Mi
sembrava importante, in una rubrica dedicata allo sport, ospitare questo brano
di un libro interessante e particolare, con la piccola ambizione di ricordare
quanto la battaglia per lo sport, lo sport popolare, lo sport plurale, lo sport
per tutti e tutte, lo sport da vedere e da praticare sia una grande risorsa, un
bisogno, un’esigenza che, spesso, è fuori da un programma e da un progetto
per inserire “elementi di socialismo” nella società oggi e parte
essenziale, per uomini e donne, senza limiti d’età, per edificare una società
migliore. Il “movimento” è anche lo sport e mutare lo stato di cose
presente deve educarci a valorizzare i tempi della vita e la necessità in
questa a liberarne “tanti” per la cultura, lo svago, la ricerca e lo studio,
l’amore e i rapporti con gli altri e intimi… lo sport: dobbiamo interessarci
di tutto, anche delle cose meno evidenti, essere curiosi diversamente sarà più
complesso migliorare noi stessi e il mondo.
Mauro
Pascolini
SMETTERO’
DI PRATICARE LO SPORT
QUANDO MORIRO’
dal libro
« CHE DEPORTISTA »
di William Galvez Rodriguez
Nonostante
le nubi grigie lasciavano prevedere un acquazzone, gli entusiasti giovani non
hanno desistito dal giocare la partita prevista per quel pomeriggio in un
modesto campo di Cordoba.
Per
Ernesto che occupa la posizione di medio scrum, tutto va per il meglio e
la sua squadra, anche se per poco, sta vincendo. Però poco prima della fine il
clima si fa più freddo e un acquazzone, non fortissimo, impregna di acqua i
giocatori. A poco a poco il fango copre i colori nero e celeste e il numero 5
della sua uniforme.
Siccome
il regolamento prevede che si deve giocare anche sotto la pioggia, la partita
non si arresta.
L’acqua
fredda gli prepara un sicuro attacco che non tarda ad apparire.
Il
sudore si mischia con l’acqua e il fango. Il caratteristico ansimare
interrompe la sua respirazione però continua a giocare e continua a incitare la
sua squadra con il respiro affannoso.
Tra
poco finirà la partita.
Sua
sorella Maria osserva la partita e da lontano si rende conto che Ernesto ha un
attacco di asma. Si dispera ma non è capace di intervenire per farlo uscire dal
campo perché sa che lui non se ne andrà.
La
disperazione del fratello è ancora più grande e i pochi minuti che restano
sembrano eterni. All’improvviso riceve la palla e decide di aprire verso
destra. Un avversario cerca il tackle e lui lo evita agilmente. Lascia cadere la
palla e senza sapere come, la calcia con tutte le sue forze osservando come la
palla prende il volo. In quel preciso momento gli manca l’aria, perde i sensi
e cade a terra.
“Guarda
Ernesto: il dottore ha da poco finito di dire che sei arrivato vicino
all’infarto e che non solo non puoi continuare a giocare a rugby ma che devi
lasciar perdere lo sport!” dice il padre con un’espressione accigliata.
“ Figlio,
credo che almeno devi lasciare, per un periodo di tempo, gli sport che
richiedono sforzi elevati” aggiunge la madre con un tono più tranquillo.
“Desidero
dirvi, a tutti e due, che finirò di praticare lo sport quando morirò, perché,
se non lo faccio, veramente mi sento morire” rispose Ernesto disgustato.
“Come
quando era piccolo, i nostri genitori erano sicuri che tutto sarebbe continuato
come prima, perché nulla lo avrebbe convinto del contrario” ci racconta
sua sorella Maria.
Don
Ernesto (il padre): “Ernesto era nato con una conformazione fisica eccellente
però ha contratto una polmonite che lo ha infettato, nella città di Rosario,
quando non aveva che quindici giorni e lo ha lasciato con una propensione alle
infezioni polmonari. A due anni questa propensione diventò crisi con il suo
primo attacco di asma. L’attacco durò molti giorni ed Ernesto rimase marcato
definitivamente da questa malattia, se la trascinò sempre ed è stato un
tremendo ostacolo per tutta la sua vita”.
“Con
il suo carattere d’acciaio ha contrattaccato il male in modo che, con gli
esercizi fisici (principalmente nuoto e ginnastica), è riuscito a superare
questo impedimento ed è diventato un buon nuotatore nello stile farfalla e un
eccellente giocatore di golf.
Poi
ha praticato la scherma, il pattinaggio, l’equitazione, la boxe, il tennis, il
football, il rugby e l’alpinismo”.
In
questa occasione il padre ha dimenticato di ricordare anche il tiro, il
ciclismo, la pallacanestro, il ping-pong, gli scacchi, il motociclismo, i
birilli e nel suo periodo cubano, ha imparato il baseball e il softball.
In
relazione al pattinaggio, ci ha detto Alberto Granado, che lo faceva molto bene
con i pattini a rotelle e che in questa disciplina sua sorella Ana Maria era una
stella...
...
E’ innegabile che da sua madre arrivano ad Ernesto Che Guevara de la Serna le
principali caratteristiche culturali e tra queste il suo attaccamento allo
sport, benché all’inizio, sia lei che suo marito, consideravano necessario e
doveroso assolvere alle prescrizioni mediche con l’indicazione di evitargli
qualsiasi sforzo fisico eccessivo.
Entrambi,
pur prendendo in considerazione la possibilità che il proprio figlio poteva
morire da un momento all’altro, lasciarono briglie sciolte al ragazzo per
praticare tutti i tipi di sport a prescindere dalla sua affezione asmatica.
Fin
da piccola alla mamma piaceva molto il nuoto e arrivò ad essere un’eccellente
e intrepida nuotatrice, capace di coprire grandi distanze.
In
molte occasioni fu anche sul punto di affogare per cercare di attraversare
tratti pericolosi. Ha praticato anche il tennis, l’ippica e l’escursionismo.