LOTTARE PER LA PACE
di Gerard Lutte
docente Università di Roma

Dovevo avere  14 anni quando ho scoperto la parola "terroristi". Così i Tedeschi che occupavano il Belgio chiamavano i partigiani. Bush, i dirigenti dei paesi occidentali, i mezzi di comunicazione di massa chiamano terroristi quelli che hanno realizzato gli attentati contro le torri del "Word Trade Center" e il Pentagono. A loro volta, gli autori di queste azioni considerano terroristi il governo degli Stati Uniti ed i dirigenti delle società transnazionali. Il primo per tante guerre e tanti massacri di vittime innocenti: le bombe atomiche su  Hiroshima e Nagasaki, i tre milioni di morti  del Vietnam, le innumerevoli vittime delle dittature appoggiate dal governo degli Stati Uniti in America Latina (Cile, Argentina, Nicaragua, Guatemala, ecc. ecc.). i due milioni di morti durante la guerra del Golfo, i bombardamenti terroristici attuali e l'embargo contro l'Irak. La lista potrebbe continuare a lungo. E le società transnazionali non conducono forse una guerra economica contro i più poveri?
Milioni di persone, di donne di bambini che muoiono di fame, milioni di altre condannate alla miseria e all'umiliazione e per le quali mai si  e proposto un minuto di silenzio.
La causa degli attentati recenti negli Stati Uniti non è, come tentano di farci credere, il fanatismo religioso, ma la politica degli Stati Uniti, dei loro alleati europei, delle transnazionali che si preparano ad altre guerre che provocheranno altre risposte violenti.
La soluzione non è la violenza, ma la ricerca della giustizia e della pace, la lotta contro la miseria e le discriminazioni. Facciamo sentire la nostra voce ai nostri governi e fermiamo i grandi talibani della Casa Bianca e della Nato nella loro impresa di continuare a distruggere l'umanità e la Terra.
Semplici proteste non saranno sufficienti e dovremo elaborare risposte più incisive, ad esempio l'obiezione fiscale alle spese militari. No alla cultura della morte, no al terrorismo dei potenti di questo mondo che provoca la violenza dei  deboli disperati e tanti morti ora anche nel cuore stesso dell'impero.

 

 

LA PACE IN BICICLETTA… 

Si è concluso il tour del compagno-ciclista Emilio Lambiase da Damasco (Siria) a Baghdad (Iraq) - in gran parte in pieno deserto - per manifestare contro ogni forma di raid ed embargo. “Le vie della solidarietà e della pace” – così l’atleta ha voluto definire il tour – ha visto una ulteriore tappa a Quneitra, sull’altopiano del Golan, città distrutta dagli Israeliani nel 1973/74 e mai più ricostruita. La tappa a Quneitra è stato un riconoscimento dell’atleta all’ambasciatrice siriana a Roma, Nabila al Shalan, la quale si è molto prodigata nelle fasi preparative della missione.  Nel corso della terza tappa Damasco-Baghdad, nei pressi del confine tra Siria e Iraq Lambiase è caduto a causa di una buca nell’asfalto che l’atleta non ha potuto evitare, riportando la frattura della clavicola sinistra. Immediatamente soccorso dalla camionetta della polizia siriana che lo precedeva e dallo staff  tecnico di appoggio alla missione, Lambiase è stato trasportato immediatamente all’ospedale di Abu Kamal dove i medici gli hanno diagnosticato la frattura della clavicola. Nonostante la frattura, Lambiase ha terminato la tappa in bicicletta. Anche il passaggio alla frontiera con l’Iraq - dove è stato accolto in modo trionfale da una folla di alcune centinaia di persone -  e l’arrivo a Baghdad – accompagnato dalla squadra ciclistica nazionale irachena – sono stati affrontati da Lambiase in sella grazie ad una speciale fasciatura e agli antidolorifici somministrati all’atleta dal medico sportivo dello staff. Nel corso della permanenza in Siria sono state gettate le basi per un accordo di gemellaggio tra la città di Palmira - sito archeologico di fama mondiale - e Cava de’ Tirreni; in Iraq invece la delegazione, rappresentata anche da un componente dell’associazione “Un ponte per…”, con Lambiase ha visitato due ospedali (uno pediatrico e l’altro neurologico) dove ha potuto constatare le effettive difficoltà operative delle strutture a causa dell’embargo, e uno dei numerosi  orfanotrofi di Baghdad, in vista di future attività di solidarietà e aiuto promosse dall’Italia. L’atleta, quarantacinquenne, è detentore dei primati mondiali di resistenza in pista  (Unione ciclistica internazionale) della 12 ore (Bassano del Grappa 1996) e delle 24 ore (Bassano del Grappa 1998). Il 26 luglio 2000 ha percorso in 36 ore no-stop 968 chilometri da Santiago all’Avana per denunciare lo stato di embargo che angustia la popolazione cubana e nel settembre 2000, nell’ambito della settimana italiana per la pace in Palestina, ha percorso oltre 600 km in 30 ore tra la striscia di Gaza e i territori della Cisgiordania, a “segnare” con le ruote della propria bicicletta il confine del futuro Stato Palestinese. Siamo veramente entusiasti di avere un compagno come Emilio iscritto a Democrazia Popolare anche se, a volte, ci è difficile stargli dietro … Prossimo appuntamento in Chiapas!

a cura di Edoardo Nucci
M.Antonietta Artusa