Il numero di febbraio de L’Indice dei libri del mese
(anno XIX, nr.2) è come al solito ricco e articolato, nonché è possibile
ritrovare recensioni attente e approfondite, come altre liquidatorie e piene di
pregiudizi; d’altra parte, è un mensile che deve raccogliere un numero
adeguato di lettori e la scelta editoriale è a monte e non a valle: sono le non
segnalazioni, le non recensioni che denotano le scelte redazionali. Fabio
Bettanin (docente di storia dell’Europa Orientale) si occupa di tre testi
sulla storia dell’Unione Sovietica:
- R.Service,
Lenin, Mondadori 2001, € 19,63// A.Salomoni, Il pane quotidiano-Ideologia e
congiuntura nella Russia sovietica (1917-1921), Il Mulino, 2001,€20,66 //
A.Guerra, URSS. Perché è crollata-Analisi sulla fine di un Impero, Editori
Riuniti,2001, €18,08
che sono accomunati in maniera evidente da uno spirito
che potremmo definire semplicemente antileninista; ma che è molto di più: ad
esempio, è antistorico. Il recensore si lamenta che nell’attuale Russia
decomunistizzata non si conosca “l’ethos capitalista”; e che cos’è?
“Il Lenin di Service è figura detestabile sul piano umano” (ma no..),
“teorico di solide letture ma scarsa originalità” (invece Service quanto è
originale!), sebbene, bontà sua!, bisogna alfine riconoscere il ruolo “di
padre fondatore dell’URSS e del movimento comunista internazionale.”
Se Lenin non ne esce bene, Gorbacev non ne esce meglio:
“il Gorbacev descritto da Guerra non è l’araldo del XXI secolo, quanto
piuttosto l’ultimo epigono degli sestdesjatniki, i riformatori delusi degli
anni di Chruscev.” Per la borghesia, Chruscev e Gorbacev erano dei
riformatori: chi sono i riformatori, pur delusi, dei riformatori?
Sullo stesso numero de L’Indice, Cristian Pecchenino
(non un accademico, e si vede…positivamente, laureando in storia
contemporanea) si occupa, con avvertita sensibilità, di alcune pubblicazioni
del dopo-Genova, dal pamphlet di Giulietto Chiesa [G8/Genova (Einaudi,
2001,€7,23)] a quello di Christophe Aguiton, di “Attac France” [Il mondo ci appartiene (Feltrinelli,
2001, €11,889], fino al tema della cosiddetta governance, l’utopia
liberal-democratica di poter “gestire” e “indirizzare” il processo della
globalizzazione neocapitalista e imperialista [“per un quadro generale: David
Held, Anthony McGrew, Globalismo e antiglobalismo (Il Mulino, 2001, €8,26)-
agile sintesi del dibattito in corso nelle scienze sociali”]. Pecchenino
onestamente conclude: “La brutalità con cui a Genova lo stato italiano –
svuotato di attributi sociali, ma nel pieno di funzioni repressive che sempre più
la ‘guerra duratura’ affinerà – ha scelto di rispondere alle istanze di
cambiamento globale delle società civili del pianeta testimonia tuttavia di
quanto il percorso verso il ‘mondo diverso’ promesso come ‘possibile’
dai movimenti si annunci, malgrado i loro successi, lungo e costoso”.
A proposito di Genova e dintorni, che ne è dei
‘famigerati’ black-block? Su di essi si riversarono fiumi di parole, di
condanne, di analisi sociologiche. Liberazione del 14 febbraio u.s. se ne occupa
con una recensione a firma Guido Caldiron del testo edito da DeriveApprodi (casa
editrice del nume Bifo) Io sono un black bloc (€9,30): “Noi siamo il nome di
un mondo senza nome. Siamo la forma di ciò che forma non ha. Siamo la plebe.
Siamo il residuo preindividuale che sta dentro ciascuno di voi. Siamo la rabbia,
siamo anche la vostra rabbia. Siamo ciò che distrugge la merce. Siamo quello
che volete che siamo. Siamo ciò che identità non ha e, dunque, non cercatela
in questo libro”. Forse, bisogna davvero cercarla altrove.
SCHEDE
AFGHANISTAN IERI E OGGI
1978-2001: cronaca di una rivoluzione e di una
controrivoluzione
La Città del Sole-Napoli, 2002
Dal risvolto di copertina: “La sintetica ricostruzione della storia recente
dell’Afghanistan, non casualmente rimossa. Una esposizione rapida, nervosa,
appassionata di un militante, corredata di documenti e di dati, di fatti e cifre
inconfutabili, mai pubblicati in Italia, che testimoniano gli eroismi e le
sofferenze di un popolo, ma anche le responsabilità internazionali. A questa
ricostruzione circostanziata non sfuggono – è ovvio – l’Occidente e i
suoi attuali alleati, l’Alleanza del Nord. Il tutto completato da una serie di
fotografie… ‘ad memoriam’”.
“Non ce l’hanno fatta. Ha vinto la guerra, il
ritorno all’ignoranza, la violenza, il fanatismo, la morte come valore
simbolico. Vinsero gli amici dell’occidente, donne e bambini in primis
tornarono all’inferno medievale, furono distrutti scuole, biblioteche, teatri,
cinema, asili d’infanzia, università… Le lancette dell’orologio tornarono
indietro”. (dalla prefazione dell’autore)
IL MONDO
DOPO MANHATTAN
I comunisti di fronte alla
guerra
Atti del convegno, Napoli 20-21 ottobre 2001
A cura di Sergio Manes
La Citta' del Sole-Napoli 2002
Euro 9.50
Indice:
Presentazione
Sergio Manes: Unirsi sulla base del
leninismo
E con interventi di:
Raffaele Picarelli,
Sergio Cararo, Raffaella Coletti, Salvatore d'Albergo, Andrea Catone, Gianfranco
Pala, Osvaldo Coggiola, Andrea Martocchia, Stefano Azzara', Orietta Lunghi,
Claudio Moffa, Domenico Losurdo, Giuseppe Amata, Massimiliano Desiante,
Ferdinando Dubla, Carla Francone, Giovanni Fresu, Stefano Garroni (intervento),
Alexander Hoebel, Fausto Sorini, Fulvio Grimaldi, Angelo Ruggeri.
dall’intervento di Sergio Manes:
“L’11 settembre ha fornito l’occasione ideale all’imperialismo
americano per inaugurare il nuovo corso della propria violenza aggressiva (..)
Non è più la guerra ad essere la prosecuzione della politica con altri mezzi:
è la politica a configurarsi ora come guerra con altri mezzi. (..) Conoscere i
meccanismi della crisi del capitalismo in questa fase della storia, individuare
una strategia e un percorso capaci di unire e di condurre allo scontro, da
protagoniste, le immense masse sfruttate e oppresse, è e resta il compito di
chiunque si dica comunista. (..)
Se l’obiettivo non è soltanto quello di discutere, è probabilmente più
utile – per esempio – confrontarsi e lavorare insieme con compagni che si
riferiscono dialetticamente a Lenin per capire e per operare, piuttosto che
scontrarsi – preliminarmente e pregiudizialmente – sull’attualità di
Lenin. (..) Questo convegno è, quindi, un incontro di lavoro tra compagni che
si riconoscono in una comune matrice culturale e che da tempo sono impegnati
concretamente in un’attività di carattere scientifico o politico. (..)
L’obiettivo di unire i comunisti resta centrale: ma è indispensabile
rinnovare gli sforzi in questa direzione e, certamente, con approcci diversi. E
soltanto il comune patrimonio di teoria e sforzi congiunti per farne lo
strumento adeguato di trasformazione della realtà, possono essere il terreno di
confronto e avanzamento non effimero e contraddittorio.
La strada è ancora molto lunga e tortuosa, ma bisogna pur proseguire nel cammino.”