperequazioni inaudite. Le differenziazioni economiche all'interno di uno
stesso settore e tra settori è enorme. Raccogliere firme per evidenziarlo
è solo un modo per tenere impegnate masse altrimenti "vive".
Serve una lotta dura, dentro e fuori le istituzioni, perché questa materia
è una delle ragioni stesse dell'esistenza delle organizzazioni di classe.
Va rilanciata concretamente la battaglia per la scala mobile e protette con
norme le lavorazioni pericolose, faticose e disagiate. Bisogna pretendere
l'ottenimento di retribuzioni corrispondenti al lavoro svolto e alla
professionalità effettivamente prestata con una quota per i lavoratori
sugli utili realizzati (ciò che poi implica un controllo sulla produzione,
i costi, i bilanci): esportare nel pianeta questo diritto è una scelta
obbligata per il futuro dell'umanità contro lo sfruttamento selvaggio e
innaturale degli esseri umani e delle stesse risorse. Una politica
retributiva sana è basata sulla trasparenza di tutte le retribuzioni e di
bilanci e va garantita la piena uguaglianza a parità di lavoro e tra sessi.
I lavoratori che si battono solo per il contratto, trascurando altri lavori
e la disoccupazione, sono condannati alla loro miseria culturale, morale ed,
infine, economica. Migliaia di metalmeccanici in piazza per esigenze
corporative sono un'umiliazione per la classe operaia e la gioia del
padronato. Lo sciopero per i diritti del lavoro, per il lavoro, per un nuovo
modello di sviluppo è un "egoismo" di cui sentiamo la mancanza.
Egoisticamente devi difendere il bambino sfruttato, il coreano che difende
il suo posto di lavoro per difendere il tuo salario e le speranze di lavoro
per i tuoi figli. Va pensato un rinnovato sindacato confederale che
oggettivamente riscopra i contenuti di classe del suo esistere ed agire. Il
CNL, i COBAS, i CUB diversi militanti della CGIL stanno operando in questa
direzione: le loro lotte vanno sostenute, ampliate e difese. Regolamentare
gli scioperi e regolamentare i salari (bloccarli per gli investimenti) è
un'invenzione dei ladri del lavoro altrui. Ciò che serve è un'uguaglianza
per consumare e promuovere ricchezza, un intervento sui costi per unità di
prodotto, una politica di riforme delle strutture ed una programmazione
democratica dell'economia. Servono le 35 ore a parità di salario e gli
studenti-lavoratori, serve una certa spregiudicatezza e maggiore potere agli
operai ed ai lavoratori complessivi, servono leggi chiare per i diritti dei
lavoratori dello Stato, del parastato, degli Enti locali, della scuola,
degli ospedalieri ecc. per un risanamento globale, la formazione e
l'aggiornamento necessari, nuovi criteri di produttività e mobilità e
norme chiare nelle assunzioni. La crisi del capitalismo gli appartiene
totalmente mentre si intende farne pagare i costi ai ceti popolari, del
resto hanno anche fondato partiti per ingannarli. Molti fondi nazionali ed
internazionali attendono ancora di essere utilizzati e sono inoperanti
programmi finalizzati e di nuovo intervento. Rimane uno sviluppo spontaneo,
soprattutto nella media e piccola impresa, ed il massacro del capitalismo
nostrano da parte di potentati stranieri è all'ordine del giorno (basta per
tutte l'analisi sulla nostra industria dell'informatica che se fosse firmata
da uno stilista di moda sarebbe maggiormente competitiva). Del resto le
nostre classi dirigenti ci vogliono ignoranti, privi di strumenti
tecnologici e amanti dell'erba del vicino… La nostra economia va
ricollocata nel quadro di una divisione internazionale del lavoro che vive
un suo continuo mutamento. Serve, quindi, una pluralità di soggetti per una
programmazione ben inserita nel millennio che ci attende. Lo sviluppo
industriale è confuso, occasionale, una bandiera incolore al vento, privo
di una diversificazione produttiva ampia e incapace di utilizzare settori
avanzati per sostenere quelli meno dinamici (il settore manifatturiero può
aiutare quello agricolo ad esempio e, quindi, i profitti possono essere
razionalizzati in una distribuzione non solo tra "padrone" e
"salariato" ma, anche, tra industria in movimento e industria meno
dinamica). L'ampliamento dell'industria ha bisogno di infrastrutture,
trasporti seri, progresso tecnologico, energia sufficiente ed economica,
materie prime, servizi sociali ma i nostri capitani d'industria pretendono
negarlo affidandosi alla provvidenza o incolpando i "cornuti" per
"mazziarli": negano i diritti, la partecipazione dei lavoratori
alle scelte industriali, solidarietà tra settori, programmi d'investimento
concreti e servizi e poi si affidano al massacro dello stato sociale e alle
elemosine di finanziarie incoscienti per sperare in un futuro roseo. Imitano
le grandi potenze industriali che navigano su incrociatori con la pretesa
sciocca di realizzare con delle zattere sconquassate identici percorsi e
raggiungere identiche mete. Se lo Stato riuscirà ad organizzare, per la
media e piccola industria, punti di riferimento credibili ed una
programmazione chiara esse potranno davvero rappresentare un faro economico
importante e una garanzia stabile per l'occupazione. In questi settori, come
in molte campagne italiane, ciò che più prevale è la presenza di lavoro
sottopagato ed in nero mentre manca la promozione di aree attrezzate e di
consorzi, snellimento delle procedure per accedere al credito
d'investimento, lo stesso aggiornamento degli imprenditori ed un loro
rapporto concreto con le maestranze. Anche l'artigianato, favorendo lo
sviluppo delle forme associative fra imprese e piccoli artigiani, va
rivisitato per valorizzare la sua funzione economica e culturale (rapporto
con le scuole e le Università) e per una sua espansione collegata allo
stesso turismo. Ma per attuare una politica inerente al lavoro ed una
politica industriale è necessario tutelare il sistema delle Partecipazioni
Statali per renderle parte organica di una programmazione economica.
L'intero sistema è in via di smantellamento mentre è necessario mantenerlo
per avviare una politica per la ricerca di fonti nuove di energia, per
l'approvvigionamento di materie prime cercando forme di collaborazione con i
paesi dell'Africa, dell'Asia, dell'Americalatina e del Pacifico per le
innovazioni tecnologiche, per una partecipazione delle rappresentanze
popolari alla gestione della "cosa pubblica". Lo stesso commercio
al minuto, il piccolo commerciante, il bottegaio sono stati condannati a
morte al pari dell'osteria e dell'edicola simboli della nostra cultura
passata e recente. Le imprese familiari devono inventarsi necessariamente
varie forme di associazioni soprattutto per controllare la dinamica
costi-guadagno, pretendere un piano nazionale ed europeo per
l'ammodernamento della rete distributiva, l'ottenimento di crediti
agevolati, piani territoriali concertati. Serve una legge globale che
comprenda mercati, lavoro ambulante, piccolo e grande commercio, vendite al
dettaglio e all'ingrosso per ragionare su costi, meccanismi solidali, orari,
giuste retribuzioni, crediti ecc. Un comitato prezzi ha senso dentro un
rapporto con gli Enti Locali cittadini e regionali. E', in fondo, una
politica di risanamento quella che si propone e che non può escludere
l'edilizia per servizi e le stesse opere pubbliche. Anche in questo caso
molte decisioni sono casuali e manca una concreta pianificazione
territoriale riguardante tutta la penisola. Alcune opere, del resto,
rientrano ormai in piani internazionali. I piani regolatori comunali sono
ridicoli ed antistorici e mai prevedono, dentro una urbanizzazione caotica,
acquedotti, opere igienico-sanitarie, difesa dei suoli e delle acque, tutela
ambientale, vie di comunicazione adeguate, sistemi integrati nei trasporti
ecc. Il livello più basso di una pianificazione territoriale è, ormai, la
Regione che deve costituire coordinamenti di controllo plurali per gli
appalti, le spese, i tempi e valorizzare ogni piano in un giusto rapporto
con l'internazionalizzazione della materia. Una delle più grandi fonti di
ricchezza dell'Italia è il turismo. Il Mezzogiorno può esserne la
locomotiva. Il paesaggio ed i beni culturali ne garantiscono il futuro ma
manie speculative incontrollate ne stanno minacciando la
"resistenza". Una politica per il turismo, inoltre, deve favorire
il diritto sacrosanto al riposo dei nostri lavoratori oltre ad essere
pensata per ragioni economiche e valutarie. Tra tutela dell'ambiente ed
industria turistica vi è, quindi, un nesso inscindibile! Ed un identico
rapporto vi è con le infrastrutture, i trasporti, le vie di comunicazione,
la difesa del patrimonio storico, la prevenzione dalle calamità, la lotta
al traffico e all'inquinamento, la valorizzazione degli usi e di costumi
tradizionali ecc. ecc..
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Infine particolare attenzione va riservata alla questione dell'energia.
Negli appunti sparsi, che seguiranno questo programma minimo che attinge
dalla storia dei comunisti in Italia e da un presente ancora tutto da
analizzare, introdurremo analisi sull'organizzazione (dal moderno principe
al principe necessario), sull'attualità del marxismo, sulla gioventù
"ribelle" e sull'interpretazione della stessa realtà per tentare
di rendere possibile l'idea di una società alternativa. Se ci facessimo
trascinare solo da un programma minimo perderemmo l'orientamento ed ogni
fine scomparirebbe dal nostro progetto rendendoci dei simpatici riformisti,
dei bravi socialdemocratici e dei pessimi rivoluzionari. Ci illudiamo,
ancora, di lottare dentro una via democratica al socialismo, di comprendere
le nostre particolari peculiarità, di non avere modelli e miti. Attendiamo
giudizi negativi tranquillamente e "professori in cattedra" che
intendono farci la lezione, ritenerci superflui e scontati, un po’
nostalgici ed ingenui. Noi tenteremo di rispondere attraverso le lotte
quotidiane, le sconfitte e le piccole vittorie, coscienti che abbiamo scelto
di faticare per capire e di lavorare per mutare una realtà da protagonisti.
Dicevamo dell'energia. Non la nostra che ci è necessaria ma quella che
stiamo sperperando con consumi distorti. Un primo obiettivo deve essere
quello di stabilire, per una corretta politica energetica, un giusto
rapporto tra sviluppo economico e tutela dell'ambiente e della salute. Va
realizzato il massimo risparmio ma, soprattutto, vanno privilegiate fonti
energetiche rinnovabili (solare, idrica, geotermica): risparmiare non
significa proibire ma realizzare trasporti collettivi, orari per le scuole,
gli uffici, la fabbrica ragionati, attuare tipologie edilizie che conservino
al massimo il calore ed investire in tecnologia per consumi industriali
bassi. Per il petrolio si fanno guerre "umanitarie", le si fanno
per il "metano" a noi il compito di dichiarare guerra all'uso del
nucleare e alla mancanza di un impegno serio per le fonti energetiche
alternative.