Quale sinistra  
di Letizia Magnani

Ho sempre pensato che il male storico dal quale era afflitta la mia epoca fosse la mancanza di un partito e la parcellizzazione. In effetti mi rendo conto, ora, che i problemi sono ben diversi. Questi due temi rimangono come costanti con le quali convivere. "Siamo soli" canta Vasco Rossi, leader spirituale e mito musicale per molti giovani, e "si stava meglio quando si stava peggio". Sono queste le frasi più frequenti che mi sento ripetere da ogni dove. Eppure io non credo che le cose stiano proprio così. Sì, a volte siamo effettivamente soli, perché non consideriamo mai la possibilità che altri la possono pensare come noi o, se non proprio come noi, che altri possano, almeno, avere idee e valori con noi condivisibili. Unione significa condivisione. Condivisione di idee e valori, in primis, e poi anche di esperienze, di vita. Condivisione di parole e di sogni, di mete e di obiettivi. Condivisione della vergogna di una sinistra che non esiste più e che non riesce ad opporsi ad una destra becera che urla e che violenta le libertà e i diritti. Libertà e diritti che sono sempre troppo giovani, pur essendo, alcuni, vecchi come la storia, per non essere deboli. Ma i valori umani, le libertà umane saranno sempre troppo deboli fino a che non ci metteremo in testa che anche ciò che ormai viene considerato come ovvio, come tradizione, in effetti è sempre in pericolo. Una destra che in ambito interno governo con lo stato di polizia e con la propaganda mediatica, che crea tanti sudditi eterodiretti e consumatori, e che sul piano esterno appoggia guerre inutili e sanguinose contro il buon senso e contro i civili, è una destra contro la quale occorre opporsi con forza. La politica, però, deve essere qualcosa di attivo e non di passivo, o, almeno, non solo. Occorre votare per qualcosa e non solo contro qualcosa. Altrimenti si finisce per non votare più, proprio come succede nella più avanzata democrazia occidentale, in America, dove i sudditi consumatori hanno smesso di votare, perché tanto non serve più. Dunque ben venga la resistenza, ben venga l’opposizione, ben venga la protesta, ben vengano le manifestazioni di piazza, ben vengano le bandiere rosse che ricominciano a sventolare in simbolo di protesta, ben venga la voglia di controinformazione, ben venga la rivoluzione, ma alla fine occorre fare politica per qualcosa. Non necessariamente per il potere. Perché io credo che politica e potere non siano due concetti correlabili, anche se le testimonianze della storia dicono il contrario. Il vero problema allora, non è tanto, o, almeno, non solo la mancanza del mezzo, del partito, bensì la mancanza del fine, il socialismo, o, meglio, lo stato sociale. Il punto di debolezza dei Social Forum è la mancanza di un fine univoco attorno al quale riunire tutte le forze, le idee e i sogni, attorno al quale riunire tutte le persone che puntualmente si ritrovano con la voglia di dialogare assieme e di costruire, assieme, un mondo migliore nel quale vivere. Un mondo diverso deve essere possibile. Su questo io non ho dubbi. Perché non credo che un mondo inquinato e governato dalle destre sia l’optimo paretiano. Non credo che violenza e imposizioni fisiche e morali siano il bene nel quale credo con tutta me stessa. Non credo che il dio consumismo possa avere ancora lunga vita. Credo che esista altro. Il benessere non è rappresentato solo dai beni materiali. Non solo dal personal computer in stanza da letto, dalla tv sempre accesa in una qualsiasi stanza della casa, dal cellulare all’ultima moda , dalla macchina nuova e dalla vacanza di natale prenotata un anno prima nel villaggio turistico uguale a qualunque altro villaggio turistico in giro per il mondo. Credo che esista anche la vita, con le sue sbavature e i suoi nei, con le sue debolezze, le sue perversioni, e le sue magnifiche e grandiose piccole gioie quotidiane. Vedo che il mondo si sta risvegliando pian piano. Se ci accorgeremo tutti quanti che esiste la possibilità di riprendere le redini del gioco e che è possibile fare realmente qualcosa della propria vita e della vita altrui, allora, forse avremo vinto la partita con la storia. Diversamente continueremo ad ubbidire e a non capire la differenza che c’è fra un serial televisivo e un bambino di cinque anni che salta su una mina antiuomo costruita vicino a casa nostra. Non so quale sinistra possa uscire dalla situazione magmatica attuale. La ragione è pessimista, ma la volontà rimane ottimista e tesa verso la socialità e la voglia di costruire assieme agli altri qualcosa di magnifico e di grandioso. Un luogo dove prevalga la voglia di essere insieme, e di dialogo, un luogo dove prevalgano le libertà di ognuno e le condizioni minimali per vivere assieme con coerenza e armonia. Forse uso parole che risultano stonate, ma è solo perché l'unica parola che vorrei usare è spesso abusa e, a volte, perfino corrotta. Quale sinistra verrà fuori dal lavoro materiale e culturale che tutti noi sapremo, ognuno col suo piccolo apporto, tirare fuori e costruire giorno dopo giorno? Di certo dovrà essere una sinistra capace di parlare il linguaggio del comunismo senza troppe mediazioni. Dovrà essere una sinistra radicale, che crede in valori e idee inalienabili e che non si lasci piegare da un riformismo che ne mina la fondamenta e i contorni. I temi di cui dibattere non mancano, dalla politica nazionale al palcoscenico internazionale, dalle nuove tecnologie, ai problemi ambientali, dalle eterne questioni sociali, alla nascita di un nuovo partito nel quale possano confluire tutti coloro che credono nel comunismo. Ci sono sempre due tendenze che si accendono e che ci seducono dall’interno e poi anche dall’esterno e sono il nichilismo e il dogmatismo. Con ognuna di queste due tendenze dobbiamo fare quotidianamente i conti, oscillando fra la cieca convinzione in un dogma o in una religione, cattolica o laica che essa sia, o nell’altrettanto cieca convinzione che alla fine il nulla seppellirà tutte le nostre belle parole e tutte le idee. E se nel breve periodo è il pessimo a prevalere, nel lungo periodo non può che vincere il pensiero positivo. A questo punto mi piacerebbe poter parlare liberamente di una terza strada, la strada del socialismo, che è un’opzione possibile e percorribile fra il rischio del vuoto e il rischio della religione, una strada che va a vantaggio di tutti e che indica una direzione positiva e di bene comune. Una strada che coincide con la socialità e la pace, con la democrazia (quella vera) e la libertà. Proverei a parlare a questo punto del marxismo come di un'ancora di salvezza, se non proprio come di un fine (ma forse essendo la teoria prassi si tratta in effetti di un mezzo) e, parafrasando Lukacs, direi che esso non è solo un "abbellimento", ma anzi è una "ontologia storica", una nuova etica sociale, una tendenza planetaria, internazionale, umana.