DAL
CARCERE DI VOGHERA
di Andrea Perrone, Carmelo Musumeci, Francesco
Mammoliti,
Giampaolo Manca, Antonino Carollo
Differenziazione.
L'accezione di questo termine, tratto dal dizionario
Zanichelli è (almeno per noi) illuminante.
Partendo da questa semplice accezione, immediatamente
si apre davanti ai nostri occhi (e speriamo anche ai vostri) uno scenario non
tanto immaginifico (almeno per noi).
Cominciamo dall'inizio, innanzitutto ci presentiamo,
siamo alcuni detenuti ubicati presso la sezione E.I.V. posta all'interno del
carcere di Voghera. E qui è lecito porsi la prima domanda: ma che cosa
significa E.I.V.? la domanda è sicuramente lecita ma anche da parte nostra è
lecito rispondere: "anche noi vorremmo saperlo": ufficialmente la
spiegazione dell'acrostico E.I.V. significa Elevato Indice (di) Vigilanza. Per
cui sembrerebbe tutto chiaro. E, invece, No. Innanzitutto è bene precisare che
l'attuazione delle sezioni E.I.V. è avvenuta mediante circolare del Ministero
di Giustizia, nel lontano luglio 1998 (ma forse anche prima). E già qui
potrebbero sorgere (numerosissime?) problematiche sulla liceità o no di questa
circolare. Noi riteniamo che potenzialmente il Ministero possa farlo: un piccolo
lager personale, o un piccolo zoo, dove poter mettere in mostra qualcosa o
qualcuno non lo si nega mai a nessuno.
Ma questa domanda conviene porla al Magistrato di
Sorveglianza, il giudice a cui è demandato, per legge, il controllo
sull'esecuzione della pena. Il nostro Giudice.
E questo, credeteci, lo diciamo con emozione. Che
bello in un momento di transizione caotico come questo, dove tutti hanno
qualcosa da rinfacciare a chiunque, dove dietro le quinte si muovono frotte di
funzionari, portaborse o chissà cos'altro, poter dire il mio Giudice. Siamo
veramente emozionati.
Ma qui sorge un ulteriore problema. Siamo tutti
uguali davanti alla legge? E ancora: la legge è uguale per tutti? Sembrerebbe
porsi nuovamente la stessa domanda ma, fidatevi, non è così. Proviamo a
spiegare questa differenza (ahinoi eccoci già alle differenziazioni) e
perdonateci in partenza la presunzione.
Se la Costituzione Italiana (non quella di una delle
tante repubblichette delle banane) agli articoli 24 e 113 sancisce pomposamente
che "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti… La
difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento… Contro
gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela
giurisdizionale dei diritti… Tale tutela giurisdizionale non può essere
esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate
categorie di atti". Davanti a tanta illuminante chiarezza è veramente
difficile capire perché debbano nascere contestazioni o violazioni da parte di
chicchessia. Qualcuno ci spieghi perché la sentenza 26/99 della Corte
Costituzionale, rilevando un vuoto legislativo in ambito di tutela dei diritti
dei detenuti, invita il legislatore a legiferare in tal senso. Da allora sono
passati due anni e stiamo ancora aspettando che i nostri legislatori, smettendo
di occuparsi di tutt'altro che della tutela dei suoi cittadini, si decidano, in
un sussulto di dignità, a mettere fine a questa vergognosa situazione. E,
ancora, perché ci sono voluti venticinque anni (dalla riforma del 1975) per
accorgersi che alcuni, molti, diritti dei detenuti non sono tutelati. Per favore
qualcuno ci spieghi perché la magistratura di Sorveglianza è rimasta (così)
supinamente a contemplare tale vergognosa situazione.
E non è ancora finita. Tornando alla ormai famosa
circolare che istituiva il circuito E.I.V. basta leggerla per comprendere che ci
troviamo davanti ad un palese e grottesco accorgimento per aggirare il controllo
della Magistratura di Sorveglianza e per evitare che ci sia un qualsiasi
controllo da parte di chicchessia delle motivazioni che hanno portato
all'inserimento del detenuto in tale circuito. Ma vi è di più. Il detenuto
E.I.V. dipende solo ed esclusivamente da un ufficio specifico del Dipartimento
dell'Amministrazione Penitenziaria, ubicato presso il Ministero della Giustizia
sito a Roma. La sua classificazione (E.I.V.) e l'eventuale classificazione viene
(verrà) decisa solo ed esclusivamente dal Ministero. La direzione dell'istituto
di pena dove il detenuto E.I.V. è ubicato può solo proporne la
declassificazione ma tale parere non è vincolante per l'ufficio al quale, solo,
spetta la decisione. E il controllo di questi atti come avviene? Non ci
crederete mai, anche noi facciamo fatica a crederci, non esiste controllo. Il
detenuto E.I.V. non sa perché è ubicato in tale circuito. E la Magistratura di
Sorveglianza? Placidamente sonnecchia!
Ci siamo rivolti in molti alla Magistratura di
Sorveglianza, anch'essi sono o erano a conoscenza del circuito E.I.V.. Del resto
la circolare è inserita all'interno dei tanti codici commentati sulla
"Legge dell'Ordinamento Penitenziario": essi conoscono le particolarità
di tale circuitazione ma nella realtà, nei documenti, dichiarano che
"praticamente non esiste", nel senso che loro (la Legge) riconoscono
solo due circuiti differenziati e cioè il regime di cui all'articolo 14bis e il
regime di cui all'articolo 41bis. La Legge non contempla altri regimi detentivi,
per cui non esiste nient'altro! O se esistesse i suoi effetti sarebbero
irrilevanti e, comunque, anche ammettendo che esista, essi non sarebbero in
possesso degli strumenti giuridici per intervenire, a causa del vuoto
legislativo, evidenziato dalla sentenza della Corte Costituzionale appena
citata. Dimenticavamo di darvi l'ultima "chicca": neanche la
Magistratura di Sorveglianza è portata a conoscenza dei motivi della nostra
allocazione in queste fantomatiche sezioni E.I.V.. Il Ministero di
Giustizia, nella sua assolutezza, ha deciso che tali documenti debbano restare
solo ed esclusivamente di propria conoscenza. E il Magistrato di Sorveglianza,
direte voi, che fa? Continua a sonnecchiare placidamente: rispondiamo in coro
tutti noi.
Ma forse, tornando alla prima parte del nostro
soliloquio, tutto questo fa parte di un grande, unitario, disegno. Il
legislatore non legifera, il Magistrato di Sorveglianza non sorveglia, il
circuito E.I.V. non esiste.
Chissà, forse, tutto questo non è altro che la
messa in pratica dell'accezione del dizionario Zanichelli ovvero
Differenziazione uguale a sostantivo femminile, Diversificazione, Distinzione,
Progressiva Manifestazione di Differenze.