PICCOLI APPUNTI DI VIAGGIO: BIELORUSSIA
di Mario Geymonat

La Bielorussia è una delle maggiori repubbliche ex-sovietiche, ha un'estensione di poco più di 200.000 kmq (due terzi dell'Italia) e circa dieci milioni di abitanti. L'antico nome "Russia Bianca" (in latino Alba Ruthenia) deriva dal colore delle sabbie che ne caratterizzano il paesaggio. La capitale è Minsk, una città moderna, grande, attiva e vivace. La posizione, a poco più di metà strada fra Berlino e Mosca, e la geografia del territorio, una enorme pianura acquitrinosa coperta da foreste e da laghi, hanno fatto della Bielorussia il teatro privilegiato dell'incontro e dello scontro fra mondo germanico e mondo slavo. In questa prospettiva si comprende l'enorme tributo di sangue che il paese ha pagato durante la seconda guerra mondiale, quando fra il 1941 e il 1944 le truppe naziste ne invasero e devastarono l'intero territorio, e gli abitanti opposero una strenua eroica resistenza, al prezzo di milioni e milioni di morti. Né si può dimenticare la ferocia con cui le SS e la Gestapo cercarono di sterminare le comunità ebraiche stabilitesi in Bielorussia fin dal medioevo, che avevano fatto di quel paese un centro privilegiato della cultura jiddish (fra gli altri era nativo di quelle terre il pittore Marc Chagall). Anche in anni più recenti la posizione geografica della Bielorussia, aperta verso le nazioni che la circondano (la Russia a est, la Polonia a ovest, l'Ucraina a sud e le repubbliche di Lettonia e Lituania a nord), è stata fonte di notevoli problemi. In particolare nell'aprile 1986 il grave incidente della centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina, per effetto delle correnti d'aria ha riversato gran parte del materiale radioattivo proprio sulla Bielorussia, contaminando vaste estensioni del suo territorio e provocando gravi danni alla salute dei cittadini. Nel 1991, nel corso del processo di disgregazione dell'Unione Sovietica, la Bielorussia, che già aveva un proprio seggio autonomo all'ONU, ha proclamato la propria indipendenza. L'orgoglioso sentimento nazionale del Paese si rifà, oltre che all'eroica resistenza antinazista, alla lotta condotta per tutto l'Ottocento e i primi anni del Novecento dal popolo e dagli intellettuali bielorussi contro la censura e l'oppressione del regime zarista. Questo sentimento offre alla Bielorussia la motivazione profonda e la forza per mantenere e sviluppare la propria autonomia politica, per opporsi finora con successo agli aperti tentativi, soprattutto da parte americana, di condizionarne e dominarne lo sviluppo. Pur potenziando i legami tradizionali con la Russia, verso la quale va l'80% delle esportazioni, la Bielorussia ha saputo difendere le conquiste più significative del periodo socialista: il diritto alla salute, la scuola gratuita, la casa di proprietà pubblica (nel centro di Minsk l'affitto di un trilocale è di cinquemila lire al mese: non è dunque un caso che i monumenti a Lenin siano tutti rimasti!). Mentre la Russia nel periodo eltsiniano è diventata terra di conquista per la mafia e il capitalismo più sguaiato, nel campo economico la Bielorussia è riuscita a non privatizzare i maggiori stabilimenti industriali, che rimangono di proprietà pubblica e presentano un livello tecnologico assai elevato (la "Belarus", terza fabbrica più grande del mondo, produce trattori e macchine per il movimento terra che fanno un'aspra concorrenza all'americana Caterpillar). Riferendosi alle nuove iniziative, è positivo che, a tutela dei lavoratori bielorussi, le società straniere che operano nel paese siano obbligate a versare un deposito adeguato per evitare, in caso di chiusura, di lasciare i lavoratori per strada. L'indipendenza politica ed economica si possono misurare nella vita di tutti i giorni: il pranzo in un ristorante bielorusso ha un costo modestissimo, il sistema sanitario è gratuito, la scolarizzazione elevata e la disoccupazione praticamente inesistente. Malgrado i danni di Cernobyl, la Bielorussia è al 57° posto nella classifica ONU dei paesi sviluppati, un bel po' avanti all'Ucraina e alla stessa Russia.  "Il governo degli Stati Uniti e i direttori delle multinazionali vorrebbero mettere qui il loro zampino", come ha dichiarato di recente Sergeij Posokhov, primo consigliere politico di Lukashenko. Ai circoli reazionari del mondo intero (e fra gli altri al nostro Berlusconi) farebbe comodo imporre a Minsk un governo fantoccio, e  perciò spingono le cancellerie occidentali a criticare ferocemente Lukashenko, minacciando più o meno apertamente la Bielorussia anche da un punto di vista militare. L'accusa più insidiosa è che in quel paese non ci sarebbe una vera "democrazia", pur se le recenti elezioni (15 ottobre) hanno mostrato un tasso di correttezza nettamente superiore a quello che si è potuto osservare ad esempio nel voto per la presidenza americana in Florida. Sulla stampa, alla televisione, alla radio della Bielorussia quasi non si parla, o meglio c'è una specie di cordone protettivo per "non parlare", eppure verso quel Paese si è sviluppata una encomiabile solidarietà a livello popolare: ogni anno più di 30.000 "ragazzi di Cernobyl" sono ospitati da nostre famiglie e godono per un adeguato periodo del clima mediterraneo e del cibo italiano. Tocca dunque alla sinistra, a chi è più vigile e attento alla politica internazionale e alle crisi che si preparano, far conoscere la Bielorussia, appoggiare la sua politica di indipendenza e di progresso e guardarla con simpatia.