Lombardia:
un esempio concreto verso la distruzione del diritto allo studio
di Tiziano Tussi 

L’uso dei buoni scuola per spostare risorse pubbliche verso la scuola privata sta prendendo sempre più piede. La Lombardia è un popolata regione apripista di questa politica nel concreto. Dall’anno scorso è in vigore una legge che ha dato risultati molto squilibrati nel senso indicato.

L’applicazione della legge sui buoni scuola della regione Lombardia ha sollevato, al momento del suo bilancio, tra ottobre e novembre, una grande discussione nel Consiglio regionale. Un’elaborazione dei dati da parte del gruppo consiliare di Rifondazione Comunista ha rimesso in gioco tutta la materia, con accuse e contraccuse tra lo stesso partito e l’assessore regionale all’Istruzione e Lavoro Alberto Guglielmo. In questione vi sono proprio i punti cardine di tutta la legislazione. Dall’anno scorso in Lombardia, così com’è accaduto anche in altre regioni, quali l’Emilia Romagna, è entrata in funzione, per l’anno scolastico 2000-2001, una legge che prevede l’erogazione di un bonus scuola che doveva coprire il 25% dei costi scolastici per tutte quelle famiglie di studenti che sarebbero rientrati nei requisiti che la legge aveva attivati: un reddito massimo pro capite per ogni componente della famiglia di sessantamilioni; una franchigia di quattrocento mila lire come limite minimo per fare scattare qualsiasi rimborso; un massimale di reintegro spese di due milioni, che salivano a tre, in caso di studenti con handicap. Il capogruppo di Rifondazione Comunista, Gianni Confalonieri, illustrando l’analisi dei dati, forniti dallo stesso assessorato, ha rilevato che la stragrande maggioranza delle domande prodotte ed accettate, che comunque risultavano essere solo il 5% sul totale della popolazione studentesca regionale, forte di circa 900mila studenti nelle scuole statali e quasi 80.000 in scuole private, sono inerenti proprio a situazioni scolastiche del settore privato. La percentuale è del 98,7% contro l’1,3% del settore pubblico. In totale sono stati erogati 58 miliardi che sono stati ripartiti nel modo conseguente le percentuali riportate. Per di più vi sono state erogazioni proprio a famiglie che hanno redditi alti, da trenta a sessanta milioni lordi pro capite ipotizzando quindi, per lo meno, redditi totali famigliari che variano da  90 a 180 milioni. Altra curiosità: alcune migliaia di domande prospettavano un reddito negativo ed addirittura 1.806 redditi dichiarati vanno dalle zero lire a cinque milioni lordi l’anno. Appare quindi difficile pensare alla possibilità di pagamento – sempre nei commenti di Rifondazione - di una retta di scuola privata che si aggira mediamente, con differenze che variano secondo il livello di scuola, attorno ai dieci milioni. Le domande che provengono da studenti del settore pubblico sono state solo seicento, con un rimborso esigua causa della franchigia che impedisce a  moltissimi famiglie di richiedere il reintegro totale delle spese sostenute. L’assessore regionale, all’opposto, legge i dati, del resto non contestati, forniti da Rifondazione Comunista, come una vittoria delle legge stessa in quanto, si legge in un suo comunicato, sono il 75% sul totale le “famiglie che possono beneficiare del buono scuola lombardo che hanno un reddito  inferiore ai trenta milioni, ed il 50% ha un reddito individuale lordo inferiore a 20 milioni di lire. Molti degli studenti che frequentano la scuola libera appartengono quindi ad un ceto medio basso e a famiglie che devono sostenere sacrifici economici per una libera scelta educativa.” A parte la singolare dizione di “scuola libera” che sta per scuola privata, l’assessore ricorda che comunque non è nelle competenze del suo assessorato la certificazione degli importi dichiarati, essendo questa di pertinenza di un altro livello dell’amministrazione pubblica. Ed anzi sulla spinta di questo successo la maggioranza del Consiglio regionale è decisa ad innalzare la percentuale di rimborso al 50% delle rette per il corrente anno scolastico. Rifondazione Comunista chiederà comunque di abolire per lo meno la franchigia per poter permettere così anche a tutti gli studenti della scuola pubblica l’accesso alla domanda di rimborso ed un tetto massimo di reddito famigliare, e non individuale, di sessanta milioni lordi. (Tiziano Tussi)