Oggi
mi ritrovo a scrivere una della pagine più buie della mia vita. Credevo di aver
sofferto abbastanza, credevo di avere visto molto, credevo che la mia vita
sarebbe potuta essere diversa, invece mi ritrovo in preda ad una crisi
esistenziale che è destinata a cambiare radicalmente il corso della mia storia
personale. Per tanti anni sono stata affascinata dalla tecnologia,
dall’informatica, dal sogno americano.
Volevo
essere un informatico, volevo viaggiare, vivere il sogno americano, volevo
essere al loro livello, volevo condividere con il mondo tutto quello che il
progresso aveva contribuito a costruire. Il mio sogno era Internet, la grafica,
il software, ma sentivo spesso dentro di me una parte che rinnegava tutto questo
e mi rendeva inconcludente.
Ora avevo deciso di
realizzare i miei desideri e iscrivermi all’università per prendere la laurea
in Informatica che così tanto avevo desiderato e che la mia famiglia mi aveva
sempre impedito di conseguire, ma è successo qualcosa che ha distrutto il mio
sogno, che mi ha fatto capire che non è possibile per me perseguire questo tipo
di vita.
La
guerra ha cambiato la mia vita. La guerra mi ha messo di fronte ad una realtà
che da sempre ho voluto ignorare e una mattina mi sono ritrovata ad aprire un
libro e a chiedermi: “a chi potrà mai giovare tutta questa tecnologia che
semina morte e distruzione?”. Da quel momento è iniziato il cambiamento. Ho
iniziato a vedere cosa c’è veramente nel mondo che non funziona, che la pace
e la fratellanza dei popoli non si persegue con la tecnologia, ma con
l’impegno sociale e umanitario.
Ho
trovato fuori tutto un mondo che non conoscevo, fatto di persone che ignoravo.
Smettendo di girare sempre sola in macchina e cominciando ad utilizzare i
servizi pubblici mi si sono aperti orizzonti inaspettati. Sono entrata in
contatto con realtà che erano al di fuori della mia ovattata vita di impiegata
e figlia unica viziata. Ho visto extracomunitari spaventati dagli occidentali,
portatori di handicap che avevano solamente bisogno di essere trattati come
persone umane e normali, barboni dormire alla stazione, anziani trattati con
assoluto disprezzo da giovani come me e sorpresi dal fatto che qualcuno si
interessasse a loro. Tutto questo ha cambiato la mia vita, una vita che volevo
mettere al servizio di tutto quello che ha contribuito a creare un disagio
sociale evidente, ma che molti (come me) preferiscono ignorare, che ha
contribuito a impoverire due terzi della popolazione umana, che ha contribuito a
portare morte e distruzione indiscriminata in ogni luogo fosse economicamente
rilevante e ha volutamente ignorato conflitti e situazioni internazionali che
sono ormai decenni che attanagliano il vivere di una moltitudine di popoli,
solamente perché non vi sono interessi condivisi da alcuni governi o dalle
multinazionali.
Ora
vorrei solo poter essere di aiuto anche solo ad un essere di questa terra
bisognoso del mio amore e della mia solidarietà.
Vorrei
essere un barelliere di Emergency in Afghanistan oppure lavorare per i bambini
di tutto il mondo, essere utile all’umanità, essere viva.
Anche
se questo mi portasse a vivere in un angolo remoto della terra, anche se questo
non farà di me una persona che verrà ricordata. Farà però di me una persona
viva, felice di dare il mio contributo verso chi ha veramente bisogno. Sono
circondata da tutto ciò che materialmente non voglio e continuo a vivere in
mezzo a persone che non posso aiutare solo per il fatto che non so come
aiutarle, chi contattare, dove poter trovare un lavoro socialmente utile.
Nella
moltitudine di enti ed associazioni che esistono è difficile muoversi, è
difficile trovare chi ha bisogno di una persona in più, si finisce per girare e
rigirare senza una meta.
Vi
prego pertanto di aiutarmi.
Qualora
abbiate la possibilità di indicarmi qualcuno che abbia da offrire un qualsiasi
lavoro socialmente utile segnalatemelo, datemi indicazione degli indirizzi a cui
posso rivolgermi.
Ritengo
non ci sia nulla che non si possa imparare e che non ci sia nessuno che non
possa avere bisogno di una persona in più.
Grazie.
Maria
Elena Amato