"E’
una scelta dettata da ragioni politiche, per nulla caratterizzata da appigli
religiosi e morali ",
così don Vitaliano Della Sala, il sacerdote progressista di Sant’Angelo a
Scala (Avellino), replica al provvedimento di censura ecclesiastico
notificatogli lo scorso 23 novembre dal reggino monsignor Salvatore Nunnari. Una
sospensione a “divinis” che ha scosso l’opinione pubblica ed ha diviso il
composito mondo cattolico, che vede protagonisti uno scomodo prete di frontiera,
da sempre impegnato affianco dei soggetti più deboli della società, dei
“Davide” di turno contro i “Golia” locali e globali, e l’ex parroco
della chiesa del Soccorso ed oggi arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi.
Apprendiamo
dalla viva voce di don Vitaliano le tappe di una vicenda, ancora poco chiara,
che fa tornare in mente i momenti più oscuri dell’Inquisizione e del potere
temporale. "In
questi giorni è ricorso in Irpinia il 20° anniversario del tragico terremoto
del 1980, che ha completamente devastato la zona. Erano in programma tutta una
serie di iniziative per commemorare le vittime e ringraziare i volontari che
allora accorsero da ogni parte d’Italia",
fino a qui nulla da eccepire, secondo il sacerdote. Se non fosse che queste
manifestazioni "hanno
finito col trasformarsi in passerelle politiche, in tribune elettorali, alla
presenza di quei personaggi che hanno contribuito alla cattiva gestione dei
fondi per i terremotati".
Svariati miliardi di cui si ignora la destinazione finale, visto che, a distanza
di due decenni, buona parte della popolazione vive ancora nei prefabbricati, nei
container cancerogeni imbottiti all’amianto.
La
sola “colpa”
di don Vitaliano, che ha fatto esplodere la collera dell’arcivescovo Nunnari,
sarebbe quella di aver dato voce, assieme a numerosi giovani del luogo e
di altre città campane, alle proteste di chi ha subito la “ricostruzione”
sulla propria pelle. Il sacerdote, noto per il suo sostegno alle
lotte contro il neoliberismo ed ogni forma di discriminazione (prese parte anche
al corteo del Gay Pride), non rinnega nulla di quanto ha compiuto giovedì
scorso, partecipando alla contestazione del presidente del Senato Nicola
Mancino. Qualche slogan contro i politici di turno, uno striscione ironico su ci
vi era scritto “Terremoto infinito, un affare di stato” ed il tentativo di
intervenire al Consiglio comunale aperto di Sant’Angelo dei Lombardi. Nulla di
eclatante, insomma.
Si
è trattato di un atto di disobbedienza civile, pacifico e motivato, del quale
non mi vergogno minimamente, dice don Vitaliano, in risposta alle accuse di
“maleducazione” e di “irresponsabilità” formulate da monsignor Nunnari,
il quale non ha esitato a mettere all’indice il prete ribelle, interdicendolo
dall’attività religiosa nella diocesi sotto la sua giurisdizione. Con la
minaccia di intervenire presso il Vaticano, per “dare una drizzata” ad un
uomo di fede considerato troppo al passo coi tempi.
Ma
don Vitaliano, per niente intimorito, rilancia la sua autodifesa.
In una lettera aperta indirizzata all’arcivescovo reggino scrive:
"Devo
essere condannato per aver cercato di smascherare l’impostura di una cerimonia
utile a eludere, ancora una volta, le responsabilità? E’ evidentemente
diventato molto grave dissentire dalla maggioranza politica di centro-sinistra
che governa in Italia, tanto grave da scomodare direttamente un vescovo".
Nel frattempo, da ogni angolo del Paese giungono al sacerdote attestati di
stima. Solidarizzando con don Vitaliano, qualcuno ha voluto ricordare che anche
Cristo fu considerato un sovversivo,
un “ribelle” che non esitò a scacciare i mercanti dal tempio…
Omar
Minniti