Montagna: parola
per me magica.
Significa libertà,
aria, vento, rocce che sfidano il cielo, nevi che luccicano al sole...
terra di sogno.
7 agosto 2000
dopo 2 giorni di cattivo tempo siamo saliti al bivacco Regondi, in
Valpelline, partendo da Ollomont, il paese di Heidi.
La salita si presenta un po’ tosta, sono 1050 MT di dislivello, la
maggior parte dei quali condensati in 2 strappi, uno all’inizio e uno alla
fine, mentre la parte centrale è lievemente in salita, con tratti
in piano.
Essendo solo in 3 siamo velocissimi: alle 9 siamo già in cammino.
L’aria è pungente, fresca. Devo tenere la camicia e nonostante tutto
ho i calzoni lunghi. Si parte nel bosco: 500 MT tutti in salita, tutti
ripidi, tutti subito. Si comincia: uno, due, avanti, un passo in seguito
all’altro. Il bosco folto fa ombra e ripara dal vento. Dopo 10 minuti la
camicia diventa inutile. Intanto si prosegue. Un tornante, poi un altro.
Poi un roccia in mezzo al sentiero. Poi un ramo spezzato in centro. Si
giunge a una cappelletta, con la statua della Madonna che veglia sulla
salita nel bosco. Poi ancora più su... giungiamo in cima, sui prati.
Una mandria di mucche ci aspetta. Pacifiche brucano l’erba nel sole del
mattino, volgendo appena il capo al nostro passaggio. Ci guardano con quegli
occhi grandi, dolci, continuando a ruminare. Dall’alto qualche vitellino
scende di corsa, per poi muggire, forse in cerca della mamma. Poco sopra
ritroviamo il sentiero. Appena oltrepassiamo il dosso erboso, il Mont Gelé
ci appare: una piramide perfetta, che si erge dalla valle delle acque bianche.
Ha un cappuccio di neve fresca, che scende lungo le scoscese pendici,
fino a perdersi nelle morene. Pare spuntare dalla pianura, vigile guardiano
di una valle verde e ricca d’acqua.
La valletta si presenta acquitrinosa, con tanti rigagnoli d’acqua.
Alla sua destra il Mont Avril pare fargli da secondo, come a frenare
l’avanzata del gruppo della Tete Blanche e della Tete de By.
La giornata è limpida, fresca, l’aria purissima...
Avanziamo veloci fino a salire all’alpeggio di Les Places, ormai abbandonato,
ultimo retaggio di una vita d’alpe ormai estinta. La Valle delle Acque
bianche si presenta come una conca piatta, attraversata da piccoli
ruscelli. Alla nostra destra i contrafforti rocciosi ci ricordano che siamo
a poco più di metà camminata. Alla fine della valletta ecco
l’ultimo poderoso strappo: 400 MT ci separano dal bivacco, che già
appare in cima...
Il Mont Gelè intanto continua a sorvegliare la valle...
Saliamo dal sentiero più ripido, che con strette svolte ci porta
300 MT più in alto. Il sentiero è ridotto a tracce, che passano
tra un sasso e l’altro, con terra battuta e sfasciumi vari.
Un passo, un altro ancora, poi una svolta, e ancora un passo. Mi fermo
un attimo, un respiro profondo a chetare il cuore, e poi di nuovo, un passo,
un altro.
Siamo ormai a 100 MT dal rifugio, c’è un piccolo dosso e poi
la piccola costruzione in legno dovrebbe apparire. Intanto a destra, tra
il Monte Berrio e la Punta Fiorio ecco il lago dell’Incliousia, col suo
azzurro vivido. Salendo appare anche il Lago Leitou, appena sotto la Punta
Fiorio e il Mont Clapier.
E giungiamo in cima: lo spettacolo è maestoso, il mont Gelè
luccica sotto il sole e svetta nel cielo blu, senza nuvole. Il piccolo
laghetto di Benseya ha il colore dell’anice, tant’è che non riflette
nemmeno le vette circostanti!
Il vento soffia rabbioso e freddo, non si riesce a stare all’aperto.
Consumiamo un piccolo pranzo all’interno dopo esserci cambiati.
Ma non si può stare dentro con lo spettacolo che c’è
fuori! E ritorno all’aperto: non c’è nessuno, siamo solo noi 3.
Ammiro la neve fresca, che riveste il ghiacciaio di una coltre all’apparenza
morbida. Ammiro i giochi di luce sulle rocce circostanti: vi è una
fessura tonda poco sopra il Colle Gelé. La valle sotto appare lontana,
con mille righe che la attraversano. Sulla Tete Blanche si accumulano alcune
nubi bianche. Ora il ghiacciaio non si vede più. Anche la Tete de
By mette un elegante cuffietta bianca!
Il Mont Avril continua nel suo compito di "secondo", vegliando alle
spalle del Gelé.
Appaiono al laghetto 2 alpinisti, sono scesi dal Gelé. La loro
traccia sulla neve segna come una linea, una piega sul candido lenzuolo.
Dicono che era stupendo, da lassù il mondo aveva tutto un altro
aspetto. Sono saliti rapidissimi, in meno di 3 ore erano alla vetta. Hanno
faticato parecchio, poiché la neve caduta in questi ultimi giorni
ha rallentato il cammino. Lo spettacolo dalla croce posta in cima era meraviglioso:
spaziava sulla Valpelline di Ollomont e di Bionaz. Sulla Svizzera e spuntava
un pezzo di Cervino in fondo, dietro alle vette della Dame Blanche.
Intanto arrivano altri escursionisti. Comincia ad essere troppo affollato,
troppi rumori a confondere la voce del vento, che continua rabbioso a soffiare.
Si scende.
Cerchiamo il sentiero che passa dal lago di Cornet e dall’omonimo colle,
ormai poco usato. Passiamo a mezza costa su terreno detritico. Giungiamo
nei pressi del colle, ed ecco apparire la meraviglia: un prato intero di
stelle alpine. Il piccolo fiore di velluto ricopre in piccoli mazzi il
prato, insieme all’iris di montagna e alla nigritella. Ammiriamo questo
spettacolo ormai unico, tanti piccoli mazzetti vellutati con cuore giallo.
A malincuore proseguiamo, andiamo verso il lago, dove troviamo i classici
turisti che prendono la tintarella. Per fortuna il prato è nascosto
dietro un dosso e ormai non vi passa più nessuno! Altrimenti del
piccolo fiore delle vette ci sarebbe stato uno scempio incredibile!
Continuiamo a scendere.
Ai casolari di Les Places ci fermiamo per bere, una marmotta in allerta
lancia il suo fischio d’allarme. Ci godiamo il sole per qualche minuto.
Riprendiamo a scendere.
Incontriamo le mucche al pascolo, si sono spostate poco più
in altro vicino a una piccola pozza d’acqua.
Ci voltiamo prima di scendere il dosso erboso: il Mont Gelé
pare osservarci, ma impassibile come ogni guardiano, continua nel suo compito.
Il Mont Avril, suo secondo, già si nasconde dietro ad alcuni abeti.
Alcune nuvole già si muovono veloci nel cielo: alcune coprono la
valletta, restano illuminate dal sole le bianche nevi del Gelé e
le placide mucche.
Scendiamo.
Nel bosco il sole appare tra i rami, e già l’aria si fa calda,
afosa, quasi insopportabile. Dopo il vento freddo che pareva scuoterci
in vetta, ora dal piano sale un alito caldo, come a dirci che la realtà
è più in basso.
Le gambe sono stanche, la pelle nonostante il freddo vento è
rossa dal sole. Gli occhi ancora racchiudono quello spettacolo di vette,
di nevi immacolate, di piccoli laghetti cobalto.
La sera sono stanca, ma di quella stanchezza felice, data da attività
fisica, da muscoli che si sono mossi...e la testa è ancora lassù,
dove il vento scuote le piccole piantine, dove i piccoli fiori vellutati
si piegano alla sua carezza.