IL SOCIALISMO È UNA NECESSITÀ BIOLOGICA
di Carmelo R. Viola


Esattamente come quella di soddisfare la fame: chi non può soddisfarla,
muore d'inedia. Parimenti, la società, che elude la necessità del "sociale",
si avvia alla propria disgregazione.

La scienza sociale è l'unica scienza che di solito viene trattata prescindendo dalla sua ragion d'essere. La (scienza) fisica è motivata dalla volontà di conoscere, e possibilmente applicare, le leggi che regolano il comportamento della materia cosiddetta inerte e in particolare dei corpi. La (scienza) medica è motivata dalla necessità di conoscere la fisiologia e la patologia degli organismi viventi in ispecie umani e dalla volontà di conservarne la salute. 
La scienza sociale è motivata dalla necessità di conoscere le condizioni ottimali dell'habitat umano, che è insieme ecologico (naturale) e civile, ovvero di sapere quali sono i bisogni dell'uomo, quali sono i modi e
i mezzi per soddisfarli e cosa succede quando restano insoddisfatti o sono soddisfatti in maniera insufficiente o errata. I bisogni, essenziali, universali, costanti e irrinunciabili, dell'uomo sono  quattro : anzitutto  l'"esserci" (al mondo), poi il sentirsi rassicurati, il potere proiettarsi (navigare) con il pensiero, infine, avere sempre dei simboli con cui identificarsi. Il primo significa potere rispondere alla fame (quella della specie è la sessualità procreativa) e alla richiesta di salute: porta all'economia e alla medicina. Il secondo vuole liberare l'uomo dalla paura dell'ignoto, del diverso e dell'altro: crea l'affettività, la religiosità, produce la politica come tecnica della gestione della vita sociale e limitazione del potere altrui: porta all' organizzazione civile (società). Il terzo è il bisogno di sapere e di proiettarsi al di là della propria finitezza: sostituisce la scienza alla religione ed esalta il sapere e la creatività artistica per sé stessi come modo tutto umano di essere "immortale" come momento di un fluire senza fine.
Il quarto è il bisogno di potere sempre dire a sé stesso ciò che si è: il bambino s'identifica con il proprio corpo, l'adulto anche con ciò che sa di sé e ciò che crea. La crisi d'identità nega lo stesso esserci.  L'uomo risponde a tali bisogni (che sono poi i cosiddetti diritti naturali) dapprima con l'istinto (infanzia); con l'aggiunta della ragione passa all'adolescenza; matura aggiungendo il senso sociale (alias morale). La società si comporta come un organismo vivente e ne segue le fasi evolutive. La primitività è dominata dall'istinto inconscio. L'età intermedia scopre il particolare, l'individuo e l'individualismo, la convenienza dell'immediato: è il medioevo biologico (biosociale) e si chiama
capitalismo. Il capitalismo è il darwinismo animale in veste umana (cioè antropo-tecnologica).

La soddisfazione dei bisogni comporta distruzione, diretta o indiretta, immediata o remota, di qualcosa o di molte cose: solo nella fase animale-primitiva è "autocompensata". Con il capitalismo (animalità + calcolo razionale + uso crescente della strumentalità tecnologica) la distruttività diventa sempre più "scompensata". 
Ogni livello evoluzionale, dell'individuo come della società, è la risultante del suo passato e contiene i presupposti del suo futuro ovvero non è monòcromo ed è caratterizzato dall'attributo dominante. La dominanza dell'istinto primitivo riproduce l'animalità (giungla) Pertanto, la valutazione è globale. Il capitalismo - creativo finché si vuole al proprio interno per effetto del calcolo e dello strumento - è, nella sua globalità, distruttivo, perché, per effetto dei tre attributi (istinto + ragione + strumento) produce una distribuzione di beni e servizi (quindi di potere)
totalmente sperequativa (a chi poco, a chi troppo a chi niente) e quindi conflittualità a catena, la quale distrugge non solo gli uomini, anzitutto come tali, ma anche l'habitat vitale (natura + ambiente civile). Ciò che fa la differenza fra i soggetti (individui e gruppi) - uguali in rapporto ai
bisogni essenziali (pulsioni vitali) - è il modo di rispondere ai bisogni stessi. L'animale carnivoro soddisfa la fame predando altri animali: l'uomo compiuto semplicemente si procura senza violenza ciò di cui ha bisogno,  e lo consuma. L'uomo, che per ottenere lo stesso scopo, uccide o sfrutta, si
comporta anche lui da animale. 
Il modus vivendi capitalistico consiste nella corsa a chi accumula più profitto e più potere, ritenendo questi i parametri migliori per meglio soddisfare ai bisogni (anche se non è vero). Esso, pertanto, è
distruttivo per sé stesso tanto più quanto più potente è la tecnologia di cui si serve.           L'evoluzione avviene dialetticamente. Per comodità discorsiva si chiama tesi il punto di partenza: l'uomo risponde ai suoi bisogni (per altro ancora rudimentali) per istinto. Si chiama antitesi la fase di transizione che razionalizza e potenzia illimitatamente l'istinto, con gli effetti già detti, e si appresta alla fase risolutiva detta sintesi, che è per l'appunto il socialismo, cosiddetto perché esprime l'attributo dominante della socialità Con la predominanza della socialità cessa la predazione, comunque trasposta, come risposta ai bisogni e quindi la distruttività scompensata.
Il socialismo è conservativo (non conservatore!). Ma, mentre il capitalismo è nato spontaneamente come proiezione dell'istinto predatorio primitivo, il socialismo richiede un atto costante di volontà consapevole e responsabile e sembra innaturale e aleatorio solo perché e finché si contrappone ad uno stereotipo psicologico consolidato nel tempo. A questo punto diventa paradossale affermare che il filo conduttore dell'evoluzione civile è l'istinto. L'istinto è un automatismo biologico, che "dice" al soggetto come si deve comportare, ma esso si evolve con ritardo rispetto alle necessità oggettive. Per questo la percezione soggettiva della realtà sociale, essendo dominata dall'istinto animale, dà
responsi errati. Milioni e milioni di persone, per altro sobillate da una propaganda disonesta, hanno visto nel disastro del socialismo sovietico (sperimentale) una forma di liberazione: in realtà si sono soltanto "liberate" dall'obbligo della socialità a favore del ritorno ai piaceri della predazione (per es., della prospettiva di potere diventare ricche pur sapendo di correre il rischio di potere morire perfino di fame!). Il fenomeno di cotale involuzione storica è stato favorito anche da errori tattici di comunisti che, tra l'altro, hanno chiamato dittatura ciò che doveva essere soltanto uno Stato sociale "autorevole". La cosa più grave è che le voci ufficiali della cultura del sociale (giornalisti, sociologi, politologi, economisti, filosofi e studiosi di ogni genere) brancolano nel buio e nel frattempo pretendono di dare lezioni su destra, centro, sinistra, progresso, democrazia e quant'altro usando un mucchio di parole ambigue senza sapere effettivamente quello che vogliono dire. Armando Plebe - facciamo un esempio a caso - ("Libero" del 5.10.00) parla di una cultura di sinistra che ha sempre fondato le sue fortune sul caos (!) e di una "destra che vuol guardare al futuro": espressioni semplicemente senza senso di un.filosofo "trasformista" miserabilmente privo di una visione organica della realtà.              
L'epiteto di sinistra spetta solo, scientificamente, ad ogni movimento verso il sociale perché verso un modus vivendi di rispondere ai bisogni (diritti naturali) senza distruttività scompensata. Quindi niente privatizzazione dell'economia, che è il servizio pubblico per eccellenza, di pertinenza esclusiva del potere pubblico (di tutti) e niente, per ora, federalismo che, nell'attuale contesto, significa solo "privatizzazione del potere"  (cosa ben diversa dalla socializzazione dello stesso).           L'habitat umano è sull'orlo del baratro per lenta ma inesorabile saturazione distruttiva (dall'alienazione psicomentale del produrre beni e servizi per profitto e non per bisogno ai buchi neri nella fascia di ozono) e solo il socialismo (organizzazione sociale del lavoro e quindi modus
vivendi conservativo) potrebbe salvarlo ma per comprendere questo occorre conoscere le istanze biologiche dell'uomo, il meccanismo della crescita civile (dall'istintio animale fino alla coscienza morale) e il crescente rischio dell'autodistruzione (già in atto) per scompenso biologico (biosociale), ma anche sapere maturare nel frattempo l'attitudine alla socialità come un costume di vita, cioè come un automatismo istintivo (che Kant chiamava "imperativo categorico").