Quaderni di birdwatching Anno II - vol. 3 - aprile 2000

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Titolo

di Marco Preziosi, Luca Demartini, Carlo Catoni

        Una grande porzione del territorio litoraneo di Roma costituisce la Riserva Naturale Statale del Litorale Romano. Essa è composta da una porzione collinare, limitrofa all’Aurelia e al Grande Raccordo Anulare di Roma e da un’ampia pianura costiera, che si estende da Palidoro verso sud, fino all’abitato di Ostia ed è tagliata in due dal corso del fiume Tevere. E’ costituita dai sedimenti deltizi di quest’ultimo. Dopo la fine dell’ultima glaciazione è iniziato un periodo di avanzamento del delta del Tevere che ha conosciuto la massima intensità circa 500 anni fa, quando in un solo secolo la linea di costa avanzò verso il mare di circa un chilometro. Questo fenomeno, caratterizzato dal formarsi di barre sabbiose e tomboli, che, isolando bracci di mare, hanno dato vita a specchi d’acqua costieri via via interratisi, ha favorito la genesi di aree umide molto estese. All’inizio di questo secolo il sistema deltizio si trovava ormai in equilibrio e la parte emersa del delta, divisa in piana deltizia superiore, più interna e con quote intorno a 0 s.l.m., e piana deltizia inferiore, costiera, caratterizzata dalla presenza di cordoni dunari con quote fino a 12 m s.l.m. ospitava tre grandi aree paludose: lo stagno di Ostia, lo stagno di Maccarese e lo stagno delle Pagliete, da sud a nord.

L'estensione originaria dello Stagno di Maccarese in rapporto alla dimensione delle vasche

        Già alla fine del secolo scorso iniziarono le grandi opere di bonifiche dell’area, che subirono, tra gli anni ’20 e ’30 una spinta notevole. Il paesaggio cambiò radicalmente e i tre immensi stagni (migliaia di ettari di paludi) scomparirono, lasciando il posto a piatte aree agricole attraversate da canali e collettori che convogliano alle idrovore l’acqua. La vegetazione era ridotta a canneti e qualche salice o pioppo lungo i canali e lunghi filari frangivento di eucalipti. Nel 1970, allo scopo di attirare e concentrare in un’area ristretta le presenze di uccelli acquatici a scopi venatori, sono state create cinque vasche artificiali, che vanno a ricoprire una superficie di circa 33 ettari: le Vasche di Maccarese. Dopo alcuni anni di attività, è stata tentata una riconversione all’itticoltura degli specchi d’acqua, ma non vi è mai stata realmente praticata nonostante l’avvenuta immissione di diverse specie ittiche e l’installazione degli impianti di alimentazione dei pesci. Ancora oggi sono visibili i contenitori per il mangime, che in lunghe file attraversano le vasche, impiantati con un lungo paletto metallico sul fondo. Risultano essere graditi posatoi per Cormorani, Gabbiani comuni e reali mediterranei, ed Aironi cenerini.

        Tra le specie ittiche immesse carpa, carassio e anguilla sono sicuramente le più abbondanti, inoltre sono segnalati anche la sandra (o lucioperca) e il luccio.

        La gestione dei livelli delle acque è sempre stato il principale fattore limitante alle presenze di limicoli nidificanti, essendo questo tenuto alto per evitare il rischio di morie di pesci dalla tarda primavera a tutta l’estate. Quando il livello è stato lasciato basso, vuoi per intervento della Lipu (1982), vuoi per perduto interesse nella popolazione ittica delle Vasche da parte dell’Ente gestore, si sono avute nidificazioni del cavaliere d’Italia e del corriere piccolo.

Una delle vasche al tramonto
foto © R. Molajoli

        Le vasche sono cinte da una sottile fascia di canneto monospecifico a Phragmites australis che purtroppo viene falciato e bruciato annualmente. Questa pratica lo rende di anno in anno più esile. Fanno eccezione, in questo senso, la vasca di SW e quella di NE che, in virtù di un livello dell’acqua basso, hanno sviluppato alcuni densi canneti al loro interno, che non subiscono alcun intervento di controllo e contenimento ed ospitano numerose delle specie che frequentano le vasche, tra cui tutti i passeriformi di canneto, il Tarabusino in estate ed il Tarabuso in inverno.

        Sulle sponde sono presenti isolati esemplari di salici e pioppi, spesso graditi sostegni per il nido del Pendolino. L’area è totalmente delimitata da un filare di eucalipti, tranne per il confine occidentale, ove la visuale è completamente libera sui campi sottostanti.

Itinerario A: Il fiume Arrone e la sua foce

        Unico emissario del lago di Bracciano, il fiume Arrone nasce nei pressi della cittadina di Anguillara Sabazia a circa 164 m s.l.m. Caratterizzato da un regime torrentizio con secche estive dovute all’abbassamento del livello del lago, sfocia nel Mar Tirreno, circa un chilometro a nord dal centro abitato di Fregene.

        Lungo il suo corso attraversa una zona di campagna romana scarsamente antropizzata, ricca di valore naturalistico e storico, vista la presenza di vestigia romane e medievali (come ad esempio la città morta di Galeria), drena l’acqua di numerose sorgenti e fossi, ed entra nella pianura costiera a circa cinque chilometri dalla foce, attraversando il paesaggio della bonifica e lambendo l’abitato di Maccarese, nei pressi del quale, purtroppo, opere di contenimento idraulico hanno eliminato quasi ogni residuo di naturalità al corso. Anche interventi di "pulizia" degli argini, apportati dagli enti di bonifica negli anni passati, hanno notevolmente ridotto la vegetazione arborea igrofila lungo le sponde. Solamente l’area di foce presenta ancora caratteristiche di naturalità; vi è presente ancora uno dei pochi residui di macchia mediterranea della zona nonché un fragmiteto di limitata estensione, formatosi pochi metri prima dello sbocco in mare.

        Lungo il corso del fiume le specie di uccelli sono quelle solite della campagna romana mentre è interessante la segnalazione di qualche anno fa, di una nidificazione di Rondine rossiccia (Hirundo daurica).

        Alla foce dell'Arrone è possibile osservare diverse specie di uccelli e, anche se la quantità lascia a desiderare, la qualità delle presenze lascia sicuramente soddisfatto il birdwatcher attento.

        Interessanti sono gli uccelli marini osservabili dalla spiaggia: Sula (Morus bassanus), Berta maggiore (Calonectris diomedea), Berta minore (Puffinus yelkouan), Zafferano (Larus fuscus graellsii), Gabbiano corallino (Larus melanocephalus), Strolaga minore (Gavia stellata), Beccapesci (Sterna sandvicensis), e, molto comune, lo Svasso maggiore (Podiceps cristatus). Gabbiano reale mediterraneo (Larus c. michaellis) e Gabbiano comune (Larus ridibundus) formano gruppi di centinaia di individui che, specialmente al mattino presto si radunano sulla battigia e sulle piccole secche formate dal fiume.

Monachella del deserto (Oenanthe deserti)
foto © C. Catoni

        Sorprendenti le presenze dei limicoli in una spiaggia in cui il disturbo antropico è molto rilevante data la vicinanza con il centro abitato. E' piuttosto facile trovare, mentre si alimentano sul bagnasciuga, Voltapietre (Arenaria interpres), Fratino (Charadrius alexandrinus), Corriere piccolo (Charadrius dubius), Piovanello pancianera (Calidris alpina).

        Dando un'occhiata nella macchia retrostante la spiaggia e nel fragmiteto si possono vedere Pendolino (Remiz pendulinus), Zigolo nero (Emberiza cirlus), Verdone (Carduelis chloris), Magnanina (Sylvia undata), Occhiocotto (Sylvia melanocephala), Migliarino di palude (Emberiza schoeniclus) e Forapaglie castagnolo (Acrocephalus melanopogon).

        Quest’anno, oltre alle solite presenze invernali, si sono aggiunte uno splendido maschio al primo inverno di Monachella del deserto (Oenanthe deserti ssp. atrogularis), la prima osservazione per il Lazio, che ha svernato (per la prima volta in Italia) sulla spiaggia della foce eleggendo a sua stabile dimora uno stabilimento balneare. E' stato uno degli uccelli più osservati d’Italia che ha richiamato ornitologi e birdwatcher da tutta la nostra penisola e non solo. Interessante anche la presenza di una Ballerina nera (Motacilla alba ssp. yarellii), un individuo estremamente confidente, presente per buona parte dell’inverno nella stessa zona.

        Sempre nella zona della foce quest’inverno è stata osservata una Pispola golarossa (Anthus cervinus) (L. Demartini, C. Catoni, M. Preziosi) e sono stati sentiti degli Zigoli delle nevi (Plectrophenax nivalis) (A. Corso).

        La zona è facilmente raggiungibile arrivando dall'Aurelia, quindi dall'autostrada Roma - Civitavecchia si esce a MACCARESE - FREGENE (uscita che si trova a circa 40 Km da Civitavecchia). Dopo il casello si va sempre dritto prendendo la strada più piccola. Dopo circa 1.200-1.300 mt c'è un bivio, si gira a destra, e dopo 1.800 mt si gira a sinistra (ci sono dei cartelli scuri sulla destra e altarino sull'incrocio). Si continua sempre dritto fino a quando si giunge ad un piccolo spiazzo con una stradina che va alla spiaggia alla sinistra e con un parcheggio davanti al mare (non si vede il mare perché ci sono stabilimenti). Parcheggiata la macchina si prende a piedi la stradina insabbiata a sinistra (che costeggia lo stabilimento balneare "Bau Beach") e ci si trova sulla spiaggia con di fronte la foce.


 Itinerario B: Le vasche di Maccarese e i dintorni

        Senza dubbio la zona delle vasche e dei coltivi che la circondano rappresentano, dal punto di vista delle presenze avifaunistiche, uno degli angoli più interessanti non solo della Riserva del Litorale, ma dell'intera regione. Tutto questo malgrado l'ambiente sia stato totalmente modificato dall'uomo nel corso degli anni e sia ancora oggi oggetto di continue minacce ed attacchi anche da parte di alcuni quegli Enti che dovrebbero essere preposti alla sua salvaguardia.

Le vasche con la zona circostante di coltivi (in giallo l'estensione del fragmiteto)

        La zona in esame, in cui si concentra la quasi totalità degli animali non è molto estesa e comprende le vasche vere e proprie e i coltivi immediatamente circostanti, anche se girando per tutte le sterrate che attraversano la bonifica non è difficile avere qualche "sorpresa".

        Non c'è un itinerario vero e proprio da seguire e non ci sono percorsi a piedi tranne quello che si snoda all’interno del perimetro dell’area delle vasche e che offre ad un certo punto anche un piccolo capanno di osservazione.

        Un itinerario può essere suggerito dalla conoscenza delle abitudini degli animali e dalla posizione del sole durante il giorno, i periodi migliori per l'abbondanza e la qualità delle presenze sono ovviamente l'autunno, l'inverno e la primavera, vista l'importanza della zona soprattutto come luogo di passo e di svernamento.

        La strada per arrivare alle vasche è la stessa della foce dell'Arrone: dall'autostrada Roma - Civitavecchia si esce MACCARESE - FREGENE. Sempre dritto dopo il casello prendendo la strada più piccola. Dopo circa 1.200-1.300 Km c'è il bivio che a destra ci porta all'Arrone. Qui si può cominciare a dare un'occhiata nei campi che ci circondano, facendo molta attenzione a rilevare l’eventuale presenza dell'uccello che, specie in quest'ultimo anno è diventato vero oggetto del desiderio del birdwatcher in visita da queste parti: il Piccione torraiolo. Infatti è proprio la presenza di stormi di centinaia di Piccioni ad attirare in zona diversi esemplari di Pellegrino (Falco peregrinus), tra cui quest'anno un giovane della sottospecie siberiana calidus, e una giovane femmina di Sacro (Falco cherrug) presenti in zona per tutto l'inverno.

        Al bivio quindi si va nella direzione opposta a quella dell'Arrone, quindi verso sinistra e, fatti 200 m seguendo la strada principale che curva ci si trova su un ponticello che passa sull'Arrone e che incrocia una strada: a sinistra si va alle vasche vere e proprie, a destra ai campi di mais che le circondano, dove, con un po’ di fortuna si è arrivati ad osservare fino a 9 specie di rapaci. Andando verso destra quindi dopo circa 2-300 m si gira a sinistra per una sterrata piuttosto agevole.

Aquila anatraia maggiore (Aquila clanga)
foto © R. Molajoli

        Il grande campo di mais che si trova sulla sinistra ci impone subito una sosta e, montato il cannocchiale può capitare di osservare, posata sulle bocchette di irrigazione, l'Aquila anatraia maggiore (Aquila clanga) che qui sverna regolarmente dal 1998/99. Molto interessante è il canneto che si trova al centro di questo campo coltivato in cui sverna regolarmente il Frullino (Lymnocryptes minimus) e che funge da dormitorio per i numerosi Falchi di palude (Circus aeruginosus) presenti in zona. Nei canaletti di irrigazione svernano anche Beccaccino (Gallinago gallinago), Airone cenerino (Ardea cinerea), un buon numero di Aironi bianchi maggiori (Egretta alba) in evidente aumento rispetto agli anni scorsi, e Garzetta (Egretta garzetta).

        Sempre in inverno qui è possibile vedere le Colombelle (Columba oenas) che si alimentano al suolo con i residui del mais che rimane a terra grazie alla "superficialità" dei moderni metodi automatizzati di raccolta. Questo fa si che non siano abbondanti solo le specie granivore o onnivore come i già citati Piccione "selvatico" e Colombella, o Tortora dal collare orientale, corvidi, passeri, alaudidi e fringillidi, ma anche le specie che predano sia questi animali, sia i roditori ugualmente numerosi. Molto abbondanti sono Poiana (Buteo buteo), Gheppio (Falco tinnunculus), Falco di palude (Circus aeruginosus), Pellegrino (Falco peregrinus) mentre c'è una buona colonia svernante di Albanella reale (Circus cyaneus) e, da quest'anno, di Smeriglio (Falco columbarius).

        Continuando in macchina sulla sterrata che prosegue dritta di fronte a noi si passa accanto ad un filare di eucalipti (alla nostra sinistra) che insieme ad un fosso (Martin pescatore, Migliarino di palude, Luì piccolo) delimita il confine, con il campo successivo. Questo è stato uno dei posti preferiti dal Sacro che ha svernato qui quest'anno e che qui è stato osservato a lungo cacciare gli stormi misti di piccioni e tortore dal collare. In questa zona può anche capitare di osservare: Tarabuso (Botaurus stellaris), spesso nascosto nei canali e canaletti di irrigazione e drenaggio, Airone guardabuoi (Bubulcus ibis), Pavoncella (Vanellus vanellus). Qui è capitato di incontrare una Gallina prataiola (Tetrax tetrax), osservata proprio qui il 27 gennaio 2000 (R. Gildi, M. Andreini), una Poiana codabianca (Buteo rufinus) (A. Corso), e le Cicogne bianche (Ciconia ciconia), che qui sono di passo regolare e che quest'anno hanno svernato in una zona vicina (2 individui a Castel di Guido). Durante i periodi di passo le sorprese possono essere tante ed è possibile osservare le Gru (Grus grus) come anche le Cicogne nere (Ciconia nigra), due giovani hanno sostato in zona per qualche giorno nel settembre scorso, e il Falco pescatore (Pandion haliaetus).

Il fragmiteto e il dormitorio delle garzette
foto © R. Gildi

        Continuando la sterrata (dopo aver passato un incrocio) si arriva su un campo incolto, nei fossi che lo attraversano è importante segnalare la presenza dei Pettazzurri (Luscinia svecica) nei mesi invernali e, nei prati, insieme alle Pavoncelle, dei Pivieri dorati (Pluvialis apricaria).

        Per quanto riguarda la perlustrazione dei coltivi il giro è finito, anche se, come già detto, non ci sono limiti, vista la vastità della zona e la presenza ovunque di canali e di zone idonee.

        Tornando indietro per la stessa sterrata fatta all'andata torniamo sulla statale e giriamo a destra e, andando sempre dritto si passa un gruppetto di case a schiera sulla destra (pizzeria, bar, ecc) e ci si trova ad un incrocio con un’officina Fiat, si gira a destra dopo poco si passa sotto ad un ponticello, prima e dopo questo ponticello c'è l'ingresso per le vasche.

        Parcheggiato nello spiazzo si va dritto seguendo un sentierino solitamente infangato che porta dentro.

        Si ricorda che, benchè spesso visitate senza permessi, le vasche sono di proprietà della azienda agricola Maccarese, e che, a norma di legge, ci si deve dotare del permesso della proprietà stessa per poterle visitare senza incorrere nel rischio di sanzioni. La sede dell'azienda si trova a Maccarese.

        Iniziando il giro ci troviamo subito davanti alla prima vasca che è completamente circondata, come le altre quattro, da una fascia di fragmiteto. In questa prima vasca, come nell'ultima e più popolata, il canneto si è andato estendendo negli anni ed al momento attuale ricopre buona parte dello specchio d'acqua. In primavera la zona è animata dal canto del Cannareccione (Acrocephalus arudinaceus) e della Cannaiola (Acrocephalus scirpaceus), e di quest'ultima è facile in autunno trovare i caratteristici nidi nascosti nel canneto e ormai abbandonati,. E' ugualmente facile trovare i nidi di Pendolino (Remiz pendulinus) che pendono dai rami degli alberi circostanti. Proseguendo il sentiero che passa tra le vasche non si può fare a meno di notare la grande presenza di passeriformi che popolano il canneto e i suoi margini, sono comuni Migliarino di palude (Emberiza schoeniclus) e Forapaglie castagnolo (Acrocephalus melanopogon), Beccamoschino (Cisticola juncidis), Usignolo di fiume (Cettia cetti), Luì piccolo (Phylloscopus collybita), ballerina bianca (Motacilla alba). Nei periodi di passo la zona attira un buon numero di Pettazzurri e può capitare di vedere anche centinaia di Cutrettole (Motacilla flava) in poche ore.

Mignattaio (Plegadis falcinellus) in volo sulle vasche
foto © R. Gildi

        Abbondanti sono Rondini (Hirundo rustica) e Balestrucci (Delichon urbica), mentre durante il passo si possono vedere Topini (Riparia riparia) e anche qualche esemplare di Rondine rossiccia. Delle specie di ardeidi che frequentano le vasche nei diversi periodi dell'anno (sono presenti tutte) solo il Tarabusino (Ixobrychus minutus) è nidificante, mentre è importante la presenza del Tarabuso (Botaurus stellaris) come svernante che si sta incrementando nel corso degli anni; malgrado la poca estensione del canneto quest'anno hanno svernato tre individui. A completare il quadro degli ardeidi è da segnalare anche un'osservazione di Airone schistaceo (Egretta gularis). Rilevante, anche per la bellezza dei colori, è la presenza del Mignattaio (Plegadis falcinellus). Tra le anatre svernanti sono da segnalare, oltre alle più comuni, Moretta tabaccata (Aythya niroca), Fistione turco (Netta rufina) e Canapiglia (Anas strepera). Per quanto riguarda i limicoli è da rilevare come il livello dell'acqua condizioni fortemente la loro presenza, nei periodi favorevoli in cui il livello è basso è possibile osservare Cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus), Albastrello (Tringa stagnatilis), Combattente (Philomachus pugnax) e Piovanello pancianera (Calidris alpina).

        Durante il passo sono presenti regolarmente la Sterna maggiore (Sterna caspia) e le tre specie di Mignattino.

        L’area delle Vasche rappresenta un importante punto per la sosta degli uccelli acquatici in un territorio dalle elevatissime potenzialità faunistiche, ma in cui purtroppo i processi di tutela e recupero ambientale sono appena agli inizi. Per questo, oltre ad invitarvi a visitarla, vi invitiamo a farlo con la maggior cautela possibile, affinché la nostra passione non vada nel tempo ad aggiungersi ad altre, e ben peggiori, fonti di disturbo, soprattutto rispetto agli anatidi.


Ringraziamenti

Desideriamo ringraziare Riccardo Molajoli e Roberto Gildi che hanno gentilmente messo a disposizione le loro splendide foto, Massimo D'Apice, Massimo Biondi e il GAROL tutto, tutti gli amici con cui abbiamo condiviso e continuiamo a condividere le nostre giornate passate a girare con il binocolo al collo.
Un saluto particolare va a tutti quelli che durante questo inverno si sono fatti centinaia di chilometri da tutta Italia per venirsi a fare un giro in questi posti. Alla prossima!

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