LA LOTTA SEMPRE PIÙ RIDICOLA AL FANTASMA-MAFIA:
IL CAPITALISMO COME CRIMINALITÀ

di Carmelo R. Viola

 Il problema della mafia non esiste semplicemente perché la mafia, come ci viene rappresentata dal potere ufficiale, non esiste. La questione si presta a valutazioni ambigue per la sua apparenza; nell'essenza, al contrario, è di una semplicità sconcertante, a condizione di avere qualche cognizione di logica elementare e di psicologia sociale. I responsabili (capitalisti e politicanti, alias prìncipi e cortigiani) sfruttano le apparenze e trascurano la sostanza volutamente (o per totale ignoranza).  Se la legge ritiene lecito un fine naturalmente illecito - ovvero criminoso per sé  stesso in rapporto al diritto naturale (vedi art. primo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani) - con ciò solo dichiara leciti tutti i mezzi usati per raggiungerlo. Infatti, la distinzione morale fra fini e mezzi è possibile solo in presenza di un fine morale (naturalmente lecito ovvero biosociocompatibile). Se il fine è, per esempio, quello di commettere un omicidio, non c'è differenza morale tra le armi usate per commetterlo.
Il fine in questione, a proposito della mafia, è il profitto da lavoro altrui e soprattutto la possibilità di un'accumulazione o arricchimento senza limiti,. Arricchimento sta per accumulazione furtiva-estortiva di ricchezza parassitaria.. Tale fine è senza alcun dubbio lesivo del diritto naturale all'equità quindi criminoso, immorale, illecito. Ma è proprio esso
la quintessenza del capitalismo: la sua ragione e modo di essere. Capitalismo è ogni accumulazione di ricchezza parassitaria indipendentemente dalle modalità con cui quella viene perseguita. Dal momento che il pubblico potere ritiene leciti alcuni mezzi e modi per realizzare tale fine criminoso, perciò stesso rende di fatto leciti tutti gli altri possibili mezzi e modi atti a raggiungere lo stesso fine. In altre parole "ogni crimine come fine giustifica ogni e qualsiasi crimine come mezzo". Per il Capitalismo è allo stesso titolo morale (o immorale) arricchirsi: non importa con quali mezzi e modi, anche fornendo prodotti alimentari e farmaceutici proprio perché il fine capitalistico primario, appunto - parliamo solo di capitalismo! - è quello di trarre profitti dal lavoro altrui. Eventuali benefici derivanti dai meccanismi capitalistici sono effetti secondari, collaterali, più propriamente "strumentali". Strumentale è, per esempio, fornire beni e servizi utili ma il fine è quello che travolgerà tutto, anche gli effetti buoni. Esempi? Quanti ne vogliamo. Un impresario farmaceutico fornisce i propri prodotti solo se gli conviene, e se gli conviene può anche darsi che escogiti uno  stratagemma come rendere la gente bisognosa dei suoi prodotti! Parimenti, può essere utile "commerciare in carità" e provocare sotto-sotto lo stato di bisogno! E' risaputo come in questo secolo delle guerre sono state provocate e/o sfruttate dall'industria capitalistica per vendere le proprie armi!

 Infatti, arricchirsi vuol dire:
 - accumulare illimitatamente del superfluo cioè del necessario vitale sottratto a chi ne ha bisogno;
 - alimentare e inasprire le condizioni di sperequazioni e di conflittualità da cui scaturisce la criminalità attraverso una reazione a catena senza fine.

Il capitalismo - con tutta la sua valenza criminale - c'è tanto nella multinazionale del tabacco, che prospera sul vizio e sulle patologie del fumo (inducendo ad arte il vizio stesso!) quanto nell'imprenditore isolato che produce ed esporta olio alimentare adulterato, capace di provocare malattie e morte, perché esso gli consente più profitti parassitari di un olio normale. Quanti controlli non si stanno facendo perché, a proposito del rischio della "mucca pazza", non entri nel nostro paese qualche capo di  bestiame infetto ad opera di un soggetto capitalistico? Capitalismo è tanto nel manipolare - attraverso la "legale" menzogna-suggestione pubblicitaria - le domande di mercato e i consumi, quanto qualunque comportamento non legale, clandestino, formalmente cordiale o fisicamente violento, finalizzato allo stesso scopo, insomma tutta l' attività affaristica che va sotto il nome (improprio e gratuito) di mafia o di epiteti affini, i quali, semmai, contengono solo delle coloriture etnico-folcloristiche. La discriminante non è la legalità. La legge non ha il potere di rendere lecito ciò che è naturalmente illecito in quanto lesivo del diritto naturale all'equità, anche se lo fa. Per esempio, lo Stato nazista stabilì per legge che non fosse crimine sopprimere gli ebrei e non solo questi e i modi barbari e crudeli della soppressione. Ma nessuno che ragioni, sottoscrive l' affermazione che i milioni e milioni di omicidi nazisti non fossero altrettanti crimini contro l'umanità solo perché espressioni di uno sterminio legalmente pianificato. Alla stessa maniera, e per totale analogia, la criminalità, in cui si risolve la pratica capitalistica , non cessa di essere tale solo perché legalizzata da una classe politica che, nella più benevola delle ipotesi, è abissalmente ignorante in fatto di scienza sociale (anche se certamente non lo è). La società capitalista è un'associazione per delinquere e una costante istigazione a delinquere. Non si ripete mai abbastanza che il capitalismo ha avuto una funzione di crescita fisiologica della civiltà e che tale funzione si è alfine ridotta e da tempo per effetto e dell' accumulazione e del crescente sostegno della tecnologia. Oggi è davvero sinonimo di criminalità e, come tale, non ha confini. Le modalità cosiddette "mafiose" sono soltanto alcune delle possibili modalità che costituiscono l'  universo del capitalismo reale. Sotto il profilo criminologico non c'è soluzione di continuità fra capitalismo legale e capitalismo illegale, anzi paralegale, perché l'uno e l'altro usano gli stessi meccanismi (di persuasione, di mercato e di accumulazione) e producono gli stessi effetti: sottrazione di benessere e di potere di acquisto a molti soggetti a favore di pochi privilegiati. Il che alimenta incessantemente il circolo vizioso della rivalsa, della sfida e, in ogni caso, della concorrenza "a chi prende di più lavorando di meno": certo i "malavitosi" e tanto meno i cosiddetti "mafiosi", comunque "affaristi armati". Non sono dei filosofi e non ragionano su quanto abbiamo detto: che i loro modi siano potenzialmente autorizzati da un potere che ne legalizza altri mirati allo stesso fine, ma sentono di trovarsi in un mondo dove alcuni la fanno da padreterni mentre altri (molti) vivacchiano e altri, infine, muoiono letteralmente di fame nel momento stesso in cui sentono ripetersi parole insulse e offensive (per loro) come democrazia, Stato di diritto, popolo sovrano e simili barzellette.  Gli "illegali" sentono che sta meglio chi si dà da fare e noi vorremmo sapere dai fautori e responsabili di un contesto criminale e criminògeno, cioè immorale - quale è la società capitalista odierna - perché mai "gli altri" - e solo gli altri - dovrebbero comportarsi in maniera morale. "Perché lo vuole la legge" non è una risposta ma solo un'ennesima menzogna perché se la legge lo volesse veramente (che tutti si comportassero in maniera morale) non permetterebbe l'esistenza di padreterni vestiti d'oro accanto a barboni vestiti di stracci, come se questi non avessero lo stesso identico diritto alla quota parte del benessere - prodotto dal lavoro di tutti - alla pari di tutti, nessuno escluso.  La mafia è solo un modo paralegale di fare capitalismo, ora occultamente, ora in maniera spettacolare. E' occulta finché agisce nell'ombra (anzi, finché noi non la vediamo), è spettacolare appena un qualche suo fatto, non necessariamente violento, viene alla luce e si fa scandalo. La gente è portata ad assolvere il capitalismo legale solo per una questione di costume, non certo di logica. Per essa "tangentopoli" vale solo quanto un corpo estraneo, non comprendendo che ogni profitto parassitario vale moralmente quanto una tangente. La mafia è anche una parola usata ora come maschera ora come alibi. Come maschera serve ad occultare un dimensione reale del capitalismo reale; l'alibi serve per giustificare l'impossibilità di debellare la criminalità economica (il che comporterebbe l'eliminazione del capitalismo) e per tenere buona la gente, vittima e ingenua,. che non ne può più, ridotta com'è a camminare su una specie di terreno minato ad ogni angolo del quale ci può essere l'affamato o il disperato o il vizioso (magari drogato) che l'attende per aggredirla, per scipparle un povero portamonete e magari la vita! Ma ecco già una verità a portata di mano. La parola mafia serve sempre meno a qualificare una cronaca quotidiana di crimini commessi da autori che molto spesso non sanno cosa sia mafia, trattandosi di individui sbandati o imbalorditi che "si arrangiano" - ovvero s'inventano un lavoro, come esorta a fare un sedicente esperto economista, un certo Romano di Bologna - per "non morire di fame" o per "contare qualcosa" nell'inferno del capitalistico "si salvi chi può". La parola mafia la si usa più agevolmente per le grandi organizzazioni. Si dice mafia russa, mafia cinese e così via. Ma si tratta sempre di imprenditorie capitalistiche, magari di tipo "multinazionale" (!) che non si accontentano delle sole modalità legali per commettere lo stesso crimine: "fare soldi sottraendoli a chi capita - a un cittadino qualsiasi o alle casse di uno o più Stati - e a costo di non importa quanti altri crimini "strumentali".  Accanto ad una miriade di crimini di evidente stampo capitalistico (legale e/o paralegale) c'è un'altra miriade di liti e di crimini di carattere apparentemente solo economico (vedi la causa per un'eredità o per gli assegni di mantenimento di una donna separata), che hanno una radice, immediata o remota, in un contesto ancora fondato non sul binomio cittadino-diritto naturale ma su quello famiglia-proprietà privata illimitata, che semplicemente nega la garanzia alla certezza universale del diritto (per intenderci alla vita e all'equità).  Il recente compiacimento del medico Scapagnini, sindaco di Catania, che nell'99 gli omicidi "di mafia" sarebbero scesi a quattro, ci dà la misura dell'assenza di una "visione globale" - in fatto di fenomenologia sociale - in un periodo in cui si straparla di globalità (ma nella sola sfera capitalistica). Voglio dire in un momento in cui il capitalismo armato russo (tanto per fare un esempio) controlla non meno del 40% degli istituti di credito (alias di usura legale) e già commercia in sostanze nucleari!.  E' sempre più grottesca la caccia collettiva a un fantasma chiamato "mafia" mentre la criminalità capitalista ufficiale è già padrona del mondo nella veste di una vera e propria internazionale del crimine legale. Con riferimento al contesto, che ci è più vicino, diciamo che esso occupa già militarmente l'Europa, con il pretesto di difenderla (non si sa da che) e che si appresta ad occupare il vasto scacchiere euro-asiatico, (lasciato disponibile dal crollo del potere sovietico) attraverso vertici euro-padronali dimostrato a Nizza. E qui non si tratta di fantasmi ma di ordigni reali dotati anche di uranio impoverito. Ma i nostri non sanno, non vedono e non sentono proprio come  veri "uomini d'onore". Povero genere umano!