SENSO COMUNE
di Tiziano Tussi

 

Senso comune, sapere comune, luogo comune. Non sono livelli da disprezzare. Da sempre la medietà del vivere ha inciso profondamente in ogni società. Aristotele l’aveva già innalzata a modello per tutti. Il comune senso del pudore, la comunità degli uomini. Insomma se facendo politica non si pone attenzione a questo aspetto non si vincono mai battaglie istituzionali. Anche la Francia ce lo ha dimostrato. Occorre essere rappresentativi del “senso comune”. Altrimenti si diventa una voce isolata e solitaria nel deserto delle proprie convinzioni. La sinistra italiana non riesce a capire questo senso comune e proclama orgogliosamente, quando lo può fare, che ha sempre “avuto torto”. Avere torto significa non avere ragione. Non è un gran ché. Avere torto significa non fare mai vincere le proprie ragioni . Il perdente può esser simpatico ma non vince. E noi abbiamo, ogni anno che passa, sempre più necessità di vittorie: il potere è una brutta bestia ma se non ce l’ha la sinistra lo hanno altre parti politiche. Se i comunisti non prendono il potere lo prenderanno, anzi  lo hanno già preso altri: la destra, i fascisti, i “progressisti” , i liberali; insomma altri. Ma come si può fare per interpretare il senso comune e poi iniettargli le ragioni della cultura di classe? Innanzi tutto occorre proprio interpretarlo. Non si produce nulla di buono se si continua ad inventarsi, scimmiottando il nemico di classe, un mondo di illusioni e di benessere che sarebbe a portata di mano se solo i cattivi capitalisti ce lo cedessero. La vita ed i rapporti sociali, economici e politici: la cultura insomma non è cosa per sempliciotti. In un periodo che vede la possibilità di tornare a far conoscere le ragioni di chi è sfruttato – 25 aprile, primo maggio, scioperi generali ecc. - ecco che non capire cosa si debba fare risulta pernicioso per ogni nuovo tentativo. I cortei per lo sciopero generale sono stati spezzati in due, tra sindacati e movimenti sociali. Lo stesso dicasi per i cortei del primo maggio. Pare che il nuovo movimento dei “no global” sia l’unico fenomeno partorito da una lotta secolare, dalla sinistra nel mondo. Noi ci beiamo di questa deriva e calcoliamo il successo di una manifestazione o di un evento da quanti vi partecipano guardando solo a quella situazione. Come se il 99% della popolazione italiana fosse solo una risibile aggiunta. La sinistra comunista non incide più di tanto nella società e il nuovo fenomeno antiglobalizzazione al massimo può raggiungere tale risultato. Ma il resto delle persone – la gente, come si usa dire – cosa fa, cosa legge, che alimenti compra, che cosa canta, cosa ascolta alla radio, che rete televisiva guarda, quali sono le sue pulsioni passionali ? 

Diversissime situazioni si possono prefigurare ma non sono un’aggiunta alla grandiosa riuscita di una manifestazione di cinquanta o centomila persone. Il mondo che sta al di là del mio centro sociale non è un optional. Ciò che è successo in Francia ce la dice lunga. Mi è parso sorprendente che alcuni, intervistati dalla televisione francese, abbiano candidamente confessato di provare certo vergogna – honte – per la situazione creatasi dopo il primo turno elettivo per la presidenza della Repubblica francese – fra l’altro le modalità di elezione sono quanto di più antidemocratico ci  possa essere – ma hanno anche detto, costoro, che il giorno delle elezioni erano andati al mare. Ma allora perché non sono stati a Parigi a votare Jospin? Certo i garantiti dal capitalismo possono fare i “progressisti” quando è finito il tempo libero, ma la situazione sociale è sempre un’altra. Chi non può godere dei favori del capitale deve stare a casa, nelle “banlieux” parigine. Questi sono andati  a votare e di fronte agli scimmiottamenti della serietà borghese dei “socialisti” ha votato il chiarissimo razzista Le Pen. Chi non ha nulla vota per chi gli dà almeno un’illusione. In Italia è accaduto con Berlusconi. Altri hanno anche detto di non essere andati a votare, ma ora: “non si poteva lasciare passare il razzismo ecc. ecc.” Inutile foga di contrapposizione che al massimo riporterà alla massima carica dello stato un uomo di destra come Chirac. Anche questo non pare un grande risultato. Occorre smetterla di andare al mare, di fare girotondo - che per carità va bene come rottura iniziale, ma poi non si può continuare a girare in tondo –, non si deve continuamente protestare quando l’occasione lo permette – e questo fanno i no global – ma bisogna proporre ed agire. Basti pensare che il pestaggio dei manifestanti a Napoli è avvenuto nel marzo 2001, quando al governo cerano i centristi ma anche i Verdi, il PdCI, i progressisti, gli stessi che ora formano correntoni ed associazioni per la rinascita della sinistra. Quanto questi hanno inciso sul fascismo che serpeggia nelle forze di polizia? Quanto i ministri Verdi dell’ambiente hanno inciso sull’ambiente? Il potere deve essere preso per poterlo usare a favore dei  “proletari” – che bisognerebbe anche capire chi sono ora – ma per fare questo necessita capire come vive la “medietà” degli uomini e donne nel proprio Paese e dare loro una risposta chiara e forte alle loro chiari e forti esigenze reali. Non paga, non serve ed è politicamente perdente cercare il regno dei cieli e della bontà su questa terra. Per questo ci sono già i preti e le loro religioni. Che fra l’altro riescono molto bene alla bisogna. Non ci si può mettere in concorrenza con chi detiene l’esclusiva delle illusioni, profane o divine che siano.