6. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

 

   Sin dal primo ingresso nelle scuole elementari inglesi ci ha colpito in modo immediato e significativo l'ambiente scolastico, che appare accogliente, variopinto, ricco di materiali e di lavori accuratamente esposti.

La varietà di arredi e l’organizzazione spaziale  all'interno delle aule le fa sembrare laboratori, veri e propri angoli di lavoro. E' evidente che per quanto concerne questo aspetto la scuola italiana non regge il confronto, con le sue pareti spesso spoglie, l'arredamento essenziale e uniforme, i pochi materiali spesso chiusi a chiave negli armadi e fuori della portata degli alunni.

    Nelle aule e nella scuola i bambini inglesi sì muovono con facilità e indipendenza, mostrando un ottimo livello di autonomia sia nell'utilizzo dei materiali, sia nell'esecuzione delle varie consegne. I nostri alunni sono molto più dipendenti e più preoccupati che i loro risultati nelle varie attività soddisfino le precise richieste degli insegnanti, a cui si rivolgono spesso per ripetute conferme e rassicurazioni.

    La scuola elementare inglese presenta un'impostazione più sperimentale e meno accademica della nostra: si punta di più sullo sviluppo di abilità pratiche; si da più spazio all'osservazione diretta, alla manipolazione, all’attività concreta; si attribuisce grande importanza all'acquisizione di norme di comportamento. Da noi il gruppo di riferimento è presso che unicamente la classe o al massimo il modulo; in Inghilterra è la scuola nella sua interezza che si presenta come comunità, con valori propri ed un proprio progetto educativo condiviso.

   Nelle nostre scuole raramente tutti i bambini si ritrovano insieme, e di solito mancano momenti di conoscenza e di comunicazione tra le classi che sono invece previsti nelle "assemblee" inglesi.  Questi momenti sono fondamentali per sviluppare negli alunni il senso di appartenenza alla comunità scolastica ed il rispetto delle regole e dei comportamenti stabiliti.

    Nelle scuole inglesi la scelta didattica privilegia il lavoro individuale o a gruppi, variando le consegne in base alle difficoltà ed alle esigenze degli alunni e prevedendo livelli di partenza e punti di arrivo diversificati. In tal senso si riscontrano anche aspetti negativi, quali ad esempio il pericolo di una maggiore separazione e classificazione dei bambini in base al livello di apprendimento raggiunto.

   Inoltre, non sempre l'insegnante riesce  a seguire in modo efficace e costante tutti i bambini: il gruppo è spesso lasciato solo ad operare secondo i ritmi e le abilità conseguite.  Nelle nostre scuole si interviene maggiormente nel lavoro degli alunni controllando, correggendo, suggerendo strategie e percorsi.  Il risultato di ciò è la formazione di alunni capaci di svolgere consegne più difficili ma meno autonomi sui piano dell'organizzazione personale.

   Per quanto ci è stato possibile osservare, abbiamo notato una certa riduttività degli obiettivi dei curriculum inglese afferenti lo sviluppo delle abilitò cognitive.  In questo senso infatti, i livelli di apprendimento raggiunti dai bambini inglesi ci sono sembrati generalmente inferiori agli standard italiani.

   Ci rendiamo conto che il confronto tra i due modelli scolastici fin qui presentato non è esaustivo; esso porta però ad una riflessione più ampia su quali siano le finalità dell'educazione primaria e quali le pratiche didattiche più idonee a realizzarle. E' possibile, ci chiediamo, cogliere nei due sistemi scolastici gli aspetti più positivi e utilizzarli per migliorare la realtà esistente?

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