DONNE VIOLENZA E POVERTA'
Mi chiamo Anna Costantin, sono fondatrice dell'associazione internazionale per
il welfare, il WIA, sono anticlericale, e come femminista appartengo al
Crossroads Women's Centre di Londra. Il Crossroads Women's Centre ha organizzato
lo Sciopero Mondiale delle Donne ed è composto da una decina di collettivi che
rappresentano le donne più povere ed emarginate della società, le quali
lavorano accanto a femministe storiche. Il Crossroads Women's Centre analizza a
fondo i problemi delle donne di tutto il mondo, trovando un'unica risposta
valida per tutte : vincere la povertà, che colpisce prevalentemente le donne,
attraverso il riconoscimento del valore delle donne, della loro vita, e di tutto
il lavoro da esse svolto per gli altri, anche all'interno della famiglia. Il
Crossroads Women's Centre chiede il salario per il lavoro familiare: ciò non
significa stipendio alle casalinghe che stanno a casa senza far niente, ma
riconoscimento economico di tutto il lavoro di assistenza ai figli e ai parenti
o conviventi malati o anziani. Il lavoro svolto dalle donne in casa ha un valore
economico immenso, e tutta la società crollerebbe se le donne smettessero di
lavorare in casa. Secondo le stime degli studiosi di economia, lo stipendio
delle madri di famiglia dovrebbe essere altissimo, e ammontare a circa 80
milioni
al mese!. Lo Stato potrebbe pagare le casalinghe se convertisse le spese
militari in spesa sociale. Se noi donne non possiamo chiedere subito uno
stipendio così alto per il lavoro familiare, dobbiamo però almeno esigere la
sicurezza economica per tutte e l'eliminazione della povertà, seguendo
l'esempio dei Paesi Nord europei. Le femministe hanno sempre saputo che
per emanciparsi, le donne hanno bisogno dell' indipendenza economica. La
sicurezza economica è
indispensabile per vivere dignitosamente, per sfuggire alle situazioni di
violenza e per non perdere i figli.
La risposta del femminismo anni '70 è stata : "Per avere sicurezza
economica le donne devono lavorare al pari degli uomini, anche a costo di
limitare le nascite, rinunciare ai figli e ad una vita familiare serena ".
La risposta del femminismo attuale è : "Non rinunciamo alla famiglia e ai
figli. Abbiamo diritto alla sicurezza economica sia se lavoriamo fuori casa, sia
se lavoriamo in casa avendo cura dei figli e dei parenti. Vogliamo essere libere
di scegliere se stare con i figli o anteporre la professione. Non dobbiamo
essere obbligate a svolgere il doppio o il triplo lavoro,
dentro e fuori casa".
L'obiettivo delle femministe degli anni '70, quello di far lavorare tutte le
donne al pari degli uomini, è fallito, sia perché la metà delle donne di
fatto è rimasta a casa, sia perché le madri che hanno trovato un lavoro fuori
casa spesso hanno pagato amaramente la loro scelta, dovendo faticare fuori e
dentro casa, realizzandosi a stento sia come madri che come
professioniste, lavorando il doppio o il triplo degli uomini per ricevere salari
più bassi.
Qual è la situazione attuale delle donne nel mondo? Secondo le stime dell'ONU,
le donne svolgono i 2/3 del lavoro, ricevono il 5% dei guadagni e possiedono
l'1% dei patrimoni. Questi dati bastano per delineare uno stato di schiavitù
delle donne, costrette a lavorare più degli uomini, senza diritti e senza il
dovuto riconoscimento economico e giuridico. Se nei Paesi poveri la situazione
è più evidente e più grave, anche nei Paesi ricchi lo stato di schiavitù
esiste, ma spesso passa inosservato, tale è il grado di assuefazione al sistema
maschilista e patriarcale.
Essere private dei diritti e del denaro necessario per vivere dignitosamente, è
il tipo di violenza contro le donne più comune e diffuso.
E' violenza la guerra quotidiana delle donne povere , la guerra per la
sopravvivenza.
E' guerra con donne assassinate, violentate, private dei figli. C'è guerra
soprattutto negli strati più deboli e poveri della popolazione, tra prostitute,
madri separate, madri nubili, casalinghe, studentesse, lesbiche, immigrate,
disoccupate e donne lavoratrici in nero o povere.
C'è un nesso inequivocabile tra povertà e violenza, ma ciò non vuol dire che
i poveri siano violenti, anzi, è vero il contrario. La violenza dei poveri,
costretti dalla necessità a rubare o a vendere droga, viene sempre scoperta
e punita duramente, mentre la violenza dei ricchi è ben nascosta, trova sempre
delle giustificazioni e delle vie per sfuggire alla giustizia.
I poveri sono le principali vittime della violenza.
Povertà è violenza perché la fame e la mancanza di medicine uccidono.
La povertà è violenza perché costringe le donne a prostituirsi, o a convivere
con familiari o uomini pericolosi per sé e per i propri figli. La povertà
costringe le donne ad accettare lavori pericolosi, o a lavorare in luoghi
solitari e orari inconciliabili con il normale andamento della vita familiare.
La povertà è violenza perché molto spesso è causa, soprattutto nei Paesi
cattolici, dell'allontanamento dei figli dalla famiglia d'origine. Togliere i
figli alle madri è una minaccia orribile, che incombe un po' su tutte le madri
povere, inducendole a nascondersi o ad emigrare.
La pratica di dare in affidamento o in adozione i bambini poveri, chiuderli in
un orfanotrofio o in una casa famiglia, è una violenza atroce, gratuita e
senza senso, perché costa mille volte di meno allo Stato aiutare economicamente
le madri e le famiglie povere, piuttosto che pagare gli istituti.
Mi sono interessata quest'estate a 3 casi di allontanamento dei figli dalle loro
famiglie d'origine, ho scritto ai giudici, ho conosciuto bene le persone
coinvolte, adulti e bambini, ed ho partecipato al loro immenso dolore per la
violenza e l'ingiustizia delle istituzioni. Questi fatti succedono nei Paesi del
Sud Europa, i Paesi latino-cattolici quali Spagna e Italia, dove c'è molta più
povertà, molta più ingiustizia, soprattutto contro le donne.
Nei Paesi Nord europei non cattolici, è molto più difficile che un giudice
decida l'allontanamento dei figli, perché le madri sono molto più ricche e
rispettate che in Italia, perchè la povertà è stata praticamente debellata
attraverso un'equa distribuzione delle ricchezze, grazie al welfare .
Che cos'è il welfare? Il welfare è lo Stato Sociale, un insieme di leggi ed
istituzioni che provvedono ai bisogni delle persone economicamente più deboli,
quali le madri nubili o separate, gli anziani, i malati, gli studenti e i
disoccupati.
Il welfare Nord europeo, oltre a garantire una vita dignitosa e indipendente per
tutti i connazionali maggiorenni, permette anche allo stato di tenere sotto
controllo la disoccupazione, obbligando i disoccupati a cercare e ad
accettare le offerte di lavoro. Solo le persone che non possono lavorare, tra le
quali figurano anche le madri con figli in età prescolare, percepiscono il
reddito sociale senza il dovere di cercare ed accettare offerte di lavoro.
Il welfare Nord europeo, con i suoi ammortizzatori sociali, contrasta la
divisione in classi, il consumismo e la tendenza alla sopraffazione. Il welfare
crea una società armoniosa, saggia, onesta, civile, responsabilizza i
cittadini, rafforza lo Stato ed elimina la povertà, la quale può essere una
spinta verso la devianza e verso la criminalità. Il welfare agisce anche
sull'individuo, perché dalle società migliori nascono gli individui migliori,
creando un circolo virtuoso.
Torno ora al tema della violenza.
La violenza è una spirale, una catena che deve essere spezzata. La violenza si
trasmette di padre in figlio e da persona a persona: l'uomo picchia la donna,
questa picchia il figlio, il figlio picchia i compagni, e così via, fino a
quando qualcuno non riesce a frenare l'impulso dell'odio che gli è stato
trasmesso.
Ci sono due tipi di violenza: la violenza fisica, che si manifesta nei piccoli
con il bullismo, fino a divenire, negli adulti, stupro, rissa, guerra.
L'altro tipo di violenza è psicologica e morale, e consiste nei forti
condizionamenti e minacce, nello schiavismo, nell'emarginazione e
nell'esclusione.
Il confine tra violenza psicologica e violenza fisica si assottiglia quando il
maltrattamento psicologico ha delle conseguenze sul fisico o sulle condizioni
materiali della persona.
E' violenza morale la diffamazione e i pregiudizi nei confronti dei diversi :
prostitute, lesbiche, ragazze madri, donne separate e donne vittime di violenza.
L'ingiustificata cattiva reputazione di queste donne è causa di emarginazione e
povertà. E' dovere del femminismo combattere contro i pregiudizi cattolici e la
diffamazione che colpiscono i diversi. E' nostro dovere capire e conoscere a
fondo le persone, piuttosto che condannarle.
La più orribile delle violenze è la guerra militare tra popoli, ma credo che i
conflitti militari spesso abbiano origine dalla guerra quotidiana per la
sopravvivenza, la guerra dei poveri e contro i poveri.
Per questo motivo non si elimina la guerra militare, se non si eliminano prima
la povertà ed i conflitti all'interno della società.
Le donne subiscono violenza fisica e psicologica più degli uomini, a causa
della loro maggiore vulnerabilità. Vulnerabilità significa avere una minore
forza fisica, una più bassa posizione sociale, un reddito inferiore, una minore
protezione sociale ed un maggiore attaccamento ai figli. Il legame che unisce
madri e figli è generalmente più forte del legame tra padri e
figli, per motivi fisiologici e culturali. Parlare di violenza alle donne o di
violenza ai bambini è la stessa cosa, perché madri e figli vivono un rapporto
simbiotico. Se un figlio subisce violenza, anche la madre la subisce, e
viceversa. Per questo motivo le donne sono più vulnerabili degli uomini.
Vulnerabilità significa anche essere criticate per motivi quali l'ordine della
casa, il vestiario, l'orario di lavoro, gli svaghi e i divertimenti, tutto ciò
che l'uomo fa liberamente, e la donna non può fare .
A causa della loro forte vulnerabilità, le donne hanno bisogno di una maggiore
protezione da parte dello Stato. Questo principio di sostegno speciale per le
madri, è stabilito dalla Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, ma largamente
disatteso dai Paesi cattolici.
Ho classificato in questo modo i generi di violenza sulle donne: - violenza
morale e istituzionale, riconducibile alla mancanza di giustizia, di leggi e di
istituzioni che garantiscano alla donna i diritti della persona umana;
- violenza diretta sul corpo delle donne, dovuta alla mancanza di
anticoncezionali, alla violenza del parto ospedalizzato, all'imposizione
dell'allattamento artificiale, all'isteroctomia, all'infibulazione, e allo
stupro.
- violenza di tutte le religioni maschiliste, le quali esercitano un'influenza
politica e psicologica determinante contro l'emancipazione femminile, favorendo
ogni tipo di violenza contro le donne.
Non si può essere femministe e, allo stesso tempo, cattoliche. Femminismo e
cattolicesimo sono inconciliabili, bisogna essere coerenti su questo punto. La
chiesa è l'istituzione maschilista per eccellenza, con una gerarchia che
esclude le donne dal potere. La politica criminale della chiesa nei confronti
dei Paesi poveri, vieta alle donne l'uso degli anticoncezionali, il miglior
mezzo per eliminare la fame nel mondo.
Le donne dei Paesi poveri desiderano il controllo delle nascite, e non vogliono
vedere i propri figli morire di fame e di malattie. La chiesa è violenta perché
obbliga le donne a partorire figli indesiderati e a vederli
morire di fame o in guerra. La chiesa è falsa, perché a parole dice di
difendere la vita, ma in realtà ama la morte e tutto ciò che le appartengono:
la sofferenza, il sacrificio, il dolore.
Ovunque la chiesa è il principale nemico delle donne, anche nei Paesi ricchi:
dove maggiore è la presenza e l'influenza cattolica, minore è
l'emancipazione delle donne e l'affermazione dei loro diritti. Per questo chiedo
a tutte le femministe di chiarire bene la loro posizione nei confronti della
chiesa e di tutte le religioni che calpestano i diritti fondamentali della
persona. E' importante sapere che la chiesa non ha sottoscritto la Dichiarazione
dei Diritti Fondamentali dell'Uomo. Per questi motivi le femministe devono
collaborare con i movimenti laici e anticlericali per abrogare il Concordato ed
il potere temporale della chiesa!
Per questa forte corrispondenza tra movimento anticlericale e movimento
femminista, ho chiesto alle femministe di partecipare alla settimana
anticoncordataria che si terrà a febbraio a Roma, ed ho chiesto agli
anticlericali di partecipare alle iniziative dell'8 marzo.
Per quanto riguarda la violenza fisica subita dalle donne, ho accennato alla
mancanza di medicine e pratiche mediche che proteggano le donne dalla violenza
fisica e psicologica delle gravidanze indesiderate o aborti. Vorrei
cominciare dall'argomento più attuale: la pillola del giorno dopo, un metodo
contraccettivo sicuro, indispensabile per la sicurezza delle donne. La pillola
del giorno dopo finora usata in Italia consisteva in un dosaggio altissimo di
ormoni, molto dannoso per la salute umana. La pillola usata nel resto d'Europa,
invece, è molto meno dannosa per l'organismo. L'Italia per ultima si prende
cura della salute delle donne, mentre tutti gli altri Paesi europei l'hanno già
fatto da decenni.
Altro metodo contraccettivo più importante della pillola del giorno dopo, e
illegale nel nostro Paese, è la sterilizzazione, il metodo più sicuro e più
usato in tutta Europa. La sterilizzazione volontaria non ha effetti collaterali
sulla salute della donna ed ha effetti sicuramente benefici sulla qualità dei
rapporti con l'altro sesso e , in generale, sulla vita delle donne. In molti
casi la sterilizzazione salverebbe famiglie intere dalla catastrofe, per esempio
nel caso in cui i giudici tolgono i figli ai
genitori a causa dei troppi figli e dei pochi denari. Ma la legge italiana vieta
la sterilizzazione, e l'ignoranza di certi operatori sociali dissuade dalla
scelta di questo semplice intervento chirurgico. Ciò avviene in Italia, mentre
in Europa la sterilizzazione è legale, ed in alcuni Paesi viene eseguita
gratuitamente.
Per quanto riguarda il parto, dobbiamo incoraggiare la nascita non violenta in
ospedale o in casa, lasciando il più possibile alle donne la scelta di dove e
come partorire. Per molte donne è disumano il modo in cui si partorisce negli
ospedali, con una continua e gratuita intromissione del personale ospedaliero
nel corpo della donna, la deportazione del neonato
subito dopo l'espulsione, l'ambiente inadatto a favorire un evento naturale che
richiede la massima cura anche dal punto di vista psicologico.
Per quanto riguarda lo stupro, usciamo dall'ambito scientifico-medico, per
rientrare nella violenza delle istituzioni. Allo stupro non c'è rimedio, a
parte la pillola del giorno dopo e l'aborto.
L'unica soluzione veramente valida è la prevenzione. Per eliminare le
situazioni a rischio di violenza sessuale, non basta informare le donne ed
educare gli uomini, ma è necessario individuare le persone a maggior rischio di
violenza fisica, le quali sono: prostitute; mogli o conviventi di uomini
violenti; donne che per motivi di lavoro frequentano luoghi e persone
pericolosi. Per dare a queste donne la possibilità di evitare gli stupratori,
occorre debellare la povertà e l'insicurezza economica che gettano sulla strada
il 70% delle prostitute, costringono alla convivenza forzata le mogli di uomini
pericolosi, e inducono le donne ad accettare lavori pericolosi notturni o in
luoghi isolati. Mi spiego meglio: una casalinga che non abbia la possibilità di
lavorare, per motivi di famiglia, personali o semplicemente perché il lavoro
fisso non si trova, non può scappare da un marito violento perché non ha i
mezzi economici per farlo. Solo con il ragionevole aiuto economico dello Stato,
il welfare, senza limiti di tempo, potrà ricostruire una vita per sé e per i
propri figli. Ciò avviene in Europa, ma in Italia non ancora: i centri di
accoglienza per le vittime di violenza sono troppo pochi, e non accettano donne
oltre un limitato periodo di tempo, troppo breve per chi deve dimenticare le
violenze e ritrovare il coraggio di andare avanti.
Inoltre ogni donna ha una storia diversa, e non si può dare a tutte lo stesso
tempo e le stesse condizioni per trovare casa, lavoro, sicurezza. Per quanto
riguarda le prostitute, le quali, come ho già detto, quasi sempre si vendono
per mancanza di alternative e per mancanza di mezzi economici per vivere e per
mantenere la loro famiglia, occorre prima di tutto eliminare la povertà,
principale causa del loro stato.
Inoltre occorre legalizzare le cooperative di prostitute, in modo che coloro che
preferiscono avere la protezione dello Stato siano protette dalla polizia,
mentre coloro che preferiscono dare i soldi alla malavita possano continuare a
farlo di nascosto, come già accade ora. Anche le donne che scelgono per piacere
di prostituirsi, hanno diritto ad una vita dignitosa e senza violenza. Ma la
sessuofobia impera anche tra le femministe, le quali vorrebbero semplicemente
eliminare le prostitute. Questo atteggiamento è assurdo. Quando le prostitute
non saranno più diffamate e odiate, ma considerate persone, a volte anche molto
intelligenti ( ricordiamo le etere degli antichi greci), le donne avranno fatto
un enorme
passo in avanti. Le prostitute che lavorano in una cooperativa corrono meno
rischi di stupro, di morte, di contagio e di diffamazione rispetto alle
prostitute di strada.
Per questi motivi chiediamo la legalizzazione delle cooperative di prostitute,
contro ogni forma di proibizionismo fallimentare.
La violenza delle istituzioni contro le donne: è la peggiore delle violenze
all'interno delle società civili. Lo Stato italiano è violento perché
calpesta i diritti umani delle donne quando è assente e non garantisce
giustizia, servizi, informazioni e valida assistenza economica e giuridica in
caso di maternità, malattia, anzianità, disoccupazione, separazione dal
coniuge o dal convivente. Lo Stato è violento quando irrompe nella vita
delle persone strappando i bambini dai genitori, gli anziani e i malati dalla
loro casa. I poveri, ma anche la gente comune, sanno che è meglio non fidarsi
dei servizi sociali, così come
non si fidano dello stato. I servizi sociali attualmente non hanno gli strumenti
e la formazione necessaria per aiutare i bisognosi. I risultati del loro lavoro
spesso sono deleteri perché tendono a stigmatizzare i poveri e i diversi,
incolpandoli del loro stato e punendoli, anziché curare le cause del male.
In questo modo non si spezza la spirale della povertà e dell'emarginazione,
anzi si accresce.
Grazie al Governo di sinistra degli ultimi anni, si sta avviando la riforma del
welfare, con grandi benefici per le donne. Vigiliamo affinché le nuove norme
vengano applicate correttamente, e costantemente migliorate. C'è ancora molto
da fare per migliorare il welfare. Il nuovo sussidio di maternità per le madri
povere è ancora basso e insufficiente per vivere: il sussidio dovrebbe
essere corrisposto almeno fino al raggiungimento dell'età scolare dell'ultimo
figlio nato. Tale sussidio dovrebbe permettere alle madri di svolgere le loro
funzioni genitoriali senza ostacoli e senza l'obbligo di svolgere
contemporaneamente altri lavori extra-domestici. I figli trascurati dalle madri
o affidati a nonni, zii, asili e baby-sitter, corrono maggiori rischi
rispetto ai bambini allevati dalle loro madri. Inoltre è naturale che una
madre desideri stare vicina il più possibile ai figli negli anni più
importanti della loro formazione e della loro crescita.
Il rispetto della maternità dovrebbe essere la base fondamentale di ogni teoria
femminista, ma purtroppo in Italia non è così: si discute ancora sulla scelta
della maternità, come se le madri fossero colpevoli di aver scelto di seguire
la loro natura. Non ha molta importanza per la società il perché si diventa
madri: dovrebbe essere una libera scelta individuale. E'
più importante rispettare e proteggere la maternità. Le femministe dovrebbero
chiedersi perché le italiane scelgono di "non" fare figli. In
Italia la maternità ha perso molto valore e significato, perché c'è
l'obbligo, per motivi economici e culturali, di anteporre la professione ai
figli, e non ha molto senso mettere al mondo un figlio per farlo allevare ed
educare da altri. Per questo motivo l'Italia ha il più basso tasso di natalità
del mondo.
All'estero, al contrario, le femministe si battono in primo luogo per
l'affermazione dei diritti delle madri, e dedicano le loro organizzazioni alla
"tutela dei diritti riproduttivi delle donne" o al riconoscimento
economico del lavoro familiare.
Per concludere, l'appello che secondo il mio parere dobbiamo rivolgere alle
donne, alle istituzioni nazionali e sovranazionali, è il seguente:
siamo stanche di partorire figli non voluti e di vederli morire di fame e di
malattie: esigiamo la disponibilità di tutti i mezzi per il controllo
delle nascite in tutti i Paesi poveri e ricchi!
Siamo stanche della gerarchia cattolica maschilista, con la sua assidua ed
intramontabile inquisizione contro le donne!
Siamo stanche del potere quasi interamente maschile nei Paesi cattolici!
Siamo stanche di subire violenza dai padri, dai mariti, dai datori di lavoro e
da chiunque, senza i mezzi economici, la giustizia e le strutture necessarie per
difenderci dalla violenza!
Siamo stanche di vederci portare via i nostri figli o di subire la minaccia del
loro allontanamento!
Siamo stanche di vendere il nostro corpo e la nostra anima costrette dalla
povertà!
Siamo stanche di dover fingere di star bene, per non essere ulteriormente
umiliate ed emarginate dalla società!
Siamo stanche di svolgere tanti lavori contemporaneamente, dentro e fuori casa,
senza orari, senza asili, senza nessun riconoscimento economico e morale!
Chiediamo :
-l'abolizione del Concordato e del potere temporale della chiesa cattolica;
-il continuo miglioramento del welfare e dell'organizzazione sociale attraverso
la traduzione e lo studio dei modelli di Stato Sociale Nord europei;
-la corretta applicazione in tutta Italia del nuovo modello di welfare, la legge
da poco approvata, con l'obbligo del controllo delle istituzioni, anche per
mezzo della raccolta di reclami e denunce anonime in cassette esposte al
pubblico, installate in tutti gli uffici del comune e nelle scuole.
- l'obbligo per tutti i comuni italiani di informare bene la popolazione
riguardo ai diritti e ai servizi offerti dal comune, tramite opuscoli chiari,
sintetici ed esaurienti, esposti in tutti gli uffici comunali;
- il giusto riconoscimento del valore morale, sociale ed economico del lavoro
svolto dalle madri e dalle donne che si occupano in casa di figli e familiari
malati o anziani, lavoro che raramente viene svolto dagli uomini.
Il salario per il lavoro familiare deve permettere alle madri di restare accanto
ai loro figli almeno fino al compimento dei 6 anni dell'ultimo figlio nato.