LA SOGLIA DELLA VIOLENZA:
L’ATTENTATO DELL’11 SETTEMBRE AL CUORE
DELL’IMPERO CAPITALISTICO
di Tiziano Tussi
Vorrei sottolineare due aspetti dell’attentato compiuto ai danni degli USA, l’unica super potenza mondiale, l’11 settembre. Il primo è quello del superamento di una soglia, l’altro riguarda la violenza.
Come molti analisti hanno sottolineato una soglia è stata attraversata. L’impressionante sequenza di attentati, accompagnati da diretta televisiva che li hanno ancora di più resi eccezionali, ha lasciato sgomenti il mondo intero. Non così è accaduto per altri attentati effettuati in altre parti del mondo. Pochi anni fa erano state fatte crollare due ambasciate USA in Africa, Kenia e Tanzania, con centinaia di morti. Nessuno sgomento mondiale. Altri esempi si possono fare ma il risultato è sempre quello: morti che non contano dato che non sono accadute nel “cuore dell’impero”. E’ vero, così come ha detto il presidente Azeglio Ciampi, “l’Italia è in lutto”. Per i comunisti però il senso da dare è che essendo in lutto il capo branco anche i cani del tiro da slitta sono in lutto. Ma è anche vero che ci si può sentire di più in lutto ora che non dopo un attentato effettuato in parti del mondo nelle quali vi sono culture lontane da quella Occidentale. La comune partecipazione ad uno stesso intendimento culturale fa certo sentire più vicino ogni accadimento si svolga in una zona di questa area. Ma non dovrebbe al contempo fare dimenticare, ai comunisti, che gli USA sono storicamente una fetta parte malata di detta cultura. Militarismo, sfruttamento, egemonismo hanno sempre accompagnato la loro esistenza sin dall’inizio del 1800, la dottrina Monroe sull’egemonia nel continente americano. La definizione interscambievole che accomuna i termini di USA e di America fa riflettere. Una nazione che vuole ed ha l’egemonia diretta su tutto un continente, con la noiosa, per essa, eccezione di Cuba, è un dato reale. Ma la vittoria di categorie del pensiero cristiana e medianica assieme hanno fatto sì che dopo l’attentato i carnefici del mondo – invasione del continente americano, a ripetizione, Vietnam, Iraq, Kosovo: solo per citare a caso – si siano trasformati in vittime. E qui entra in funzione l’attraversamento della soglia. Se vi fosse stato un attentato ”normale”, come quello accaduto sempre a New York, oggetto le stesse torri, nel 1993, non si sarebbe creato questo effetto mondiale. Allora nessun lutto planetario, nessuna richiesta di alleanza mondiale da parte della presidenza USA. Solo esecrazione ecc. ecc. Ma l’avere portato aerei pieni di gente comune addosso a grattacieli pieni di gente comune con migliaia di morti comuni ha fatto compiere un salto di qualità alle conseguenze del dopo attentato. Rottura dell’inviolabilità del cielo e dello spazio USA, morte di migliaia di persone, assoluta gratuità ed inutilità militare di quel gesto terroristico, lotta psicologica ad una nazione intera ed al mondo occidentale foriera di reazioni che svilupperanno contro reazioni a catena, in ogni luogo: il caos mondiale, forse. Ma per che cosa? Questa non pare una domanda significativa. Per ora è stata superata una soglia quantitativa impressionante e quindi la qualità dei rapporti internazionali cambierà in modo forse non controllabile. Si voleva proprio questo? Molto meglio il caos prossimo venturo che la stagnazione di troppe situazione attuali: evidentemente ciò dovrebbero aver pensato gli organizzatore degli attentati. Colpire gli USA sul loro territorio in modo così pesante non può non dare inizio ad un lungo periodo di indeterminatezza globale con non chiaro orizzonte verso il quale andare. Naturalmente pare superfluo, ma è meglio dirlo: per i comunisti gli attentati terroristici sono un’azione reazionaria contro le lotte per l’autodeterminazione dei popoli, per la democrazia e la libertà di vita di intere popolazioni. In qualsiasi pare del mondo accadano ed in qualsiasi modo avvengano.
L’altra questione è quella della violenza. Il
quantitativo di violenza impiegato è stato eccezionale. La forza che si è
sviluppata in questo attentato dimostra che la potenza degli organizzatori non
deve esser sottostimata. Una potenza generalizzata sviluppa sempre forza che a
volte usa la violenza. Mi sono subito venute alla mente le discussioni della
violenza che hanno accompagnato le recenti manifestazioni in Italia, compresa
quella di Genova di luglio, prima che questa accadesse e dopo che era stata
fatta. Tutti si dicono pacifisti e pretendono da ognuno la rinuncia alla
violenza. Pronti a scacciare la violenza dai loro cuori, a manifestare con
palloncini e striscioni che inneggiano alla pace. A cosa può servire un simile
armamentario morale di fronte ad azioni terroristiche ed alle parole di Bush ed
amici, Berlusconi, Blair ecc ecc.? A
nulla. Il settimanale “Vita”, di area cattolica, mette in copertina, alla
metà di settembre, un salmo del Vangelo che in pratica dice, tradotto: è
accaduta una tragedia, preghiamo. Non è né molto innovativo né molto moderno.
La preghiera cattolica ha duemila anni di vita. Ci sono i leoni nel circo
Massimo: preghiamo. Nessuno “pensa”di dire ad un cattolico che è
vetero-cattolico, ma tutti sono pronti a dirlo ad un comunista. E “per
fortuna” non c’è più l’URSS, l’attentato sarebbe stato sicuramente
addebitato ad essa. Cuba non è presa in considerazione per ovvi motivi, così
come la Corea del Nord e la Cina – e questo dovrebbe fare riflettere. Per
fortuna non sono stati i comunisti. Anche la Libia è fuori della lista dei
probabili organizzatori. Il nemico ora è l’islamico, il violento islamico. La
violenza torna prepotentemente a livello mondiale per causa sua. La reazione che
molti si aspettano, e che i cloni casalinghi di Bush si affrettano a ripetere a
coazione, deve essere anche violenta mettendo in campo l’uso della forza in
modo impressionante, per fermare, fare fallire, definire, distruggere la
“questione terrorismo”. In modo veramente imbecille, come se ci credessero
davvero – ve ne sono molti in televisione che hanno ripetuto e ripeteranno
simili sciocchezze –, molti rappresentanti della destra italiana, Berlusconi
in testa, hanno fatto l’eco al simil presidente degli USA, incoronato grazie
ad un broglio elettorale e veramente rappresentativo del nulla culturale di quel
Paese. Come se un bombardamento eliminasse il terrorismo, come se l’uccisione
di qualche capo guerrigliero islamico risolvesse la questione. In tutti i casi
la violenza, espressione di forza organizzata da parte delle potenze mondiali è
ritenuta necessaria. Il pacifismo serve solo a lucidarsi l’anima ma non cambia
in nulla le cose. Bisognerebbe ritornare a dirlo con forza: occorre essere
pacifici, non pacifisti. Anche questo impatto psicologico tremendo è stato
ancora una volta reso evidente dall’impatto degli aerei dirottati da
terroristi sugli obiettivi a terra negli USA.