ACQUA, PIANETA
E QUESTIONE DEMOGRAFICA
a cura di Salvatore Vampo

 

E’ un dato indiscutibile: la popolazione attuale del pianeta Terra è di 6,2 miliardi di uomini e donne. L’incremento della specie umana è sempre stato lento e tuttavia si è passati da un miliardo di persone stimate nel 1800 a 2,5 miliardi nel 1950 fino alle cifre attuali in tempi più stretti. Ovvero: un decremento progressivo della mortalità e quindi un incremento della speranza di vita (in particolare, naturalmente, nei paesi ricchi anche in virtù della povertà per altri) nonostante il tasso ridotto di natalità giustificano il dato odierno della popolazione umana nel mondo. Va, però, non ignorato che paesi quali la Nigeria, India, Pakistan, ad esempio, continuano ad avere un alto tasso di natalità. Calcoli approssimativi ma ragionati sulla base degli accadimenti nel presente fanno ritenere che attorno al 2050 l’umanità conterà circa 10 miliardi di vite. Non possiamo allora non riflettere sul nostro ecosistema, sulle risorse minerarie, sulle potenzialità delle produzione agricole (che si auspica non siano alimentazione avvelenata), sulle risorse idriche. Vi sono segnali allarmanti (oltre alle devastazioni proprie dell’economia di guerra o agli abusi in nome del profitto verso l’ambiente in generale) e inquietanti che rendono incerto il nostro futuro: in Cina, ad esempio, vi sono aree dove, in conseguenza di insediamenti umani per aziende agricole, il livello delle falde acquifere diminuisce al ritmo di 1,5 metri l’anno ma lo stesso sviluppo urbanistico in genere un po’ ovunque crea danni non minori pur tralasciando analisi sull’effetto-serra e sul clima. E’ non spiegabile, dunque, l’atteggiamento dei paesi maggiormente industrializzati nel non rispettare sia la conferenza di Rio su tali tematiche che le decisioni e gli intenti dell’incontro di Kyoto del 1997. E’ evidente che disastri irrefrenabili potrebbero seguire a politiche scellerate che porterebbero inevitabilmente all’aggravarsi di grandi drammi umani (dalla fame alle carestie), a controlli violenti e militari delle aree ricche di risorse da parte del più forte e a nuove forme di colonialismo.