Un
noto principe, anzi governatore, alchimista della monetocrazia di Stato, ha
ripetuto, con cristiano candore, che “non
si può garantire tutto a tutti” (insomma chi ha mangi e chi non ha,
crepi!”) e un altrettanto noto monetosauro, principe, anzi leader, del potere,
ha ripetuto, con altrettanto cristiano compiacimento, che con lo sfascio del
polo sovietico, il mondo è migliorato, è
diventato più sicuro (voleva dire il “suo” mondo!). Queste due
affermazioni, sintoniche e complementari, confermano una verità drammatica
della crisi attuale della civiltà, che è l’insufficiente cognizione o – il
che è peggio – considerazione, nei sedicenti “curatori della salute
sociale”, delle tre scienze fondamentali dell’età adulta della specie
umana, che sono quelle rispettivamente della logica, del vero diritto e della
vera economia. Tale insufficienza ha talvolta i connotati di un’allegra
ignoranza, e, in ogni caso, si
accompagna alla cattiveria e alla stupidità.
Per rendere più intuitivo il marasma
clinico-degenerativo della civiltà, consideriamo due settori diciamo operativi
della politica ufficiale: nell’uno si propone di “togliere” parte di
diritti già acquisiti (meno assistenza sanitaria, meno posto fisso, meno
pensione e così via delirando); nell’altro si promette di realizzare,
progressivamente e parzialmente e sempre precariamente, un diritto naturale di
base quale è quello al lavoro (ovvero al potere di sussistenza: diritto alla
vita!). La giustificazione è unica, comune e costante: l’insufficienza
monetaria. Quanto si è detto e si rintuzza “contro” la pensione (l’altra
faccia del diritto alla vita!) tocca lo zenith della alogica
a seguito della quale certe “gobbe” mentali di ragionieri-alchimisti
della monetocrazia (che non è l’economia) vengono proiettate nei conti a tal
punto che l’unica possibile
soluzione del problema della pensione e quella di abolirla! Più intelligenti di
così!
Recentemente un tale Ferrara e un tale Berlusconi,
tanto grosso il primo e tanto ricco il secondo quanto comunemente alogici,
si sono chiesti retoricamente se si ritenessero responsabili della povertà del
Terzo Mondo. Che dire della cognizione-sentimento della responsabilità morale
propria del soggetto antropologicamente adulto? In queste circostanze di
“deficit umano” non si discutono i problemi
veri ma si confonde la scienza sociale con le beghe dei potenti. In cotale
spettacolo drammaticamente paradossale un ruolo ridicolo e miserando è giocato,
purtroppo, dai cosiddetti ex comunisti che, dopo avere ripudiato il socialismo,
mostrano di non comprendere che “questa” civiltà suicida è l’unica
possibile alternativa.
Vi sono tre possibili moduli di convivenza
biologica. Il primo è quello animale, detto giungla. Esso è dominato
dall’istinto, il quale tuttavia compensa la distruzione quasi esclusivamente
fagica e seleziona i soggetti biologicamente più forti per la sopravvivenza
delle singole specie (darwinismo). La seconda è costituita dall’umanità
inadulta, che coniuga istinto e ragione (e gli strumenti prodotti dalla
tecnologia), seleziona i soggetti economicamente-militarmente più forti e tende
all’autodistruzione della propria unica specie. E’ il modulo para-animale
ovvero la giungla antropo-tecnologica. Il terzo modulo è quello di una specie
intelligente adulta capace di conciliare il massimo bene possibile del singolo
individuo con le necessità ecologiche della natura e biologiche della specie
stessa applicando i canoni della logica, del vero diritto e della vera economia.
Il
capitalismo è agonismo para-animale e costituisce la sostanza e il filo
conduttore del secondo modulo. Inizialmente fisiologico, come lo è
l’adolescenza nel processo di crescita, è diventato patologico nel momento in
cui lo si è riconosciuto come agonismo criminogeno ed accettato con la consapevolezza della sua globalità
consequenziale, che è criminalità e criminocrazia. Premesso che liberalizzare
in economia capitalistica significa affidare la realizzazione e l’esercizio
dei diritti naturali agli “appetiti animali dei singoli privati”, si può
dire che quando si liberalizza tutto, si finisce per liberalizzare anche il
crimine, cioè la violazione deliberata e consapevole dei diritti naturali
stessi.
Promettere di ridurre il tasso di disoccupazione
significa in maniera inequivoca due cose: primo, l’ignoranza di fatto totale
dell’economia vera, che oggi può essere, e quindi è, scienza risolutiva, cioè
capace di produrre soluzioni immediate non necessariamente perfette ma
certamente perfettibili. In altre parole, promettere soluzioni future, parziali
e precarie in quanto dipendenti dall’andamento di imprese capitalistiche,
significa sostituire alle possibili soluzioni della scienza i benefici di alcuni
eventuali effetti collaterali dei successi delle imprese stesse; secondo,
l’ignoranza di fatto del diritto vero che è tale in quanto è immediato,
universale e certo. Che devono fare i disoccupati in attesa che questa o
quell’azienda li possa (provvisoriamente) assumere? Imparare a digiunare o a
rubare? In tale contesto parlare di democrazia, Stato di diritto, tutela
sindacale, concertazione tra le parti sociali (e via sognando) significa
soltanto mentire per nascondere, dietro una scenografia
di belle parole, la legittimazione della legge della giungla.
L’oggetto della globalizzazione, di cui si parla
fino alla nausea, non è il diritto alla vita ma soltanto il capitalismo nella
sua versione estrema e il “G8” altro non è che un’istituzione arbitraria
degli Stati capitalisti più forti, espressione della giungla antropotecnologica
giunta appunto nella fase della feudalizzazione mondiale. Un rappresentante
autorevole di tale entità, legittimata solo dal potere della forza, ne ha così
motivata la ragion d’essere: “perché
i paesi poveri stiano meglio, è necessario che i paesi ricchi diventino più
ricchi” E’ l’antica storiella, un poco vera, un poco vergognosa, che
se un padrone sta meglio è possibile che anche il servo stia meglio per cui è
sempre conveniente per quest’ultimo non rifiutarsi di stare male nella
speranza di stare meglio! L’intelligenza neoliberista si fa genialità!
Ora, in una situazione in cui lo Stato di diritto
esiste solo sulla carta, ove i diritti costituzionali sono solo “dichiarati”
ma non garantiti, ove la democrazia si risolve nella legittimazione elettorale
di chi va ad esercitare il potere come gli pare, ove si scambia la libertà con
l’esercizio dell’agonismo animale a chi diventa più ricco, ove non c’è
rispetto nemmeno per l’ambiente (che per conseguenza si fa sempre più
invivibile), ove si calpesta la legge
della “complementarità psicodinamica dei gruppi umani” ovvero dove c’è
chi non sa quanto possiede e chi si suicida per disperazione, è ovvio che alla
violazione legale dei diritti naturali, che è il crimine e la violenza per
eccellenza in termini non sempre necessariamente fisici, ci sia una risposta “paralegale”
di crimine e di violenza per bisogno, per emulazione o soltanto per rabbia. Che
cosa devono fare, chiedevamo, i disoccupati e, aggiungiamo ora, i precari, i
senza pensione? La legge appena citata, che l’intellighenzia del potere
allegramente ignora, ci dice che anche in assenza di un bisogno immediato si può
commettere violenza e delinquere. A un capitalismo (agonismo animale) sempre più
scientifico fanno riscontro una contestazione o una concorrenza (per
l’essenziale e/o per il superfluo) sempre più viscerali e insieme consapevoli
e agguerrite. La tecnologia serve parimenti alla paralegalità. E’ a questo
proposito che il deficit di logica si presenta in tutta la sua mostruosa
catastrofica imponenza: il potere persegue i crimini che egli stesso produce e
magari dà loro etichette arbitrarie come mafia ed eversione. Qualunque sia
stata la matrice dei fautori di violenza, talora gratuita, attorno al G8 di
Genova, è senz’altro indice di un crescente disagio esistenziale delle nuove
generazioni: in una civiltà adulta (basata sul diritto vero) tali fenomeni non
avrebbero ragion d’essere.
L’agonismo
animale, detto altrimenti capitalismo, si è radicalizzato e perpetuato come
“alchimia finanziaria” attraverso una metamorfosi di cui nessuno parla: la
moneta, naturalmente passiva come tutti gli strumenti, è diventata “potere
attivo” (perché conveniente ad una proprietà privata senza limite e capace
di giustificare tutte le omissioni e tutti gli abusi del pubblico potere). Sulla
moneta attiva si è instaurata la monetocrazia, la peggiore di tutte le
possibili dittature perché tradisce quel diritto e quella legalità in nome dei
quali viene instaurata. Per vedere quanto sia mostruosamente antieconomico il
capitalismo monetocratico si pensi al caso in cui, in presenza di materiale
edile, di tecnici e di manodopera sufficienti, non sia possibile costruire
poniamo un ospedale – per mancanza di soldi! – o al caso in cui, in presenza
di chi non ha nemmeno pane, si distruggono tonnellate di agrumi – per
mantenere il mercato!
Il neoliberismo distrugge le proprie stesse regole
(deregolazione, devoluzione) e liberalizza l’arbitrio del privato (“meno
Stato e più privato”), cioè il crimine, e la globalizzazione è
anzitutto la mondializzazione dell’alchimia della moneta attiva che ora molto
grottescamente si cerca di camuffare dietro la tutt’altro che nuova
“politica della carità” estesa ai moribondi del Terzo Mondo. A quando un
corso di alfabetizzazione in scienza sociale, cioè logica, giuridica, economica
e morale, degli addetti alla gestione della vita pubblica?