Le lingue della Sinistra
di Massimo Ugolini

 

“Le parole sono importanti…”: citazione liberamente tratta dal film Palombella Rossa di Nanni Moretti che, in maniera pregnante, esemplifica quello che vuole essere il filo conduttore di questo articolo. Già, le parole sono molto importanti nell’arte della comunicazione politica e, con una dovuta premessa, devo dire che le stesse sono state anche un confine, un limite della sinistra antagonista. Nei vari momenti storici e ovviamente politici ci siamo espressi con convegni, dibattiti, scritti criptati da un linguaggio, si potrebbe dire, migrato direttamente dagli scritti dei vari ideologi e dalle varie “scuole quadri”, dal PCI a tutti i movimenti e partiti alla sua sinistra. Ritengo questo, sia per analisi sociologica sia per riflessione personale, un errore madornale di tutta la sinistra, che ha pensato maggiormente a mettere in campo la propria abilità dialettica piuttosto che ad impostare una reale attitudine comunicativa verso tutti i compagni che aderivano via-via alle nostre idee. Nel tempo, e fino ai giorni nostri, questa pratica ripetuta si è rivelata suicida: il premier, nano virtuoso, ha usato il marketing, la televendita politica per ottenere consensi; ha plagiato la maggior parte del suo elettorato con un’operazione commerciale, forte del fatto di andare ad incidere su una fascia di popolazione scarsamente preparata culturalmente (questo non per colpa sua…). La sinistra, invece, per anni ha bellamente ignorato l’importanza della cultura come momento rivoluzionario e si è accasciata su convegni, dibattiti e quant’altro, dove in realtà sussisteva, e sussiste, un meccanismo, deleterio, di autocompiacimento, dove si è attori di una recita a copione finalizzata a foraggiare quelle strutture e quei funzionari a cui tanto piacevano (piacciono) le iniziative brutalmente burocratiche e improduttive. Bene, adesso forse è il momento di fare una doverosa riflessione su questo, su un ritardo evidente di tutta la sinistra. Tanto per dare un dato, non a caso, il Ministero della Pubblica Istruzione è sempre stato patrimonio delle maggiori forze di potere conservatrici. Dobbiamo riflettere sul fatto che dal dopo guerra ad oggi i vari governi democristiani, e adesso forzaitalioti, hanno sempre dato un’enorme importanza al Ministero della Pubblica Istruzione proprio perché dall’istruzione pubblica (temiamo ormai per poco “pubblica”) può nascere il pericolo che emergano generazioni ricche di menti aperte e critiche, capaci di attraversare il sociale in ogni sua forma. È chiaro che al di là delle capacità del singolo individuo un numero troppo elevato di persone in possesso di un sapere critico (ovvero ragionato), a diversi livelli, diventa in ogni caso un pericolo in seno al regime che detiene il potere al momento. È evidente che la logica del profitto non può tollerare menti libere e un troppo elevato grado di cultura nella popolazione, perché questo minerebbe un sistema basato unicamente sulla logica ferrea dell’arricchimento a tutti i costi. Brevemente, è ovvio che entrambi i sistemi estremi, capitalismo esasperato e comunismo “integralista”, siano in realtà improponibili per la psiche umana, ma è altresì evidente che ci sono delle forme intermedie, per così dire, che propongono un altro mondo possibile.

Lo stimolo essenzialmente che io vorrei mettere in campo è quello che ci porterà ad elaborare, a partire dal linguaggio, una forma di comunicazione, in primo luogo accessibile veramente a tutti e non strettamente formalistica e in un secondo tempo (che può essere parallelo al primo) a dei nuclei di diffusione controculturale sul territorio. Una modalità che attraverso la parola scritta e/o altro dovrebbe portarci ad essere totalmente comprensibili a tutte le persone che appartengono al nostro ipotizzabile bacino di utenza ma non solo. Reiterando un concetto che spesso amo ricordare: occorre entrare dalla porta di servizio e lavorare sulle piccole cose con pazienza e criterio di programmazione, rendendo le persone non succubi di una ideologia ma protagoniste di se stesse e interlocutrici privilegiate di idee. In sintesi credo che tra gli obiettivi primari che DP deve avere vi è proprio quello della cultura e della capacità di renderla estremamente diffusa. Non possiamo pensare di costruire, tanto per essere allegorici, una casa dal tetto, ma dobbiamo pensare che ci vogliono solide fondamenta e ritengo che la diffusione della cultura, la difesa della scuola pubblica e il miglioramento della stessa, siano obiettivi prioritari di un movimento antagonista come il nostro, senza nulla togliere alle tematiche sociali che di giorno in giorno trattiamo.

Sicuramente non sono io ad avere la verità in tasca e quindi questo diventa un intervento aperto, che vuole essere propositivo e stimolante per tutti noi.