Coloro
che difendono la democrazia
costituzionale in questo Paese sono
giustamente indignati e preoccupati per le sorti della RAI, azienda degradata e
penalizzata, ma non ancora
omologata al potere propagandistico, commerciale e personale di un solo
individuo: l’attuale presidente del Consiglio,
monopolista della TV italiana , padrone o azionista in settori editoriali
e telecomunicativi di vecchia e nuova tecnologia. Questo esito umiliante,
illegale e pericoloso, è
imputabile a logiche e responsabilità collocate anche nel centro-sinistra: esse
devono essere individuate, spiegate e rimosse, senza altre ambiguità.
Serve
oggi uno scatto di vera autocritica, di civiltà,
di legalità costituzionale, di qualità e di approccio altro -
strutturale e strategico - ai
problemi radiotelevisivi, informativi e comunicativi.
Per questo abbiamo lottato e lavorato
in questi decenni, trovando il consenso di lavoratori e cittadini, ma non delle
Istituzioni, dei partiti, dei vertici RAI,
perché?
Ribadiamo
tutta la validità del nostro impianto propositivo, in particolare per la
vicenda RAI.
Siamo
in sintonia con il protocollo di Amsterdam sulla “radiodiffusione pubblica”
(trattato UE), ma anche con le istanze di “democrazia della comunicazione”,
ribadite ancora a Porto Alegre2.
Il
rinnovo qualificato del CdA. - RAI - come da sempre - è solo uno dei problemi
da risolvere.
Ecco,
in estrema sintesi, le nostre
proposte (www.romacivica.net/forumdac):
1.
Definizione del ruolo e della missione della RAI - servizio pubblico nazionale
radiotelevisivo e telematico - sulla base di
una “Carta dei diritti comunicativi (attivi e passivi) dei popoli,
dei cittadini-utenti e dei
lavoratori della comunicazione “ (giornalisti e non);
2.
Statuto di AUTONOMIA espressiva e
gestionale della RAI che la tuteli dalle ingerenze indebite
dei poteri forti: come multinazionali, governi, confindustria, Vaticano,
ecc.
Quindi
norme antilottizzatorie, spazio ai pluralismi ed alla dialettica sociale e
politica (diritto a comunicare)
standard di qualità dei programmi e dei servizi, tutela di tutte le
professionalità ideative e produttive, trasparenza gestionale e risorse certe,
ancorate solo ai compiti assegnati.
3.
Unitarietà delle strutture RAI, con
articolazione funzionale e
multimediale dell’offerta, dei modelli ideativo-produttivi,
della organizzazione del lavoro e delle professionalità.
No
alla cessione degli impianti di trasmissione – risorsa strategica e decisiva di ogni
Ente di radiodiffusione- che produce, non programmi o servizi, ma solo programmi
e servizi radiodiffusi.
No
alla cessione, privatizzazione e mercificazione
di palinsesti ed utenti RAI
(RAI1 e RAI2).
Le
infrastrutture di trasmissione devono essere di proprietà pubblica e
collettiva, altrimenti viene vanificata
ogni possibile competizione tra gestori
privati in concorrenza.
3.
Offerta RAI decentrata ed organizzata per
aree tematiche multidisciplinari e multimediali organiche, con una
valutazione “a posteriori” della qualità dei programmi, assegnata a
strutture qualificate ed ai cittadini-utenti, mediante una radicale riforma
dell’Auditel (tutto e solo
commerciale).
4.
Rilancio della conflittualità e della
democrazia sindacale in RAI, diritti offuscati da una lunga pratica
consociativa, subalterna, lottizzatoria e burocratica, accettata o praticata con
gravi danni al tessuto produttivo, professionale e contrattuale
dell’azienda. Questi danni “interni” si sono
proiettati sui
cittadini-utenti con prodotti
omologati in basso, scadenti e discutibili. Di qui la perdita di centralità
politica e di credito della RAI, che tuttavia mantiene ancora
il primato dell’ascolto e degli investimenti produttivi.
5.
Riforma del CdA e delle strutture
dirigenziali RAI in modo da assicurare in esse valori ed
esigenze dell’opposizione sociale e dei lavoratori della comunicazione,
ma anche competenze adeguate : per
esempio in materia di tecnologie, di economia e di ricerca cognitiva
ed industriale .