"the DIGITAL CONFUSION"
di
Elio Lamari
Crediamo di essere ad una svolta epocale, crediamo di aver raggiunto un livello di tecnologia tale
- ci dicono che siamo soltanto all’anno zero - da pensare che potremo
facilmente “dominare” il mondo, gli elementi, la vita.
Infatti siamo alla vigilia della cosidetta “Digital
Collision”, cioè per la prima volta nella storia dell’umanità tutto
sarà amministrato, elaborato, trasmesso, appreso, pensato e, soprattutto
vissuto da un solo, enorme, onnipresente sistema, Il digitale. Dal lavoro alla
vita privata, dall’economia agli affetti, dal sesso alla banca, dalla spesa
alla scuola, dalla cultura alla politica. Ieri il timido floppy, il cd-rom, oggi
il satellite, la pay-tv, la payperview, la Virtual Reality, il 3D, il DvD,
l’e-mail, l’e-commerce, l’e-bussiness, il wap, l'umts e domani
l’homework, i programmi neurali, il teletrasporto.
E
qui casca l’asino. L’aumentare della
diffusione e delle prestazioni dei mezzi in questione e la sempre maggiore
facilità d’uso degli stessi fa sì che aumenti un rischio, quello di sempre:
equivocare
il mezzo con il
fine. E così la conoscenza o addirittura la padronanza
degli strumenti in questione verrà CONFUSA con la capacità e la sensibilità
di usarli. Non ci renderemo più conto che di mezzi, di
strumenti, di utensili
si tratta. Un buon libro, un bel quadro sono più
importanti della penna per scriverlo, del pennello per dipingerlo o del
martello per appenderlo. Ecco perché io la definisco la “Digital Confusion”. Intendiamoci il pericolo di equivocare tra
mezzo
e fine è sempre esistito. In passato i contenuti delle arti, della
poesia, della letteratura, del teatro, del cinema, e della stessa buona
televisione hanno sempre dovuto difendersi dai loro rispettivi “strumenti”.
MacLuhan docet.
Con
una differenza: che gli strumenti, appunto, erano diversi e molteplici. Quando,
per esempio, il
“Cinema Italiano” in gran parte è caduto prigioniero nella trappola
del mercato televisivo ed è stato sostituito dallo “strumento”
cinematografico per fare audience in televisione, ci hanno pensato le altre arti
a riempire il vuoto culturale. E si potrebbe continuare con altri esempi.
Una nuova tecnologia, un nuovo strumento non ha mai arrecato danno. Il problema, da sempre, ne è l’utilizzo che ne fa l'uomo. Il problema è l’uomo. Una nuova tecnologia, quasi sempre, genera libertà. Libertà da antiche schiavitù. Quando fu inventata la fotografia, per esempio, la prima conseguenza fu il liberare la pittura dalla schiavitù del dovere rappresentare la realtà. La pittura poté così scrollarsi di dosso il realismo, volare verso orizzonti altri e alti, per poi magari riapprodare al realismo o iperrealismo ma per scelta espressiva e stilistica e non per obbligo. Quindi il problema, dicevamo, è l’uomo. La rete, le reti e tutte le diavolerie che riusciremo ad inventare potranno essere semplicemente “usate”. Non si tratta né di demonizzare né di mitizzare il pennello, lo strumento, perché concentrando su quest’ultimo la nostra attenzione, correremo il rischio di non riuscire più a distinguere tra un quadro scarabocchiato da me - che sono notoriamente un bel cane - anche con una matita in mano - e uno dipinto da Caravaggio.
Il problema, dunque, non sono le tecnologie e gli
strumenti tecnologici, per quanto avanzati, ma l’utilizzo che ne fa l’uomo.
Infatti questa elementare verità si sta sempre più
dimostrando valida. Ora si parla del controllo di internet
per “catturare” i
pedofili in rete, come se il problema fosse il comportamento di alcuni “malati di mente”,
che come tali andrebbero trattati. Costoro sono "consumatori"
-
attraverso internet e non solo - di materiale immondo prodotto da altri i quali non sono malati ma semplicemente delinquenti.
Sono quest'ultimi infatti a violentare, seviziare - e non so che altro - per
rappresentare, fotografare, filmare, distribuire e mettere in rete, creandone un "mercato".
Il vero problema, in questo caso è l’ennesimo ingresso della criminalità organizzata
internazionale - con
il suo potere economico e con tutte le sue complicità e connivenze - in un determinato settore, quando ne sente odore di
profitto. Noi,
invece, quando sentiamo parlare di controllo della rete, sentiamo odore di
censura.
Al di là
delle polemiche e delle strumentalizzazioni politiche, ribadiamo fino alla noia
il teorema del mezzo e del fine: in questo caso la rete non esiste. Non esiste in
quanto non ha valori sociali, giuridici e soprattutto morali. Internet è, come
tutti gli altri “strumenti” di cui sopra, un utensile,
un semplice “attrezzo” (anzi
complicato) fatto di connessioni, dorsali,
doppini telefonici, fibre ottiche, modem, host, ecc. E’ il contenuto che l’uomo vi immette
che, fin troppo ovviamente, assume dignità di valori. Quindi, internet, più diventerà lo
strumento principe, più sarà lo specchio fedele dell'uomo e della sua società, miserie
comprese. Ma, paradossalmente, è anche attraverso
l’uso di questo strumento che l’uomo potrà combattere le
proprie contraddizioni, a
patto che restino intatti i connotati
della rete di libertà e di libera circolazione delle idee.
La dimostrazione è la guerra feroce che gli hackers
- i maghi "pirati" della rete e nemici dell'establishment - hanno dichiarato a chi usa internet a
fini pedopornografici producendo siti e diffondendo questi materiali. State pur certi che non c’è procura della repubblica
che potrà ottenere risultati altrettanto efficaci. D’altro
canto pare che, addirittura, l’F.B.I. si stia accordando con loro per averne
la collaborazione in questo specifico. Quindi il gioco degli specchi e delle
scatole cinesi aumenta.