NEL CONTINENTE DI PORTO ALEGRE LA LIBERTA’ DI STAMPA E’ MINACCIATA
APPELLO SOTTOSCRITTO dall’architetto OSCAR NEMEYER, capo redattore ALUISIO BEVILAQUA, ANTONO DUARTE antropologo, avvocato ELIO BOLSANELLO, JOSE’ VERRES DOMINGUES Procuratore della Repubblica e tanti e tante ancora.
Il Partito Comunista Marxista Leninista del Brasile denuncia il grave attentato che sta subendo e invita alla solidarietà internazionale. Il governo dello Stato di Rio de Janeiro, con al potere Anthony Garotinho, candidatura a Presidente delle Repubblica, si è attivato per togliere i locali dove lavora il settimanale comunista Inverta e sede per la edizione portoghese del Granma Internacional di Cuba. Il giornale Inverta è da sempre uno strumento internazionalista coraggioso di denuncia dei crimini dell’imperialismo nel mondo, ha dedicato molte sue pagine per far comprendere le vere ragioni del Plan Colombia, la guerra in Afghanistan, il ruolo degli USA verso pratiche genocide a partire da quelle contro il popolo di Palestina e altre gravi azioni. In Brasile, Anthony Garotinho si è sempre dichiarato un fedele assertore della politica imperialista ed è un protagonista speciale della violenza poliziesca nelle favelas di Rio de Janeiro. In questo momento, in piena crisi generale del capitalismo e della sua economia, si sono intensificate le aggressioni bellicistiche in Afghanistan e in Palestina e, al tempo stesso, gravi attentati contro ogni forza democratica e rivoluzionaria ovunque e in America Latina: in particolare nel Cile dove il Partito Comunista ha visto interventi repressivi nelle sue sedi e la loro violazione, in Brasile, dove vari esponenti di sinistra sono stati assassinati o sono stati vittime di attentati, recentemente è stato colpito a morte il prefetto di Santo Andrè a San Paolo e sistematicamente rappresentanti dei Sem Terra. (tralasciando altri numerosi esempi). L’internazionalismo proletario, patrimonio comune d’ogni rivoluzionario in qualsiasi parte del mondo, insieme alla lotta contro il capitalismo ha trovato in Inverta riflessioni e spazio fino a vederci protagonisti della traduzione, stampa e diffusione del Granma Internacional o della verità sulle lotte delle FARC-EP. La nostra puntuale denuncia del Plan Colombia, un piano di guerra imperialista sostenuto dagli USA contro il popolo colombiano e che intende allargarsi a tutta l’America Latina spinge gli avversari di classe a soffocare ogni voce dalla parte della verità. Una violenza si vuole praticare verso il settimanale comunista Inverta che ha appena celebrato i suoi dieci anni di vita con la solidarietà di tante organizzazioni internazionali. Il nostro, va precisato, non è un caso isolato. Nel momento in cui i popoli del mondo si organizzano contro il neoliberismo la violenza reazionaria diventa più cruenta. Ma come dicemmo davanti al fascismo ripetiamo: non passeranno! Inverta non sarà chiusa. La sua sede va difesa e con essa la libertà di stampa.
Inviate la vostra solidarietà a Jornal Inverta http://www.inverta.com.br
Inviate la vostra protesta a vicegove@vicegove.rj.gov.br; Governadorrj@gab.governador.rj.gov.br; sare@sare.rj.gov.br; psb@hexanet.com.br; fs@abi.org.br; diretoria@abi.org.br; fenaj@fenaj.org.br
Scrivendo:
Ex.mo, Ex.ma, Il.mo, Ilma
Diante da amaca de despejo do Jornal Inverta de sua sede, localizada na Rua Rgente Feijo, n°49 – 2° andar – Centro/RJ, por forca de medida liminar concedila pela Juiza Maria Paula Gouyea Gal hardo, da 3° vara da Fazenda Publica do Rio de Janeiro, venho manifestar meu veemente protesto a este ato contra a Libertade de Imprensa e ao Estrado de Direito, esperando de Vossas Senhorias, gestoes no sentido da revogacao da liminar de Reintegracao de posse, pois sua implementacao causarà lesào grave e de dificil reparacào; e a manutencào do Contrato de Cesso de Uso firmado entre a Cooperativa INVERTA e o Governo do Estrado de Rio de Janeiro, em vigor atè dezembro de 2004.
Atenciosamente
FORUM SOCIALE MONDIALE: PRE-ANALISI
di Anselmo Schwertner (Movimento dei Senza Casa del Brasile) e collettivo dei militanti del MNLM di Foz do Iguacu.
Partecipare al secondo Forum Sociale Mondiale a Porto
Alegre ha rappresentato per il nostro Movimento (MNLM) un’esperienza
interessante. Un Forum Sociale Mondiale non è un incontro internazionale della
sinistra impegnata nella trasformazione rivoluzionaria della struttura
capitalistica verso una società socialista. No. E sarebbe bene che per ora non
sia così. Sono tante le divisioni e i punti di vista strategici della sinistra
nel mondo che sarebbe, appunto, quasi impossibile trovare concreti punti di unità
e di accordo. E allora Dio voglia che continuino i Forum Sociali in questo modo.
In questa grande insalata mista è possibile avere contatti e interscambiare
esperienze di lotta a livello internazionale e solamente iniziative come quella
di Porto Alegre possono garantire che questo accada. I più intellettualizati
della sinistra e coloro che dai laboratori dell’Università e senza alzare gli
occhi dai libri scalciano contro l’ufficialità del Forum ecc. sono incapaci
di comprendere il grande fiume che corre verso il basso e che avanza diramandosi
in tanti e diversi affluenti che sono l’esperienza e le lotte della
base, il punto di vista dei poveri, delle vittime di un sistema che si è
incarnato dentro le nostre vite da più di cinquecento anni. Questi
intellettualoidi da noleggio, sempre funzionali al sistema, camminano uniti a
coloro che sono venuti al Foro più per fare shopping e acquistare prodotti
artigiani durante il fine settimana che altro. Solo coloro che realizzano una
pratica rivoluzionaria al servizio delle vittime di un sistema capitalistico
escludente operano per un reale progetto di liberazione, solo quelli che cercano
la verità sanno utilizzare le occasioni che si mettono a disposizione.
Certamente non possiamo non lamentarci quando un progetto non è ben definito e
politicamente essenziale per osare di più, insieme alla gran massa di giovani
(decine di migliaia) che sono convenute a Porto Alegre e che probabilmente non
cercavano solo la festa, per quanto colorita, né derive socialdemocratiche ma
il sogno era un accampamento con discussioni politiche permanenti sulla realtà
e il valutare un piano per azioni concrete: no, dunque, un pic-nic di fine
settimana con molta “marijuana, sex e rock and roll”. Questo è in parte
quanto è avvenuto: pazienza: non è l’ultimo Forum. Tuttavia
l’articolazione delle lotte reali e gli spazi di definizioni alternative
devono iniziare a vivere in un prossimo Forum più articolato anche perché le
vere lotte dei popoli diventano via-via più chiare, s’intrecciano e si
conoscono. Porto Alegre: è uno spazio privilegiato parallelo per incontri e
l’affermazione di organizzazioni autenticamente di sinistra. Siamo tutti
nuovamente invitati ad essere presenti il prossimo anno.
LIBERAZIONE IN ARGENTINA
IL PIANO DI DUHALDE
(riceviamo dal Comitato Centrale del Partito della Liberazione di Argentina con il quale abbiamo avviato rapporti d’interscambio questo breve documento approfondito nel sito dell’organizzazione www.pl.org.ar mentre intensi sono i rapporti con Refundacion Comunista, Revolucionbolivariana e Nuestramerica con riferimento alle lotte dei barrios e cercando di comprendere oltre alla rivolta del ceto medio e dei cacelorazos i contenuti più profondi di una resistenza per cambiare che viene da lontano e in passato soffocata da una delle più atroci dittature fasciste della storia che ha visto oltre trentamila desaparecidos barbaramente assassinati)
Il piano economico di Eduardo Duhalde e Jorge Remes Lenicov ha l’avallo brutale e condizionante di un gruppo di monopoli nazionali e stranieri. Nelle banche argentine il dollaro ha duplicato il suo valore rispetto al peso mentre la “pesificacion total” dei debiti bancari in dollari ha dimezzato il debito dei gruppi monopolistici. Quindi le piovre che dovevano pagare in dollari alle banche adesso devono pagare la metà. E chi ci rimetterà in questa operazione? Lo Stato coprirà con un buono di 15 mila milioni di dollari (30 mila milioni di pesos) il disavanzo ingrossando il debito pubblico e naturalmente il costo ricadrà, come sempre, sopra le spalle del popolo lavoratore. La svalutazione del peso, e il potere del dollaro, hanno aumentato i profitti di tutti i gruppi più forti che lavorano di concerto che commerciano in dollari (gli esportatori) o che tengono depositi in dollari nelle banche estere e specialmente nei paradisi fiscali. Questi signori hanno ora il doppio del potere d’acquisto o del potere d’acquisto in peso. C’è da tener presente che inizialmente il governo valorizzò il dollaro a 1,40 anziché 1 a 1 e sotto la pressione del Fondo Monetario Internazionale e del Tesoro americano ha portato in questo mese 1 dollaro a 2,10. I gruppi monopolistici truffano così il fisco pagando i loro debiti bancari, imposizioni fiscali e previdenziali, con titoli del debito argentino che svalutano a 40 una quota del valore di 100 e che lo stato controlla come parte di pagamento della sua svalutazione nominale di 100. La differenza se la prendono i monopoli. Lo stato dirà, in malora e svuotato, alle masse affamate e disoccupate che rappresentano circa 15 milioni di argentini che non tiene oltre i 1.200 milioni di pesos (600 milioni di dollari) fino al 2002 avanzato per tutte le necessità che riguardano i programmi sociali. Come se non bastasse, i gruppi monopolistici si indebitano in dollari verso l’estero emettendo Obbligazioni Negoziabili delle quali 6 mila milioni di dollari scadranno sempre nel 2002. Gli stessi, poi, reclamano che lo stato li copra con un sicuro cambio del Banco Centrale vendendo i dollari a 1 peso il che implica un sussidio milionario per i padroni di queste grandi imprese. Un esempio pratico di questi giochi è fornito dal gruppo Macrì, padrone della Posta Argentina, Socma (Società Macrì) e società di costruzioni e concessionarie del pedaggio SIDECO (autostrade). Queste holding devono alle banche 472 milioni di dollari che grazie alla “pesificacion” si sono ridotti alla metà. Per altro verso hanno pagato il fisco con titoli svalutati e hanno portato i libri in tribunale affinché la riunione di creditori della Posta Argentina gli faccia sconti, non pagando il canone annuale dovuto allo stato per la concessione che le aveva già premiate con la privatizzazione. Per altro lato negli anni 90 Macrì vendette imprese per 550 milioni di dollari tra cui la Sevel (automotori) e canale (alimenti), ecc. La maggior parte di questo denaro è stato inviato all’estero, in parte investito in imprese del Brasile e in parte è stato depositato presso le banche sempre all’estero. Questo ha permesso che invece di 550 milioni di dollari ora ha il doppio e la possibilità di un grande potere d’acquisto in pesos. Questo comprova che il governo favorisce queste forme concentrate per la grande borghesia industriale che approfittano della crisi per liquidare le loro passività sacrificando le speranze di un popolo intero e costringendolo ad ogni sacrificio. Il presidente giustifica e si giustifica al medesimo tempo affermando che senza imprese non c’è lavoro. In realtà è il contrario: senza lo sfruttamento del lavoro salariato non c’è capitale. Queste imprese hanno ridotto le loro maestranze di operai in forma scandalosa, inclusa l’azienda Texlona di proprietà del ministro della Produzione Mendiguren che si trova nella regione di San Luis che ha licenziato oltre 260 operai. La proposta del Partito della Liberazione è: via il governo Duhalde; no alla “pesificacion”, svalutazione e dollarizzazione; immediato aumento salariale e pensionistico e creazione di posti di lavoro veri sulla base del non pagamento del debito estero; rottura con il Fondo Monetario Internazionale e il ministero del Tesoro USA; nazionalizzazione delle Banca e del Commercio Estero; aumenti nella finanziaria per la sanità e l’istruzione: urgente restituzione del denaro per i piccoli e medi risparmiatori; sostegno alla protesta sociale e ai cacelorazos, le lotte e i blocchi stradali per una nuova Argentina insorgente verso un governo popolare.
Proviamo a
ragionare.
Porto Alegre ha dato una serie di segnali
interessanti, contrastanti, comunque attorno ai quali riflettere, al movimento e
alla sinistra, radicale, moderata, istituzionale, movimentista, diffusa. Ne è
venuto fuori un documento interessante, ma a parer mio alquanto deludente;
ovvero sono stati individuati correttamente i problemi degli individui e del
pianeta— si pensi ad esempio al punto 10 del documento, dove si dice fra le
altre cose “Il modello economico
neoliberista distrugge i diritti, le condizioni e i livelli di vita dei
popoli”, ma le risposte sono molto deboli e del tutto insufficienti. Non vi è
una analisi e un risoluto attacco al sistema di produzione. Faccio un esempio,
si denuncia la politica criminale di stati e multinazionali sul lavoro:
licenziamenti, flessibilità e flessibilizzazione esasperata, taglio dei salari,
sfruttamento a prescindere dall’età — anzi ancor più nei confronti di
bimbe e bimbi —, ma non si ragiona sul lavoro come lavoro salariato, sul
capitalismo come sistema competitivo ed inumano di accumulazione basato
intrinsecamente su questi meccanismi. Dicasi lo stesso per quanto riguarda la
guerra e i conflitti; vi è un intenso ed anche giustissimo moto di ribellione
etico, che però risulta essere, evidentemente, del tutto insufficiente;
necessario certo, senza un coinvolgimento etico la lotta diventa sterile, ma che
appare generico. Quali sono (al di là degli slogan) i meccanismi che scatenano
e presiedono le guerre? Siamo così convinti che i conflitti borghesi
interimperialistici più non c’entrino? E il traffico d’armi è causato solo
da qualche crudele capitalista (o multinazionale che sia) perverso e troppo
esoso, o non corrisponde, semplicemente, alla logica stessa del sistema? Anche
su questo regna imperioso il silenzio. Con questo non dico che sia un documento
da buttar via. Anzi. Sento di condividere, tra le tante altre, assolutamente una
frase quale “per noi, cibo, servizi pubblici, agricoltura, salute, istruzione
e i geni non sono in vendita”, sono pronto a farmela tatuare sul petto, ma così,
ahimè, non significa moltissimo. Il movimento è tutto intento a guardare e,
giustamente, a fustigare la circolazione (di merci, beni, servizi, e, nel caso
degli uomini, la non circolazione) tanto da non badare alla produzione. E questo
è un grave limite, io credo, che si riflette anche in quelle battaglie quali
l’introduzione della Tobin Tax o sul bilancio partecipato. A scanso di
equivoci, voglio dire che con quella tassa mi trovo d’accordo sostanzialmente,
e che il bilancio partecipato può essere meglio che nulla, a patto che non
divenga un alibi del capitale per lavarsi la coscienza, e per ridistribuire le
sue colpe (non volendo ridistribuire i nostri utili, beni, prodotti, saperi ecc.
di cui si è appropriato con la violenza costitutiva che gli è propria). Il
limite, io credo, è che il movimento ne ha fatto dei feticci, e questi
rischiano, al di là delle migliori intenzioni, di passare come delle panacee,
come la risoluzione dei problemi. Il bilancio partecipato, è bene dirlo, non è
il consigliarismo (questo sì potrebbe essere uno degli obiettivi), non è la
democrazia diretta e partecipata, non è la possibilità, quantomeno, di
decidere cosa e come produrre. Stessa cosa per la Tobin Tax, obolo necessario e
doveroso, che non prevede grandi mutamenti strutturali. E si potrebbe proseguire
con altri esempi, ma per non correre il rischio della graforrea, mi fermo qui,
anche perché voglio evidenziare un altro punto.
In
questi giorni, soprattutto sulla lista noocse, ma anche su altri siti, è venuta
a galla la polemica sul chi c’era, chi non c’era, chi è stato lasciato
venire, a chi è stato impedito di venire. Innanzitutto a me pare che ci sia
molta confusione, o forse quello confuso sono solo io. Non ho ancora ben capito
se i divieti alle compagne ed ai compagni delle FARC, delle organizzazioni
popolari basche e a Fidel Castro, siano autentici, esagerati o inventati. Fino
adesso ho letto solo le parole dei “detrattori”, non, su questo preciso
argomento, quelle di chi condivide, diciamo così, lo spirito di Porto Alegre.
Se non si tratta di una bufala siamo di fronte ad un atto non solo grave, bensì pure miope. Un atto
ritengo che discende da quei limiti di analisi e cultura politica di cui parlavo
in precedenza. Siamo di fronte ad un rapporto astratto con il movimento nelle sue diverse sfaccettature. Non ha
senso, sempre a parer mio, una proclamazione ideologica e manichea della non
violenza, senza una contestualizzazione storica precisa, senza un'analisi
politico-culturale di chi la pratica e del luogo dove viene praticata. E
sarebbe, e io spero si faccia al più presto (lancio un appello...), da farsi
un'analisi su cosa è la violenza, e
su cosa, ad esempio, sia
l'autodifesa, e sul diritto di praticarla da parte dei popoli oppressi con i
mezzi che essi ritengono più consoni. Voglio ripetermi, questo dipende, io
credo, dall’enorme deficit culturale
e politico di questo peraltro generosissimo movimento, movimento tutto
schiacciato sulla dimensione etica, movimento al quale, comunque, bisogna
stare dentro, per aiutare a crescere e crescere con lui.
P.S.: ad essere polemici, sanamente
polemici, ci sarebbe da chiedersi perché i politici che hanno appoggiato le
varie guerre devastanti in giro per il mondo, Jugoslavia, Afghanistan, Iraq
prime fra tutte (leggi le varie socialdemocrazie d'Europa, ma purtroppo non
solo), sono stati accolti, pagando il solo tributo
spettacolare, teatrale, di un po' di rumore e di qualche torta in faccia…
Bruxelles (incontro
europeo dei partiti comunisti, operai e dei lavoratori contro il neo-mperialismo
e per la pace, la riunificazione e il socialismo nella RPD di Corea, 9 febbraio
2002): organizzato dal PTB con la partecipazione di una delegazione di
Democrazia Popolare e la partecipazione del Workers’ Party of Korea, Communist
Party of Bulgaria, Communist Party of Denmark M-L, Finland, For Peace and
Socialism - Communist Workers’ Party, France, Communist Coordination, France,
Coordination of Communist Militants, Communist Party of Germany (KPD), Communist
Party of Greece (KKE), Workers’ Party of Hungary, Communist Party of Ireland,
Workers’ Party of Ireland, Unified Communist Party, Socialist Party of Latvia,
Party of Communists of the Republic of Moldova, New Communist Party Netherlands,
Communist Party of Norway, Union of Polish Communists "Proletariat",
Romania, Labour Socialist Party, Romanian Labour Party, All-Union Communist
Party of Bolsheviks, Communist Party of Slovakia, Communist Party of the Peoples
of Spain, Sweden, Communist Party Marxists-Leninists, Communist Party of Turkey,
UK, Socialist Labour Party, New Communist Party of Britain, Revolutionary
Communist Party of Britain (M-L), Communist Party of Ukraine, Workers' Party of
Yugoslavia.
Osservatori:
Partiti che hanno espresso la llro
solidarietà alla conferenza europea:
Invito dalla Romania:
Caro compagno Michele Capuano abbiamo il piacere di invitarti al congresso del nostro Partito che si terrà a Bucarest il 30 marzo del 2002. E’ nostra intenzione trasformare il nome del nostro Partito da Partito del Lavoro di Romania in Partito Comunista di Romania. Noi consideriamo la vostra presenza un importante occasione per rafforzare i legami tra partiti comunisti, del lavoro e operai e nella battaglia per il socialismo.
Il Segretario Generale
Ion Cristian Niculae