PER UN'EUROPA DEL LAVORO

INTERVISTA A LUIGI VINCI
Capogruppo del PRC al Parlamento Europeo
a cura di Julio Schwarsberg

D: come vedi l'Europa in questa fase di nuova globalizzazione politica ed economica ovvero quanto siamo un "satellite" degli Stati Uniti d'America?

R: Non è un problema semplice. L'Unione Europea è un'area del pianeta economicamente forte e politicamente importante dal punto di vista strategico per la gestione del sistema capitalistico mondiale. Credo che gli Stati Uniti abbiano bisogno dell'Europa. E' un bisogno strategico: altrimenti da soli non ce la farebbero. Non esiste un rapporto simile a quello che gli USA hanno con l'America Latina, per esempio, o con i  Paesi produttori di petrolio del Medio Oriente o con la Turchia. Al tempo stesso gli USA è la potenza dominante sul pianeta non solo economicamente ma anche militarmente, tecnologicamente e finanziariamente. Avendo il monopolio della moneta sul pianeta questo gli consente di far pagare agli altri il proprio deficit di bilancio. Quattrocentomilamilioni di dollari che scaricano su altre nazioni. Esportano la loro inflazione. l'Europa non è, attualmente, un'alternativa anche perché non esprime una posizione unitaria. Il Prodotto Interno Lordo dell'Europa è maggiore rispetto a quello degli USA ma il basso ritmo nella crescita, il ritardo nello sviluppo tecnologico e nell'organizzazione "autonoma" militare si deve soprattutto al frazionamento, all'assenza di politiche comuni. Complessivamente noi spendiamo più degli americani nell'area militare e, comunque,  il rapporto di forza che si determina  è ribaltato. L'ultima crisi nei Balcani ci ha dimostrato che l'Europa non è in grado di risolvere politicamente questioni dirompenti neanche se dovessimo accettarne la sola drammatica riduzione militare. Gli Stati Uniti hanno usato politicamente il conflitto con la  Yugoslavia. Questo coinvolgimento, dopo la caduta dell'URSS e del Patto di Varsavia, ha permesso agli americani di tornare ad essere importanti in Europa. La concorrenza tra i paesi più forti dell'Europa per stabilire dei rapporti privilegiati con gli USA ha indebolito l'area e favorito gli USA. E' stata consolidata una presenza americana nel continente. Infine in tutti i centri decisionali importanti assistiamo a vere e proprie battaglie tra USA ed Europa: G8, OCSE, WTO.  L'Unione Europea, in queste sedi, ha una doppia logica di comportamento:  una prodotta dalla divisione politica e l'altra dalla necessità di presentarsi uniti sui mercati tentando di competere alla pari con gli americani. Non possiamo tralasciare le componenti culturali dell'Europa e il bisogno di pace interna dopo mille anni di guerra che, indubbiamente, incidono sulle politiche economiche sociali: questo bisogno d'unità la porta ad una moneta unica che vuole competere con il dollaro e a rivedere la sua politica militare. Tentativi, tuttavia, che  funzionano poco:  basta vedere la debolezza dell'Euro. La nascita d'un imperialismo europeo appare ostacolata da una difficoltà oggettiva di fronte a frazionamento e divisioni. Non esistono politiche fiscali e industriali unitarie e anche questo indebolisce l'Euro nonostante esistano politiche convergenti imposte dai trattati comunitari. Ogni Stato  fa da sé. La Banca Europea non trova interlocutori validi e non sa con chi devono parlare per elaborare delle politiche finanziarie mentre negli USA la FED ha nel governo americano il suo interlocutore concreto e non casualmente concordano in cinque minuti il da farsi.
 
D: Ma questa realtà , questo bisogno di "voler costruire" un imperialismo europeo come si rapporta con la tanto chiacchierata Carta dei Diritti ?

R: La Carta dei Diritti sicuramente non tutelerà i  
lavoratori. Corrisponde all'idea di procedere verso una  ostituzionalizzazione dell'Unione, ma in modo liberale. L'Unione, nonostante l'opposizione inglese,  vuole istituzionalizzare tramite questa Carta la sua stessa esistenza. Somiglia nella sua costituzione ad un organismo statale di tipo confederale e questo richiede che vengano meglio definiti i diritti dei cittadini, gli assetti istituzionali, il rapporto tra gli Stati. I trattati esistenti dovrebbero unirsi alla nuova Carta per realizzare, appunto, un passaggio verso la istituzionalizzazione. Una Carta dalle evidenti caratteristiche liberali, regressiva in confronto alle Costituzioni di tipo democratico che in Europa esistono. Una Carta in stile Ottocentesco che propone soltanto dei diritti individuali. Valga come esempio quanto si afferma riguardo il diritto di sciopero che in questa Carta appare come ultimissima alternativa alla negoziazione mentre si riconosce il diritto di "serrata" dei padroni. Ovviamente a novembre quando si voterà in Parlamento noi voteremo contro.
...Ho fatto un solo esempio.

D: Un argomento sul quale Democrazia Popolare sta lavorando molto e da tempo, non raramente isolata, è contro la militarizzazione della società dentro la dottrina della sicurezza emisferica. Cosa ci puoi dire in proposito? Del resto, in Italia, riguardo la decisione di approvare confusamente un esercito professionale, l'unico partito che ha espresso una posizione politica chiara è stato proprio il PRC attraverso l'intervento realistico del senatore Giovanni Russo Spena.

R: Una cosa di cui nessuno tiene conto è che dall'inizio dell'anno si è accelerato il processo di militarizzazione dell'Unione Europea. Costruendo nuovi apparati militari, trasformandoli in strumenti d'intervento rapido, centralizzando i "comandi operativi", raccordati alla NATO soprattutto per quanto  riguarda i satelliti e l'aviazione strategica, oggi l'Europa è in grado di mobilitare 60.000 uomini altamente professionalizzati in pochi giorni. Senza che i giornali parlassero di questo L'Unione Europea ha organizzato "un modello militare" che la mette in grado d'intervenire anche autonomamente e non solo nelle crisi europee. Riguardo a una politica imperialistica europea uno dei pochi risultati ottenuti è quello militare: Dobbiamo ragionare seriamente di questo.

D: Volevo, Luigi, farti un'ultima domanda: quali sono le proposte per una seria politica agricola in Europa?

R: Questo è un grande casino: l'orientamento è quello di ridurre la spesa per l'agricoltura. Sappiamo che il bilancio dell'Unione oggi è finalizzato quasi al cinquanta per cento nell'agricoltura. Ottantamila miliardi di lire l'anno che, di fatto,  privilegiano le zone più forti, le fasce più alte. Questo comporta e comporterà dei guai soprattutto se riflettiamo sull'allargamento ad Est, con l'ingresso della Polonia e dell'Ungheria nell'Unione, ovvero di Paesi fondamentalmente agricoli e di una seria consistenza ma attraversati da grandi problemi. Le spese che l'Unione destina verso le zone svantaggiate oggi corrisponde ai quindici Paesi membri, i fondi strutturali non saranno modificati, il bilancio non sarà modificato e l'ingresso di nuovi Paesi produrrà degli squilibri. E' stato già deciso, infatti, che fino al 2006 la spesa non sarà modificata. Si valuta che in tre o quattro anni trecento o quattrocentomila aziende cosiddette marginali dell'attuale Unione Europea dovranno chiudere e questo comporterà alcuni milioni di disoccupati, abbandono di  territori,
ecc. Il calcolo è semplicissimo: entrando altre nazioni a far parte dell'Unione la stessa cifra ridotta va spalmata su una platea più allargata.

Volevamo ringraziarti per il tuo contributo d'idee che può aiutare noi, chi ci legge e tanti compagni e compagne, a capire meglio questo nostro continente e in questo una giusta lotta per unire quello che il padrone divide verso un necessario rinnovamento, nonostante la nostra stessa crisi, democratico e socialista dell'Europa: volevamo salutarti con una piccola e modesta frase di un latinoamericano, come me che ti ho intervistato, sperando di aver riportato bene le cose comunicate: "non abbiamo bisogno di nessuna rivoluzione che ci aspetti. Uno la rivoluzione ce l'ha dentro. E la porta di qua e di là. come i bagagli": Noi sappiamo che tu la stai portando in Europa anche per noi, per ogni combattente pratico.