UNIVERSITÀ’, ISTRUZIONE SUPERIORE FORMAZIONE DEGLI EDUCATORI PROFESSIONALI

di Paolo Marcon, educatore professionale, docente universitario

A.- Premessa

E’ all’Università di Yale che tenne le quattro conferenze che avrebbero dato origine all’‘"Educazione al bivio"(1). Professore anche all’Istituto di studi medioevali di Toronto, si recava regolarmente negli Stati Uniti, secondo il calendario dei suoi corsi. Nel giugno del 1940 allorché in Francia avvenne la firma dell’armistizio da tanti francesi considerato un disonore nazionale, si trovava a New York.

Jacques Maritain (1882 - 1973) di famiglia evangelica, sposò una compagna di studi, ebrea, russa, Raissa. Amico d’infanzia di Ernest Psichari, nipote di Giuseppe Ernesto Renan (18823 - 1892), famoso per la sua visione critica del la religione ebraico-cristiana; frequenta la Sorbona durante il magistero del materialista Le Dantec; ha rapporti d’ amicizia anche con il socialista radicale Charles Peguy (1873 - 1914), poeta, scrittore e giornalista. Segue i corsi del filosofo francese Heri Bergson (1859 - 1941) e s’incontra con lo scrittore Leon Bloy (1846 - 1917), finendo con Raissa al battesimo cattolico. Restò in America fino al 1945, insegnando alla Columbia University ed alle Università di Princeton e Chicago.In apertura del libro, l’autore scrive:"Avrei potuto intitolarlo "l’educazione dell’uomo"; egli si colloca, infatti, fra ed oltre il razionalismo ed il pragmatismo, nel realismo. Il dibattito oltre che sui sette errori dell’educazione d’oggi nel mondo, s’apre sulle disposizioni fondamentali della persona come inscissa realtà, dotata di un proprio sviluppo dinamico, per mezzo del quale primariamente, esso forma se stesso ed entra nel corso della civiltà con l’aiuto efficace, ministeriale, dell’educatore. A proposito di processi educativi, Maritain mette in evidenza, fra le altre, due forme erronee di concepire e di fare educazione:

Un rilievo critico di un filosofo accademico nei confronti tanto dell’astrattismo come del tecnicismo accademico in direzione di una concezione realistica dell’educazione e della vita; un andare controcorrente che gli era consueto fin dal 1936 anno di pubblicazione di "Umanesimo integrale", pubblicazione giunta da noi solamente nel 1946 e per la quale fu tacciato di storicismo e di naturalismo.

Era consuetudine veder arrancare, anche ad età avanzata, in bicicletta attraverso i saliscendi della città di Ginevra, il "direttore di ricerca" che Eduard Claparède (1873 - 1940) aveva acquisto per l’Istituto J.J. Rousseau.

Jean Piaget (1896 - 1980) già sedicenne si dedica agli studi umanistici e filosofici, scoprendo Henri Bergson, mentre a Parigi ha la possibilità di lavorare nel laboratorio di Alfred Binet (1857 - 1911).

Sarà una delle allieve dell’Istituto, Valentina, che Jean sposerà; nella città natale, Neuchatel; insegnerà Filosofia all’Università, e Sociologia all’Istituto di Scienze Sociali, mentre a Ginevra ove si trasferirà qualche anno dopo, terrà corsi di psicologia infantile all’Istituto J.J. Rousseau ed alla Facoltà di Scienze.

Direttore del Bureau International de l’Education, Piaget ricopre cariche di prestigio all’interno del B.I.T. quando dopo la seconda guerra mondiale, quest’organismo contribuisce alla nascita dell’U.N.E.S.C.O. Ed, è per quest’ultimo organismo che scrive "Où va l’éducation ?" nel 1948 e che giunge tra noi solamente nel 1974 (4), accorata perorazione in favore dei metodi attivi, messaggio che rischia d’essere ucciso e sepolto come il messaggio socratico: "Capire vuol dire inventare o ricostruire inventando" (5).

"Una verità riprodotta non è che una mezza verità: il vero scopo è d’imparare a conquistare da sé la verità, a rischio di metterci tutto il tempo che occorre per passare attraverso tutti i gradi intermedi impliciti in un’attività reale" (6).

Senza "l’esperienza vissuta e la libertà di ricerca (...), la conquista di qualsiasi valore umano non è che illusione " (7) " La vastità del programma è meno importante della qualità del lavoro"(8) Si tratterà di determinare" se la "formazione consiste in una semplice trasmissione conoscenze e di regole, o se, invece, presuppone delle relazioni più complesse fra l’insegnante e gli studenti" (9).

E’ un ulteriore rilievo critico da parte di un accademico scienziato che mostra l’inadeguatezza delle metodologie correnti, applicabile anche nel campo della formazione superiore universitaria e che mostra l’insufficienza formativa della tradizionale, isolata lezione cattedratica.

Non sono le sole considerazioni attraverso testimonianze scientificamente di peso che si ritiene necessario premettere alla trattazione di un tema quale quello relativo alla formazione degli educatori professionali rispetto alla formazione superiore ed universitaria.

Si tratta, infatti, d’approfondire e concordare sul concetto di formazione" e sulle dimensioni della sua attuazione ancorchè a livello superiore ed universitario ove, caso mai, alcuni processi di messa in risalto della libera ricerca e della riflessione critica sull’esperienza dovrebbero essere non solo evidenziati, ma perfino esaltati. La conoscenza del patrimonio culturale esterno e scientifico, storicamente acquisito trova ovviamente posto e valore, ma non a discapito dei valori interiori connessi alla persona ed al gruppo. Non è solo una questione a carattere tecnico o metodologico; si tratta piuttosto di un atteggiamento culturale, in altre parole di un modo d’essere e di sentire, di percepire e vivere la realtà entro la quale l’esperienza si colloca.L’ esperienza di questi mesi, a fronte della trasformazione delle scuole a fini speciali in corsi di diploma universitario, mostra che al di là delle disposizioni e degli indirizzi ministeriali gioca la volontà o meglio, forse, la capacità di docenti universitari d’assumersi determinati compiti e d’avviare determinate esperienze di la formazione, cosicché una corretta attuazione degli indirizzi ministeriali, a fronte della , per ora , facoltatività d’attuazione, ha rivelato chi persegue una cultura attiva della formazione e chi invece persegue una cultura direttiva della "trasmissione del sapere".

Tale riflessione è tanto più opportuna, direi necessaria, di quanto in questo paese gattopardesco la tendenza è quella di cambiare tutto sulla carta per non cambiare nulla nella realtà: la controprova la si può ritrovare, ad esempio, tanto nello scambio di lettere fra la sezione romana dell’Associazione professionale A.N.E.P. ed il Magnifico Rettore dell’Università Roma 3 a proposito della trasformazione della SFEC in DUEC e nello stesso ordine degli studi del DUEC ove ad es. sono poste affermazioni e programmazioni che non trovano riscontro nella realtà, talché, tanto per citare un esempio, gli studenti, convinti della validità dei seminari residenziali, li hanno organizzati a proprie spese.

Rispetto all’Europa esistono due problemi che ci s’appresta ad affrontare anche per quel che concerne l’ educatore professionale e la sua formazione, le cui prospettive saranno presentate nella seconda parte di quest’intervento:

in Europa, ad eccezione che in Spagna, l’istruzione superiore si suddivide in istruzione superiore universitaria ed istruzione superiore non universitaria; la finalità differente differenzia gli indirizzi formativi: la prima tende maggiormente a finalità di ricerca, la seconda alla formazione professionale e dunque all’utilizzazione ai fini delle professioni dei risultati della ricerca (selezionati ai fini delle professioni); va tenuto, comunque conto, che nelle Università spagnole è attribuito un monte ore di attività esperienziali anche agli insegnamenti curriculari; il raggruppamento in un solo indirizzo, quello universitario delle due esigenze (insegnamento e ricerca) potrebbe portare danno sia a un corretto insegnamento come ad una dinamica attività di ricerca;

in Europa la flessibilità dei curricula è maggiore e s’articola su vari livelli che solo ora cominciano a trovare corrispondenza in quelli di casa nostra.

E’ con ogni probabilità ancora troppo vivo il convincimento che il "sapere"corrisponda all’"essere", e che il "pensiero" corrisponda al "reale" tutto intero: si tratta di una problematica che ha avuto un posto specifico nella storia della riflessione umana, ma, che a giudizio di molti, ha già fatto abbastanza danni.Ciò non significa rifiuto del "sapere",o rifiuto del "pensare", o rifiuto del "ricercare", ci mancherebbe!

Piuttosto è necessario rilevare i limiti del sapere intellettuale e del pensiero, sganciato dalla realtà: pensare e sapere sono condizioni certamente necessarie alla professionalità, ma da sole, assolutamente non sufficienti: il pensiero puro, cioè non legato all’esperienza, è una fantastica invenzione filosofica.

Una maggiore omogeneità con il resto dell’Europa potrà rafforzare non solo la mobilità degli studenti e la cooperazione fra istituzioni superiori, ma anche la mobilità dei professionisti, del resto già sanzionata con la direttiva del Consiglio d’Europa n. 42 del dicembre 1948, entrata in vigore nel gennaio 1992.

I dati ISTAT (10) ci offrono un panorama nostranopiuttosto sconfortante:

* il rapporto fra docenti/studenti è di 1/34, il che rende incomprensibile lo affollamento di studenti negli esami d’alcune discipline se non che o i carichi di lavoro sono mal distribuiti ,o che vi è chi non lavora per nulla.

* In altri Stati (F,GB,D) le percentuali vanno da 14/1 a 21/1;

* la spesa complessiva del sistema universitario italiano è la più bassa; doppia quella in F, quasi tripla in GB, e più che tripla in D;

* la spesa totale per studente è in Italia di circa 8 milioni, in F di 1 milioni, in GB di 18 milioni ed in D. 26 milioni ;

* laureati e diplomati ne abbiamo in numero minore d’altri paesi con differen-ze che vanno, annualmente, dai 70.000 ai 140.000 in più.

B.- La programmazione ministeriale

Il rinnovamento dell’istruzione superiore italiana passa attraverso l’adesione dell’Italia alla legge di riforma (11), ai riferimenti europei (12), e all’attività progettuale e d’indirizzo del Governo Italiano.

A fine ottobre 1977 è redatto il rapporto finale del gruppo di lavoro ministeriale (13).

*Dopo aver sottolineato che i mutamenti quantitativamente rilevanti del sistema universitario italiano (studenti, docenti, atenei, ecc.) a partire dalla metà degli anni 60’, non hanno trovato

riscontro in adeguate trasformazioni delle struture organizzative dell’Università, d’altro lato si constata che finchè il sistema rimane pubblico ed è finanziato con risorse nazionali, deve possedere alcuni requisiti comuni.- Però stabiliti questi "requisiti minimi", è lo spirito stesso dell’autonomia a suggerire il cambiamento da un approccio dall’alto ad uno maggiormente basato sulle iniziative dal basso.

Peraltro l’autonomia non viene ritenuta un fine in sè, ma un mezzo per ottenere gli obiettivi di un migliore funzionamento del sistema.

Viene rifiutata l’identificazione dell’autonomia con la semplice "deregulation". Viene considerato un errore pensare che basti eliminare alcune regole per mettere in moto un processo di aggiustamento automatico del sistema: si ritiene necessario creare una cultura dell’autonomia.

In questo documento vengono enunciati alcuni principi organizzativi generali :

a.- il principio della contrattualità, accordo bilaterale studente-ateneo con prestazioni corrispettive relativo alle condizioni di svolgimento degli studi;queste condizioni stabiliscono obbligazioni da entrambe le parti, potenziando la componente consensuale e ponendo l’accento sulla qualità del servizio dovuta dall’Ateneo; cessa un rapporto prevalentemente fiscale per introdurre il concetto di Università come comunità con l’adesione da parte degli studenti ad un rapporto pedagogico, ma con l’obbligo per l’Ateneo al rispetto degli standard specificati nell’accordo.

E’ rivalutato il ruolo studentesco che rende studenti e studentesse soggetti attivi adulti, avviando un processo di trasparenza nell’offerta formativa che stabilisca le responsabilità dell’Ateneo;

b.- il principio della pluralità delle offerte, come risposta a differenti tipi di domanda formativa, tenendo conto dei tipi di domanda prevalente onde sia possibile acquisire titoli di studio nei tempi prescritti, creando le condizioni perché il percorso si svolga con la massima regolarità per gli studenti a tempo pieno, mentre va prevista una programmazione specifica, concordata e regolata sul tempo parziale, eliminando lo "status" e l’idea del "fuori corso"

c.- il principio della flessibilità curriculare da realizzare anche attraverso facilitazione delle procedure per l’approvazione di nuovi corsi di studio ove l’innovazione didattica non riguarda solamente curricula e contenuti disciplinari, ma anche le modalità di attività didattiche;

d.- il principio della mobilità delle risorse umane per il quale ci si avvia ad eliminare la rigida corrispondenza fra docente/ cattedra/materia, peculiarità del sistema italiano che sotto il pretesto della libertà di insegnamento maschera riserve di caccia, privilegi e cattiva distribuzione delle risorse cui si accennava dianzi

e.- la flessibilità è garantita da un sistema di crediti, unità di misura standardizzata dell’esperienza conoscitiva acquisita che possono essere spesi a differenti livelli ed ordini di studi;

f.- deve essere fatto valere il principio che è permesso tutto ciò che non è vietato,

g.- mentre un sistema basato su questi principi, richiede una regolazione più sofisticata, quindi con una valutazione anche esterna del proprio funzionamento; quanta più è l’autonomia, tanto maggiore deve essere il confronto valutativo.

Lo studente o la studentessa sono ammessi all’esame finale quando abbiano totalizzato la somma di crediti non inferiore a quella stabilita dai singoli corsi. I crediti debbono riflettere la quantità totale di lavoro necessaria per completare un anno accademico di studio: lezioni, lavoro sperimentale e pratico, seminari, tutoraggio, elaborati, tirocini, stages, studio individuale, tesi, esami, attività di valutazione.

I crediti secondo l’ECTS promosso dal programma Erasmus (oggi Socrates Erasmus), sono espressi in valori numerici da 1 a 60 per annualità.

Possono essere strumento per raccordi e scambi all’interno di percorsi universitari/ superiori anche in ambito europeo, e con la rete di formazione post-secondaria.

I "contenuti minimi qualificanti" un curriculo individuano:

a.- le principali caratteristiche culturali e professionali della figura in oggetto;

b.- la durata prevista per gli studenti a tempo pieno con la conseguente definizione dei crediti e che costituisce il punto di riferimento anche per gli studenti a tempo parziale;

c.- il numero di "annualità", inteso come numero di insegnamenti annuali corrispondenti con possibili articolazioni in semestralità

d.- il numero di crediti-annualità obbligatori

e.- l’eventuale obbligatorietà di attività extramurali (tirocini e stages e le regole relative)

La nota di indirizzo del Ministro del giugno 1998(14) stabilisce le macro-aree che accorpano i differenti corsi di studio senza, tuttavia, alcuna implicazione in ordine all’autonomia scientifica delle varie discipline e corsi anche al confine tra più macro-aree. Dette macroaere riguardano quella sanitaria, quella scientifica e tecnico-tecnologica, quella umanistica, quella delle scienze giuridiche, economiche, politiche e sociali, quella dell’ingegneria e dell’architettura.

L’autonomia universitaria nel definire i singoli curricula nell’ambito dei contenuti minimi qualificanti si confronterà con gli studenti mediante commissioni paritetiche, nonché con le regioni e le parti sociali, quindi anche con le associazioni professionali (15).

La nota prevede anche l’inclusione di discipline di settori diversi rispetto a quelli in cui il curriculum si inquadra così da assicurare una formazione globale dello studente; richiede l’acquisizione della piena conoscenza di una lingua europea ed a livello di base di una seconda lingua straniera; richiede l’acquisizione di competenze informatiche, l’effettuazione di stage formativi, la conclusione dei corsi con un esame finale diretto ad una valutazione globale del curriculum individuale e della preparazione conseguita.

Le innovazioni immediatamente attivabili riguardano l’introduzione dei crediti secondo il citato sistema ECTS (European Credit Transfer System).

A seguito di intese fra le università e le istituzioni organizzatrici potranno essere riconosciuti crediti maturati presso il sistema scolastico post-secondario o presso quello della formazione professionale regionale.

Nella seconda nota di indirizzo (16) il Ministro sottolinea che l’attuazione della riforma compete, nel quadro dei criteri generali agli organi accademici e con il necessario confronto con gli studenti da prevedere in forme efficaci e continuative (17).Il Ministro sottolinea la necessità di procedere con gradualità e flessibilità in un quadro di scambio permanente all’interno ed all’esterno dell’Università e di circolazione tempestiva di informazioni ed

 

esperienze nell’intero sistema universitario. La finalità riguarda il

raggiungimento di una armonizzazione con il sistema universitario europeo sia per favorire la mobilità degli studenti, sia per il riconoscimento convenzionale del titolo di studio, sia per la libera circolazione delle professioni.

L’orientamento è quello di prevedere un sistema articolato in due cicli universitari principali in ordine all’equiparazione ed all’equivalenza accademica in ambito europeo:

un primo livello che dia accesso ad una gamma diversificata di programmi con la possibilità di seguire studi multidisciplinari; il secondo livello che preveda un ciclo più breve ed uno più lungo.

La conferenza Stato-Regioni ha approvato il documento sulla formazione superiore integrata (FIS), come canale formativo, dopo la scuola secondaria, diverso da quello universitario.

Il primo livello del sistema italiano di istruzione universitaria, ha durata triennale, equivalente a un carico di 180 crediti (60 per anno accademico) con l’obiettivo di fornire allo studente una formazione culturale e professionale compiuta spendibile sul mercato del lavoro, tale da dare accesso, di norma, alle attività per le quali attualmente si richiede la laurea, salvo specifiche e motivate eccezioni. I corsi di primo livello che potranno avere curricula differenti anche all’interno di una stessa area, sono collocati in serie con uno o più corsi di secondo livello e si concludono con il conseguimento di apposito titolo da indicarsi come laurea di primo livello, denominato nell’attuale ordinamento DL (Diploma di Laurea).

La prova finale sarà costituita da una relazione scritta o da un elaborato dal quale risulti l’acquisizione di una adeguata preparazione di base e professionale di livello superiore.

Il titolo di secondo livello non può essere acquisito senza essere preceduto dal superamento del traguardo formativo di primo livello.

Il secondo livello ha di norma durata di due anni (carico didattico 120 crediti, riducibile per determinate tipologie formative) per il conseguimento del diploma di laurea specialistica..

La prova finale consiste nella discussione di una tesi.

I curricula per conseguire il titolo di primo e secondo livello in ogni caso, devono avere contenuti tali da ricomprendere i saperi necessari per accedere alle diverse professioni, includendo stages o altre attività di tirocinio professionale da riconoscersi come crediti formativi.

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Il MURST ha anche predisposto uno schema di regolamento in materia di autonomia didattica degli atenei ove all’art. primo il titolo universitario di primo livello è di diploma di laurea (D.L.).,

Diploma di laurea specialistica è il titolo di secondo livello (D.L.S..).

Vi sono poi diplomi di specializzazione (D.S.) e di ricerca (D.R.), il tutto con

i conseguenti titoli di: laureato, laureato specialista, specializzato, dottore di ricerca.

I corsi di studio sono raggruppati in classi; i crediti sono corrispondenti ad un carico di lavoro di 25 ore e si superano mediante esame o equivalente verifica.

Le università attivano o disattivano i corsi di studi istituiti con autonome decisioni.

I decreti d’area individuano le attività formative ,raggruppandole in sei tipologie (aree didattiche):

somma crediti

a.- formazione di base non più 50% non meno 10%

b.- formazione caratterizzante " "

c.- formazione interdisciplinare " "

d.- scelte opzionali " 20% " 05%

e.- preparazione della prova finale " "

f.- formaz. linguistica, informatica, " "

tecnico-professionale lavorativa

C.- Il progetto ANEP

Questa lunga premessa ci permette di prendere coscienza e conoscenza della concezione dell’autonomia didattica che non coincide con quello di "indipendenza"o di "autarchia", dell’indirizzo ministeriale rivolto a valutare un rapporto di collaborazione con le parti sociali ivi comprese le associazioni professionali, dell’indirizzo ministeriale volta a sottolineare la validità ed il valore della partecipazione studentesca.

Ma anche si sapere che questo attaccamento ad un percorso formativo che sottolinei il valore dell’esperienza criticamente vagliata ed il valore dell’impegno personale di scoperta ed invenzione dell’azione. educativa da proporre e dei suggerimenti da presentare, vengono dalla testimonianza, dall’esperienza, dal pensiero di scienziati e pensatori di notevoli dimensioni anche in campo europeo. D’altro lato la stessa ricerca scientifica e la stessa riflessione filosofica non possono che nascere, autenticamente, dall’analisi dell’esperienza umana e dell’esperienza del pensiero (18).

Ci permette,inoltre, di valutare la lungimiranza degli educatorali professionali nell’attestarsi su una formazione di base triennale e sulla valorizzazione degli elementi formativi dati dall’esperienza sul casmpo e dall’apprendimento di tecniche che facilitino e favoriscono la relazione educativa nell’ambito del dipanarsi della vita quotidiana, valorizzazione che anche in ambito universitario non ha mancato di dare una rilevanza giuridica (voti, oggi crediti) a tali settori di formazione.

E’ nata così, da parte dell’Associazione professionale, l’ANEP una proposta di "curriculum" già inoltrata al competente Ministro, così formulata:

DIPLOMA DI LAUREA IN EDUCATORE PROFESSIONALE (180 crediti, 1° livello)

Profilo

L’educatore professionale è l’operatore sociale e sanitario che in possesso del diploma universitario abilitante, realizza ed attua specifici progetti educativi e riabilitativi volti allo sviluppo equilibrato della personalità globale dei soggetti in difficoltà o meno ed alla loro integrazione psicosociale in un contesto di partecipazione e recupero della vita quotidiana.

Ambiti di intervento

L’educatore professionale

+ svolge la sua attività in strutture sociosanitarie e socioeducative, pubbliche e private, sul territorio, nelle strutture residenziali e semiresidenziali, in regime di dipendenza o di libera professione;

+ opera con le famiglie e con il contesto sociale degli utenti allo scopo di favorire il loro inserimento nella comunità sociale;

+ partecipa e promuove attività di studio, ricerca e documentazione

+ contribuisce alla formazione degli studenti e del personale di supporto;

+ concorre direttamente all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale;

+ concorre direttamente all’educazione alla salute.

 

 

Obiettivi formativi

1.- fornisce competenza nel programmare, attuare e verificare interventi educativi finalizzati allo sviluppo e/o recupero delle potenzialità dei soggetti per il raggiungimento di un livello sempre più elevato di autonomia;

2.- fornisce competenza nel progettare,organizzare, attuare, verificare le proprie attività professionali all’interno dei servizi sociosanitari, delle strutture sociosanitarie riabilitative e socio educative, in maniera coordinata con altre figure professionali e con tipi diversi di strutture, attraverso il coinvolgimento diretto dei soggetti interessati e/o delle loro famiglie, dei gruppi, delle collettività, delle reti informali di sostegno alla persona;

3.- fornisce competenza per contribuire a promuovere ed organizzare strutture e risorse sociali e sanitarie al fine di realizzare un progetto educativo integrato;

4.- fornisce competenza per la conoscenza, l’utilizzo e la valorizzazione della "relazione educativa" nello specifico della partecipazione e condivisione della vita quotidiana, quale strumento fondamentale della crescita e della maturazione delle persone che si trovino o meno in difficoltà.

Contenuti minimi qualificanti

area didattica formativa di base (25%;15 credti per anno = 45 crediti formativi) comprende le attività didattiche finalizzte all’acquisizione delle conoscenze specifiche alla professione di educatore in ordine alle scienze dell’uomo e dell’educatore nel settorre medicosociogiuridico e psicopedagogico e metodologico

area didattica formativa professionale caratterizzante :(25 %; 15 crediti per anno = 45 crediti formativi )

comprende le attività didattiche finalizzate all’acquisizione delle conoscenze specifiche alla professione di educatore nella sfera dell’educazione non formale (extrascolastica), operante nel settore della prevennzione sociale e generale, nell’ambito del disagio individuale e sociale sia in servizi aperti, territoriali che in servizi residenziali o semiresidenziali, approfondendo e specificando i contenuti della formazione generale (1)

N.B.: queste due aree sono comprensive anche dell’ area didattica delle interdisciplinarietà che è strettamente legata sia alla formazione di base che della formazione specifica dell’educatore professionale.

integrativa:

area didattica integrativa del laboratorio di tecniche educative ( 10 %, 6 crediti per anno = 18 crediti formativi)

Comprende le attività di laboratorio finalizzate all’acquisizione di competenze specifiche per l’analisi, la progettazione, la realizzazione di attività tecniche che permettano l’espressione verbale e non verbale (artistica, mimica, corporea,ecc.) della persona dell’utente, una più intensa e significativa relazione interpersonale, riconoscendo loro una importanza fondamentale per l’esplicitazione del bisogno, del desiderio, del disagio; per la maturazione personale dello stesso educatore nonchè per la partecipazione al contesto sociale.

Le attività di laboratorio saranno attuate con l’intervento di docenti delle precedenti aree, affincati da tecnici specifici e da educatori professionali di matura esperienza (2).

Area dei tirocinii professionali: (25 %, 15 crediti per anno = 45 crediti formativi)

Costituita da esperienze svolte presso servizi sociali, socioeducativi e sociosanitari onde permettere l’integrazione fra le conoscenze concettuali e le esperienze tecnico professionali.Le attività di tirocinio saranno accompagnate guidate e supervisionate da educatori professionali di matura espereienza e comprenderanno 120 ore per anno di attività in sede per riunioni di supervisione (3).

Area dell’opzionalità (10%, 6 crediti per anno = 15 crediti formativi)

 

Area per la conoscenza delle lingue straniere, dell’informatica e per la preparazione della prova di valutazione finale: (5%, 3 crediti per anno = 9 crediti formativi)

Si inoltra la richiesta di introduzione di nuovi insegnamenti che si ritrovano nel "curriculum" nazionale per le scuole a fini speciali predisposto dal Ministro Ruberti ma che, a differenza del curriculum per la formazione degli assistenmti sociali, non ha avuto attuazione per il ritardato concerto da parte del Ministero della Sanità, pur essendo stato approvato dal CUN (adunata del 30.10.89).

Si tratta di

(1) Deontologia professionale

(2) Tecniche di gruppo e di animazione dell’intervento educativo

Tecniche espressive ed artistiche dell’intervento educativo

Tecniche individuali e ludiche dell’intervento educativo

(3) Principi e metodi di tirocinio professionale I

Principi e metodi di tirocinio professionale II

Principi e metodi di tirocinio professionale III

Tabella insegnamenti segnalati

* Pedagogia * Antropologia filosofica

* Pedagogia speciale * Pedagogia sociale

* Metodologia e tecnica della ricerca pedagogica

* Sociologia * Sociologia dell’educazione

* Istituzioni di diritto pubblico * Diritto penitenziario

* Legislazione minorile

* Psicologia generale * Psicologia dello sviluppo

* Psicologia sociale

* Igiene ed educazione sanitaria * Fisiologia umana

* Biologia umana * Medicina sociale

* Pediatria preventiva e sociale * Geriatria e gerontologia

* Neuropsichiatria infantile * Psichiatria

* Psicopatologia dello sviluppo

* Letteratura per l’infanzia ( a laboratorio)

* Metodologia e tecnica del gioco e dell’animazione ( a laboratorio)

* Teoria e tecniche delle comunicazioni di massa (a laboratorio)

* Strumenti e tecniche delle comunicazioni visive ( a laboratorio)

Regolamentazione della professione

Con decreto ministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 aprile 1999,

il Ministro della Sanità Rosa Bindi ha approvato il regolamento relativo alla professione di educatore professionale come figura che opera in ambiti sociali e sanitari.

Il decreto potrà ora essere ripreso dal Ministro degli Affari Sociali ed esteso al settore dei servizi sociali per completare la tutela del raggio di azione di tale professionista.

 

 

Educatore professionale: laureato e laureato specialistico

La nuova struttura dei corsi universitari richiede ora la formulazione di un progetto inerente anche il secondo livello della formazione di educatore professionale , il livello di laureato specialistico

DIPLOMA DI LAUREA SPECIALISTICA IN EDUCATORE PROFESSIONALE (120 crediti , 2° livello)

Profilo

L’educatore professionale in possesso di diploma di laurea specialistica è l’operatore sociale e sanitario che realizza nell’ambito dell’educazione non formale ed extrascolastica interventi a contenuto e finalità pedagogica volti allo sviluppo ed al recupero delle persone e dei gruppi , attraverso:

1.- la progettazione di servizi educativi e la programmazione delle attività ad essi connesse;

2.- il coordinamento e la direzione dei servizi educativii;

3.- l’ attività di supervisione di professionmisti dell’educazione in sede di formazione e/o lavoro;

4.- la consulenza educativa in sede di conmsultorio familiare o a livello di altri servizi,

4 - l’attività di coordinamento in rete con i servizi sul territorio e con gli organi della programmazione nazionale.

 

Ambiti di intervento

L’educatore professionale in possesso del diploma di laurea specialistica svolge attività in strutture socio-sanitarie e socio.educative, pubbliche e private, sul territorio, residenziali e semiresidenziali, in regime di dipendenza o di libera professione.

Opera nei confronti di singole persone, di gruppi, di famiglie; partecipa e promuove attività di ricerca; contribuisce alla formazione professionale ed all’aggiornamento del proprio profilo , concorre all’organizzazione ed alla consulenza in merito di educazione alla salute.

Obiettivi formativi

1.- strutturazione di personalità equilibrata e matura, in possesso di pluriennale esperienza

professionale, con capacità di fornire supporto critico alle attività professionali di educatori impegnati in differenti servizi o situazione formativa;

2.- capacità di coordinare e dirigere aree di servizi pedagogici attraverso autorevolezza

di esperienza e validità di competenza organizzativa:

3.- capacità di programmare ed organizzare servizi in ambiti precedentemente determinati

sulla base della conoscenza di bisogni ed esigenze delle persone e dei gruppi di un territorio specifico;

3.- equilibrio personale in funzione di una attività di consigliere e di consulente in strutture specifiche (consultori familiari) o in differenti servizi nei confronti della utenza e delle persone ad essa collegate

4.- capacità di mantenere ed elaborare collegamenti in rete con altri servizi sociali e/o sanitari in ambito territoriale e nazionale

 

Contenuti minimi qualificanti

area didattica formativa di base: (25%; 15 crediti per anno; 15 x 2 = 30)

comprende le attività didattiche a carattere storico ed epistemologico finalizzate all’approfondimento delle scienze dell’uomo e dell’educazione nel settore medicosociale psicopedagogico.

 

Area didattica formativa professionale caratterizzante: ( 25%; 15 crediti per anno; 15 x 2 = 30)

comprende attività didattiche specifiche finalizzate all’acquisizione delle conoscenze necessarie per l’esercizio delle funzione di educatore professionale di secondo livello, sia per la programmazione di servizi, sia per la consulenza pedagogica nel settore socioeducativo e sociosanitario, che per la superivsione formativa e sul lavoro, che per il coordinamento e la direzione di area di servizi pedagogici.

N.B.: queste due areee sono comprensive anche dell’area didattica dell’interdisciplinarietà che è ad esse strettamente legata.

Area didattica integrativa del laboratorio tecnico: (10%; 6 crediti per anno, 6 x 2 = 18)

Comprende attività di laboratorio finalizzate all’acquisizione di competenze specifiche nella progettazione ipotetica di servizi, di ipotesi concrete di coordinamento ed organizzazione direzionale, di approfondimnento di attività tecniche di espressione verbale e non verbale (artistiche, mimiche, corporee, ludiche, di comunicazione e di gruppo, ecc.), di studio di casi individuali e di gruppo, ecc.

Le attività di laboratorio saranno attuate con l’intervento di docenti delle precedenti aree, affiancati da tecnici-educatori professionali di matura esperienza

Area didattica del tirocinio professionale: (25%, 15 credti per anno, 15 x 2 = 30)

Costituita da esperienze svolte presso servizi sociali, socioeducastivi e sociosanitari e presso uffici specifici onde permettere l’integrazione fra esperienze professionali e conoscenze concettuali.

Le attività di tirocinio saranno accompagnate e supervisionate da educatori professionali di matura esperienza e comprenderanno un congruo monte ore di attività in sede per riunioni di supervisione,

Area dell’opzionalità: ( 10%; 6 crediti per anno; 6 x 2 = 12)

Area per la conoscenza delle lingue straniere, dell’informativa e per la preparazione della prova di valutazione finale : (5%, 3 crediti per anno, 3 x 2 = 6)

Tabella di insegnamenti segnalati

* Storia della pedagogia * Filosofia dell’educazione

* Pedagogia della marginalità e della devianza minoriile

* Pedagogia sperimentale * Educazione degli adulti

* Pedagogia interculturale

* Psicopedagogia del linguaggio e della comunicazione

* Psicopedagogia delle differenze individuali

* Psicologia della comunicazione * Psicologia della personalità .

* Psicologia dei gruppi * Psicologia della formazione

* Psicologia della comunità * Psicologia sociale della famiglia

* Psicologia delle comunicazioni sociali

* Psicologia delle organizzazioni * Psicologia dinamica

* Psicodinamica dello sviluppo e delle relazioni familiari

* Psicologia dell’handicap e della riabilitazione

* Psicologia della tossicodipendenza

* Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale

* Criminologia * Criminologia minorile

* Fondamenti anatofisioliogici dell’attività psichica

* Psichiatria * Neurologia

* Diritto regionale e degli enti locali * Diritto di famiglia

* Filosofia del diritto * Diritto della U.E:

* Sociologia del diritto * Economia Politica

* Politica sociale * Sociologia dei gruppi

* Sociologia dell’ambiente * Sociologia delle migrazioni

* Sociologia delle relazioni etniche * Organizzazione dei servizi sociali

* Sociologia urbana * Sociologia rurale

* Sociologia della devianza * Sociologia della famiglia

* Programmazione ed organizzazione dei servizi sanitari

* Sociologia dell’organizzazione

* Metodologia e tecnica del lavoro di gruppo (a laboratorio)

* Tecniche dell’intervista e del questionario (a laboratorio)

* Metodi e tecniche della dinamica di gruppo (a laboratorio)

D.- Conclusioni

L’apporto associativo potrà essere di rilievo e di spessore; esso è previsto e richiesto dalle note di indirizzo del Ministro; non sarà facile farlo accettare, se penso al modo altezzoso con cui un preside di Facoltà ha accolto un presidente provinciale ANEP che gli chiedeva conto dei criteri relativi alla trasformazione ed all’organizzazione di un corso per educatori professionali, quasi che un "accademico", pur valido e competente, sia equiparabile ad un "assoluto" metafisico".

Non tutti i docenti universitari sono di questa pasta "onnipotente" ed "onnisciente"; a fronte di un

accademismo piuttosto gretto, si eleva anche una alta e profonda accademicità, saggia e perciò sapiente, consapevole dei limiti connessi ad ogni condizione umana, pur se accademica.

Ma c’è anche ed ancora, come si evince dagli stessi notiziari dell’Associazione dei professori universitari di pedagogia, chi teme (ha paura) di non riuscire a controllare i professionisti che entreranno nell’Università per i laboratori e per supervisionare le esperienze professionali, i tirocini.

Forse è necessario che i professionisti non temano di accettare la sfida acca- demica, almeno se anche il nostro paese non sceglierà l’istituzione di un’istruzione superiore non universitaria: forse sarebbe un chiarimento utile e forse necessario fra ricerca scientifica ed insegnamento.

Per ora la realtà è differente.

Ed occorre prenderte coscienza che il pensiero non è autonomo dal resto della realtà; se io posso pensare quello e come voglio, tuttavia la realtà pensata non necessariamente corrisponde alla realtà reale.

Rifugiarsi nel pensiero può essere un modo per fuggire dalla realtà anche educativa difficile da affrontare nella crudezza della vita quotidiana.

Con buona pace dell’accademismo, quello astratto e fatto di puro pensiero.

I fatti, la realtà non si controllano; vi ci si riflette e con l’agire e si cambiano, possibilmente in meglio, cioè a favore dello sviluppo e della maturazione dell’uomo e dei gruppi sociali.

(intervento all’assemblea ANEP)

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(1) Maritain J., L’educazione al bivio, La Scuola, Brescia, 1958 , Education of the Crossroads, NewHaven, Yale University Press, agosto 1943).

, L’education à la croisée, Egloff, Paris 1947.

(2) ibidem, pag. 33

(3) ibidem, pagg. 38/40

(4) Piaget J.,Dove va l’educazione ?, A. Armando editore, Roma 1974

(5) ibidem., .pag.31

(6) ibidem., pag.95

(7) ibidem., pag. 111

(8) ibidem., pag. 85

(9) ibidem., pag. 55

(10) Corriere Scuola di ven. 5 marzo

(11) L. 15 maggio 1997, n.127 (art.17, commi 95 e segg.)

(12) trattato di Maastricht (art.126), dichiarazione congiunta Ministri perl’Università di F.,D.,UK.,I. (Parigi, 25.05. 1997)

(13) Gruppo di lavoro su:Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio a livello universitario e post-universitario; rapporto finale a cura di G. .Martinotti (23 ottobre 1997)

( 14) nota di indirizzo, DGAU/ MURST, 17.06.97

(15) Nota di indirizzo,c.s., P.G..3 comma 4

(16) Seconda nota di indirizzo/ DGAU/ MURST 16 ottobre 1998

(17) ibidem., pag.1 comma a

( 14) nota di indirizzo, DGAU/ MURST, 17.06.97

(15) Nota di indirizzo,c.s., P.G..3 comma 4

(16) Seconda nota di indirizzo/ DGAU/ MURST 16 ottobre 1998

(17) ibidem., pag.1 comma a

(18) cfr. anche: Bontadini G., Saggio di una metafisica dell’esperienza, Vita e Pensiero, Milano 1938