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CENNI STORICI  DOLCI TIPICI 
SAMBUCA OGGI  COME ARRIVARE A SAMBUCA
ARTE E CULTURA 

Il testo dei cenni storici e Sambuca oggi, sono tratti dalla tesi di laurea "Cultura e calendario festivo a Sambuca di Sicilia" della Prof.ssa Marcella Armato, anno accademico 1998/'99, Università di Palermo, Facoltà di Lettere e Filosofia.


 

CENNI STORICI

Poche sono le notizie che si hanno di Sambuca prima della conquista normanna. Attraverso le testimonianze di autorevoli storici si può dire con certezza che il paese originariamente non dovette essere altro che un casale arabo sorto attorno a un castello costruito nel lontano 827 da un emiro saraceno sulla estremità di una collina dove oggi sorge il comune. Da lui, sia il castello e sia il casale, presero il nome di "Zabut".
Circa l'etimologia di Zabut, il primo indizio é presente nel documento di Guglielmo II il Buono (1185) con il quale egli donava alla Chiesa di Monreale "La Chabuta seu Zabut". Appare chiaro che Chabuta ("Splendida") in questo documento voleva essere una specie di esplicitazione di Al Zabut (come Al Chabut significherebbe "Lo Splendido"), appellativo guadagnato dall'emiro evidentemente per il suo valore.
Il nome della nostra cittadina per Fazello derivava dal nome arabo dell'emiro, interpretazione che venne confermata da Ignazio Scaturro per il quale Zabut, in epoca medievale, fu variato in Lachabuca, Lachabut, Cabuca e quindi in La Sambua. Recenti studi hanno portato G. Caracausi a sostenere che l'attuale forma Sambuca non è altro che un adattamento paretimologico in cui c'è stata una nuova interpretazione del nome nelle sue origini storiche per mezzo di accostamenti basati su parziali somiglianze di forme, accostamenti di fatto privi di fondamento scientifico. Tale spiegazione permette finalmente di superare le ipotesi "paretimologiche" di quanti hanno fatto discendere il termine da Sambuchetta, ex feudo in cui vegetavano piante di sambuco o da sambuca, strumento musicale a forma di arpa, di cui rimane traccia nello stemma cittadino.
Fino al XIII sec. Zabut fu abitata da popolazione islamica. Essa conserva le tracce di questa sua matrice musulmana nel quartiere arabo, l'antichissimo casale contiguo al castello costituito da un impianto urbano sviluppatosi attorno "a li setti vaneddi" oggi Vicoli Saraceni, viuzze strette con casette basse e modeste destinate allora a soldati e contadini, e nella Fortezza di Mazzallakkar, sulle sponde del Lago Arancio che viene sommersa ogni qualvolta s'innalza il livello del lago.

Del castello non rimane nulla. Abitato fino al 1819, ridotto a carcere comunale, fino al 1830 era in buono stato. Dal 1837 lo si cominciò a diroccare barbaramente e vi furono costruite sopra nuove fabbriche private. Nel 1854, per opera dei missionari Gesuiti, rase del tutto le sue rovine, vi fu ricavato il Calvario, spazioso terrazzo cui si accede mediante una sontuosa gradinata. La storia documentata di Sambuca comincia dal 1089, anno in cui, il casale di Zabut venne conquistato dai Normanni, pervenne al regio demanio e venne aggregato alla Contea di Calatafimi. Nel giugno del 1185 Guglielmo II smembra dalla Contea di Calatafimi il casale di "La Chabuta seu Zabut", e, insieme con Giuliana, Comicchio e Senurio, con un privilegio, lo concede in feudo al Monastero di Monreale.
Federico II di Svevia, re di Sicilia, appoggiato dal papa desideroso di metter fine alla "questione saracena", iniziava contro i musulmani una vera e propria campagna militare. Zabut resistette per due anni, ma poi capitolò nel 1225. I Normanni, distribuendo feudi e castelli, diedero inizio alla feudalità e al baronaggio di fortunate famiglie che, dopo la morte di Federico II, si rafforzarono sempre più, divenendo i padroni delle città e terre della Sicilia. Anche Sambuca fu soggetta a baronie secolari. Infatti, dopo esser appartenuta al monastero di Monreale, nel 1320 Federico II d'Aragona conferì a Pietro Lancia, già signore di Naro, Caltanissetta e Delia, la Baronìa di Sambuca.
Nel 1340 Cesarea Lancia fu dotata dal padre del feudo con il titolo di baronessa e lo recò all'infante Giovanni d'Aragona, suo consorte, figlio del suddetto Fderico II d'Aragona. Di costoro fu erede l'infante Eleonora, la quale, nel 13460, sposa Guglielmo II Peralta, conte di Caltabellotta. La baronessa, alla sua morte (1405), lasciò il castello e il casale a Raimondetto Peralta, figlio di suo figlio Nicolò.
Raimondetto nel 1447 ottenne dal re Alfonso il Magnanimo il privilegio di poter donare la baronìa di Sambuca ad Antonio Peralta, alias De Luna, conte di Caltabellotta, suo nipote. Questi, mel 1448 la vendette a Federico di Ventimiglia, barone di Tripi.
Nel 1453 il figlio di Federico, Giovan Giacomo, ebbe l'investitura di Sambuca che, nel 1485, vendette a Federico Abbatellis. Carlo De Luna Peralta, conte di Caltabellotta, dopo averla comprata, nel 1491 la vendette a Pietro e Gilberto di Bologna. Da allora la Baronìa passo di padre in figlio fino a quando nel 1531 non fu comprata dai Bardi.

Nella prima metà del 1400, in seguito alla guerra di successione al Regno di Sicilia, la Baronìa conobbe un notevole incremento demografico dovuto alla distruzione dei casali di Adragna, Comicchio, Senurio e Terrusio. Infatti, i superstiti, scampati alle scorrerie del Caprera, si rifugiarono nel castello di Zabut, allora forte e ben munito. Accresciuta la sua popolazione, l’adiacente casale, ampliato di nuove fabbriche, venne detto terra e anche università della Sambuca. Nel 1500 ferveva l'attività edilizia. Nel 1537 Pietro Caruso ottenne la bolla per fondare l'Ospedale che prendeva il suo nome.
Il paese conobbe benessere e miseria, prosperità e pestilenze, e, nel 1875, venne colpito dalla peste. Si tramanda che, in questa triste circostanza, la Madonna, che oggi si venera nella Chiesa del Carmine, sia stata trasportata dalla Torre di Cellaro, in cui si trovava, a Sambuca, e che al suo passaggio la peste cessasse. La Sacra Immagine, per aver prestato ascolto ai gemiti degli appestati, prese l'appellativo dell'Udienza, mentre, per commemorare l'evento, venne istituita una solenne processione notturna che tuttora ricorre annualmente la terza domenica di maggio. Nel 1847, venne proclamata compatrona insieme con San Giorgio, già patrono del paese.

Nel 1570, da Baronìa, la Terra della Sambuca venne promossa a Marchesato con privilegio del re Filippo II (Madrid, 15 novembre 1570): Nicolò Bardi Mastrantonio e Centelles, per concessione del re Filippo II, acquistava il dominio della Baronìa di Sambuca e ne diventava il primo marchese. Il figlio Vincenzo fece costruire due conventi: quello dei Riformati e quello dei Cappuccini.
Il terzo Marchese, e ultimo dei maschi della nobilissima famiglia Bardi, fu Ignazio. Dopo di lui, il Marchesato venne ereditato dalle sorelle Giulia ed Elisabetta. Nel 1666 passò ai Beccadelli di Bologna. Pietro Beccadelli ricevette l’investitura del Marchesato recato in dote dalla sua consorte Antonia Ventimiglia, figlia di Elisabetta Bardi e Carlo Ventimiglia.Nel 1600 vennero costruiti palazzi baronali e signorili - Palazzo Navarro, Planeta, Fiore e Oddo -  chiese (Chiesa Madre, Chiesa del Purgatorio, Chiesa della Concezione, Chiesa di san Giuseppe, Chiesa del Rosario, ecc),  monasteri e conventi. Fu un secolo attivo e fecondo per la nostra cittadina che godeva di una buona produzione agricola e di una redditizia attività artigianale. Nelle campagne si coltivava grano, olio, vino, fave, meloni. Fiorente era la manifattura di vasi per olio e recipienti per acqua di ottima creta locale.

Nel 1700 Sambuca conobbe un'ulteriore espansione demografica, crebbe di importanza e di prestigio. In campo artistico spiccava la figura di Gioacchino Viscosi, frate cappuccino, noto meglio come Fra Felice, celebre nella pittura e ricordato specialmente per la bellezza delle sue Madonne.
Il 1800 un secolo pieno di impegnative iniziative culturali. Dal 1849 venne costruito il Teatro Comunale per iniziativa di un comitato di cittadini borghesi, a cui stava a cuore il progresso sociale di Sambuca e aperto agl'influssi artistico-letterario-patriottici.
Per mancanza di fondi nel 1852 il Teatro venne trascurato. I discendenti dei proprietari decisero di venderlo, nel 1886, al Comune. Nasceva "L'Arpetta", trimensile di amenità letterarie, fondato e diretto dal medico, poeta e scrittore Vincenzo Navarro con la collaborazione del figlio Emanuele, di Vincenzo Merlini, Giuseppe Macherione, Lionardo Vigo, Giulietta Amodei, Francesco Vicoli e Annetta Prestana. Il gruppo tenne stretti legami con artisti palermitani e appariva aperto alle idee liberali che si diffondevano in Sicilia.
Dell'attività letteraria di Vincenzo Navarro rimane un volume che raccoglie idilli di caccia, novelle lirico-romantiche, romanze, tragedie, carmi e prose. Del figlio, vissuto a Parigi, amico di A. Dumas e G. Sand, critico letterario de "La Fronda" e del "Fanfulla della Domenica", legato a Capuana, Verga, Matilde Serao e Pirandello, intellettuale liberale che si arruolò al seguito di Garibaldi, ci rimangono le raccolte di racconti "Ces meussieurs et ces dames", "La vita color di rosa", "Macchiette parigine", "Donnine", "Storielle siciliane" e il romanzo "La Nana". Emanuele Navarro fu il più rappresentativo elemento di collegamento tra i naturalisti francesi e gli scrittori veristi.
Nel 1860, la colonna Orsini, che, inseguita dalla colonna Mekel-Bosco, ricevette ospitalità dagli zabutei. I garibaldini sostarono a Sambuca, si rifocillarono, fecero provviste di muli, cavalli, vettovaglie. Lo spirito risorgimentale di Sambuca venne confermato dal grande numero di volontari che seguirono Garibaldi e dai risultati del plebiscito. Dopo il 1860, anno in cui la Sicilia fu annessa al Regno d'Italia, per distinguere la nostra Sambuca da Sambuca Pistoiese fu aggiunto il secondo nome "Zabut".
Nel 1923 il nome di Sambuca Zabut, in una seduta del Consiglio Comunale, fu sostituito con Sambuca di Sicilia, in ossequio alle direttive autarchiche e nazionaliste del fascismo.

 


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SAMBUCA OGGI  

Sambuca appartiene alla provincia di Agrigento. Dipende dalla Pretura di S. Margherita Belice, dal Tribunale e dall’Ufficio del Registro di Sciacca.Situata nell’entroterra sud-occidentale della Sicilia, ai margini della Valle del Belice e alle pendici sud-occidentali del Monte Genuardo, dista 80 Km da Palermo e 104 da Agrigento, pochi Km dal Lago Arancio e 16 Km, in linea d’aria, dal mare, l'altitudine varia tra i 310 e i 365 metri s.l.m.. L'estensione del centro abitato è di Kmq 3,25; l'estensione del territorio rimanente è di Kmq 92,63. Dal punto di vista demografico, negli ultimi anni a Sambuca si sta assistendo a un forte decremento: se nel censimento del 1991 si contavano 7016 abitanti, nel giugno del 1998 essi erano 6573. Il dato demografico è destinato a scendere, sia perché c'è una forte emigrazione diretta all'interno, prevalentemente verso le città industriali del nord-Italia, e all'estero, verso la Svizzera, la Germania, gli Stati Uniti, l'Inghilterra; sia perché la mortalità è piuttosto elevata dato l'invecchiamento della popolazione e la denatalità.La percentuale degli analfabeti è molto bassa. Sambuca, a parte le scuole elementari e medie, può contare sul'Istituto Magistrale L. R. "Emanuele Navarro", mentre, per frequentare altri istituti superiori, la gioventù zabutea si sposta per lo più a Sciacca, cittadina che dista circa 30 Km. Il paese, nel gennaio del '68, è stato colpito da un sisma che ha condizionato l'evoluzione urbanistica. A Sambuca da quarant’anni si pubblica un mensile socio-economico-culturale,"La Voce di Sambuca", aperto a tutte le correnti di opinione, fondato nel '58 da Alfonso Di Giovanna, sindaco dal 1980 al 1990, poeta, storico, saggista e narratore. 

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ARTE E CULTURA

A nord di Adragna è l'interessantissima zona archeologica. Gli scavi, iniziati ad opera della Soprintendenza Archeologica di Agrigento, nella seconda metà degli anni '60 e a tutto oggi proseguiti, hanno portato alla luce una ricchissima necropoli e al reperimento di prezioso materiale, catalogato ed esposto nei locali del Museo Nazionale di Agrigento. Sono venuti alla luce altresì: le mura di cinta della città per un perimetro di vari chilometri, una delle porte di accesso alla città-fortezza, l'acropoli con basamenta di tempi punici. Degno di attenzione è un quartiere artigianale e commerciale e il fatturato artigianale: anfore, enormi pithos, utensili vari. L'importanza di Adranone sin dagli inizi degli scavi è stata sottolineata dalla stampa nazionale ed internazionale; "Le Monde" ne ha scritto nell'agosto del 1972 ed anche qualche anno dopo. A 900 metri di altezza, di fronte ad uno scenario incantevole, con i piedi su queste strutture millenarie si osserva dall'alto un paesaggio stupendo e si resta immersi in un passato di cui si ha voglia di conoscere date, momenti storici, misteri di civiltà sepolte.

 

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DOLCI TIPICI

"Minni di Virgini" Minni di virgini significa «seni di vergine». Si tratta di un dolce sambucese, ma si trova prodotto anche in altre cittadine dell'Isola. Qui a Sambuca risulta storicamente inventato dalle Suore del Collegio di Maria in occasione del matrimonio di Don Pietro Beccadelli, Marchese della Sambuca con Donna Marianna Gravina, nel 1725. Ha la forma di un magnifico e avvenente seno di donna, con capezzolo ben pronunciato; l'interno del seno comprende crema di ricotta, zuccata, polvere dì cioccolata ed altro che non è dato sapere in quanto i dolcieri che li confezionano tramandano il ricettario di padre in figlio nella massima segretezza.
"Cucciddata" Dolci con fichi secchi. li formato è affidato alle massaie che li confezionano specialmente nel periodo di Natale. In genere sono di forma circolare: i fichi vengono tritate con apposita macchina; ai fichi vengono aggiunte durante la tritatura buccia di mandarini che dà un aroma singolare; vi si aggiungono anche delle droghe come chiodi di garofano e cannella.
"Mpignulata"

Pasta impastata con uova e latte; viene affusolata a forma di tondino come il normale ferro che viene adibito per le armature in cemento; poi questo affusolato maccherone di pasta viene maltagliato in pezzetti di un centimetro circa. I pezzetti ottenuti vengono rosolati in un tegame con olio bollente. Raffreddati vengono piegati insieme a forma di pigna con miele fuso. Le pigne che ne vengono fuori sono squisite.

"Cudduruna" Si tratta di normale pasta fermentata con lievito naturale, in genere sottratta all'impastata pronta per la confezione del pane. Si stende in superficie rotonda dello spessore di mezzo centimetro e si frigge in padella. S'inzucchera appena fuori dall'olio e si mangia. 
"Scocche"

Scocche o cravatte o chiacchiere. Pasta con uova, un pò di marsala e  un goccino di latte. Fatta l'impastata si prendono dei tocchi di pasta e si riduce in superficie piatta da tagliare con una apposita rotella dalla bordura a zig zag; le fettucce vengono intrecciate a nodo di cravatta a farfalla; vengono fritte in olio bollente, coperte di miele, zucchero, polvere di cioccolata e di cannella. Non saziano mai e sono gradevolissime.

"Muffuletta"

Anche per sfamare o per devota tradizione (Festa dell'Immacolata), vengono confezionate tipiche forme, più piccole di quelle approntate per il pane, ma con pasta molto molle. S'infornano per pochi minuti, il tempo occorrente per dare alla faccia della pasta una coloritura d'oro scuro. Sfornate si spaccano a metà e si riempiono di ricotta condita con zucchero. Se manca la ricotta si condiscono con olio crudo di oliva  sale e  pepe.

"Zippuli" Zippuli o, italianizzato zeppole. Si tratta di farina impastata con uova e ricotta in dosi equilibrate, vi si aggiunge un pò di "nipitella" (menta selvatica), che conferisce un aroma ammaliante. Si friggono in tegame in olio bollente in piccole porzioni poco più grandi  di una noce. Appena arrosolate si mettono a raffreddare e si cospargono di zucchero. 

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COME ARRIVARE A SAMBUCA

Le strade che portano a Sambuca sono principalmente due: una interna, la Scorrimento veloce Palermo Sciacca che si può imboccare uscendo dall'autostrada Messina-Palermo o Catania-Palermo, dopo essere arrivati nel capoluogo regionale siciliano; l'altra, la costiera, che da Agrigento conduce fino a Sciacca e da qui a Sambuca attraverso la S.S. 188. Si può pervenire a Sambuca anche percorrendo l'autostrada A29 Palermo-Mazara del Vallo ed uscendo allo svincolo stradale di Castelvetrano, imboccare la Scorrimento veloce che porta a Sciacca, uscire allo svincolo di Menfi e da qui proseguire per altri 18 chilometri verso Sambuca. Il visitatore che perviene a Sambuca, entra nella cittadina attraverso l'unico ingresso che storicamente fu la Porta principale di Zabut: Porta Santa Maria sulla Via Grande, oggi nominato Corso Umberto I°.
Si tratta di un asse viario urbano che taglia in due parti il paese. Difatti la cittadina si adagia su di una collina in leggero declivio da Nord verso Sud-Ovest e Sud-Est a forma di schiena d'asino. Nel dorso della schiena si dilunga per circa mille metri il Corso Umberto I° che va dalla strada statale 188 sino agli archi su cui è costruito il Palazzo Municipale.


DREAMS AND REALITY
di Franco Alloro