Montagna....

Montagna: parola per me magica.
Significa libertà, aria, vento, rocce che sfidano il cielo, nevi che luccicano al sole... terra di sogno.

9 agosto 2000
Abbiamo ancora negli occhi lo spettacolo del Mont Gelé e ci apprestiamo a fare un altra gita, più corta, dobbiamo alternare le salite lunghe a quelle più corte.
La salita di oggi si svolge nello scenario bellissimo del Parco del Gran Paradiso: dal Colle dl Nivolet al Colle Leynir, 500 MT di dislivello per giungere ai 3093 metri che separano al Valsavarenche dalla Valle di Rhemes, appena sotto il Taou Blanc.
Salendo verso il Colle del Nivolet le nubi ci accompagnano: decisamente non è la giornata di lunedì!
Ma queste nubi sono bianche, di condensa. Salendo la valle già le Levanne capricciose si nascondono tra e nubi. Salendo verso il Colle il Gran Carro ha qualche batuffolo sulla cima. Al Colle le nubi nascondono la vista sulla  Valle dell’Orco e sul gruppo delle Levanne e del Gran Carro.
Scendiamo verso il rifugio Savoia. In breve ci prepariamo, e dopo poco siamo già in cammino.
Il Gran Paradiso, il Ciarforon, la Tresenta, la Becca di Monciair e la Grivola giocano a nascondino con le nubi, ora appaiono e ora scompaiono. Saliamo con la Grivola che occhieggia con la sua parete nord, tra breve non la vedremo più.
Dal primo pianoro dei Laghi Rosset il Gran Paradiso continua il suo gioco, dando alla valle l’aspetto di alcune vallate himalayane, avvolte nelle nubi, ma con i loro ghiacciai luccicanti dal sole estivo. Continuiamo a salire, lungo il sentiero molto largo.
Qui non è come la Valpelline, purtroppo ci sono molti turisti, che salgono ai laghi per fare merenda sull’erba. Continuiamo a salire. Di fronte a noi il Colle Rosset ci ricorda che la nostra meta è molto più a destra, che dobbiamo ancora svoltare e risalire.
La punta Basei appare per un attimo a specchiarsi nel lago, civettuola. Poi scompare tra le nubi e la nebbia. Dietro di noi il Gran Paradiso continua il suo gioco, aiutato dalle altre vette sue vicine: la Tresenta, il Ciarforon, la Becca di Monciair, la Becca di Moncorvè. Ora anche i Denti di Broglio si fanno coinvolgere.
Continuiamo a salire. Appaiono altri piccoli laghetti, piccole pozze d’acqua che si formano con la pioggia. E si sale lungo un dosso erboso. Ora attraversiamo una piccola valletta. Di fronte e noi. Proprio sotto la Punta Vaudala,  un gruppo di camosci saltella vicino a un ruscelletto. Continuiamo il nostro cammino. Siamo ora nella "valle della luna", detta così a causa delle sue conformazioni rocciose, del suo paesaggio arido, solo pietre, simile a quello lunare. Si scende in una piccola valletta. Ecco il Colle, e alla sua destra a proteggerlo, il Taou Blanc e a sinistra la Vaudala. Un dosso di terra ci ricorda che la salita è ancora lunga: ci restano altri 150 MT abbastanza impegnativi, su tracce di sentiero ripide, su morena.
Iniziamo la salita, uno due, un passo e un altro... un respiro profondo, siamo quasi a 3000 MT e in cuore batte più veloce, l’aria è più fine. Oltrepassiamo le roccette finali ed ecco il colle, depressione rocciosa che segna il confine tra le due valli. Al di là si stende la Valle di Rhemes, appena sotto il colle il ghiacciaio della Vaudala. Un po’ più in là la Galisia, la Granta Parei, e la Calabre. Peccato che le nubi coprano le cime e il Dente del Gigante sia coperto.
Il Colle si presenta brullo, con roccette sporgenti da terra battuta, un ambiente morenico. A sinistra, di fronte alle pareti del Taou Blanc, la Vaudala, anch’essa rocciosa, dall’aspetto friabile. Ci fermiamo pochissimo, giusto il tempo di un piccolo spuntino. Il vento è freddo, ci sono 7 gradi. Si scende in fretta, tagliando sotto alla Vaudala, lungo un pendio morenico, scalinando in mezzo ai detriti. In breve siamo alla base di quest’ultimo salto. Davanti a noi una piccola valletta, con un ruscelletto, che va a morire nel Lago Nero. Proviamo a spingerci in fondo, seguendo il fiume, per scendere verso il Lago e poi da lì sul pianoro del Colle Nivolet. Purtroppo  non è possibile scendere da lì, così ritorniamo sui nostri passi.
Poco sopra i Laghi del Rosset, dall’alto, alcuni laghetti occhieggiano e paiono strizzare gli occhi, forse a causa delle nubi che corrono veloci e ora si e ora no illuminano lo specchio d’acqua. Il Gran Paradiso è ormai coperto da nubi grigie, scure.
Scendiamo al rifugio, dove un timido sole illumina con gli ultimi raggi la zona intorno. Poco sopra una marmotta attraversa il sentiero rapida. Si ferma poco sotto e ritta sulle zampe osserva la scia di turisti che scende, variopinti giganti venuti ad assaporare un mondo etereo.
Poi si butta nella sua tana.
 

la punta Basei e il lago del Roset salendo al colle Leynir
Ultimo aggiornamento:25/04/01