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Roma 08/01/2000, Centro Congressi Via Cavour
Relazione introduttiva di Fulvia Bandoli


Care compagne e cari compagni, veniamo da un dibattito congressuale non straordinario, con una partecipazione non esaltante, ma in parte vero, centrato su questioni decisive per il futuro della sinistra europea e italiana. Non è vero, come alcuni hanno scritto che siamo stati sempre chiusi su temi di piccolo cabotaggio.

Abbiamo parlato, ad esempio, del processo di mondializzazione con le occasione che offre ma anche con le forti contraddizioni e con i rischi che propone. Così come il fallimento del vertice di Seattle, in quelle settimane, ha parlato anche a noi. Temi quali il debito dei paesi poveri e la sua cancellazione, la commercializzazione dei prodotti agricoli, la manipolazione genetica, e i suoi limiti, richiamano sempre gli stessi nodi: quale tipo di crescita economica nel prossimo secolo? Quanta qualità manca nei processi di sviluppo dei paesi avanzati? Quanto è necessario regolare i processi di mondializzazione sulla base del principio di interdipendenza?

Abbiamo affrontato anche la questione della pace e del governo dei molti conflitti etnici e religiosi, la urgente necessità di una sede autorevole, di una nuova ONU. E al di là delle diverse posizioni sul Kossovo tutti abbiamo capito che quello non può essere "il modo" per affrontare e difendere i diritti non rispettati in molti paesi del mondo, la Cecenia è di fronte a noi anche in queste ore!

E ancora il grande tema della creazione dei nuovi lavori, tema che sta di fronte ai governi di tutti i paesi ricchi, e il dramma del prossimo secolo (povertà – migrazione ) che sta davanti ai paesi poveri ma nello stesso tempo anche ai paesi industrializzati.

Grandi temi, grandi principi che possono ridefinire il profilo di una sinistra capace di governare le trasformazioni dell’epoca moderna aggiungendo più equità, più giustizia sociale, più opportunità per le varie aree del mondo.

Un progetto vero e una missione di alto profilo per la sinistra: il contrario di un puro e semplice appiattirsi sul governare giorno per giorno.

Anzi solo così si può rendere più efficace anche il momento, importante, del governo.

Ma abbiamo parlato anche dell’Italia, di come sia urgente definire i contorni di una vera alleanza di governo di Centro-Sinistra, più solida, più riformatrice, meno litigiosa, più autorevole, per battere una coalizione di Centro-Destra che riporterebbe il paese politicamente e socialmente, a posizioni molto arretrate.

La soluzione data alla crisi di governo, se ha allontanato le ombre più immediate, lascia ancora molti nodi irrisolti:

  • La creazione di nuova occupazione e la necessità di aggiungere qualità allo sviluppo;
  • La necessità di una legge elettorale equilibrata , condivisa dalla maggioranza e che sappia andare anche oltre quei confini ;
  • L’ urgente necessità di regolare il conflitto di interessi, la par condicio. Anche se il primo è il vero obiettivo innovatore e di garanzia per la democrazia;
  • L’esigenza sui temi cruciali della giustizia, di toglierli dalla quotidiana sovraesposizione, per dare certezza di diritto alla difesa e alla accusa ma soprattutto per dare i mezzi e l’autonomia necessari alla Magistratura per fare i processi in tempi ragionevoli.
  • L’arretratezza delle classi imprenditoriali italiane e del sistema creditizio e finanziario.

E poi ancora, questioni più specifiche, come il rapporto tra scuola pubblica e scuola privata, le riforme dello stato sociale, la tutela di diritti primari messi in discussione dai referendum promossi dalla lista Bonino, il sistema pensionistico, la questione meridionale, che richiede oramai un mix di sviluppo diffuso, diversificato e di qualità, il ristabilimento della legalità e della sicurezza.

 

Ma in un congresso, da tempo atteso, il vero oggetto non può non essere anche e soprattutto il partito. A quale approdo arriviamo dopo tante trasformazioni? Come superare la soglia troppo bassa del 17% di consensi elettorali?

Qual’ è il profilo pragmatico della sinistra oggi in Italia e che tipo di partito vogliamo costruire?

A partire dalla presa d’atto concreta delle difficoltà e dei limiti che la politica oggi attraversa in tutte le sue espressioni tradizionali. Mi è parsa largamente prevalente l’opinione di coloro che vogliono un partito della sinistra europea e non un generico partito progressista o democratico, un partito aperto ma radicato socialmente, dunque più forte elettoralmente e socialmente, più partecipato.

Una forza politica che non sia incerta sulla propria storia anche se capace di superare tutti gli imbarazzi del passato, pluralista, capace di raccogliere le culture di fondo della sinistra italiana ma anche quelle più nuove .Un partito vivo, democratico al suo interno, non dominato da gruppi di pressione o di potere, dove prevalgano la politica e il confronto, che è capace di fare politica sul territorio e nei governi locali ai vari livelli.

Ma questa campagna congressuale, accanto a qualche positivo segnale, ci ha detto che ancora siamo parecchio distanti da un soggetto politico con queste caratteristiche!

Abbiamo una scarsa capacità di attrazione elettorale pochissimo radicamento sociale, e la struttura tradizionale, le sezioni territoriali sono allo stremo in molta parte d’Italia.

E non mi entusiasma particolarmente un partito che aumenta i suoi iscritti solo prima del Congresso e in modo spesso poco trasparente!

Dunque il congresso che ci aspetta è importante perché è ancora molta la strada da compiere.

Noi ambientalisti siamo pronti a dare il nostro contributo! Lo abbiamo dato in questi anni e in questi mesi nelle oltre 60 autonomie tematiche di base – 5500 aderenti – con i contributi di merito, con gli ordini del giorno, le battaglie per indirizzare la legge finanziaria (carbon tax, contabilità ambientale, recupero edilizio, legge contro l’abusivismo, quella sui campi elettromagnetici, il lavoro nelle aree protette, la nuova legge urbanistica )

E, come più tardi dirà Bulgarelli, con il manifesto che vi proponiamo per caratterizzare di più i programmi regionali in vista delle elezioni di aprile.

E ancora, con i quattro emendamenti al progetto 2000 che Gentili vi presenterà più tardi: sul concetto di mondializzazione, sull’ecologia come scelta fondante, sul rapporto economia-ecologia, sui programmi di governo ai vari livelli.

Noi siamo pronti, ma non so capire se è pronto questo partito e i suoi gruppi dirigenti ai vari livelli a "ricevere" quello che siamo e che rappresentiamo! Una delle culture più vive, più legate al grande tema di questo secolo: la mondializzazione e l’interdipendenza.

L’ambientalismo scientifico che noi tentiamo di far vivere nelle nostre scelte politiche e in quelle del partito è un punto di osservazione formidabile della realtà : dal "buco della serratura" di quella che ad alcuni sembrava una cultura parzialissima, si vede, invece, quasi sempre il mondo.

Questa è la forza della cultura ambientalista che fa si che un’esperienza come l’autonomia tematica ambiente sia così cresciuta e abbia raccolto attorno a sé molte forze nuove e rimotivato tante persone all’impegno politico.

Che fa si che in Italia e nel mondo le associazioni di massa più grandi siano quelle ambientaliste.

Quella stessa forza che sta stretta, appunto, se viene rinchiusa solo in un piccolo e troppo autosufficiente partito solo verde.

Noi, per questo, ci battiamo perché lo sviluppo sostenibile e la qualità ambientale dello sviluppo entrino prepotentemente a cambiare la cultura politica del più rappresentativo partito della sinistra.

L’esito degli stati generali di Firenze è stato deludente, lo diciamo in molti, l’integrazione delle varie culture politiche non è avvenuta "a caldo", vivono ancora tante separatezze in un corpo tutto sommato piccolo, tanti piccoli perimetri a guardia non si sa bene di che cosa!

Questo congresso deve segnare una inversione di marcia e chiarire le ambiguità, troppe, che ancora vi sono!

Non ci convince del tutto lo statuto proposto, che ancora separa piuttosto che unire in un corpo solo una pluralità di culture politiche. Sono previste autonomie tematiche, associazioni di tendenza, la sinistra giovanile, le strutture territoriali più tradizionali.

E noi siamo forse più a disagio di altri perché, come abbiamo detto tante volte, non siamo solo un settore di lavoro ma facciamo riferimento ad una grande cultura politica presente oramai in tutto il mondo.

Non siamo solo dunque una autonomia tematica ma qualcosa di più.

Ma forse anche come associazione di tendenza avremmo problemi ad esprimere tutte le nostre potenzialità!

Ci servirebbe una sorta di "statuto speciale" lo dico più come provocazione o sollecitazione a pensare la migliore ipotesi per noi!

Pensiamoci insieme in queste ore, e in questi giorni, che ci separano dal congresso.

E intanto comunque prendiamo una decisione politica.

Vi propongo che nel 2000 il nuovo tesseramento (che per le autonomie tematiche va da un congresso all’altro) parta per noi a maggio, dopo le elezioni regionali, con l’obiettivo dei 15 mila aderenti entro il 2000.

Vi propongo di triplicare le adesioni perchè penso vi siano tutte le potenzialità per farlo. Certo stavolta ci vorrà un forte impulso dal gruppo dirigente nazionale(che non c’è stato finora ) verso i regionali e le federazioni. Per ottenere questo obiettivo infatti dobbiamo estenderci alle regioni e alle città dove non siamo ancora organizzati, e rafforzarci molto dove già siamo presenti.

Costruire coordinamenti regionali più solidi (per ora li abbiamo solo in Emilia, Toscana, Abruzzo e Puglia ). Forse troveremo per strada la nostra collocazione e la migliore formula organizzativa, io me lo auguro!

Ma il problema che poniamo oggi non è organizzativo, è un problema politico molto serio: visibilità delle scelte ambientali nei programmi e nella cultura D.S., visibilità degli ambientalisti nei gruppi dirigenti e nelle liste locali.

C’è una grande domanda, noi lo sappiamo, nei molti comitati spesso spontanei, nei giovani (e la sinistra giovanile è parte integrante della nostra esperienza ), in tanti cittadini, perché i temi che incrocia il nostro lavoro sono quelli che attraversano la vita quotidiana di tutti e tutte.

Spesso abbiamo detto e scritto che una delle più forti differenze tra destra e sinistra sta proprio nella concezione dello sviluppo: qualitativo, regolato, rispettoso dei limiti delle risorse per la sinistra, solo quantitativo, spesso dissipativo e sicuramente senza regola alcuna, per la destra.

Spesso, come D.S., cerchiamo in culture distanti agganci per rinnovare la nostra identità politica (ma l’eclettismo è un rischio serio anche per la sinistra italiana ). Questa coscienza ambientalista che è cresciuta e cresce dentro di noi è una risorsa che già abbiamo: da assumere coerentemente e non solo nei "giorni di Sarno" o "nelle domeniche senza le auto".

I parametri qualitativi dello sviluppo sono in Europa, elementi di competitività. In Italia, spesso sono ancora vissuti come lacci da slegare, da tagliare, da eludere!

Questo è il segno, uno dei più seri, della nostra arretratezza, di quella delle imprese, certo non di tutte, di quella di molti economisti, di tanti amministratori pubblici, a volte anche nostri!

Non è sacrificare lo sviluppo pensarlo in armonia con l’ecologia! E’, al contrario, proprio perché questo equilibrio non si trova, che sviluppo, lavoro, qualità della vita e delle città diminuiscono e cresce l’insicurezza rispetto al futuro.

La cultura ambientalista è dunque anche un formidabile strumento di coesione sociale, un progetto serio e soprattutto un progetto comune a molti milioni di esseri umani.

 

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