A proposito di globalizzazione neoliberista
VERSO L’ESTINZIONE
DELLA SPECIE UMANA?

di Carmelo R. Viola

Un noto principe, anzi governatore, alchimista della monetocrazia di Stato, ha ripetuto, con cristiano candore, che “non si può garantire tutto a tutti” (insomma chi ha mangi e chi non ha, crepi!”) e un altrettanto noto monetosauro, principe, anzi leader, del potere, ha ripetuto, con altrettanto cristiano compiacimento, che con lo sfascio del polo sovietico, il mondo è migliorato,  è diventato più sicuro (voleva dire il “suo” mondo!). Queste due affermazioni, sintoniche e complementari, confermano una verità drammatica della crisi attuale della civiltà, che è l’insufficiente cognizione o – il che è peggio – considerazione, nei sedicenti “curatori della salute sociale”, delle tre scienze fondamentali dell’età adulta della specie umana, che sono quelle rispettivamente della logica, del vero diritto e della vera economia. Tale insufficienza ha talvolta i connotati di un’allegra ignoranza, e, in  ogni caso, si accompagna alla cattiveria e alla stupidità.

Per rendere più intuitivo il marasma clinico-degenerativo della civiltà, consideriamo due settori diciamo operativi della politica ufficiale: nell’uno si propone di “togliere” parte di diritti già acquisiti (meno assistenza sanitaria, meno posto fisso, meno pensione e così via delirando); nell’altro si promette di realizzare, progressivamente e parzialmente e sempre precariamente, un diritto naturale di base quale è quello al lavoro (ovvero al potere di sussistenza: diritto alla vita!). La giustificazione è unica, comune e costante: l’insufficienza monetaria. Quanto si è detto e si rintuzza “contro” la pensione (l’altra faccia del diritto alla vita!) tocca lo zenith della alogica a seguito della quale certe “gobbe” mentali di ragionieri-alchimisti della monetocrazia (che non è l’economia) vengono proiettate nei conti a tal punto che  l’unica possibile soluzione del problema della pensione e quella di abolirla! Più intelligenti di così!

Recentemente un tale Ferrara e un tale Berlusconi, tanto grosso il primo e tanto ricco il secondo quanto comunemente alogici, si sono chiesti retoricamente se si ritenessero responsabili della povertà del Terzo Mondo. Che dire della cognizione-sentimento della responsabilità morale propria del soggetto antropologicamente adulto? In queste circostanze di “deficit umano” non si discutono i  problemi veri ma si confonde la scienza sociale con le beghe dei potenti. In cotale spettacolo drammaticamente paradossale un ruolo ridicolo e miserando è giocato, purtroppo, dai cosiddetti ex comunisti che, dopo avere ripudiato il socialismo, mostrano di non comprendere che “questa” civiltà suicida è l’unica possibile alternativa.

Vi sono tre possibili moduli di convivenza biologica. Il primo è quello animale, detto giungla. Esso è dominato dall’istinto, il quale tuttavia compensa la distruzione quasi esclusivamente fagica e seleziona i soggetti biologicamente più forti per la sopravvivenza delle singole specie (darwinismo). La seconda è costituita dall’umanità inadulta, che coniuga istinto e ragione (e gli strumenti prodotti dalla tecnologia), seleziona i soggetti economicamente-militarmente più forti e tende all’autodistruzione della propria unica specie. E’ il modulo para-animale ovvero la giungla antropo-tecnologica. Il terzo modulo è quello di una specie intelligente adulta capace di conciliare il massimo bene possibile del singolo individuo con le necessità ecologiche della natura e biologiche della specie stessa applicando i canoni della logica, del vero diritto e della vera economia.

Il capitalismo è agonismo para-animale e costituisce la sostanza e il filo conduttore del secondo modulo. Inizialmente fisiologico, come lo è l’adolescenza nel processo di crescita, è diventato patologico nel momento in cui lo si è riconosciuto come agonismo criminogeno  ed accettato con la consapevolezza della sua globalità consequenziale, che è criminalità e criminocrazia. Premesso che liberalizzare in economia capitalistica significa affidare la realizzazione e l’esercizio dei diritti naturali agli “appetiti animali dei singoli privati”, si può dire che quando si liberalizza tutto, si finisce per liberalizzare anche il crimine, cioè la violazione deliberata e consapevole dei diritti naturali stessi.

Promettere di ridurre il tasso di disoccupazione significa in maniera inequivoca due cose: primo, l’ignoranza di fatto totale dell’economia vera, che oggi può essere, e quindi è, scienza risolutiva, cioè capace di produrre soluzioni immediate non necessariamente perfette ma certamente perfettibili. In altre parole, promettere soluzioni future, parziali e precarie in quanto dipendenti dall’andamento di imprese capitalistiche, significa sostituire alle possibili soluzioni della scienza i benefici di alcuni eventuali effetti collaterali dei successi delle imprese stesse; secondo, l’ignoranza di fatto del diritto vero che è tale in quanto è immediato, universale e certo. Che devono fare i disoccupati in attesa che questa o quell’azienda li possa (provvisoriamente) assumere? Imparare a digiunare o a rubare? In tale contesto parlare di democrazia, Stato di diritto, tutela sindacale, concertazione tra le parti sociali (e via sognando) significa soltanto mentire per nascondere, dietro una scenografia  di belle parole, la legittimazione della legge della giungla.

L’oggetto della globalizzazione, di cui si parla fino alla nausea, non è il diritto alla vita ma soltanto il capitalismo nella sua versione estrema e il “G8” altro non è che un’istituzione arbitraria degli Stati capitalisti più forti, espressione della giungla antropotecnologica giunta appunto nella fase della feudalizzazione mondiale. Un rappresentante autorevole di tale entità, legittimata solo dal potere della forza, ne ha così motivata la ragion d’essere: “perché i paesi poveri stiano meglio, è necessario che i paesi ricchi diventino più ricchi” E’ l’antica storiella, un poco vera, un poco vergognosa, che se un padrone sta meglio è possibile che anche il servo stia meglio per cui è sempre conveniente per quest’ultimo non rifiutarsi di stare male nella speranza di stare meglio! L’intelligenza neoliberista si fa genialità!

Ora, in una situazione in cui lo Stato di diritto esiste solo sulla carta, ove i diritti costituzionali sono solo “dichiarati” ma non garantiti, ove la democrazia si risolve nella legittimazione elettorale di chi va ad esercitare il potere come gli pare, ove si scambia la libertà con l’esercizio dell’agonismo animale a chi diventa più ricco, ove non c’è rispetto nemmeno per l’ambiente (che per conseguenza si fa sempre più invivibile), ove si calpesta la legge della “complementarità psicodinamica dei gruppi umani” ovvero dove c’è chi non sa quanto possiede e chi si suicida per disperazione, è ovvio che alla violazione legale dei diritti naturali, che è il crimine e la violenza per eccellenza in termini non sempre necessariamente fisici, ci sia una risposta “paralegale” di crimine e di violenza per bisogno, per emulazione o soltanto per rabbia. Che cosa devono fare, chiedevamo, i disoccupati e, aggiungiamo ora, i precari, i senza pensione? La legge appena citata, che l’intellighenzia del potere allegramente ignora, ci dice che anche in assenza di un bisogno immediato si può commettere violenza e delinquere. A un capitalismo (agonismo animale) sempre più scientifico fanno riscontro una contestazione o una concorrenza (per l’essenziale e/o per il superfluo) sempre più viscerali e insieme consapevoli e agguerrite. La tecnologia serve parimenti alla paralegalità. E’ a questo proposito che il deficit di logica si presenta in tutta la sua mostruosa catastrofica imponenza: il potere persegue i crimini che egli stesso produce e magari dà loro etichette arbitrarie come mafia ed eversione. Qualunque sia stata la matrice dei fautori di violenza, talora gratuita, attorno al G8 di Genova, è senz’altro indice di un crescente disagio esistenziale delle nuove generazioni: in una civiltà adulta (basata sul diritto vero) tali fenomeni non avrebbero ragion d’essere.

 L’agonismo animale, detto altrimenti capitalismo, si è radicalizzato e perpetuato come “alchimia finanziaria” attraverso una metamorfosi di cui nessuno parla: la moneta, naturalmente passiva come tutti gli strumenti, è diventata “potere attivo” (perché conveniente ad una proprietà privata senza limite e capace di giustificare tutte le omissioni e tutti gli abusi del pubblico potere). Sulla moneta attiva si è instaurata la monetocrazia, la peggiore di tutte le possibili dittature perché tradisce quel diritto e quella legalità in nome dei quali viene instaurata. Per vedere quanto sia mostruosamente antieconomico il capitalismo monetocratico si pensi al caso in cui, in presenza di materiale edile, di tecnici e di manodopera sufficienti, non sia possibile costruire poniamo un ospedale – per mancanza di soldi! – o al caso in cui, in presenza di chi non ha nemmeno pane, si distruggono tonnellate di agrumi – per mantenere il mercato!

Il neoliberismo distrugge le proprie stesse regole (deregolazione, devoluzione) e liberalizza l’arbitrio del privato (“meno Stato e più privato”), cioè il crimine, e la globalizzazione è anzitutto la mondializzazione dell’alchimia della moneta attiva che ora molto grottescamente si cerca di camuffare dietro la tutt’altro che nuova “politica della carità” estesa ai moribondi del Terzo Mondo. A quando un corso di alfabetizzazione in scienza sociale, cioè logica, giuridica, economica e morale, degli addetti alla gestione della vita pubblica?