dal sito http://www.banchearmate.it/home.htm

Dalla Relazione 2002 sull'export di armi
MILLE MILIONI DI EURO ARMATI
Barbara Fabiani

In anteprima, ecco i dati della relazione al Parlamento del 31 marzo 2002 sull'export 2001 delle armi italiane. Da cui si apprende di quanto sono cresciute le vendite, chi le effettuate, tramite quali banche

«Pecunia non olet», dicevano i pragmatici latini, e oggi i loro epigoni sono gli istituti di credito che sulle commissioni delle intermediazioni bancarie per il commercio di armi non avvertono alcun odore di sporco.
Dalla relazione annuale al Parlamento sull'export di armi, in attuazione alla legge 185/90, sappiamo che nell'anno 2001 sono state rilasciate complessivamente 583 autorizzazioni per transazioni bancarie, delle quali 503 per operazioni di esportazione di armi e tecnologia ad esse applicata per un valore di 610milioni 574mila euro (pari a circa 1.200 miliardi di lire).

Quartetto di testa
Il numero di autorizzazioni effettuate nel 2001 è aumentato del 33,4% rispetto al 2000, ma il loro valore complessivo è diminuito del 26,1%.
Stiamo parlando del trend finanziario del commercio delle armi, in altre parole è il registro dei conti, cosa leggermente diversa dal trend economico che si è riscontrato attraverso le autorizzazioni all'export concesse.
Sono quattro gli istituti di credito che si sono aggiudicati il 57% delle transazioni bancarie; tra queste le «fedelissime» Banca Nazionale del Lavoro (17,1%), Banca di Roma (11,7%) e Credito Italiano (9%), ma colpisce in particolare Bipop-Carire che per il 2001 si aggiudica il primo posto (con il 19,4 % delle transazioni) tra gli istituti finanziari che fanno da appoggio a tale commercio. E lo fa con due sole autorizzazioni, una verso all'Arabia Saudita e una per la Svezia, Bipop-Carire ha coperto i due maggiori destinatari delle esportazioni del 2001, in particolare la Svezia con oltre 127milioni di euro (molto probabilmente per riscuotere il pagamento dei richiestissimi elicotteri Augusta A109). Un nome quello di Bipop- Carire che negli ultimi mesi è più volte comparso nelle cronache finanziarie per i guai in cui quest'istituto di credito di Brescia è incappato. Sembra infatti che si siano verificate gravi irregolarità sulla trasparenza, su cui ci sono ancora indagini e verifiche in corso. Non solo, pare che, a seguito delle sue gravi difficoltà, la Bipop-Carire sia ora in via di acquisizione da parte della Banca di Roma. Quest'ultima con un acceso interesse in questo mercato, in cui interviene sia spendendo direttamente il proprio nome che quello delle sue affiliate. Fece così nell'anno 2000, quando la Banca di Sicilia, affiliata Banca di Roma, fornì i suoi servizi per la fetta più grossa delle transazioni di quell'anno, una sostanziosa commessa della Agusta verso l'Arabia Saudita.
Coglie un po' di sorpresa, poi, leggere ancora il nome di Credito Italiano (63 autorizzazioni per 54 milioni di euro) nella lista in questione, quando la primavera dello scorso anno il presidente del gruppo Unicredito, Francesco Cesarini, abbia dichiarato ufficialmente la rinuncia a transazioni per il commercio di armi anche per le affiliate.

Chi rinuncerà?
«Come avevamo avvisato, si tratta della regolarizzazione di impegni presi in precedenza» - dice Vittorio Borelli responsabile delle relazioni esterne di Unicredito. "I dati in questione riguardano linee di credito precedenti, che possono essere anche quinquennali, contratte con aziende e non per settore. Il nostro disimpegno probabilmente comincerà ad essere visibile nei dati del 2004".
"Dal gennaio 2001 non sono però state più aperte linee di credito finalizzate al commercio di armi", conclude Borelli.
Una menzione speciale se la merita anche il Gruppo Bancario San Paolo Imi, famoso per aver lanciato i fondi etici ma che non per questo ha rinunciato ad un buon 8% delle transazioni per l'esportazione di armi per 37milioni 481mila euro (70 miliardi di lire circa). Voci non confermate sostengono che il Gruppo San Paolo starebbe cercando di avviarsi verso la decisione presa da Unicredito, ma che sarebbero i suoi azionisti a frenare.
Altre voci sostengono che il Monte dei Paschi di Siena sarebbe tentato di confermare quella mezza intenzione espressa lo scorso autunno di rinunciare anch'esso a questo tipo di operazioni finanziarie; grazie anche al lavoro di sensibilizzazione di Medici senza frontiere di cui sono la banca d'appoggio da due anni e che continua a fare «pressione dall'interno». Per ora dalla relazione sull'export di armi si sa che Monte dei Paschi di Siena mantiene ancora un 2,3% circa delle transazioni.
Altre banche italiane con percentuali significative sono Intesabci-Banca Commerciale Italiana (7% circa) e Intesa-Banca Ambrosiano Veneto (3,3%). Tra le straniere attive in Italia il Banco Bilbao Vizcaya (7%), la Barclays Bank (4,5%) e il Banco Santander Centrale (3%).

Barbara Fabiani
(b.fabiani@vita.it)