DP INCONTRA L’ARTISTA  
MASSIMO GHINI 
PRESIDENTE NAZIONALE DEL SINDACATO ATTORI

a cura di Elio Lamari

D – Dopo le elezioni del 13 maggio 2001 e la sconfitta del centrosinistra e della sinistra in genere quali riflessioni può fare un compagno artista socialmente impegnato?

R - Io credo che dobbiamo renderci conto anche delle nostre responsabilità e mi spiego: un difetto tipico della sinistra è quello di non accettare gli errori commessi. Se ci troviamo in questa situazione – non possiamo pensare semplicemente che è stata abilità o cattiveria dell’avversario – dobbiamo fare un ragionamento serio e ponderato su quello che non siamo stati in grado di fare noi della sinistra. Arriviamo da cinque anni di governo e dei passi in avanti sono stati fatti perché comunque il lavoro fatto da Walter Veltroni è indubbiamente interessante anche se, a mio giudizio, non ha corrisposto ad una strategia più generale. In altre parole io penso che l’errore di fondo sia che la cultura in  Italia – da qualsiasi angolazione politica la si guardi - rimane sempre una sorta di “oggetto di lusso” un po’ come i gioielli della corona che si tengono gelosamente, magari si espongono ma poi una funzione attiva – tranne quella di testimoniare – non ce l’hanno. Per esempio io sono stato qui a Roma vice-presidente della commissione cultura e non posso negare, per quanto riguardava la gestione della politica economica della cultura romana, una certa fatica per superare difficoltà in termini di fondi per le realizzazioni specifiche e più in generale per la strategia della cultura. Quasi sempre quando c’è da tagliare si opera sui fondi destinati alla cultura, con un idea un po’ “contorta” talvolta sulla funzione dell’assessorato alla cultura inserito in un contesto più generale di confusione. A destra, per contro, questo problema non se lo pongono nemmeno perché hanno un’idea settaria della cultura. A sinistra si passa da una gestione un po’ elitaria ad un’altra vagamente populista.  

D – Dobbiamo allora porci il problema del che fare (?) mentre è sempre più lontana una lotta concreta per una vera riforma intellettuale e morale… 

R – E infatti, ora, noi dobbiamo rilanciare a tutti i livelli – ed è questa la nostra battaglia culturale -  il grande dibattito a sinistra. Sento un’esigenza vera e reale, una voglia di mettermi seduto ad un tavolo – dico io idealmente da compagno di base – per chiarire, con forza e con una discussione accesa ma con una idea precisa, come rimettere insieme i “pezzi” e per dare un indirizzo a quella che deve essere la battaglia politica e la battaglia culturale. Però ho un timore, è come se stessimo  giocando una partita, nella stessa squadra, con la stessa casacca, ma nessuno passa la palla all’altro e quindi non riusciamo a segnare perché questa benedetta palla non ce la passiamo, non abbiamo un’idea precisa di cosa dobbiamo o dovremmo fare. Temo che rischiamo di rimanere ancora più confusi…  Non voglio continuare a convivere in una situazione dove sento di non avere un rapporto, dove non sento che ci sia stata una vera discussione tra la sinistra di governo ed il resto della sinistra. Quindi sento che non c’è stato un vero confronto: dov’è il progetto vero?  Non possiamo continuare con questa battaglia, a mio giudizio, inutile e doverci “fare le pulci” l’uno con l’altro cercando di dimostrare ogni volta di essere o più a sinistra o più intelligenti. Io sono un uomo che viene dal proletariato e da certe situazioni in cui la vita la si continua a combattere con un rapporto diretto con le cose della storia e della vita di tutti i giorni. Io non voglio sentirmi fuori dalla storia.

D – Sono gli uomini e le donne che fanno la storia, la politica, l’economia, la cultura, la religione ma a volte si sostituisce l’individualismo (personale o di gruppo) con la necessità di avere memoria, comprendere le mutazioni (negative o positive) in atto, avere piani concreti per costruire un futuro migliore dove si affermi una nuova qualità della vita…  

R - Le preoccupazioni - tutte interne all’apparato dei DS francamente – che sono quelle di sapere quale sarà il nuovo segretario, giustamente, e arrivare ad un congresso secondo me non sono il problema principale. Vorrei che lanciassimo con forza e decisione la possibilità concreta di un grande dibattito – ognuno nel proprio ambito – teso a costruire un grande progetto. Uniti su un progetto. Unire su un programma. Discutevamo, giorni fa, con Antonino Iuorio (tra l’altro candidato nelle liste di DP a Roma), collega e compagno, l’intervento di Sabrina Ferilli a “il Raggio Verde” e ho sentito il bisogno di precisare che in quel dire c’era un atteggiamento chiaro, e non lo dico perché è un’amica, una comunicazione politica diretta, semplice, mettici anche Benigni ed altri, ad un pubblico molto vasto, diverso anche da noi che abbiamo metri di giudizio e viviamo di più la politica, e, al tempo stesso, un pubblico condizionato da Berlusconi con pensierini da “terza elementare” e pensa quanto sia stata importante la  passionalità umana di Sabrina che si mette lì e ti parla dicendoti “il mio cuore è a sinistra, la mia testa è a sinistra perché noi dobbiamo aiutare gli altri, i meno fortunati, esprimere solidarietà e sognare un mondo più bello”. Sto usando un esempio banale ma ci invita a comprendere che dobbiamo recuperare una capacità comunicativa che ci faccia raggiungere i più e che faccia sapere esattamente cosa proponiamo. Noi siamo persone che s’informano, che indagano, che lottano e che hanno ancora un ideale e poi ci perdiamo nelle piccole cose, smarriamo il senso del nostro stesso esistere, temiamo di più il  sorriso beffardo di un conduttore televisivo che il giudizio del popolo. Pensa io ho avuto delle polemiche bonarie con Nanni Moretti proprio perché mi considero un artista del popolo, figlio di un partigiano che ha conosciuto i campi di concentramento e da sempre protagonista nel PCI: questo indubbiamente te lo porti dentro. Non possiamo chiuderci dunque, dobbiamo aprirci agli altri e farlo, se siamo artisti, attraverso il teatro, il cinema, la musica, la letteratura ed ogni espressione artistica.  Dobbiamo consapevolmente schierarci: a sinistra per crescere idealmente con la gente, con chi intendi rappresentare e non devi solo rappresentare. Ad  esempio in questi cinque anni di governo non siamo riusciti a fare una concreta legge per il teatro e non solo. E non abbiamo avuto neppure la possibilità di confrontarci tra di noi su questo ed altre tematiche.

D – Ora all’analfabetismo di ritorno si aggiunge anche l’avanzare di una nuova barbarie che mi ricordano vecchi censori che non risparmiarono neppure “Totò e Carolina” o il teatro brechtiano e i grandi registi italiani …

R – Contro la svolta autoritaria la  speranza è una lotta incondizionata agli individualismi (anche a sinistra e tra  i compagni operatori culturali: gli esempi sono infiniti) e, al tempo stesso, un non declamato rimboccarsi le maniche per una nuova unità che rispetti le idee di tutti e che ne permetta l’espressione. Serve un confronto anche aspro ma indubbiamente costruttivo.