LETTERA
DAL CARCERE DI VOGHERA
di Andrea Perrone e Carmelo Musumeci
Come detenuti E.I.V. di Voghera abbiamo bisogno d'interlocutori seri, di
uomini e donne della società civile disponibili a discutere con noi sulle
nuove tematiche carcerarie. Ci sentiamo parcheggiati nel limbo, situazione
incerta e indefinibile per mancanza di risposte e atti concreti, abbiamo
incontrato esponenti politici del Consiglio Regionale Lombardo, grandi
discussioni con belle parole di speranza ma tutte circoscritte nell'ambito
di "cavolo che situazione di cacca", ma non vogliamo fermarci a
questo,
vogliamo continuare il percorso intrapreso per valutare insieme, ma
soprattutto conoscere in concreto, le nuove direttive trattamentali e le sue
possibili applicazioni chiedendo in questo caso l'eliminazione della
differenziazione che rende la popolazione detenuta disuguale
nell'applicazione della pena, negli affetti, ma soprattutto "disuguale
davanti alla legge". Per questi motivi, e non solo, stiamo lavorando alla
realizzazione di un
convegno all'interno del carcere di Voghera: una base di
discussione
per avere risposte certe da parte degli operatori politici, penitenziari,
volontari, culturali, per capire meglio la giungla
interpretativa dei decreti emanati da questo Governo e per dare un segno
tangibile della nostra volontà
e voglia di partecipazione agli eventi in
atto...
Vogliamo capire, come uomini coscienti, con la propria storia di
tragedie e
privazioni, perché molti uomini politici di questo Stato
continuano a concepire
il carcere come istituzione punitiva e repressiva, ed
hanno paura di farsi carico
del carcere come luogo comunitario dove
convergono e si accentrano le problematiche sociali come in qualsiasi altra
comunità, e come comunità sociale non deve essere lasciata alla deriva ma si
deve intervenire, in modo razionale e cosciente per superare
quelle barriere
etiche ed ideologche che hanno e che continuano a caratterizzare questi
non-luoghi.
Definire gli spazi di detenzione solamente in rapporto
pena-espiazione vorrebbe dire
relegare uomini e donne all'oblio, all'ozio,
alla negazione della creatività ma
principalmente alla negazione di farsi
una coscienza critica. Il nostro ordinamento specifica concretamente che
bisogna mettere a disposizione tutti gli strumenti possibili, ma soprattutto
creare le condizioni favorevoli per il
reinserimento del condannato, e
quello che interessa più di tutto è capire quali sono gli strumenti perpotersi inserire in quel percorso rieducativo sancito da tutti i nostri
ordinamenti. Ma la cosa che non è molto chiara è il perchè delle limitazioni
sottoposte ai detenuti sotto regime E.I.V., limitazioni che, di fatto,
sanciscono la non usufruibilità del trattamento rieducativo (o perlomeno approssimativo) e la non partecipazione alle attività ricreative culturali
finalizzate alla realizzazione della personalità...
Il perchè di quest'idea
di incontrare uomini e donne che interagiscono con il carcere, ci viene dal
fatto che attraverso le agitazioni degli ultimi mesi nella stragrande maggioranza delle carceri italiane, si è riusciti ad imporre alla società
civile un problema che non si sa per quali motivi è stato rimosso e
assoggettato allo Stato solo come questione risolvibile attraverso la repressione e l'emergenza e cioè la "comunità carceraria".
Se non si
tiene conto che il carcere è una parte fondamentale dell'insieme societario al pari di qualsiasi altra aggregazione sociale e culturale, se non si tiene
conto che il carcere è l'insieme della conflittualità che convive nella
nostra società, se non si tiene conto del carcere come momento alto di
confronto politico e democratico... allora significa che il
"classismo" è
realmente parte integrante di una nuova governabilità istituzionale... noi,
comunque, invitiamo al dialogo... noi, come uomini detenuti, coscienti
dell'evoluzione in atto, non possiamo rimanere impassibili alle proposte che
permetteranno miglioramenti all'interno della vita carceraria.
Le nostre
riflessioni nascono dal profondo dell'anima, nascono attraverso una presa di
coscienza determinata anche da una lunga carcerazione alle spalle...
Instaurare relazioni produttive fa parte di quel percorso risocializzatore
tanto decantato almeno da quella parte della società che si sente investita
per un reale cambiamento, valori che non si possono tirare fuori dal
cilindro o a secondo della situazione o della convenienza, ma valori che
devono essere innati e che devono rendere gli uomini consapevoli del fatto
che
per cambiare in meglio questo nostro vivere quotidiano bisogna partire da se
stessi, bisogna mettersi in gioco, accettando sfide che sulla carta
potrebbero
risultare perdenti, ma che nella propria coscienza, e per la propria
coscienza, diventano momenti di grande liberazione.
... Istituire anche in Italia, come in Francia, una Commissione d'Inchiesta
sulle carceri,
costituita da politici, associazioni, tecnici nelle varie
discipline e competenze, nonché rappresentanti del vasto mondo del
volontariato, coinvolgendo reclusi e operatori sarebbe una grande
innovazione: sarebbe un contributo al Parlamento affinché conosca seriamente
quali sono i problemi, quali le possibili soluzioni.
In realtà, in conseguenza dei cambiamenti strutturali ed economici globali, anche la classe politica odierna ha "dovuto" adeguarsi, per cui i
problemi o
le tematiche sociali che sono parte integrante del convivere e della
conflittualità quotidiana, come momento di analisi sociale per trovare
soluzioni che migliorino il presente, non vengono presi in considerazione, perché affrontare i problemi reali
vorrebbe dire far emergere ciò che sono le
caratteristiche di una società complessa e diversificata nel suo vivere
quotidiano e per una classe politica dedita solo all'immagine, al benessere
personale, all'economia virtuale, affrontare concretamente queste questioni
diventa controproducente al proprio essere. Vogliamo chiarezza e il modo
migliore è parlarne incontrandosi. Siamo consapevoli delle difficoltà che
s'incontreranno durante il percorso ma, perlomeno, vogliamo provarci.
La
fantasia e le idee non ci mancano.
APPUNTI DI DISCUSSIONE
"E' assolutamente sbagliato imputare alla democrazia le carenze politiche
di
uno Stato democratico: dobbiamo piuttosto imputarle a noi stessi. Dipende da noi migliorare le cose perchè le istituzioni democratiche non possono
migliorare se stesse"
Facciamo appello ad una mobilitazione per chiedere integralmente
l'applicazione delle normative vigenti: va condannata sia la violenza dei
delitti che quella della reazione agli stessi almeno per evitare la
duplicazione della violenza e, quindi, rendere il carcere compatibile con i
diritti della persona. Nelle carceri italiane non trovano applicazione i
principi che regolano l'ordinamento giuridico, la Costituzione, la naturale
finalità della pena, il rispetto della persona umana, né le norme
internazionali del Diritto ivi inclusi trattati e convenzioni pur
sottoscritti dall'Italia.
E', altresì, pericoloso per il diritto di un
individuo sottoposto a processo ogni tipo
di legislazione premiale basata
sulla delazione, senza riscontri oggettivi di quanto dichiarato da criminali
riconosciutosi in cambio della non carcerazione.
Prevedere che per alcuni
reati o residui di pena nella misura del possibile, che non rappresentano
emergenze particolari, carceri aperte o semiaperte, pene alternative
all'esterno del carcere, per esempio lavori di pubblica utilità, e ogni
analoga misura a favorire la risocializzazione, prevedere e aumentare il
ricorso a regimi di semilibertà secondo modalità che permettano al detenuto
sia di conservare un impiego, sia di mantenere contatti reali con i
familiari è un atto di civiltà. Le norme per l'esecuzione della pena
stabilite dal consiglio d'Europa devono essere applicate senza limitazioni
in
tutti gli istituti carcerari. Il controllo concreto della sanità carceraria
va
dato alle USL anche perchè solo in questo modo si possono garantire seri ed
adeguati interventi ai malati di AIDS e a patologie estremamente gravi.
Nelle
carceri va garantita una tutela efficace contro ogni abuso. La Convenzione
Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata e resa
esecutiva
dal nostro Paese con la legge 4 agosto 1955, numero 848, e il Patto
Internazionale sui Diritti Civili e Politici adottati dall'assemblea
generale dell'ONU il 16 dicembre 1966 (legge 25 ottobre 1977, numero 881)
vanno rispettate. Altrettanto necessario è ottenere il principio in base al
quale la detenzione deve avvenire, per ovvie ragioni umane, nella
maggioranza dei casi, in una località più vicina all'ambiente familiare e
sociale d'origine e di residenza. Queste ed altre questioni, riconoscendo le
contraddizioni della società, sono appunti per una prima discussione aperta,
sincera, democratica e propositiva...
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