AUTONOMIA SENZA AUTOMI
di Tiziano Tussi
La nota vicenda del preside del Liceo Classico Parini di
Milano che ha innescato una campagna di stampa su un perverso assunto che si
riassume in politica uguale droga ha
lasciato un segno nei giornali
nazionali. La tesi proposta è che chi si dà da fare, chi cerca di proporre
tematiche politiche di discussione nelle scuole cade nella spirale della droga e
inizia altri a fare altrettanto. Sponsorizzato dalla stampa di destra - Panorama
in prima fila - è stato supportato ampiamente per prospettare una
destrutturazione profonda della scuola pubblica dove accadono cose
inimmaginabili, quali appunto le autogestioni. Anche quotidiani nazionali - Il
Corriere della Sera ad esempio - hanno
ripreso la notizia sparandola in prima pagina. Il Liceo Parini in prima istanza
ne è stato logicamente investito negativamente. Ma per estensione tutta
l'immagine della scuola pubblica ne ha risentito. Tutte le componenti
scolastiche, comprese quella dei non docenti, si sono schierate contro il
preside e lo hanno pesantemente criticato. Ora la sorte di Daniele Straniero
seguirà il suo corso, ma questa episodio è emblematico di come la categoria
dei presidi, ora definiti "dirigenti scolastici"
goda di rendite di privilegio che sono state solo aumentate dalle recenti
disposizioni sull'autonomia scolastica. In pratica tramite una
autocertificazione, un corso di aggiornamento, come molti altri corsi, un
pro-forma, hanno portato ad un aumento di responsabilità, ma anche di
decisionalità, anche in campi finora poco praticati dagli stessi, come quello
amministrativo, con conseguente aumento di stipendio di un milione lordo al
mense. I presidi sono diventati dirigenti, imprenditori, senza rischio
d'impresa. Il controllo sulle loro capacità, sull'opportunità o meno di
estendere aumenti economici anche a persone in procinto di entrare in pensione,
e che hanno chiesto di prorogare il loro servizio solo per intascare l'aumento
degli emolumenti, sono
assolutamente mancanti. Qui non si critica certo "l'allarme droga" che
in particolare Straniero ha lanciato, ma l'uso che di questa problematica è
stato fatto. In pratica, il rischio di una "privatizzazione" del
servizio pubblico con questa nuova normativa risulta molto ampliato. Il caso
Straniero ne è solo un'esemplificazione abnorme. Questa nuova figura di
dirigente che si intravede in controluce, dopo il varo delle prossime
disposizioni sugli organi collegiali, avrà sempre più potere. Potrà
introdurre nella scuola interessi suoi o che comunque gli servono per altri
interessi che non siano quelli pedagogico-amministrativi. Nel caso in questione
tutto il polverone dovrebbe costituire la base per una carriera politica
prossimo ventura, nel Polo naturalmente. L'opportunità di scavalcare il
collegio docenti per promuovere propri sodali a collaboratori di lavoro,
permette ai presidi la creazione di un piccolo gruppo che può perseguire
interessi di parte o comunque decidere la spartizione di fondi del bilancio
della scuola stessa. La formazione di dirigenti, onesti nei loro intenti
culturali ed economici, è essenziale se si vuole riformare in meglio la scuola.
Il controllo sugli stessi sarebbe necessario da parte dell'amministrazione
centrale. Una dialettica democratica dovrebbe risultare rafforzata da ogni
riforma. Non pare che questa preoccupazione sia in cima ai pensieri del
ministro. Molte sue energie
vengono spese per buttare in pasto all'opinione pubblica dichiarazioni
eclatanti, come quella che sottolinea il nepotismo all'interno del ministero
della Pubblica Istruzione, senza però fare seguire una presa di posizione
amministrativa conseguente. Insomma si deve formare una leva di burocrati che
siano all'altezza di potere e dovere intervenire nelle situazioni più critiche.
Tale controllo viene continuamente richiesto per gli insegnanti. Le loro capacità
dovrebbero sempre passare sotto i test dell'utenza, dei loro genitori, della
società. Un insegnante per avere aumenti di stipendio - secondo la
Confindustria che si è molto lamentata anche di queste ultime briciole di
denaro che parrebbero in
elargizione nei prossimi mesi in busta paga - dovrebbe dimostrare sempre la sua
validità culturale e le sue capacità di aggiornamento. Non importa poi che per
perseguire tali risultati occorra tempo e che il tempo per gente che lavora a
scuola non ci sia in modo funzionale a tali obiettivi. Ma tant'è. Per i presidi
nulla di tutto questo è richiesto. Le loro capacità, al massimo,
si "autocertificano". I loro compiti vengono assolti
dall'amministrazione che li difende e che li coccola anche oltre l'impensabile.
Oltre la decenza. Proprio come nel caso del preside del Parini. Un preside così
non si inventa in un giorno. Dopo
decenni di carriera quest'ultimo episodio è solo la punta di un iceberg di
lavoro che negli anni Straniero ha solidificato. Chi mai lo ha controllato nel
tempo? Chi mai controlla veramente i presidi?