L’ EDUCATORE PROFESSIONALE NELL’AMBITO FORMATIVO EUROPEO


di Paolo Marcon, professore universitario

conferenza pronunciata a Viterbo in occasione del seminario IPU/ PAS (maggio 1999)

Non posso iniziare la mia riflessione senza rammentare il significato europeo di Viterbo questa etrusca Vicus Elbii o, se si vuole, questa romana "Vetus urbs", che fu attorno alla metà del XIII secolo sede del Papato.

Tempi duri e di lotte europee fra Papato e impero: tempi cdi Federico II, un tedesco, innamorato del-l’Italia e della Sicilia, cultore delle arti e della letteratura, fautore e mecenate della scuola letteraria si-ciliana, promotore della traduzione delle opere di Aristotele, sepolto nella Cattedrale di Palermo: tempi di Innocenzo III, di Svevi (Corradino) germani e di Angiò francesi.

E a Viterbo, con Urbano IV e Clemente IV per queste contrade incontriamo tra il 1262 ed il 1268 il domenicano e aristotelico Tommaso d’Aquino dopo il suo viaggio a Colonia alla scuola di Alberto Magno, dopo il suo primo ciclo di insegnamento alla Sorbona appena fondata da S. Luigi IX per pro-muovere gli studi di ecclesiastici poveri e dove gli è collega di insegnamento Bonaventura di Bagno-regio, francescano della Tuscia.

Ma questa avventura europea di Tommaso d’Aquino non era terminata: da Viterbo ad Anagni, ad Orvieto, seguendo la Curia pontificia come dottore e come insegnante di una università ambulante fra queste città, di nuovo, eccezionalmente, a Parigi per un ulteriore triennio di insegnamento universitario (1220-1272). durante il quale avvenne il famoso tête à tête con il vescovo neoplatonico Stefano Tempier.

Il ritorno alla casa del padre coincise con il viaggio ancora una volta per una meta europea: Lione, ove papa Gregorio X l’aveva invitatoo per il Concilio del 1274. A Fossanuova l’ultima tappa nei primi giorni del marzo del 1274; a Lione ci sarà solo l’altro collega, Bonaventura e si sancirà la riumiificazione alla cattolicità della Chiesa greca.

 

CHE COS’E’ L’EUROPA ?

 

Europa. figlia di Fenice, re dei Fenici, fu rapita da Giove apparsole sotto forma di Toro e condotta dal padre degli dei a Creta: la stessa origine del nome del nostro continente — a sua volta quasi appendice peninsulare, varia e frastagliata, della grande massa asiatica, protesa verso l’Atlantico - non è indigena.

Ricca al suo interno di aree circoscritte, di catene montuose o di profonde insenature, ma priva di solitudini gelate , di deserti, di foreste malsane, come pure di catene invalicabili, essi hanno influmito sulla sua storia, favorendo un’ estrema varietà e diversificazione delle sue culture e delle sue popolazioni ed insieme una loro vocazione all’apertura, all’uscita dai propri confini, agevolando i rapporti tra i vari popoli e favorendo una cultura unitaria.

1.- Origine e storia

Del resto Umberto Padovani fà risalire ai "Vedda" indiani l’origine della riflessione filosofica, trasfe-rendo dall’Europa all’Asia. all’Estremo Oriente il punto di partenza della speculazione filosofica.

Le culture mediorientali e nordafricane nel Paleolitico si affacciano su un’Europa in ritardo evo-lutivo; influssi orientali si irradiano in Europa attraverso le prime immigrazioni indoeuropee di origine iranica.

Lna coscienza dell’originalità europea si svilupperà più tardi, fra il VII e il V secolo a. C. nella Grecia classica attraverso il carattere libero delle sue istituzioni pubbliche a differenza delle tirannidi asiatiche e della rozzezza delle genti del nord.

Ma la civiltà greca si diffuse in Europa solo attraverso la sua capacità di influenzare il conquistatore romano. Fu infatti Roma ad unificare buona parte dell’Europa offrendole una duratura base culturale e civile comune. attraverso gli elementi fondanti costituiti dalla lingua latina e da una complessa ed articolata concezione politico amministrativa della "res puNica" in un clima, tutto sommato, di ca-rattere culturale, sia da un punto di vista religioso sia linguistico.

Mentre il tradizionale impianto istituzionale romano crollava, il cristianesimo si diffuse nell’impero romano fino a divenire con Co-tantino religione privilegiata; come l’ebraismo anche il cristianesimo non è originario dell’Europa, ma del Medio Oriente, e tale sarà anche l’Islam.

La crisi delfimpero romano nasce dalla trasmigrazione delle popolazioni germaniche: i differenti regni in cui risultò divisa l’Europa per quattro secoli. vi innestaron elementi originali che confluirono nelle strutture comuni del feudalesimo e del monachesimo cenobita. mentre si andava approfondendo il solco tra l’Occidente romano e l’Oriente bizantino.

L’egemonia dei Franchi di Carlo Magno e la Renovat io Imperi’ confermò questa divaricazione at-traverso un nuovo processo di unificazione da un lato ed nn proces-so di arresto dell’avanzata dei mns-sulmani in Spagna e di Slavi e Sassoni a nordest.

Alla rapida dissoluzione della costruzione politica carolingia sopravisse solo la fusione tra eredità romano-latina e germanica nell’originale sintesi della cristianità occidentale: la realtà dellìimpero si restrinse alla sola area germanica.

Frattanto lo scisma d’Oriente, a cavallo del primo millennio, rese definitiva e permanente la separa-zione tra due aree intese, antecedentemente, come complementari.

Nuove trasmigrazioni di popoli si inseriscono nel corpo europeo come fattori innovativi destinati a produrre sviluppi duraturi e significativi: quelle dei saraceni lungo le coste mediterranee, quelle dei vikingo-normanni nelle coste dell’lnghilterra e della Francia (entrambe con influenze dirette nella nostra patria), quelle degli ungari nei Balcani.

La struttura universale dell’unità cristiana dell’Occidente resse al sorgere di differenti entità poli-tiche (il particolarismo feudale favorì l’instaurarsi di potentati locali da cui emersero dinastie restie alle ipoteche papali o imperiali): l’affermarsi del particolarismo politico avviò una fase di guerre quali quelle dei cent’anni in un quadro aggravato da epidemie e carestie), alle forti dispute teologiche della vita cristiana, ai movimenti di rinnovamento della Chiesa, alla tensione fra i due poteri, interni alla stessa cristianità così da porta-e ad un equilibrio, fautore di rinascita demografica ed economica, ma anche culturale e religiosa fino alle esperienze, grandi della filosofia scolastica e delle nascenti uni-versità.

 

2.- L’Europa degli Stati

Il particolarismo politico nazionale si andava oramai affermando:

le monarchie francese ed inglese furono le prime ad affermare che nel regno il re è imperatore. Sulla strada della monarchia unitaria seguirono Spagna, Portogallo, Polonia, Ungheria ed i regni scandinavi; in Italia e Germania il particolarismo feudale o signorile resistette più a lungo.

Il processo di creazione di domini territoriali e di emancipazione dai tradizionali poteri universali fu rafforzato dalla crisi dcl Papato (cattività avignonese, scisma d’occidente, incrinatura della compattezza dottrinale: eresie, riformatori con caratteristiche nazionali).

Alla fine della metà dei millennio le espansioni fuori continente espresse dalle monarchie iberiche, ponevano le premesse di una dominazionc mondiale europea.

Il fallito tentativo della restaurazione imperiale operata da Carlo V confermò essere anacronistico un progetto unitario europeo in con nesstone con il rafforzato senso del particolarismo e dell’indivi-dnalismo espresso dal razionali-srno e dall’umanesimo rinascimentale.

Alla definitiva rottura dell’unità politica, dall’Enropa dell’lmpero all’Europa degli Stati, fece se-guito la rottura della unità religiosa attraverso la riforma evangelica nell’ambito della unità cristiana.

Dopo un secolo di lotte sanguinose fu possibile trovare una paci-fica convivenza fra confessioni evangeliche e cattolicesimo attraverso un rafforzamento degli stati nazionali, ma con l’introduzione della concezione tipicamente europea della distinzione fra Stato e religione, seppur attenuata negli stati cattolici.

Le lotte egemoniche fra potenze europee si spostarono sul terreno del colonialismo, mentre gli otto-mani e l’islam risalivano la penisola balcanica fino a Vienna.

Il "secolo dei lumi" promuoverà i valori di tolleranza e cosmopolitismo, mentre la rivoluzione industriale inglese sottolineerà il primato della tecnica.

Il secolo si conclude con un ciclo di rivoluzioni politiche, quella americana e quella francese, so-prattutto uno scontro decisivo fra un regime nobiliare ed assolutistico e le idee di libertà, uguaglianza e fraternità, secolare retaggio della civiltà cristiana. Le idee della rivoluzione della borghesia francese sì diffusero in tutta Europa oltre l’opposizione britannica, e la resistenza spagnola, prnssiana e russa, oltre l’ondata di restaurazione successiva.

Tuttavia il concerto europeo di inizio ottocento lasciò aperto lo scontro fra legittimismo e principi liberali e razionali, e le rivoluzioni successive che investirono buona parte dell’Europa fallirono negli obiettivi democratici. Lo slancio della borghesia trasformò tuttavia l’Europa occidentale nella terra del liberalismo e dei diritti delle nazioni, così da far sperare — come auspicavano Mazzini. Saint-Simon e Buchez – nell’apertura di una fase di collaborazione fra i popoli.

La guerra franco-prussiana fu un triste risvegilio alla realtà delle eontrapposizioni nazionalistiche e delle sfide militariste, ben presto trasferite nella corsa alle conquiste coloniali e al controllo degli altri continenti.

La decantata ‘ Belle Epoque", magnificando la potenza e la supremazia dell’Europa, fu l’antica-mera di un terribile conflitto mondiale che segnò il crollo della supremazia politica e militare del-l’Europa, il crollo di tre imperi toecratiei e multietnici, la nascita di un esperimento di stato socialista ben presto coinvolto in direzione totalitaria.

La guerra lasciò, attraverso trattati di pace punitivi, rancori e conflitti che furono all’origine delle formazioni autoritarie, specificamente quelle fasciste e naziste che condussero a un nuovo confronto militare mondiale. Alla sua conclusione, l’Europa si trovò divisa fra est ed ovest dalla cortina di ferro con zone d’influenza fra superpotenze, mentre le colonie rivendicarono ed ottennero nei vari continenti l’autonomia politica.

Da queste difficoltà del dopoguerra nacque l’esigenza di organismi sovranazionali tanto a livello europeo che a livello mondiale.

Tuttavia allo sviluppo economico occidentale si contrappongono le difficoltà economiche che ac-compagnano la crisi dell’impero sovietico e delle sue alleanze, nonché la riunificazione della Germa-nia. Se la crisi sovietica ha aperto gli Stati dell’Est ad una partecipazione al percorso europeo comune, ha anche aperto una fase di instabilità nell’ambito del particolarismo nazionalista balcanico (camuffato da pretestuosità religiosistiche, ancora una volta), così da rendere l’ovest dell’Europa sempre più il punto di riferimento degli Stati del continente, nonostante la difficoltà ad andare oltre una politica monetaria ed economica verso una politica sociale, estera e della sicurezza univoca e comune.

E’ pur vero, come afferma Federico Chabod, che "i1 sentire europeo è un sentire di schietta impronta illurninista", ove la variazione fondamentale attuatasi ad ope-a del Romanticismo "fu precisamente la fine dell’atteggiamento polemico di fronte alla religione, soprattutto di fronte alla Chiesa cattolica".

11 Romanticismo significa quindi "rivalutazione, esaltazione dei fattori religiosi nella vita umana, e quindi anche nella storia e nella vita europea. Si riallaccia, in questo senso alla più antica tradizione cinquecentesca, senza più il patbos propagandistico di questa, ma con la stessa sensibilità per i problemi riguardanti Dio e la Chiesa". Dunque "ne deriva la rivalutazione dei Medio Evo". "Alla tra-dizione classica greco-romana... al Rinascimento, al secolo di Luigi XIV, il Rinascimento aggiunge giustainente il Medio Evo, l’età che ha segnato di indelebile impronta cristiana il volto dell’Europa, l’età per cui il pensiero ed il modo di sentire degli europei non possono che poggiare su basi cristiane oltre che greco-romanc".

E’ del 1700 "il senso dell Europa come di un gran corpo civile, cul-uralmente uno, politicamente di-viso in tanti stati, ma tutti legati da un continuo, incessante intreccio di rapporti; ...un corpo che aveva usi, costumi particolarità di vita tutti propri: un corpo, infine, che la scienza conduceva avanti sulla via del progresso"

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3.-Il significato dell’Europa

Gli spazi territoriali ampi — ma nello stesso tempo protetti e facilmente transitabili, di facile abita-bilità, dai margini frastagliati e quindi portuosi, costellati di isole — sono spazi aperti e favorevoli agli scambi culturali, commerciali e di popolazioni. Si potrebbe affermare che il territorio europeo per le sue stesse caratteristiche geografiche e morfologiche è stato il luogo di accoglienza, di radicamento e di sviluppo, comunque di incontro-scontro, fra realtà culturali tra le più importanti e cospicue del nostro globo.

Questo territorio accogliente, aperto ed insieme recinto, questo mare ricco (li isole e insenature, assai di sovente mediterraneo più che oceano), ha accolto civiltà e filosofie d’Oriente, stimolo all’avvio della profonda speculazione greca antica; hanno pure accolto religioni d’Oriente, quella cristiana, che si radica in quella ebraica. rivestendo, riflessione e religione della concretezza, della solidità e robustezza latina.

E’ qui ed è così che si fonda l’originalità della cultura europea: una cultura di apertura e di scambio che ha nutrito lo spirito di libertà politica rifluito attraverso i secoli, caratteristica della Grecia classica, ed attraverso la cultura cristiana nei movimenti delle rivoluzioni di fine secolo XVIII, spirito di libertà che armonizza le istanze dell’individuo umano e della collettività sociale (da cui la contraddittorieta, evidente, degli esasperati nazionalismi, degli irrompenti imperialismi coloniali, aspetti fcnomenici di un particolarisnio e di un autoritarismo che non collinia con la cultura europea più autentica, ma scende dal nord e dall’est del continente) una cultura che ha pure nutrito lo spirito di libertà religiosa tale da armonizzare le istanze della libertà della coscienza personale con le istanze del l’attività politica. così da distinguere e riconoscere autonomia al potere politico rispetto al potere religioso.

E’ tutto europeo il travaglio e la tensione fra il particolarisnio politico d’importazione. l’universalità politica che si radica nei fondamenti ontologici fin dalla speculazione più antica, e la cui composizione è data dalla realtà potenziale di un essenza umana come elemento costitutivo di ogni persona che tuttavia non sempre si verifica e si attua, ma che può realizzarsi pienamente nella conseguente personale esistenza.

Si tratta di un travaglio e di una tensione fra questo originario spirito di libertà, non solo personale e sociale, ma ancor più politica ed un totalitarismo autocrate d’importazione che si pone antiteticamente nei confronti del rispetto della dignità della persona in quanto espressione non solo di diniensioni individuali, ma pure di proiezioni sociali in una solidarietà di cui il pensiero e l’azione cristiana sono sostenitori in prima linea.

Contro ogni risorgente razzisimo, l’Europa ha sempre ìnterioizzato trasmigrazioni e immigra-zioni dai secoli bui dell ‘Età Media ai secoli più recenti, così da rappresentare una armonizzazione di razze, forze e culture di originalità e vivacità specifica: dai germani ed anglo-sassoni, ai vikinghi-normanni, agli arabi e saraceni, fino agli slavi ed ungari, da cui l’incoerenza con la sua vocazione culturale e civile l’avventura colonialista, non di rado confinante con il genocidio, la violenza gratuita ed il furto legalizzato.

Motivi religiosi prima (lo scisma cristiano) e politici successivamente (la conquista araba ed ot-tomana), contribuirono a provocare e a rafforzare la separazione sia politica sia culturale dell’Europa dall’Oriente asiatico e dalla stessa Africa mediterranea, aspetto certamente negativo nella caratterizza-zione dell’Europa, date le origini prime dei molti stimoli e apporti culturali successivi accolti ed inte-riorizzati dalla cultura europea. allontanandola o isolandola talora da queste sue origini.

In breve si potrebbe osservare che in Europa di europeo non c’è molto, a cominciare dalla denomi-nazione, se non la sua naturale geografica apertura e abitabilità territoriale che ha favorito nelle popolazioni residenti, ma venute dal di fuori, l’aprirsi di una sensibilità sociale e politica particolare. quella della libertà democratica. rispettosa dell’uomo non solo come individuo, ma come persona, cioe come espressione di istanze e bisogni di socialità. Anche se si tratta pur sempre di una politieità particolaristica, lontana da una universalità che sarà accolta da un contributo successivo, anch’esso esterno.

Infatti, è lo zoccolo duro di questo senso sociale dell’umano che predispone il germogliare di un al-tro elemento non indigeno, il cristianesino, che caratterizzandosi e forse irrigidendosi nella romanità, purtroppo, non favorisce quell’espandersi di unità e di universalità (di cattolicità, cioè) che superi le frontiere di quel mondo e di quella cultura esterna all’Europa.

Cosicché il totalitarismo e l’imperialismo politico, non di rado. sotto le mentite spoglie di un’ideo-logia religiosa, o antireligiosa per motivi polemici, ha finito per istaurare oppressioni e autocrazie anch’esse estranee alla sensibilità europea.

Non è che che difficile comprendere, conseguentemente. quali indirizzi e quali ideali pedagogici sottendano a queste conclusioni e che danno all’educazione un senso europeo.

 

CHE COS’E’ L’EDUCATORE PROFESSIONALE

Anche per l’Europa, non solo per il nostro paese, quella dell’educatore professionale non è una professione nuova.

Si deve all’intellettualismo razionalista moderno l’averne dimenticate le antiche origini e si deve alla complessità della vita sociale contemporanea averne sottolineato, più recentemente, il valore ed il significato.

 

1.- La professione: sua origine e sua definizione

Mauro Laeng fin dal l969, ricordava che l’età classica si rifaceva a due figure professionali specifiche in ambito pedagogico: il litterator" per l’educazione seolastica e formale. ed il "pedagogus" per l’educazione non scolastica, non formale (extra-scolastiea).

Anche nell’età moderna si ritrova nel sistema educativo dei collegi una distinzione nelle funzioni educative fra l’azione dei "magister" per l’insegnamento delle differenti discipline ed il "monitore" o "prefetto" per coordinare gli aspetti della vita quotidiana.

Lo stesso Giovanni Federico Herbart (1776-1841) distingueva due funzioni pedagogiche non ri-ducibili Luna all’altra: "nutrire" ed insegnare" "zucht und unterricht" e guidare "regiurung".

Si tratta, va sottolineato, di una distinzione di funzioni all’interno dell’unità dell’azione educativa complessiva e delle sue finalità fondamentali nel suo doppio significato di nutrimento (dal latino "ede-re") e di promuovere (dal latino educere"), dunque costantemente in un significato che implica la cooperazione e l’attiva partecipazione sia degli educatori (naturali: i genitori; professionisti: gli insegnanti, gli educatori sociali/ professionali), sia della persona dell’utente/ cliente (fanciullo, giovane, adulto).

A tale proposito possono essere ricordate le attività e le opere di Lord Rohert Baden Powell (1866-1948). di Janusz Korkzak (1879-1942). di Antonio Semeniovieh Makarenko (1888- 1939), e in Italia le esperienze di Vittorino da Feltre (1378- 1446), di Filippo Neri (1515-1595) che operò nei quartieri a rischio della città di Roma, e di Giovanni Bosco (1815-1888) che operò nelle periferie della città di Torino.

Dopo la prima guerra mondiale (1914-1918). in relazione ad una importante legislazione sulla pro-tezione della uioventù derivante dalla settecentesca legislazione di origine prussiana, in Germania, la formazione degli educatori sociali cominciò già ad essere realizzata inizialnì ente attraverso corsi brevi. via via resi più complessi cd estesi ad intere annualità.

In Francia negli anni precedenti la seconda guerra niondiale (1939-1945), le associazione scautistiche francesi, che attraverso un azione benevola sviluppavano un interventoi educativo tra i giovani delle case cli rieducazione e delle prigioni minorili, di fronte alla manifestatasi necessità di una loro presenza più assidua e quotidiana (violente rivolte avevano messo in crisi il sistema carcerario minorile francese), trasformarono il loro intervento in presenza professional e.

Ouesto educatore che svolge la sua attività accanto alla famiglia e alla scuola, dunque, accanto e con gli educatori naturali e quegli edu-catori professionisti denominati "insegnanti", questi educatori, professionisti anch’essi,. sono, secondo la definizione dell’Associazione Internazionale degli educatori (AIEJL, 22 rue Halèvy, E 59000 Lille Francia), "coloro che dopo uiìa formazione specifica. favoriscono attraverso metodi e tecniche socio-psicopedagogiche, lo svi1uppo personale, la maturazione sociale e l’autonomia delle persone — giovani o adulte — in difficoltà. handicappate, disadattate o in pericolo di divenirlo. Essi condividono con queste persone le differenti situazioni spontanee o provocate dalla e della vita quotidiana, sia in situazioni residenziali sia in servizi diurni nell’ambiente naturale di vita, attraverso un azione continua e congiunta verso la persona e verso l’ambiente"..

I secoli trascorsi ci mostrano un preponderante interesse sociale ed individuale per l’educazionc scolastica, formale, accademica. Ciò sia per la necessità di trasmettere la quantità delle informazioni e delle conoscenze acquisite nel trascorrere del tempoi, sia per l’utilità concreta data soprattutto dall’acquisizione dei mezzi necessari alla comunicazione interindividuale e sociale, il leggere e lo scrivere, sia pure per l’utilità data dall’apprendere nozioni che diano accesso all’esercizio competente di professioni e mestieri, come per un brillante ornamento della mente ed un desiderio di possedere e dominare, attraverso la conoscenza intellettuale, la realtà circostante e cosmica, utopia ed obiettivo del pensiero razionalista.

Una controprova di queste affermazioni la troviamo, ad esempio, nella stessa Enciclopedia Pe-dagogica al lemma "case work, dove l’approfondimento concettuale avviene solamente o rispetto alla pedagogia scolastica, o rispetto alla metodologia dell’animazione socio-culturale.

Sono stati così privilegiati i contenuti dell’educazione a fronte della stessa dignità ed autonomia della persona del cliente (non di rado, nei secoli trascorsi, concepita come ‘uomo di piccole di-inensionm’ in cui realizzare una crescita quantitativa e non come fanciullo in via di sviluppo, come persona dalla crescita anche qualitativa)., è stata privilegiata un’attenzione all’individuo piuttosto che alla persona nella sua globalità e quindi anche alla sua dimensione corporea e sociale. E’ stata privilegiata l’attenzione alla persona e alla funzione dell’educatore piuttosto che alla cogestione dell’azione e dell’impegno educativo con la persona del cliente-utente.

La rivoluzione copernicana dell’educazione fra il XVIII e il XIX secolo non ha solo dato evidenza al soggetto dell’educazione, la persona del cliente (giovane o adulto), ma ha scoperto una nuova progressiva complessità della personalità urnana e delle relazioni sociali.

Dall’epoca di Gian Giacomo Rousseau (1712-1778), Giovanni Enrico Pestalozzi (1746-1827), Fe-derico Guglielmo Augusto Froebel (1782-1852), dalle esperienze di Lev Nicola Tolstoj (1828-1910) all’educazione attiva cli Edoardo CIaparède ed Adolfo Ferriére (1879-1960), entrambi di Ginevra, attra-verso le riflessioni di Paolo Nartop (1854-1924). di Giorgio Kerschensteiner (1854-1932) e di Emilio Dìirkheim (1858-1917), si individua una esplosione di problematiche che riguardano l’educazione non formale, extrascolastica, cioe, in un certo senso, l’educazione attraverso la vita quotidiana. caratteristica ed ambito di azione dell’educatore sociale/ professionale.

 

2.- La formazione e l’Unione europea

Il concetto di formazione sottolinea nell’ambito del concetto di educazione e delle sue finalità, cioè della promozione e dell’aiuto allo sviluppo della persona del cliente-utente, non solo la partecipazione al processo della persona del cliente, ma anche un’attenzione e partecipazione particolare dell’educato-re stesso al suo personale sviluppo. sia per quel che concerne gli elementi di specificità relativi alla professione, che per quel che concerne la compiutezza e la globalità dello sviluppo in relazione all’integralità della sua persona.

Si potrebbe, per certi aspetti, ritenere che la formazione professionale rappresenti un forma radicale di educazione rispetto alla realtà della persona coinvolta e rispetto alla finalità specifica della forma-zione stessa, la professionalità, che nel caso specifico implica direttamente ed essenzialmente la perso-nalità stessa dell’educatore sociale/professionale cui è rivolta e nella sua totalità.

Dunque, essere e non solo sembrare o apparire. Ed inoltre l’esperienza e non la sola conoscenza, o meglio una conoscenza che nasca dall’esperienza e che si verifichi attraverso l’esperienza.

Dunque fare e non solo conoscere. Un rovesciamento di campo, in un certo senso: non una scienza e conoscenza, per così dire, rivelata dal docente, quanto piuttosto ricercata dal diseente con l’aiuto e la guida del docente. Una rimessa in atto di un procedimento anche induttivo ed astrattivo, per contro al trionfo contemporaneo di una cultura deduttiva, astratta e dogmatica.

Da questo punto di vista, la formazione professionale degli educatori sociali/ specializzati in Euro-pa può essere contenuta in alcune caratteristiche specifiche:

- la polivalenza

- l’alternanza

- la multidiseiplinarietà

- la gradualità.

 

Polivalenza significa mettere in evidenza la formazione della persona e della personalità dell’edu-catore sociale/ professionale. infatti la personalità dell’educatore è ritenuta il mezzo fondamentale per attuare l’interiento educativo nell’ambito delleducazione non formale. extraseolastiea.

Ciò sta anche a significare che una formazione generale di base —realizzata attraverso l’acquisizione di nozioni concettuali ed esperienze che diano capacità di orientamento in differenti situazioni la-vorative e in differenti servizi, cioè la polivalenza — faeilita la mobilità degli educatori-lavoratori all’in-terno della varietà dei servizi socio-educativi, socio-assistenziali e socio-sanitari, con scelte ed atti-vità di perfezionamento successive e graduali.

 

Alternanza significa che la formazione non è il risultato sola-mente di un apprendimento di no-zioni intellettuali, di concetti già elaborati, la cosiddetta "teoria". Significa invece che la formazione ètale solamente se è completata attraverso una formazione tecnica ed attraverso una formazione per mezzo dell’esperienza, l’alternanza fa riferimento alla realtà della persona umana che non è solamente spirito e pensiero, ma anche sensibilità e materialità e che normalmente conosce e comprende mediamente attraverso la sensibilità e non direttamente in maniera immediata. Piena coerenza, per-tanto, con l’esigenza espressa dal concetto di formazione professionale. come formazione della perso-nalità integrale.

I concetti, la cosiddetta "teoria", si trovano racchiusi dentro l’esperienza e tocca al pensiero elaborarli ed estrarli isolandoli, per così dire, dall’insieme esperienziale in cui sono racchiusi. Nulla di più errato, probabilmente, è credere di poter applicare la teoria alla pratica. poiché è l’esperienza, è l’e-sperienza sensibile, la matrice gnoseologica, anche se non ontologica, della concettualità e non viceversa.

Le acquisizioni concettuali (teoriche) già elaborate hanno significato di acquisizione di esperienze già elaborate e vagliate criticamente con valore altamente orientativo. ma non semplicemente applicativo. poiché la radice prima della conoscenza, anche intellettuale. rimane l’esperienza, tappa iniziale di ogni percorso correttamente conoscitivo e conseguentemente di ogni percorso corretta-mente operativo.

Insomma, la "pratica" non è un’applicazione della "teoria" poiché è una corretta "teoria", una corretta concettualità, che nasce dalla "pratica", dall’esperienza.

È, dunque, vero il contrario, cioè che la teoria, quando corretta, è frutto e risultato di un’analisi empirica, della pratica.

Paradossalmente si potrebbe proporre a dei tirocinanti di impegnarsi in esperienze in ambiti di attività professionali assolutamente sprovvisti di ogni "preconcetto" (nel senso etimologico del termine) e, attraverso una osservazione attenta, di procedere ad estrarre prudentemente e gradualmente le linee di azione e di intervento. Il cammino sarebbe molto più lungo e l’acquisizione delle concettua-lità, già storicamente acquisite e verificate, permette un procedimento più agile, giovandosi del contributo delle esperienze di altri operatori e ricercatori. L’alternanza, tuttavia, impedisce che l’educa-tore professionale perda il senso del valore dell’induzione e dell’esperienza.

 

Multidisciplinarietà significa che la formazione dell’educatore sociale/professionale (ed in generale di ogni educatore professionista, gli stessi insegnanti ad esempio) deve estendersi alle differenti scienze che riguardano l’uomo, dal punto di vista filosofico, pedagogico, sociologico, giuridico, psicogico e medico-psichiatrico Si tratta di un corollario che discende dalle precedenti caratteristiche relative alla formazione, alla polivalenza ed all’alternanza.

Infine, la gradualità: cominciare nei differenti settori di insegnamento (concettuale/teorico; tecnico; esperienziale/pratico) dai contenuti di base, epistemologici ed attraverso la partecipazione ad esperienze, le più semplici, anche se gli allievi provengono da esperienze avanzate.

La formazione degli educatori sociali/ professionali/ specializzati in Europa, normalmente e nella maggior parte dei casi, è collocata a livello superiore, terziario: pertanto si può svolgere tanto nelle Università come negli Istituti Superiori non universitari come le "Fachhochschule" in Germania, i "Seminarium"in Danimarca, le "Hageschool" nei Paesi Bassi, Le "Ecoles Superieures" in Francia, i "College" in Gran Bretagna, ecc.

In prevalenza tale formazione in Europa avviene in Istituti Superiori non universitari poiché in realtà, si teme che l’Università a causa dell’intellettualismo in essa assai diffuso non sia in grado di dare una vera e completa formazione professionale, capace di pensare l’esperienza e di confrontare il pensiero con l’esperienza.

Di conseguenza bisognerbbe prevedere e realizzare un’integrazione e collaborazione, spesso problematica fra fra insegnanti e professionisti che dovrebbero presiedere soprattutto all’insegnamento tecnico ed alla supervisione del tirocinio professionale ( lo "stage pratico.). Ottimale sarebbe poter disporre anche di insegnanti che siano o siano stati professionisti dell’educazione sociale, non formale, extrascolastica.

La difficoltà, infatti, sta nell’accettare il primato dell’esperienzialità (difficoltà che è pratica ed anche, forse ancor più, psicologica) e nel passare da essa alla concettualità, poiché significa, indirettamente. negare il dominio assoluto ed incontrastato del pensiero puro, cioè astratto in assoluto, ben diverso e differente dal pensiero astratto dall esperienza e dall’esperienza sensibile.

 

3.- Denominazione della professione

La denominazione della professione non è la stessa in tutta Europa. In Portogallo, Spagna, Danimarca e Germania la denominazione è "educatore" o "pedagogista sociale"; in Francia, Belgio e Svizxzera è "educatore specializzato";in Italia "educatore professionale";in Lussemburgo "educatore diplomato"; in Belgio fiammingo "ortopedagogista"; in Gran Bretagna "lavoratore dell’assistenza"; in Irlanda "lavoratore per i giovani e la comunità".

Ma non si tratta solamente di una differente denominazione: ad essa sottende anche una differente tipologia dei servizi in cui l’educatore è chiamato ad operare. ‘l’educatore sociale", "lavoratore per i giovani e la comunità" sta ad indicare educatori che lavorano in servizi ed in istituzioni che non accolgono solo giovani e adulti in difficoltà specifiche o per la prevenzione delle difficoltà o quanto meno delle loro conseguenze negative. "Educatore specializzato". "lavoatore dell’assistenza" sta ad indicare educatori che lavorano in servizi e in istituzioni che accolgono soprattutto giovani e adulti in difficoltà specifiche.

Ad ogni modo, attualmente, il lavoro di intervento educativo si svolge il più possibile in ambiente aperto, cioè nell’ambiente comune e naturale di vita dell’utente mediante servizi diurni; la soluzione residenziale, sebbene in strutture di ridotte dimensioni, è riserata alle situazioni più problematiche e più complesse.

 

4.- Il riconoscimento professionale ed accademico della formazione in Europa

L’Unione Europea ha manato una direttiva per il riconoscimento professionale dei diplomi, al fine di favorire la libera circolazione dei professionisti nell’ambito della Comunità.

Esistono due livelli di riconoscimento:

a) un primo livello a partire da tre anni di studi postsecondari superiori;

b) ed un altro livello al di sotto dei tre anni di studi superiori.

Il livello corrispondente all’educatore professionale è, in Europa, generalmente il primo livello, quello di tre anni di studi superiori/ Universitari.

Le condizioni per l’accesso sono le seguenti:

- che il diploma post-secondario sia di livello superiore/ universitario, rilasciato dall’autorità nazio-nale competente;

- che la professione sia regolamentata giuridicamente nel paese di accoglienza;

- che si attui, eventualmente, uno stage di inserimento;

- che il professionista conosca la lingua e la legislazione sociale del paese di accoglienza;

- che si completi l’itcr formativo se nel paese di accoglienza sia di maggior durata, come ad esempio in Germania o nei Paesi Bassi.

Per quanto concerne il riconoscimento accademico, nell’ambito del programma "Socrates-Era-smus è stato messo a punto un sistema basato sui "crediti", trasferibili da Istituto a Istituto sulla base di 60 crediti per annualità e del valore di 30 ore di attività per ogni eredito (lezioni, esercitazioni, se-minari, elaborati, ecc.).

In particolare lo Stato Italiano ha articolato i programmi dei singoli corsi in aree, come dire, "for-mative": di base. specifica, di tirocinio (stage pratico), di laboratorio e di opzionalità, con una percen-tuale di insegnamento per area da riempire congruamente e coerentemente con gli insegnamenti pre-senti e istituibili da ogni Istituto.

Nella prevista trasformazione delle scuole a fini speciali in D.U. a norma della Legge n. 341 /90, per quel che concerne gli educatori professionali, mentre l’Università Cattolica LUMSA ha operato soddi-sfacemente, l’Università di Stato "Roma 3" ha seguito criteri professionalmente inaccettabili e anti-quati sia sul piano storico sia scientifico.

 

5.- L’ essenziale della formazione di un educatore sociale

Gli aspetti essenziali per la formazione di un educatore professionale sembrano essere:

a) la formazione di se stesso, formazione che implica anche una dimensione deontologiea, cioè un dovere professionale; b) la formazione attraverso l’esperienza.

 

a) La formazione ai sé

Va da sé. da quanto già illustrato, che la formazione di un professionista dell’educazione compren-de la conoscenza di nozioni che riguardano i differenti aspetti della personalità umana; quindi anche degli aspetti sociali, che essa implica, quello che Robcrt Lafon denominava "medicosociale psicopeda-gogico" e costituiscono, per così dire, la dottrina per l’educatore professionale. Ed implica anche la conoscenza di metodi educativi, la competenza in tecniche educative.

Per "metodi educativi" si intende un insieme di principi, di regole, di mezzi che si giudicano i più efficaci per raggiungere finalità educative; per "tecniche educative" si intendono una serie di ope-razioni e di mezzi di contatto con la persona del cliente che producano oggetti o espressioni così da aiutare intenzionalmente l’evoluzione e la maturità (dell’educatore e della persona del cliente) e così, da permettere realizzandole con testualmente, di favorire la relazione dell’uno con l’altro: l’educatore e persona del cliente; pertanto non semplice "animazione sociale".

Ugualmente la formazione di un educatore sociale/ professionale dovrà prevedere l’attuazione di un’esperienza professionale supervisionata: il "tirocinio professionale" o "stage pratico"

Pertanto, se t’educare è per definizione una relazione d’aiuto avente la finatità di promuovere l’evoluzione della persona, come può essere constatato e rilevato datta riflessione pedagogica fin dall’età antica e dal Medio Evo; se l’educazione non formale è soprattutto una partecipazione ed una condivisione detta vita quotidiana," un vivere con" (i differenti episodi e avvenimenti accaduti nella vita di ogni giorno, anche i più ricorrenti), sforzandosi di aiutare e stimolare ad utitizzare questo vivere per promuovere t’espandersi delta persona; sembra chiaro ed evidente che ta personatità dell’educatore giochi un ruolo molto importante e notevote: è elemento essenziale di questo impegno. Nel suo agire professionatmente egli opera direttamente nei confronti detta persona del cliente senza alcuna mediazione laddove, ad esempio, l’insegnante può utitizzare la niediazione dei contenuti culturali e scientifici da trasmettere o da aiutare a scoprire.

Si configura un rapporto faccia a faccia, talora senza parlare, attraverso lo stare insieme, attraverso t’accompagnamento, per fare qualcosa assieme direttamente in una modalità educativa che si definisce indiretta in relazione all’educazione, mediante la parola che si definisce diretta.

Per un educatore sociale/ professionale le conoscenze concettuali, le tecniche e le metodologie educative non hanno solo la finalità di educare gli altri; queste conoscenze, queste tecniche, queste metodologie hanno innanzitutto e soprattutto la finalità di arricchire la personalità dell’educatore: "Nemo dat quod non habet" (Nessuno può dare quello che non ha"), la botte dà solamente il vino che contiene.

Si potrebbe affermare che una prima realizzazione avviene nella propria personale interiorità e non all’esterno, in direzione delle altrui personalità quasi come l’utilizzazione di un utensile esterno alla propria persona e non come parte integrante di se stessi.

Tutto ciò rappresenta anche un aspetto etico professionalmente deontologico in una prospettiva di coerenza esistenziale: la necessità di essere, per essere in grado di rappresentare, in un certo senso, la causa materiale e la causa finale dell’evolversi della persona affidata all’attenzione dell’educatore stesso; in un certo senso un elemento di esemplarità su cui orientarsi, misurarst e rispecchiarsi ed eventualmente da superare, procedendo oltre, verso una realizzazione della propria umanità ancora più intensa e significativa.

Concludendo, mi sembra che, a motivo sia della funzione educativa in generale, sia della funzione educativa nell’ambito dell’educazione non formale. extraseolastiea

- non sia possibile non solo immaginare, ma attuare correttamente la formazione dell’educatore profes-sionale, sociale senza che:

- egli finalizzi conoscenze, tecniche, metodologie ed esperienze in funzione della propria educazione e del suo personale sviluppo;

- egli si impegni ad elaborare una concezione della vita e della realtà, una cultura personale e persona-lizzata in una prospettiva di ottimismo e di avvenirismo, in un certo senso, escatologica;

- che egli si impegni ad evidenziare le sue personali problematiche (affettive, motivazionali, familiari, sociali, culturali, eec.) e a risolvere (in direzione positiva, costruttiva secondo la tipologia di una perso-nalità equilibrata).

È, in fatti, necessario che egli disponga di una personalità che abbia risolto i propri problemi affet-tivi, che sia lieta di stabilire relaziont con gli altri; sicura, ferma, ma non autoritaria, direttiva o dog-matica e rigida; capace di offrire aiuto e stimolo più attraverso il suo modo di vivere che attraverso i suoi insegnamenti verbali; capace di impegno, ma senza lasciarsi trascinare dalla situazione.

È consequenziale che ai docenti dei Corsi per la formazione degli educatori sociali/ professionali, si pongano nei confronti dei propri allievi-educatori gli stessi problemi che agli educatori professionali nei confronti delle persone dei loro clienti:

- aiutare lo sviluppo e la crescita attraverso la costruzione di una comunarietà conviviale anche e fra una struttura di istruzione/ formazione superiore/ universitaria, aspetto che si ritrova piuttosto fre-quentemente in vari paesi europei, ma che rappresenta un eccezione nel nostro paese, soprattutto nei complessi di grandi, talora enormi di dimensioni;

- dare sviluppo alla propria personalità in uiia prospettiva di umanesimo integrale che valuti e valorizzi tutte te varie componenti della persona umana (materialità ed immaterialità, affettività e spiritualità, ecc.);

- risolvere i propri problemi personali, affettivi, familiari, sociali e professionali e quindi elaborare una corretta concezione delta vita, rispettosa della dignità e della li-bertà delle differenti persone che compongono la comunità accademica/ formatrice: allievi, colleghi, responsabili, eec.

 

b) La formazione attraverso l’esperienza professionale

Una caratteristica specifica della formazione dell’educatore sociale nell’Unione Europea è data, come si è detto, dall’alternanza: un aspetto di tale alternanza è l’esperienza professionale presso una istituzione residenziale e presso un servizio diurno. Questa metodologia ha una serie multipla di signi-ficati:

- riconoscere che la persona non e soltanto spirito e/o pensiero secondo il riduzionismo del raziona-lismo e dell’illuminisnio moderno:

- riconoscere che la conoscenza umana normalmente non è immediata e diretta, ma mediata, indiretta e che questa mediazione si realizza, in quanto punto di partenza, attraverso la sensibilità corporea;

- valorizzare l’esperienza che non èmai semplice e solo "pratica" (una semplice "pratica" esiste solo presso gli animali); infatti l’esperienza umana presuppone sempre una componente immateriale di razionalità" ed una componente materiale di sensibilità", perfino quando quest’ultima abbia il sopravvento;

- sviluppare lo spirito critico capace di valutare e vagliare l’esperienza, scoprendovi i significati razio-nali in essa contenuti;

- apprendere a registrare l’esperienza professionale in un "dìario giornalicro" per rilevare e sottoli-neare le caratteristiche dei vissuti individuali e collettivi, e di conseguenza decidere, di concerto con la

éqiiipe tecnica medico-socio -psicopedagogiea, l’azione da intraprendere.

Questa metodologia sottolinea e realizza una specifica concezione dell’uomo e ne rispetta la sua inte-gralità, senza alcun riduzionismo sia in direzione spiritualistica che in direzione materialistica metten-do in evidenza, allo stesso tempo, sia la materialità sia la spiritualità umana, ma con senso del limite:

- senza delirio di onnipotenza, ma con profondo impegno nell’azione educativa;

- con grande senso della realtà che consiste anche nel mettere in evidenza, attraversol’edueazione. l’autonomia, la dignità. la libertà. la socialità sia della persona del’educatore sociale. sia della persona del formatore degli educatori, sia della persona del cliente-utente:

Vi sono due serie di libri che è necessario saper leggere:

- i libri stampati:

- il libro della vita, cioè l’esperienza

J. Piaget diceva che una verità trasmessaci dagli altri è una verità di valore inferiore e che è necessa-rio stimolare la ricerca della verità in maniera personale e autonoma.

J. Maritain di rincalzoi sostiene che vi sono aspetti che non possono essere insegnati:;possono solo essere vissuti.

 

Grandezza e limite dell’uomo: questo è il significato di un processo relativo alla formazione di un educatore sociale/ professionale che abbia come finalità il progresso e lo sviluppo della gioventù, an-che a rischio e un aiuto a tutti, in particolare a coloro che si trovino in situazioni di difficoltà, concetto di sviluppo, di progresso e di crescita che va al di là, che va oltre, superando concetti pedagogicamente riduttivi quali quelli di "terapia" e di "guarigione", pur fondamentali, necessari e basilari.

 

CONCLUSIONI: L’EUROPA DEGLI EDUCATORI PROFESSIONALI/ SOCIALI

 

Date le riflessioni fin qui poste e che costituiscono i presupposti e le premesse per una conclusione in chiave europeistica, si potrebbe ben affermare che un educatore professionale/ sociale a motivo delle finalità e degli obiettivi che persegue attraverso l’esereizio della sua professione e a motivo delle modalità della sua formazione, sia naturaliter europeista.

Balza evidente tale conclusione dal confronto fra la faticosa ricerca di un pieno sviluppo dell’identità europea e della sua vocazione nell’ambito della mondialità e la laboriosa ricerca da parte dell’educatore professionale della sua specifica identità nell’ambito delle professioni educative e sociali, e della sua linea di formazione e sviluppo professionale e personale.

Le analisi fin qui condotte permettono un raffronto interessante e significativo e sottolinea no questa scelta di libertà in clima di rispetto democratico, di apertura alla persona e alla comunità, di collabora-tività al di là delle differenze. di solidarietà a prescindere dal colore e dalla confessione, le cui origini si perdono nella notte dei tempi e la cui provenienza è non di rado esogena; un cammino che si apre con i poemi religiosi indiani c si suluppa attraverso le esperienze speculative ed attive del inondo greco, lati- no e cristiano, attraverso crisi e difficoltà, attraverso integrazioi critiche, che hanno portato a rendere concreto il senso della libertà nello spirito di autonomia, come espressione piena di una libertà consape-vole, ai vari livelli, personale, sociale, politico e religioso, cbe la legge sta deniro alla realtà, in quanto ne è elemento costitutivo.

Ci si augura che in futuro — nella piena consapevolezza delle differenze specifiche in quanto regioni, stati, nazioni — sia possibile riconoscere i fondamenti comuni di di questa nostra civiltà europea e, ar-ricchiti dalle differenze, uniti dalle rassomiglianze, si possa realizzare un’Europa pacifica, concorde, felice, amica.

Utopico? Un luogo che non c’è (ancora, attualmente), da sognare...

Bisogna un po’ sognare come Platone, Tommaso Moro e Tommaso Campanella o Francesco Fourier.

E’ il sogno clic ci permette di sperare e di attendere con fiducia il giorno successivo per realizzare gli insuccessi dei giorno che si sta spegn endo.

Tutto considerato domani è sempre un altro giorno.

Probabilmente c’è ancora della strada cia fare: sia nel dare spazi agli studenti, sia nell’entrare noi docenti nell’ interno della professione anche professionalrnente, sia in una più equilibrata ripartizione fra tempo dedicato alla cultura "detta", a quella "tecnica" e a quella "fatta". La semplice lezione "accademica" di per sé rischia di non essere formativa se non per quel tanto che ogni informatio è conseguentemente formatio; forse troppo poco per le esigenze di lavoro di un educatore e di un educatore professionale.

Gli inganni stanno sempre in quello che mi pemetto di definire, rubando il concetto a J. Montain, "pregiudizio intellettualistico", a proposito della formazione professionale e che si annida sia nella cultura laicista sotto forma di illuminismo razionalista (ben differente dalla razionalità), sia nella cultura religiosa cristiana sotto forma di spiritualismo (anch’esso assai differente dalla spiritualità che è ben cosciente che l’uomo, nel tempo, "è" solo sulla base della sua materialità, conditio, sine qua nona della sua esistenza.

 

Bibliografia

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