Ancien Régime e nuova Italia

Nell'antica Francia, ancor prima dell'Ancien Régime, si soleva pronunciare un adagio di chiara origine romana: "Rex Franciae est imperator in suo regno". Il re, per volontà divina, non era più un semplice suzerain in senso feudale che governava solo sui vassalli bensì un vero e proprio sovrano dei sovrani. Egli, re di Francia, era il depositario della giustizia e della verità, era l'uomo buono e "sensibilissimo", cristianissimo e taumaturgico perché magico. Pare che, mentre Leonardo svolgeva studi di aerodinamica, François I° se ne andasse in giro per la Francia a "toccare" centinaia di malati per curargli la scrofola.
Maghi dunque. Ma anche assolutamente umani, soprattutto se li si faceva infuriare.
Sembra, a giudicare dai libri di storia, che una delle cause più frequenti di collera reale fosse attribuibile all'insubordinazione dei funzionari.
Insubordinazione si può legittimamente tradurre come un'eccessiva indipendenza o libertà del funzionario che, quasi subito, veniva sollevato dall'incarico che ricopriva.
Chi non la pensava come il re non era tollerato.
Era la Francia precedente al 1789. Rispettata e temuta ma non ancora intrisa dei valori di eguaglianza, fraternità e libertà.
Oggi "Rex Arcore est imperator in suo regno".
Il Primo ministro italiano si è reso protagonista di una vicenda che, almeno per la Storia, non è nuova. Se guardiamo indietro, il fatto di liberarsi di un insubordinato, non è una novità. Lo hanno fatto i re assolutisti e i re illuminati, lo hanno fatto i buoni e i cattivi e, tutti i potenti, qualche volta nella loro carriera avranno pur cacciato qualcuno.
Non è dunque la cacciata dell'Ambasciatore Ruggiero ad ispirarmi la simmetria tra l'Ancien Régime e il Berlusconi Régime ma, forse, tutto il corollario estetico e semantico che circonda la figura del Capo dell'attuale governo.
Berlusconi si crede veramente capace di tutto. La sua è una convinzione, non è menzogna.
Come i re, egli si crede capace di rimediare ad ogni male e di rendere felici gli infelici. Il fatto che abbia già "visitato" settantadue Paesi nel mondo, lo convince di essere in grado di fare il ministro degli Esteri. Berlusconi è fermamente convinto di questo, come i re erano convinti di guarire i malati. E' magia. E' il meraviglioso che si fa politica.
Il nostro Premier rinnova le sue convinzioni ogni volta che si autocelebra: "la politica estera la guido io!", "il ministro sarò io.", "gli italiani mi hanno dato fiducia".
Ecco il corollario estetico e semantico che fa di Berlusconi l'erede diretto delle monarchie Ancien Régime. C'è di più: questo metodo di autoconvinzione funziona.
Convincendo se stesso, Berlusconi convince soprattutto gli altri.
Proprio come durante il regime assolutista, il re ha dalla sua il popolo. I contadini, i braccianti, i bottegai e i marcanti dell'Ancien Régime non si sono mai lamentati del re; essi si lamentavano degli ordini privilegiati ma non del re. Così oggi, gli elettori leghisti, se la prendono con i poteri forti privilegiati ma non con il re. Si attacca la grande stampa, la magistratura, i boiardi dello Stato ma mai il re. Perché Berlusconi è buono, onesto e "sensibilissimo".
Berlusconi si circonda di avvocati e giuristi come faceva Louis XIV e, ancora come il Re Sole, cerca di concentrare nelle sue mani tutto il potere.
Berlusconi è cristianissimo. Rispetta la famiglia e, se divorzia, il suo è un divorzio giusto!
A concludere la somiglianza tra Berlusconi e le monarchie del passato c'è il concetto di corte.
La corte di Berlusconi è grande e compatta: tutti difendono il leader, come le api operaie difendono la regina. Vito, Schifani, La Loggia, Buttiglione e tutti gli altri sono i nuovi ciambellani che devono a Berlusconi il fatto di essere diventati nobili per lettera o per carica.
Tutto assomiglia alla Francia pre-rivoluzionaria.
Il re, i nobili, i privilegi, le destituzioni dei dissidenti, il controllo della giustizia, l'appoggio del popolo.
Tutto ricorda sorprendentemente l'antico regime, quello che cadde con lo scoppio della Rivoluzione francese.                                                                               [Massimiliano CARBONIERO]