NO WAR

ALLE RADICI DEL DISSENSO POPOLARE DALLA GUERRA
di Giulio Girardi

 

Fondamenti  ideologici della guerra mondiale in corso: alle radici del consenso popolare.

Questo articolo è stato scritto nelle settimane successive  all’11 settembre e riflette una reazione alla guerra dichiarata da Bush al terrorismo, che sembrò in quel momento godere di largo consenso. George Bush, la cui elezione  era stata considerata di dubbia validità, ottenne con il discorso di dichiarazione di guerra un consenso popolare nel paese superiore al 90%, oltre il consenso unanime bipartisan  tributatogli dal congresso. Egli poteva inoltre contare non solo sul consenso dei tradizionali  alleati occidentali, ma anche su quello  di antichi nemici politici, come la Russia e la Cina. Si spiega in quel contesto l’esigenza di capire le radici di tale consenso. Oggi, se affrontiamo il problema della guerra, non possiamo più partire solo dal crollo delle Torri Gemelle; siamo indotti ad assumere come detonatore della riflessione le manifestazioni  senza precedenti del 15 Febbraio 2003, nelle quali si è espresso su scala mondiale, in almeno 700 città, il  dissenso popolare alla guerra. Impossibile  calcolare con precisione  il numero dei manifestanti, ma la cifra avanzata da qualche giornalista di 110 milioni  non è inverosimile. Manifestanti la cui forza deriva anche dalla loro rappresentatività  nei confronti di tante altre persone, che non sono scese in piazza, ma si riconoscono nel punto di vista dei manifestanti. La forza di questa mobilitazione è stata riconosciuta brillantemente dal  New York Times,  che ha visto in essa la nascita della seconda  Superpotenza mondiale. Dicendo  che il centro della  nostra attenzione si è spostato dal consenso al dissenso popolare, non intendo sottovalutare il consenso persistente. Esso tuttavia non è più espressione del punto di vista di grandi masse,  ma di coloro che portano la responsabilità delle decisioni politiche e militari:governi, parlamenti, elettorati, ecc. Per essi la guerra è da tempo una decisione, nei confronti della quale sono impegnati ad allargare il consenso. Comunque, non è più evidente oggi che essi contino su un consenso maggioritario nei loro paesi. Di questi gruppi dominanti, in particolare degli Stati Uniti e dell’Italia, è importante conoscere le ragioni ufficiali e quelle reali  dell’ impegno bellico. E’ importante scoprire e denunciare le clamorose contraddizioni tra le motivazioni  reali e quelle ufficiali. E’ importante scoprire e denunciare il castello di menzogne su cui poggiano decisioni così gravide di significato, di sofferenze e di criminalità. Ora vi è uno stretto legame tra lo smascheramento del consenso alla guerra e l‘esplosione del dissenso popolare. Il dissenso infatti dalla guerra  nasce e cresce con la presa di coscienza dell’inconsistenza della sua giustificazione. Nasce e cresce soprattutto con la presa di coscienza del castello di menzogne che ha la pretesa di giustificarla. L’ipotesi  che vorrei sottoporre alla discussione è appunto questa. Il consenso alla guerra negli Stati Uniti e nei suoi alleati più fedeli, tra cui l’Italia, si fonda  su un sistema organico di menzogne; che però è possibile e urgente smantellare, delle quali è possibile ed urgente estendere la coscienza. Vorrei con la presente riflessione dare un contributo alla crescita di questa coscienza e al ripudio popolare della guerra associando  il ripudio della guerra al ripudio della menzogna;  associando nello stesso  tempo il consenso alla pace e scoperta della verità sulla guerra. Di fronte allo strapotere mediatico dell’impero, al suo immenso potere di defigurazione e di occultamento della verità,  è il momento di affermare che la scoperta della verità sulla guerra è possibile. Lo dimostra clamorosamente  il fatto che  questa scoperta è  all’origine della nuova Superpotenza nata dalla mobilitazioni popolari mondiali. Lo dimostrano anche i numerosissimi incontri in cui, come nel nostro, si esprime questa scoperta. E’ un castello di menzogne radicali, in primo luogo l’analisi dei fatti dell’11 settembre, in reazione ai quali il potere statunitense intende giustificare la guerra mondiale. Crediamo di sapere ciò che è veramente successo quel giorno fatale; ma non lo sappiamo e  forse non lo sapremo mai. E’ un castello di menzogne l’indignazione del potere americano  nei confronti di avvenimenti che esso aveva conosciuto in anticipo, che avrebbe potuto evitare ma non ha voluto evitare. Perché? E’ un castello di menzogne l’interpretazione che il potere americano  cerca di imporre  dell’odio di cui esso è oggetto, e che sarebbe dovuto, chissà perché, all’odio per la libertà e la democrazia di cui il suo popolo gode. E’ un castello di menzogne la costruzione del nuovo nemico principale dell’umanità, il terrorismo islamico, e del sistema degli stati-canaglia, che sarebbero il nuovo asse del male, dopo il crollo dell’impero sovietico. Non che dei  terroristi islamici non esistano, ma è ingiusto e menzognero erigere intorno ad una religione di un miliardo e duecento milioni di persone un’atmosfera di sospetto indiscriminato. E’ una clamorosa menzogna la pretesa che la guerra possa distruggere il terrorismo, mentre è evidente che essa provocherà una sua ulteriore esplosione e diffusione in tutto il mondo. E’ una clamorosa menzogna la pretesa che la guerra antiterrorista rappresenti una difesa  dei valori occidentali di libertà e democrazia,mentre essa non fa che sacrificare questi valori sull’altare della colonizzazione  e dominazione del mondo. E’ una clamorosa menzogna la pretesa che questa guerra abbia per obbiettivo la difesa dei nostri valori, quando sono evidentemente in gioco interessi economici e politici, primo fra tutti il controllo delle risorse petrolifere. E’ una menzogna l’affermazione secondo cui la guerra antiterrorista è una guerra difensive contro una minaccia incombente, dato che di questa minaccia non si riesce a fornire nessuna prova evidente. E’ una clamorosa menzogna la pretesa che la guerra porterà alla liberazione del popolo iracheno, mentre essa implicherà evidentemente un massacro della popolazione civile e dopo  la sconfitta di Saddam, l’instaurazione  di una dittatura militare statunitense. E’ una menzogna attribuita allo stesso Dio, la” teologia del destino manifesto” secondo cui la superiorità economica e militare del popolo americano è espressione di un piano provvidenziale che lo destina ad egemonizzare  il  mondo  e a difendere i suoi valori autentici. Menzogna, questa, di importanza fondamentale perché genera tutte le altre  menzogne intese a fondare e giustificare il dominio statunitense nel mondo. Una menzogna che alimenta l’orgoglio americano e che ispira  i suoi innumerevoli progetti espansionistici  e interventisti. Una menzogna che orienta l’educazione conquistatrice impartita al popolo, e spiega quindi il persistente consenso maggioritario ai progetti guerrafondai del  presidente; che spiega il  persistente accecamento del popolo sul carattere ingiusto e criminale di questa guerra.  Il sistema di menzogne sulla guerra è fiancheggiato, inoltre, da una  censura sistematica della verità. Nessuna ricerca ufficiale è consentita negli Stati Uniti su ciò che è realmente accaduto l’11 settembre, sulle ragioni per le quali un disastro prevedibile e previsto non è stato evitato. Sulle ragioni per le quali la reazione dell’aviazione militare non è scattata immediatamente dopo il  primo dirottamento, sulle ragioni per le quali il presidente, comandante in capo dell’esercito, che stava visitando una scolaresca, non è stato immediatamente avvertito ed allarmato su quanto accadeva. Nessuna ricerca ufficiale analizza gli anni di collaborazione tra Bin Laden e la CIA nella lotta contro l’Unione Sovietica; nessuna valorizza il contributo degli Stati Uniti all’armamento di Alkaeda e ne informa l’opinione pubblica nordamericana. Ma a questo proposito è inevitabile una domanda: perché prestare tanta attenzione a un colossale sistema di menzogne?  Per una ragione molto semplice.  Perché sono menzogne efficaci, che incidono sulla storia del mondo. Siamo di fronte a una  delle più clamorose  alleanze della storia tra il massimo della violenza e il massimo della menzogna; tra la violenza militare e la violenza intellettuale. L’efficacia sta nel fatto che essa è necessaria per rendere possibile  e giusta una guerra ingiusta  e criminale, conquistando una quota di consenso  senza il quale essa sarebbe impossibile. Il sistema di menzogne prodotte dal potere americano riesce a conquistare negli stessi Stati Uniti e nel mondo un certo consenso di massa, anche se oggi decrescente, perché quel potere esercita, oltre una violenza economica, politica e militare, anche una violenza intellettuale e morale, agendo, attraverso il suo potentissimo apparato ideologico e informativo, sulla coscienza e sull’inconscio collettivo. Questa violenza intellettuale e morale è in un certo senso più grave della violenza militare, perché penetra nell’intimo degli spiriti, investe le loro scelte di fondo, le loro ragioni di vivere e di morire. Ma come è possibile  che un sistema di menzogne riesca ad essere così paurosamente convincente  da trasformarsi nella verità storica? La risposta rimanda ad uno degli aspetti più gravi e più radicali della tragedia attuale: ed è che l’immensa maggioranza delle persone non pensa autonomamente, non pensa criticamente, non pensa  con la sua testa.  L’immensa maggioranza delle persone è stata formata e continua ad esserlo, alla dipendenza intellettuale e morale ed alla paura della libertà. Quanto dire che le persone vengono sistematicamente espropriate del loro bene fondamentale, del bene costitutivo della loro identità, che è la capacità di pensare e decidere autonomamente. E’ questa l’essenza della moderna schiavitù, che si subisce per lo più inconsciamente. Siamo giunti  così al cuore delle crisi e della tragedia attuale. Ma proprio questa presa di coscienza sconvolgente può diventare anche il detonatore di un processo di alternativa. Lo diventa nel momento in cui scopriamo che questa dipendenza intellettuale e morale di massa è un fatto tremendo, ma non è una fatalità. Perché essa è necessariamente accompagnata da  una ribellione e da  una rinascita intellettuale e morale: mi ribello, dunque sono. Diventa il detonatore nel momento in cui in tante parti del mondo scoppia la ribellione alla menzogna istituzionalizzata, com’è accaduto il 15 Febbraio (e poi tutte le altre dopo l’aggressione all’Iraq). Quelle manifestazioni non sono solo appelli alla pace, ma anche scoperte della verità sulla guerra. Lo diventano anche nel momento in cui, come sta accadendo in questo nostro incontro, comincia ad affermarsi, a diffondersi, ad imporsi in tante persone e gruppi l’autonomia intellettuale e morale; nel momento in cui  incomincia la rivincita della verità sulla menzogna. Abbiamo spesso ripetuto che non c’è pace  senza giustizia. Comprendiamo ora forse meglio che non c’è pace senza verità, senza smantellamento del sistema di menzogne sulla guerra..

E’ questa rivincita della verità che siamo chiamati a potenziare con  un immenso sforzo di educazione popolare liberatrice: uno sforzo che  si esprima nelle famiglie, nelle scuole, nelle chiese nei partiti nei sindacati, nei giornali e nelle riviste cui abbiamo accesso. Vogliamo contrapporre, in tutti gli angoli del mondo alla paura incombente  della guerra, la ricerca coraggiosa e demistificante della verità, la cui forza (il satyagraha gandhiano) costituisce il più autentico cammino  della non violenza e della pace. Questo smantellamento delle menzogne, questa rivincita della verità, questa insurrezione della coscienza contribuirà certamente a consolidare la nuova Superpotenza Popolare che sta emergendo, consentendole di contrapporsi con efficacia crescente alla superpotenza della guerra.