EL PLAN COLOMBIA: UNA BREVE STORIA
di German Rodas Chaves

Il Plan Colombia fu così denominato con lo scopo di farlo apparire non solo come la designazione di operazioni che sarebbero state effettuate all’interno del territorio colombiano ma anche perché si supponesse che questo era un prodotto concepito per gli stessi colombiani e articolato come tale mediante l’azione del governo del presidente Pastrana. La prima versione di questo Plan Colombia fu realizzata nell’ultimo trimestre del 1998 ed ebbe una continuità di aggiustamenti fino all’agosto del 1999 quando compì il primo anno di gestione il presidente colombiano. Nel settembre del 1999 si produssero cambiamenti sostanziali del suo contenuto e a partire da qui si rese chiara la strategia di chi aveva lavorato per una iniziativa in realtà di geopolitica militare ed economica. Nel dicembre del 1998 il presidente Pastrana presentò il “piano” come un insieme di progetti di sviluppo alternativo che dovevano canalizzare gli sforzi condivisi dei governi e degli organismi multilaterali con la società colombiana. Il “piano” doveva apparire come un asse articolatore della politica di pace poiché parlava di creare condizioni economiche e sociali che propiziassero la concertazione sociale. Di più: facendo riferimento alla presenza di coltivazioni illegali (ad esempio coca) il “piano” presentava un’iniziativa non militare ed enfatizzava azioni preventive senza tralasciare di rinforzare le iniziative di controllo. Una seconda versione del “piano” fu presentata a giugno del 1999 durante l’incontro di capi di Stato e di Governo dell’Europa, America Latina e Caraibi che si realizzò a Rio de Janeiro. In questa nuova versione, non molto distante dalla precedente, si rinforzò l’idea della promozione della sostenibilità ambientale. Gli autori del “piano”  lavorarono affinché i paesi europei si convincessero a finanziare tutto quello che si riferiva alla sostituzione delle coltivazioni illecite. Ma non riuscirono nell’intento. In ogni caso le due versioni del “piano” mediante il quale si pretendeva coinvolgere tutte le “nazioni centrali” mantenne le strategie politiche, sociali ed economiche vincolate alla negoziazione e alle riforme. Poiché “il piano” non interessò molto nella sua forma iniziale le “nazioni centrali”, probabilmente anche in conseguenza della loro capacità di aver intuito i suoi lati oscuri, si optò per la formulazione di una terza versione elaborata in forma aperta tra i funzionari nordamericani e colombiani. La terza versione che apparve a settembre del 1999 ebbe modifiche sostanziali. La più importante fu quella per la quale “il piano” rendeva prioritaria la sua azione nella lotta alla droga. L’interesse non ricadeva sul radicamento delle coltivazioni illecite con partecipazione della guerriglia ma nello smontare ogni vincolo dei trafficanti con i gruppi armati attraverso lo scontro militare, anche se non era apertamente dichiarato. In questo modo “il piano” assunse pienamente la qualifica di lotta alla droga da parte dell’America del Nord e inoltre configurò le prospettive, nella regione, che i capitali finanziari internazionali richiedevano per il loro sviluppo ed espansione. La terza versione del piano servì affinché Pastrana negoziasse tutti gli appoggi possibili con l’amministrazione Clinton e i suoi alleati e all’interno di accordi bilaterali il presidente colombiano chiese 1500 milioni di dollari per l’esecuzione di un progetto di comune accordo, per l’opinione pubblica mondiale, tra gli Stati Uniti e la Colombia. Una quarta versione del Plan Colombia fu messa in circolazione all’inizio del duemila: questa volta con preciso destino per le orecchie europee e giapponesi. La suddetta versione, con abilità, enfatizzava il tema delle biodiversità, della cura dell’ambiente e della protezione ecologica affermando, di fatto, che ciò richiedeva interventi nelle zone dove la produzione delle sostanze stupefacenti hanno la complicità della guerriglia che va contrastata in quanto contraria agli interessi degli europei e dei giapponesi, ovvero la guerriglia impedisce la cura di una zona destinata ad essere un’area ecologica di valore strategico per tutti i protagonisti dell’economia globalizzata. In definitiva la versione quattro venne elaborata affinché Europa e Giappone assimilassero un messaggio che proponeva di difendere anche gli interessi naturali strategici per loro. In ogni caso, per precisare, si deve riconoscere che la versione tre più il dettaglio delle spese e della distribuzione di più di settemila milioni di dollari approvati dal congresso USA agli inizi del 2000 è formalmente il Plan Colombia in atto. Questa breve storia, quindi, per fare la cronaca di un “piano” progettato dagli inizi degli anni novanta (dalla fine della chiamata guerra fredda) quando la crociata antidroga iniziò a prendere forma come strumento politico e meccanismo di pressione per altri scopi e interessi degli USA nella regione e come una nuova forma di coinvolgimento di Washington negli affari interni di ciascuno dei Paesi Andini fino a realizzare un costante boicottaggio a qualunque forma di unità Andina o Sudamericana che renderebbe difficile la realizzazione dell’ALCA ovvero la politica colonizzatrice con la quale oggi gli USA espandono i propri interessi egemonici. In questo ordine di cose il Plan Colombia, oltre alla sua visone geopolitica militare, va compreso come una strategia geoeconomica interessata a disarticolare le “distorsioni” contro la globalizzazione neoliberista nella regione latinoamericana come ad esempio il Venezuela non funzionale agli interessi dei globalizzatori che vivono la loro crisi strutturale o come in Colombia proponendo un “piano” per disarticolare (qualunque sia il metodo che lo giustifichi) ogni opposizioni ai propri interessi: ecco, dunque, che il pretesto della guerra alla narcoguerriglia e l’assenza di governabilità si trasformano in adeguati argomenti che giustificano perversamente l’internazionalizzazione del conflitto colombiano e gli intenti di colpi di stato in Venezuela con evidente dimostrazione che le cause strutturali che hanno propiziato queste circostanze nella regione sono ignorate di proposito valorizzando oltremodo ogni ipocrisia.

 

PROCESSO ELETTORALE E LOTTA DI CLASSE
editoriale del settimanale INVERTA PCML

Tutto il processo politico nazionale si incammina ad un epilogo tutto interno alle elezioni presidenziali entro un tempo di poco più che due mesi. Di più, questo epilogo, tanto ansiosamente atteso da tutti, anziché rappresentare la conclusione dei conflitti sociali che vive la società non farà che moltiplicarli, indipendentemente da quello che pensano i futuri governanti del paese, aldilà del ruolo delle opposizioni e o non mutando il quadro politico. Nelle intenzioni e nelle proposte e, al tempo stesso, nelle azioni disperate della classe dominante vi è il tentativo di mantenere la struttura generale della società, il modo di vita e tutto lo status quo esistente più o meno immobile ma ciò sarà impossibile. Da un esame rigoroso della realtà si vedrà che il processo politico nazionale, come riflesso soggettivo della realtà economica e sociale, e più precisamente della lotta di classe, tende a determinare relazioni conflittuali molto più grandi. Inoltre… nell’attuale congiuntura non può non rinnovarsi la secolare “guerra” tra oppressori ed oppressi, sfruttatori e sfruttati, borghesi e proletari: uno scontro attuale tra le classi fino alla vittoria determinante di uno dei due contendenti. Come processo specifico, la congiuntura politica nazionale è monopolizzata per via elettorale e istituzionale. Attualmente nel paese tutta la lotta politica sembra essere esclusa da questo recinto e, altresì, viene criminalizzata fino a ritenere addirittura inesistente qualsiasi forza politica organizzata del proletariato che si trova fuori da queste istituzioni nonostante la sua capacità nel proporre e nel costruire un altro mondo. Del resto questo dare per estranea la lotta di classe nella vita delle società è attualmente un fenomeno che riguarda il pianeta intero. Un esempio più che sufficiente e concreto a sostegno di quanto affermiamo ci viene dall’esperienza delle FARC-EP in Colombia e come la borghesia al potere in quel paese e oltre si relaziona a questa realtà rivoluzionaria. La borghesia tenta con ogni mezzo di criminalizzare le FARC-EP attribuendo a questa formazione politica popolare l’epiteto di “narco-terroristi”, quando in realtà questa organizzazione è un’evidente movimento rivoluzionario, con obiettivi rivoluzionari, moralmente inattaccabile, disciplinato e disposto ad una lotta strenua per un futuro migliore per tutto il popolo colombiano. Inoltre il significato della lotta di questi partigiani oltrepassa le frontiere di un paese e si traduce in una lotta contro i piani degli Stati Uniti per annettere l’intera regione Amazzonica – luogo strategico nel pianeta – come appunto si evidenzia dal Plan Colombia o dall’ALCA. E’ importante riconoscere l’importanza di questa lotta come “simbolo” per ogni rivoluzionario, per il popolo brasiliano e, naturalmente, per “disturbare” i sonni dei padroni. Tra l’altro non si può sperare in una mutazione di questo quadro conflittuale, in ogni piega della società, riferendoci anche alla campagna elettorale sia che vinca l’opposizione con Luiz Inàcio Lula da Silva e sia che la situazione non muti con Josè Serra. Tutto indica che le contraddizioni tra le forze produttive e i rapporti di produzione continueranno a provocare processi politici dentro e fuori le istituzioni maggiormente acuti. Può valere pensare al caso di Hugo Chavez in Venezuela? O, sull’altro versante, al caso di De la Rua in Argentina o di Eduardo Toledo nel Perù? Come si possono fermare, assorbire, contenere e amalgamare le brutali contraddizioni del modo di produzione capitalistico interne in maniera estrema nel credo neoliberale e nell’attuale correlazione di forze mondiali, tra borghesia e proletariato, in una congiuntura che vede reazione e controrivoluzione borghese? Senza dubbio siamo in presenza di una lotta sovraumana che amplifica inevitabilmente i conflitti. Vediamo, ad esempio, il panorama mondiale: la vittoria degli USA, sede del capitale e della controrivoluzione neoliberale, sopra l’URSS ha generato insicurezza e instabilità mondiale, ha approfondito oltremodo il rischio di una terza guerra mondiale, convenzionale o non convenzionale. Attualmente il conflitto e l’insorgere del terrore dominano il mondo capitalista e tutto questo è naturale per il capitale riaffermando un concetto hobbesiano che “l’uomo è lupo all’uomo” e non casualmente gli USA hanno investito per la Difesa (armi e guerra) capitali spropositati. Vediamo, poi, che la tendenza mondiale è verso un conflitto acuto e mortale, la tolleranza “Lockeana” si esprime nella pena di morte e nella difesa senza scrupoli della proprietà individuale. E se questo appartiene all’umanità intera come si può ritenere che il Brasile ne sia chiamato fuori? Come possiamo essere neutri riguardo l’instabilità generale a partire dai valori borsistici, dalle fluttuazioni della moneta dell’America del nord, dai danni delle corporazioni ecc. se tutto questo è il meccanismo con il quale si gestisce oggi la società? A questo punto la domanda è la seguente: come uscire dai mali generati dal capitalismo continuando a vivere in società capitalistiche, sopravvivendo il capitalismo, producendo dentro le logiche del capitale e amministrando capitalisticamente? No! Non possiamo affrontare una lotta generica ed immergerci in divagazioni riguardo la possibilità di mutazioni concrete in questo sistema sociale, non si può mutare l’essenza del sistema capitalistico senza ribellarci allo stesso per conquistare una società alternativa, per mutare lo stato di cose presente. Ogni rimedio per curare i suoi mali (del capitale) si restringe ai meccanismi di gestione del neoliberismo (la stessa terapia monetaristica è un aspetto marginale dell’economia) o, al contrario, ripensando Keynes, lo Stato al massimo interviene nel mercato cercando equilibri per compensare l’essere delle disuguaglianze senza modificare sostanzialmente la logica della produzione e dei consumi. In ambedue i casi il conflitto si accentua. Nel primo caso esploderanno senza pietà mali endemici quali disoccupazione, miseria, fame, guerre come di fatto avviene e nel secondo rimarranno sul tappeto disastri economici e guerre. In questo modo si può intendere a che punto di limitazione va incontro il governo che sarà in Brasile. Aldilà dei giochi politici, le buone intenzioni e le promesse dei candidati. Questa è una realtà indiscutibile… Non si possono dare risposte a domande che vengono dalla società e che sono urgenti come la richiesta di lavoro e dal lavoro, la fame, la miseria, la violenza, l’istruzione, la sanità, le pensioni ecc. senza strumenti adeguati che rendano possibili giuste risposte. E’ come dire: se hai voglia o bisogno di mangiare devi avere il “prodotto” essenziale: gli alimenti. …In realtà anche sull’agricoltura e il suo sviluppo le proposte di Serra ad esempio sono quantomeno assurde: crede davvero che convincerà l’OMC a liberare il Brasile dalle barriere protezionistiche imposte dagli USA e dall’Unione Europea? Sembra facile ma non lo è! L’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) non si discosterà di certo da una colonizzazione agricola che corrisponde agli interessi USA ed EU! Come può Serra mutare questa situazione? E non è ridicolo inventare tale possibilità? Non si può dire molto di più riguardo Ciro Gomes o Lula. La magia per l’agricoltura brasiliana passa più attraverso un piano di ristrutturazione e riforma interne che attraverso il mercato “esterno”. Passa più nella scelta di elevare il MERCOSUL a mercato comune per tutta l’America del Sud che praticando altre strade. E come affrontare l’ALCA? Come affrontarlo o ristrutturare l’agricoltura nel paese senza mezzi e proprietà della terra, investimenti mirati e una propria tecnologia avanzata? Questi sono punti determinanti ma lo è maggiormente comprendere che non si può cambiare e migliorare senza rompere con l’imperialismo, senza realizzare cioè una vera e propria rivoluzione. La propaganda politica, dunque, è solo immagine, facciata, parole. Per scaldare l’elettorato non si bada a mezzi proponendo stesse cose: mutano gli attori ma l’immagine è identica per tutti. Sarà questa (anche l’uso di una donna vestita sempre di rosa e di nome “Rosinha”) una posizione elettorale di tutti i contendenti? …Siamo al limite dell’imbecillità. Basti pensare al PSB che nell’ansia di ritornare ad essere un partito nazionale rompe la sua alleanza con l’opposizione e si lancia nell’avventura elettorale per il Sr. Garotinho presidente… Quale sarà il risultato? Indubbiamente il dissolvimento di questo partito… ma quello che provoca una grande sensazione di ridicolo è il fatto che partiti che si definiscono rivoluzionari annuncino una loro tattica rivoluzionaria e utilizzino lo stesso processo elettorale degli altri per affermarsi nazionalmente. Viviamo in piena impasse soprattutto perché il movimento rivoluzionario di fatto non è stato capace di unificare forze per tornare tra la gente con un pensiero ed un agire sinceramente rivoluzionario; non è stato capace, nella pratica, di rispettare e valorizzare la fiducia delle masse; e questo anche perché le organizzazioni rivoluzionarie del nostro popolo, e specialmente della classe operaia, non si sono unite per costruire un’organizzazione materiale e concreta: il Partito Comunista Marxista-Leninista… E in questa circostanza, come affermava Marx nelle tesi sopra Feuerbach, non è sbagliato ricordare che “i filosofi essenzialmente devono essere interpreti del mondo nelle sue diverse forme… soprattutto se si intende trasformarlo”. Nostro impegno prioritario è il seguente: costruire una cassetta degli attrezzi da utilizzare nella nostra opera rivoluzionaria, per la rivoluzione brasiliana. In riferimento a questa congiuntura non possiamo non insistere su una piattaforma comunista che intraveda come uscirne. In questo progetto sono già contenute proposte di unità e di lotta in difesa dei lavoratori e del popolo contro il capitale e gli strumenti che ci aiutino a camminare verso l’edificazione di un grande partito Comunista. In questi termini la nostra lotta è essenzialmente finalizzata ad inserire nella società la piattaforma ed il programma dei comunisti. Un piano che evidenzia e invita all’impegno, tra l’altro, per contrastare il cinico Accordo padronale (ALCA), il Plan Colombia e le guerre imperialistiche e che rinnova la necessità di un lotta contro il capitalismo per il socialismo. No, dunque, alle imposizioni del Fondo Monetario Internazionale, no ai governi oligarchici e alla loro continuità, si alla rivoluzione brasiliana e al partito Comunista Marxista-Leninista. E’ in questo modo che intendiamo salutare ogni comunista che approfondisce i suoi ideali e lavora per rafforzare la propria organizzazione per una lotta rivoluzionaria. Viva la lotta dei lavoratori contro l’ALCA!

PCPE: LA DESTRA E I SUOI SEGUACI INCREMENTANO L’AUTORITARISMO

L’oligarchia finanziaria legata al progetto della Spagna unica decide di rendere illegale Batasuna per mezzo del suo rappresentante genuino: il Partito Popolare che ha trascinato con sé il PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo). Pongono in atto e coordinano tutto l’apparato dello Stato, al servizio della monarchia, per rendere illegale un partito di sinistra rappresentante una parte della classe operaia basca, mettendo fuori legge più di duecentomila persone maggiorenni che appoggiano questa formazione politica in forma continuativa. Nonostante i portavoce della messa al bando si sforzino con alla testa diretti e subordinati di Aznar non possono nascondere che nel paese basco vi è un problema politico che loro stessi ratificano con la messa al bando di Batasuna. Questo problema consiste nel fatto che l’oligarchia finanziaria, attraverso l’apparato dello Stato e lo Stato stesso, non è disposta a permettere che il popolo basco eserciti un diritto democratico quale è appunto quello dell’autodeterminazione riconosciuto internazionalmente come un diritto dei popoli. Non possono occultare che la messa fuorilegge di Batasuna non solo non abbasserà la tensione ma la intensificherà nel futuro poiché l’utilizzazione di metodi franchisti, con l’apparato poliziesco che assale le sedi di un’organizzazione di sinistra con mazze spaccando le porte, ci riporta a quel lungo periodo in cui la destra fascista, che si era impadronita di tutto il potere, aveva reso “legale” ogni arbitrio e attraverso la forza bruta la repressione contro le organizzazioni democratiche e di sinistra. Neanche possono occultare che la separazione dei poteri che “inventano” nel sistema borghese di dominio è nient’altro che pura finzione. Stando in gioco la rivendicazione di un diritto politico come quello dell’autodeterminazione hanno agito all’unisono il governo, il parlamento, il giudice Garzon e le procure contro quel diritto politico. Tutto questo al PCPE appare straordinariamente grave e manifestiamo il nostro dissenso, particolarmente sulla legge dei partiti politici e sulla decisione del parlamento di chiedere la messa al bando di Batasuna e le sue diverse sigle, consapevoli che ambedue le decisioni restringono le ridotte libertà e diritti del popolo come sottoscritto nel periodo della transizione dalla dittatura alla democrazia. Consideriamo quanto sta accadendo una restrizione molto grave poiché limita ed impedisce a priori che le rivendicazioni politiche possano esprimersi alla luce del sole: aldilà che siano più o meno condivise. Se partiti che hanno determinate proposte politiche possono essere messi fuorilegge da una maggioranza parlamentare gli accordi raggiunti nella transizione si spezzano a favore del pensiero reazionario e potremmo dire allora che ci troviamo davanti ad un processo politico con uno scenario nuovo nella lotta di classe e che bisogna considerare in tutta la sua dimensione i pericoli che racchiude per la classe operaia e i ceti popolari. La sinistra parlamentare dinanzi a questo viraggio a destra così grave ha un comportamento vergognoso: il PSOE collabora gomito a gomito con la destra e quella che si auto-denomina sinistra reale ovvero Izquierda Unida ha un atteggiamento difensivo e giustificativo finalizzato alla richiesta di un piccolo spazio in più. Le leggi reazionarie del PP come il decretone, la legge sull’Istruzione o i Concorsi, la legge per i migranti e molte altre hanno il loro culmine e sono in consonanza con la legge dei partiti e il voto del congresso dei deputati del giorno 26 agosto e sono indirizzate a scippare conquiste e diritti dei lavoratori e dei ceti popolari a beneficio del grande capitale corrompendo le istituzioni e subordinandole ai propri interessi. Il PCPE esprime solidarietà a Batasuna e a tutti coloro che in conseguenza di decisioni arbitrarie e di persecuzioni poliziesche e politiche si vedono privati della libertà per esprimere le proprie rivendicazioni e vengono spinti nella clandestinità. Questo partito seguiterà a lottare per le conquiste e gli interessi dei lavoratori e dei ceti popolari attraverso la mobilitazione e la lotta chiamando all’unità dei rivoluzionari e della sinistra, mobilitando tutte le forze possibili contro quello che interpretiamo un attacco e un’aggressione agli esclusi in beneficio dei ricchi. 

Solidarietà Internazionale per il Professor J
Jaime Yovanovic Pietro è “sparito” da dodici giorni in Africa del Sud
di Cristina Castello

Dopo 12 giorni nessuno sa esattamente dove sia l’ex mirista cileno professor J. Deportato dall’Italia  Jaime è stato inviato in Sudafrica, dopo 4 giorni di carcere richiesti dal governo cileno. Yovanovic era ad Assisi ospite al campo antimperialista per partecipare ad alcuni incontri sui diritti internazionali. Nel duemila accadde una situazione analoga e il governo italiano all’epoca consapevole che la sua vita non sarebbe stata garantita nel caso di un suo ritorno in Cile lo mandò in Brasile (dove allora risiedeva). E la scena si è ripetuta in questo 2002. Il campo antimperialista realizzato ad Assisi veniva accerchiato dalla polizia italiana per arrestare un oppositore al fascista Pinochet. I partecipanti al campo resistevano all’azione poliziesca e negoziavano la consegna del professore permettendogli, intanto, di raggiungere il bosco e di rifugiarsi in un convento francescano avente lo status extraterritoriale. Non si sa ancora come la polizia sia potuta entrare nel convento e all’alba del 3 agosto il Professor J veniva arrestato, successivamente trasportato all’aeroporto di Roma e “spedito”  in Sudafrica. Il professor J viveva dal gennaio del 2002 in Mozambico dove svolgeva attività sociali. Il governo di Maputo, però, questa volta non ha dato il visto d’ingresso obbligandolo ad andare in Sudafrica. Arrivato nella patria di Mandela non gli è stato permesso di uscire dall’aeroporto e il governo cileno si è rifatto vivo chiedendone l’arresto. Il Professor J avendo poco denaro non poteva acquistare un biglietto per un altro paese. I compagni del campo antimperialista  si sono dati da fare per inviargli un nuovo biglietto mentre il governo sudafricano gli imponeva un ultimatum affinché abbandonasse il paese il 9 agosto. Il giorno 8 alle 14, ora sudafricana, inviò ad alcuni suoi amici un messaggio e questo è stato l’ultimo contatto con il Professor J. Fino a questo momento né il consolato né l’ambasciata cilena hanno dichiarato nulla e così i giornali sudafricani e cileni. Ogni intento di trovarlo è stato vano.

Attiviamo una grande solidarietà internazionale per Jaime Yovanovic Pietro.
(Ora il Prof. J è nelle carceri sudafricane)

 

VIAGGIO NELLA REPUBBLICA POPOLARE DEMOCRATICA DI COREA.
di Ines Venturi

Il 1° ottobre (e fino al 20) del 2002 una delegazione di Democrazia Popolare (insieme alle associazioni di Solidarietà Internazionale “Altri Mondi” , “AIASP” e “Rete Associazioni Popolari” che attraversano un po’ tutta la sinistra) sarà per alcuni giorni in Cina e poi ospite della Repubblica Democratica Popolare di Corea. Non è un viaggio turistico o almeno non vivrà solo di ammirazione per paesaggi, monumenti e ricchezze naturali. Obiettivo dichiarato della delegazione composta da molti compagni e alcune compagne, che hanno un lungo curriculum di lotte per la democrazia ed un socialismo inedito (Capuano Marco e Michele, Ines Venturi, Edoardo Nucci, Romeo Tomassini e i suoi fratelli, la compagna boliviana Mirtha Gamboa, Carlo Quintozzi, il compagno Bianco e Innocenzo Leone), è valorizzare la lotta per l’abbattimento di ogni muro, le ragioni della pace e della riunificazione tra le due Coree oltre ogni ideologia, contrastare disumani embarghi e proporre una serie di gemellaggi e interscambi culturali tra il nostro popolo e quello coreano insieme a campagne di solidarietà contro la carestia e alcune calamità naturali che hanno interessato la Corea del Nord. Numerose sono state le iniziative in questi ultimi anni, con l’Ambasciata in Italia, recentemente riconosciuta dal governo di centrosinistra, realizzate dalle “organizzazioni in viaggio”. Alcuni Comuni (Zagarolo e Municipi di Roma ad esempio) hanno già dato la loro disponibilità (e rapporti  sono in programma con l’Istituto di Cultura Orientale e il Conservatorio di Urbino dove studenti coreani studiano musica) per idee utili ad un progetto di liberazione al plurale. Sarà indubbiamente un’esperienza incredibile che si intende vivere criticamente e dalla quale ci auguriamo nascano opportunità ed occasioni per contrastare con l’amicizia, l’incontro e il dialogo l’organizzazione mondiale delle disuguaglianze e l’avanzare impietoso di logiche nefande di guerra e di “mercato”. In calendario la costituzione di un’associazione “Abbattiamo tutti i Muri”, un convegno internazionale sullo JUCHE con i comitati territoriali e nazionali coordinati dal docente di diritto internazionale Aldo Bernandini, l’invito al prossimo meeting internazionale di luglio a Roma. Cantieri aperti dunque anche in Italia mentre il PTB in Belgio ha già realizzato seminari internazionali e ne sta organizzando un altro per il 14 settembre su identiche tematiche.

     

CINQUE CUBANI INGIUSTAMENTE
DETENUTI NELLE CARCERI USA
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Cinque patrioti cubani con accuse generiche sono ingiustamente detenuti nelle carceri USA. E’ come se, in Italia, dovessimo rivivere un gigantesco e sproporzionato caso Baraldini. Ne abbiamo già parlato lungamente nella nostra rivista ospitando precedentemente una lettera degli stessi imprigionati. La solidarietà internazionale non si è fatta attendere. Il 12 settembre 2002, pertanto, ci sarà una simbolica manifestazione in più nazioni con consegna alle ambasciate degli Stati Uniti delle stesse di richiesta di libertà immediata. Coordinamento internazionale liberenalos5ya@enterate.com.ar

Paesi e organizzazioni aderenti:

  1. Italia: Democrazia Popolare (Sinistra Unita) – AIASP – Associazione per Cuba “La Villetta” – Polisportiva Roma 6 Villa Gordiani
  2. Stati Uniti: Comitè Norteamericano – Internacional Peace for Cuba Appeal – Comitè Nacional por la Libertad del los Cincos
  3. Australia: Comitè Australiano de Liberatad para los Cincos
  4. Belgio e Olanda: Comitè de Belgica Iniziativa Cuba Socialista
  5. Ecuador: Asambla permanente por los Derechos Humanos APDH
  6. Perù : Comitè por la Libertad de los Cincos
  7. Guatemala : Asociaciòn de Periodistas Independientes – Partido Comunista – Juventud Patriòtica delTrabajo – Partido Guatamalteco del Trabajo
  8. Colombia: Casa Caribe de Solidaridad con los Pueblos-Barranquilla-Colombia
  9. Puerto Rico: Comitè de Solidaridad con Cuba
  10. Panama: Movimento Nacional de Juventudes Pensamento y Acciòn Transformadora
  11. Brasile: rete di diffusione per Cuba
  12. Francia: Asociaciòn Amistad Francia-Cuba
  13. Messico: Movimento Mexicano de Solidaridad con Cuba
  14. Argentina: (oltre al coordinamento) Universidad Popular Madres de Plaza de Mayo

L’Elenco sta crescendo e crescerà giorno dopo giorno dopo l’uscita della rivista…

(6 ottobre 2002: Roma - Via degli Armatori 3 - INCONTRO PER LA NASCITA DEL
COMITATO ITALIANO IN SOLIDARIETA' CON I CINQUE CUBANI. Organizzano:
La Villetta per Cuba, AIASP, Italia-Cuba, Assital. Interviene l'Ambasciata Cubana, Parlamentari ed Europarlamentari, rappresentanti di tutti i partiti della sinistra italiana)

 

CARTA ABIERTA A LOS LUCHADORES
di Sergio Ortiz
Segretario Generale Partito della Liberazione (Argentina)
www.pl.org.ar
 

PER LA FORMAZIONE DI UNA UNITA’ RIVOLUZIONARIA (UNIR)

Cari compagni e care compagne,
il Partito della Liberazione (PL) si rivolge a quelli che furono e sono i nostri compagni negli scioperi, i cortei nelle strade, nelle città e in Argentina, nostri compagni in ogni iniziativa pubblica su temi concreti. Inoltre, noi ci rivolgiamo ai “piqueteros” e specialmente a quelli della UTD del General Mosconi e della CTD “Anìbal Veròn” del sud bonaerense, ai militanti del sindacalismo combattivo e della TC  “29 de Mayo”, alle Madri di Plaza de Mayo e ai figli, agli operai delle fabbriche in lotta come alla Zanon, Brukman e ai lavoratori nel petrolio di Comodoro Rivadavia; ci rivolgiamo alle correnti antimperialiste degli studenti, alle assemblee popolari dei quartieri, agli intellettuali impegnati contro questo sistema, ai preti che lavorano per i diritti del Terzo Mondo e a coloro che lottano qualsiasi sia la loro fede religiosa, ci rivolgiamo alle associazioni dei contadini poveri, alle forze politiche come Rifondazione Comunista e il MPR Quebracho, ai tanti compagni rivoluzionari che militano in altre formazioni politiche…

Siamo davanti ad una crisi del potere politico e i rivoluzionari devono essere impegnati a trovare soluzioni mediante un nuovo “Argentinazo” e una necessaria Unità Rivoluzionaria (UNIR). Bisogna tener presente che i fattori soggettivi di una “rivoluzione” sono riconducibili alla situazione che si è aperta a partire dal 19 e dal 20 dicembre del 2001. Da qui dobbiamo muovere i passi e valorizzare le nostre lotte inseguendo un obiettivo superiore per un potere politico che sia oggettivamente espressione degli interessi della classe operaia e del popolo.

Così vediamo la realtà:

  1. Il governo di Eduardo Duhalde nel vivere la sua fase terminale si è reso responsabile – come  i precedenti governi – di grandi “distorsioni” che hanno determinato la disoccupazione e la sottoccupazione per oltre sei milioni di compatrioti;
  2. i banchieri, i monopoli e l’imperialismo dell’America del Nord, mentre approfittavano di tutte le  concessioni a loro fatte dal governo, gettavano il paese in un baratro e prendevano a piene mani dalle nostre tasche. L’imperialismo e i suoi alleati locali, non soddisfatti delle espropriazioni che praticarono negli ultimi anni, tennero il paese costantemente sotto la minaccia di un golpe civico-militare. In questo modo, con un terrorismo di Stato, consolidavano il vecchio potere monopolista e mantenevano nella manica la carta dell’intervento delle Forze Armate;
  3. senza rinnegare questo progetto fondamentale, l’alleanza oligarchico-imperialista giocava anche la carta elettorale. Si è ottenuto così che il governo convocasse delle elezioni-truffa per burlare la domanda popolare “che se vanno tutti non chiede uno solo”.  La convocazione è vista con molta diffidenza dal popolo più illuminato che proviene da una escalation di conflitti durante i vari anni che hanno preceduto il presente “Argentinazo”. Tuttavia questo non elimina i pericoli della manovra governativa alla quale si sono aggiunti partiti organici del sistema capitalistico e anche – ancora rimasti indietro – quelli della sinistra parlamentare;
  4. l’avanzare senza sosta del numero di disoccupati, poveri e indigenti, insieme all’ulteriore indebitamento estero e alle truffe dei bancari, conferma che dopo la dittatura fascista tra i responsabili della crisi vi sono le cupole del peronismo, radicalismo, cavallismo, Frepaso, centrosinistra ecc. Non vi è nessuna condizione favorevole per il popolo dentro l’attuale Stato, ancora una volta repressivo e succube degli americani del nord. Questo Stato e il governo socialdemocratico sono ripudiati dalle masse popolari per aver subito il potere del FMI, legislatori e giudici, banchieri, monopolisti, generali, impresari-sindacalisti, mezzi di  comunicazione asserviti, commissari ecc. Tutti costoro hanno distrutto le nostre ricchezze e le multinazionali hanno represso la nostra gente seguendo gli ordini degli imperialisti nordamericani ed europei e dei “polipi” locali come Perez Companc, Techint, Aluar, Arcor, Macri ecc. La scelta elettorale intende anestetizzare e sviare le masse popolari dalle sue manifestazioni di piazza combattive e politicizzate. Invitano ad un’esperienza unitaria dei soliti partiti per spartirsi offerte elettorali. La vittoria di un Menem, di un De la Sota o Reutemann o di Carriò non può che concretizzare la confisca finale di quel poco che ancora appartiene alla Nazione;
  5. la crisi è essenzialmente politica in un rapporto stretto con la sua base economica e sociale. E’ una conseguenza della corruzione e dell’incapacità dei vari governi, del ruolo e del peso del Fondo Monetario Internazionale, la rapina dei banchieri e la svalutazione e i drammi del pesos con responsabilità dei “polipi” monopolisti. Gli insaziabili cercano di trarre un vantaggio corrispondendo alle continue nuove esigenze dettate dal FMI e del Tesoro nordamericano;
  6. la crisi argentina è anche una crisi latinoamericana, visto il panorama offerto dall’Uruguay, Brasile e Paraguay. Anche in questi paesi si avverte fortemente la crisi politica, problemi bancari, confisca di “beni”, speculazioni cambiarie, molti drammi e repressione poliziesca.   Anche in questo si intravede chiaramente la mano dell’imperialismo USA interessato a far crollare il MERCOSUR e far avanzare il “piano” ALCA per l’annessione totale di tutto il continente. Non è casuale che il Cile sia rimasto relativamente ai margini di questa tormenta: Bush gli ha offerto una negoziazione bilaterale come “socio privilegiato” per averlo consenziente nell’imposizione dell’ALCA. Dagli Stati Uniti non ci si deve aspettare nessun aiuto poiché anch’essi sono interni alle dinamiche recessive, all’essere della disoccupazione, del deficit fiscale e della bilancia commerciale, al vivere di scandali finanziari e un fenomenale debito pubblico;
  7. la convulsa realtà argentina non troverà soluzioni attraverso le elezioni. E neppure in questa tornata elettorale pretestuosa. Neppure valorizzando una tavola di dialogo verso la Chiesa. Né aprendosi ad un’assemblea costituente… come chiede la sinistra parlamentare. Non esiste, quindi, una opportunità di cambiamento di potere politico a meno che non avanza una rivoluzione sociale nazionale, democratica e popolare. Le elezioni, cioè, saranno un’altra farsa elettorale.

Per questi motivi il Partito della Liberazione non parteciperà al conciliabolo del centrosinistra e della sinistra interna al sistema i cui dirigenti stanno trattando un percorso elettorale tra Sinistra Unita, la Corrente Patria Libera e altri naufraghi del Polo Sociale, il raggruppamento di Luis Zamora, il MIJD di raul Castells ecc. Dentro lo “spettro” parlamentare vediamo anche il Partito Operaio, perlomeno in questo momento, che si è mantenuto ai margini di questa convocazione elettorale. Il PCR anche lo ha rifiutato anche se rimane disponibile a valutare relazioni con il “fronte nazionale e popolare” che sta organizzando Rodriguez Saà. Altri partiti che si definiscono di sinistra sono orientati a partecipare alle elezioni convocate per un governo che precedentemente dichiari la fine della mattanza di piqueteros e popolazione. Il paese vive attraverso l’Argentinazo una vera situazione rivoluzionaria che esige, tuttavia, un elevamento della lotta per conquistare un governo popolare e antimperialista. Solo un raggruppamento delle diverse correnti rivoluzionarie potrà rendere pratico un obiettivo di questo tipo. Vi è necessità di un nuovo Argentinazo e dell’Unità Rivoluzionaria (UNIR). Si tratta di andare oltre la confusione elettoralistica per come si manifesta giacché oltre il 50% della popolazione ha già esplicitato che non voterà. Dinanzi alla crisi di potere bisogna intervenire con la proposta politica del potere popolare che si opponga totalmente alle offerte elettoralistiche e al golpismo oligarchico. Insieme con tale significativa proposta politica, senza mezze misure, dobbiamo realizzare vincoli più consistenti con le lotte dei lavoratori, disoccupati, giovani generazioni ecc. per il Pane, il Lavoro, la Terra, la Libertà e la Sovranità di un popolo. … Dobbiamo creare un Blocco Popolare Rivoluzionario. Dobbiamo farlo in uguaglianza e con rispetto reciproco, dobbiamo camminare uniti utilizzando ancora la bussola del marxismo-leninismo e l’esempio di Ernesto Che Guevara, uniti, cioè, a tutti coloro che si sentono parte di un progetto nazionale popolare e rivoluzionario, che lottano contro l’imperialismo e che sono amici della Cuba socialista, con i nostri giovani nel movimento dei piqueteros, con ogni indipendente di sinistra e militante in difesa dei diritti umani, con tutti coloro anche dentro la Chiesa che hanno raccolto la tradizione del vescovo Enrique Angelelli, con quei credenti che non vogliono dipendere dal capitalismo, con gli ex combattenti delle Malvinas ecc. Con tutti costoro dobbiamo forgiare la Unità Rivoluzionaria (UNIR) per presenti e future lotte; differenziandoci dalle cupole incastrate nelle elezioni. Questa è la proposta del Partito della Liberazione. Siamo aperti ad ogni critica, suggerimento ed iniziativa di compagni e organizzazioni… La lotta, la vita e sane discussioni saranno i parametri che ci mostreranno il giusto cammino per avanzare e che devono aggregare per un’azione comune contro il governo, i monopolisti, il Fondo Monetario Internazionale, i debiti esteri e la repressione. La situazione argentina ci chiede di essere uniti e di dimostrare il valore di tale unità nell’agire concreto. Dobbiamo, infine, precisare nuovi “Argentinazos” per ottenere un potere nuovo e la Unità Rivoluzionaria deve essere alla testa di queste lotte che non possono non essere di massa, ampie e di diversi.