RIFLESSIONI TENERAMENTE PROVOCATORIE
di Marcello Ottolenghi

Care compagne e cari compagni, a tutt'oggi, e dopo tre mie dissertazioni più o meno provocatorie pubblicate su questo giornale, nessuno, dico nessuno, ha inviato due parole di assenso o di disgusto o di contestazione o comunque ha raccolto l'invito di partecipare alla discussione.
Gli articoli precedenti erano certamente non esaurienti, alcuni concetti forse erano banali e, comunque, sono stati sicuramente espressi in modo grossolano e parziale; alcune considerazioni, inoltre, avrebbero dovuto fare incazzare almeno alcuni di voi. Nulla di tutto questo, nessun segnale.
A questo punto, considerando anche la tiratura del giornale e il numero di "contatti" che teoricamente sono stati attivati attraverso questo strumento (credo più di 10.000), le ipotesi sono:

1.      Tutti si sono trovati perfettamente d'accordo sugli argomenti trattati, sui concetti espressi e sulle chiavi interpretative proposte.
2.      Tutti si sono trovati talmente in disaccordo con le logiche e le dinamiche proposte che hanno deciso che "non je ne po' fregà de meno" di rispondere alle sollecitazioni farneticanti di un pazzo irrecuperabile e che non ne vale proprio la pena.
3.      La nostra rivista risponde esclusivamente alle esigenze narcisistiche di chi la scrive e viene utilizzata da tutti gli altri esclusivamente per accendere il camino.
4.      I messaggi lanciati sono stati assolutamente incomprensibili (e quindi inefficaci).
5.      I messaggi lanciati non hanno superato la soglia minima di attenzione.

Personalmente temo che proprio questa quinta ipotesi sia quella giusta, ed è la peggiore possibile. Secondo me, ormai, la stragrande maggioranza di noi risponde solo a sollecitazioni di un certo tipo e di una certa intensità; serve innanzitutto la "scatola luminosa" e occorre trasmettere da "Il grande fratello" o dal contesto di altre trasmissioni troiate simili e di pari successo o si resta inesorabilmente muti. Attenzione fratelli, il sistema trasmette con forza i suoi messaggi e sono tutti funzionali al mantenimento e al rafforzamento dei riferimenti culturali che il sistema stesso ha prodotto; ci ha condizionati e ci rende insensibili a tutto ciò che è altro; la lettura, che è un atto di libertà perché è un momento creativo personale, è ormai ridotta ai minimi termini e orientata anch'essa allo stretto indispensabile; tutto è immagine e siamo diventati dei contenitori passivi incapaci ormai di decidere autonomamente. Per recuperare la nostra capacità critica abbiamo bisogno di non rimanere soli di fronte al sistema, abbiamo bisogno di discutere e di confrontarci tra noi; abbiamo bisogno di ritrovare una motivazione ideale e filosofica al nostro agire, abbiamo bisogno di riesaminare insieme le nostre linee guida, valutare se sono ancora valide, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche, e se sono ancora attuali in questo mondo del cazzo. I nostri ideali sono stati svenduti al mercatino delle pulci dai nostri leader politici e non si è badato se si poteva semplicemente modificare qualcosa o integrare con nuovi elementi prima di vestire definitivamente i panni del consumismo e di elevare le leggi di mercato a guida di riferimento per la società, quando non addirittura a regola morale.  Se non saremo in grado di fare tutto questo e se non sapremo tutti insieme ritrovare delle certezze nuove e salde, delle idee forti che ci facciano superare le perverse logiche di utilità spicciola personale o quand'anche di gruppo o di classe, ragazzi, avrà vinto Berlusconi, ma avrà vinto solo perché gli avremo fornito noi tutte le ragioni per vincere.