SOCIAL
FORUM
di
Fabio Massimo Vernillo
Il 19 febbraio c’è stata a Roma una grande
manifestazione nazionale contro il razzismo. Nello stesso giorno e quello
precedente si è svolta anche l’assemblea nazionale dei Social Forum. Prima
c’era stata Firenze e in marzo ci sarà Bologna. In mezzo Porto Alegre con
tutti i suoi limiti, le poche idee espresse, programmi limitati, esclusioni
incredibili (da Fidel alle vittime della dittatura argentina, dalle Farc ai
fronti di liberazione) e proposte morali lontane dalle realtà e dal cinismo
della guerra imperialista e dell’oppressione capitalistica. Siamo con ogni
movimento ma siamo anche per la non genericità dello stesso e contro settarismi
e chiusure difficilmente condivisibili visto che alcuni guerrafondai di
“sinistra” a Porto Alegre c’erano e parlavano e proponevano. Non ci
servono polemiche ma l’onestà intellettuale e morale deve appartenerci. La
politica, secondo me, ha sempre due tempi: il tempo della riflessione e del
confronto e delle proposte e quello della lotta per dimostrare la validità del
dire. E quanto abbiamo sentito e visto invita ad una critica costruttiva che
riguarda il “livello di politicizzazione” del movimento che, per quanto
meraviglioso, appare spontaneo e ingabbiato da un vecchio riformismo neppure
sufficiente per inserire elementi di socialismo nelle società. E intanto una
domanda è obbligatoria: come mai la “intelligenza di sinistra” (per gli
avversari di sempre è normale), i suoi giornali, i suoi portavoce, hanno fatto
cadere nell’oscurità incontri altrettanto importanti come il Foro di San
Paolo, gli appuntamenti contro l’Alca svoltisi a La Habana, il convegno
internazionale di Bruxelles organizzato da comunisti e partiti del lavoro
europei, l’assemblea internazionale di Buenos Aires dei vari comitati
bolivariani ecc. ecc.? E nulla leggeremo dell’incontro di Valencia del
prossimo aprile delle realtà della sinistra rivoluzionaria, critica ed
antagonista del Mediterraneo mentre sembra che tutti siamo in attesa di quello
che fa il padrone per inseguirlo e protestare ed elemosinare concessioni quasi
ammettendo che il capitalismo può essere più umano e riformabile. Ritornando
all’assemblea nazionale di gennaio: i gruppi di discussione (pace e guerra,
migranti, Fao e Wto, finanziarie sociali, economia e lavoro, saperi ed
informazione) ai quali abbiamo partecipato erano indubbiamente interessanti ma
era difficile avanzare proposte per iniziative contro ogni ipocrisia o un
pressappochista ribellismo. Il 19 erano in piazza con noi contro il Decreto
Bossi-Fini centrosinistra e PRC e allora perché intanto non si realizzano nei
comuni dove governano urgenze che si chiedono a leghisti e fascisti?
Finanziamenti per case-alloggio, chiusura dei Centri di Detenzione Temporanea,
consulte con i migranti, associazioni e cooperative miste per l’avvio ai
lavori, contributi dalla cultura per serate multietniche, concessioni di spazi
per il tempo libero e possibilità di attività in ogni settore ecc. ecc. Perché
non si è posto all’ordine del giorno, da noi proposto ed ignorato, un
referendum per nuove leggi elettorali che garantiscono trasparenza e
partecipazione popolare, contro il monopolio dell’informazione, per la legalità
calpestata? Perché non si è inserita la discussione, da noi sollecitata, di
una battaglia concreta per le 35 ore a parità di salario e un documento sul
reddito sociale nelle condizioni di disoccupazione e una carta per la difesa
internazionalizzata dei salari e contro i paradisi fiscali? E i documenti, da
noi preparati, su nuove fonti di energia, cooperazione tra i popoli, disarmo
generalizzato e incriminazione degli USA per i genocidi da embargo e da
aggressione nazista e la solidarietà verso i Paesi socialisti e i Fronti di
Liberazione perché sono caduti nel vuoto? Ma, forse, il problema era che le
proposte, come nel mio caso, nel gruppo migranti, per quanto criticamente
impegnati anche riguardo la propria storia, arrivavano da alcuni comunisti…
Contrastare l’attuale organizzazione delle disuguaglianze, combattere il
dramma delle favelas e del Bronx, il vigliacco sfruttamento di milioni di
bambini, la mancanza di cure, guerre e devastazioni ambientali, manipolazioni
incontrollate di alimenti e la stessa oppressione di classe richiede qualcosa in
più rispetto quanto a Roma e a Porto Alegre si è concluso e non può
allontanarci dal bisogno di una mutazione radicale dello stato di cose presente
che noi ancora chiamiamo socialismo per quanto lo pensiamo inedito e dei popoli
e nell’affermare queste cose vogliamo continuare a lottare contro il bloqueo a
Cuba, contro l’arroganza del potere in Argentina o in Cile e in gran parte
dell’America Latina, dalla parte di Ocalan ancora in carcere
insieme a tanti e tante altre nella Turchia Occidentale e per il popolo
palestinese e quello di Colombia e gli indios in Chiapas ed ovunque, per la pace
e la riunificazione delle Coree, contro la pena di morte ecc. ecc.. E dobbiamo
farlo oltre le mode e un internazionalismo alla Benedetto Croce e dobbiamo farlo
ricordandoci che non veniamo dal Paese Felice con idea di aiutare i più
sfortunati ma da una penisola governata a destra, che uccide a Genova e reprime
ogni contestazione, che promulga leggi dalla parte di corrotti e corruttori, che
privatizza selvaggiamente, che lede “cose” essenziali quali l’istruzione,
la sanità, la libera informazione e che nega ogni diritto e ogni precedente
conquista del popolo degli uomini e delle donne corrispondendo all’Europa di
Maastricht e all’egemonia del fondamentalismo di mercato. Ci auguriamo,
davvero, che nei prossimi incontri sapremo precisare
meglio l’essere combattenti oggi e per che cosa lottiamo con il
desiderio di capire noi stessi (e far capire agli altri) cos’è questo nuovo
mondo che sogniamo.