Montagna....

Montagna: parola per me magica.
Significa libertà, aria, vento, rocce che sfidano il cielo, nevi che luccicano al sole... terra di sogno.
11 agosto 2000
Come ogni anno, una salita al Monte Camino partendo da Oropa è d’obbligo: è una di quelle gite ormai classiche, dovute alla Montagna, come fosse un pegno.
Partiamo dalle Cappellette alle 8.20: ci sembra presto, rispetto alle altre mattine dove bisogna fare un paio d’ore di macchina. Ci incamminiamo lungo il sentiero largo quanto una carrozzabile. Infatti da qui passano i mezzi per gli alpeggi: una volta doveva diventare una strada interpoderale, poi è stata abbandonata. Ora resta la larghezza e un tratto asfaltato a ricordare quella balzana idea!
Il primo pezzo, tutto su strada, è all’ombra del bosco. Nonostante l’ora, già un calore umido sale. Eppure siamo a 1300 MT!
Proseguiamo un poco. Dobbiamo fermarci a bere, il caldo è terribile!
Iniziamo il sentiero vero e proprio: una bella mulattiera che con tante svolte e tanti tornanti giunge prima al Rifugio Rosazza, poi agli impianti del Lago del Mucrone, nonché detti Oropa Sport. Prosegue poi su sentiero stretto e irto per altri 400 MT fino ad alcuni alpeggi e poi al rifugio Capanna Renata e infine in cima al Monte Camino, dove vi è una cappella costruita dagli alpini.
La prima parte di mulattiera si presenta semplice, ben lastricata. Vi sono ciuffi d’erba che sbucano dalle pietre: quest’erba è detta in dialetto "erba ciulerina" poiché è un erba ingannatrice, non tiene il peso dello scarpone, scivola via... sulla cresta est del Camino due anni fa un ragazzo è morto a causa di quest’erba e della disattenzione, è scivolato sull’erba ed è finito  fino al colle: a causa dei ruzzoloni e delle pietre sporgenti è giunto alla fine già morto. Purtroppo le montagne biellesi hanno questo difetto: sembrano facili, poiché sembrano tondi panettoni, ma poi uccidono e presentano sempre mille difficoltà, a partire dalla lunghezza, alle condizioni meteo, alle condizioni dei sentieri. La zona infatti non ha percorsi brevi, le gite più corte presentano dislivelli di 1000 MT. I sentieri sono poco frequentati e a causa di questo, non sono neanche ben segnalati. Senza contare che il tempo è molto variabile, si parte al mattino col sole e il cielo limpido e si arriva alle 11 con la nebbia e senza sole...
Salendo la fatica di 3 gg di camminata si fa sentire: le gambe sono un po’ pesanti, il respiro troppo lento. Ma la colpa è anche del caldo. Dalla valle sale un alito umido e caldo, che non invita certo a camminare! Il sudore si fa copioso, il corpo si surriscalda velocemente. A tratti un breve alito di vento fresco da’ sollievo, ma è più l’afa che sale!
Poco sotto il Rosazza la testa mi da qualche capogiro: le gambe sono troppo stanche e molli, le braccia non ne vogliono sapere di tenere i bastoncini. Mi fermo su un tornante a prendere fiato, un po’ di vento mi da sollievo. Proseguo. Se proprio devo stare mele, almeno arrivo al lago! Lì ci sono gli impianti, se non mi passa questo colpo di calore, posso scendere a valle.
Al lago ci buttiamo sotto la fontana che c’è nella piazzetta. L’acqua fresca scende nella gola dando refrigerio. Bagno i polsi e le fronte. Mi siedo sulla panchina all’ombra. I ragazzi mi danno dei biscotti. Sgranocchio lentamente, mentre sorseggio altra acqua. Poi optiamo per un caffè al bar, vicino alla funivia.
Appena usciamo altra acqua: me ne sarò bevuta un litro in meno di 15 minuti!
Dopo poco riusciamo a riprendere il cammino: ci aspettano ancora 450 MT, di sentiero ripido e stretto, sotto la bidonvia. Già. Per arrivare alla vetta vi è una bidonvia, che funziona a tratti. Camminando cerco di concentrare il pensiero alle azioni: un passo, un altro, un respiro, un altro. Proseguiamo più velocemente che sotto, sarà perché qui è più fresco e ci siamo rifocillati. Per salire di 600 MT ci abbiamo impiegato circa 1 ora e mezza: tantissimo! Troppo! Non ci avevamo mai impiegato più di 1 ora... il caldo e la stanchezza hanno colpito!
Proseguiamo. Siamo ormai sotto l’ultimo sperone, che si aggira e si sale. La Capanna Renata ci era già apparsa poco più sotto, dagli alpeggi diroccati. Ora è proprio lì sopra, col suo muretto e le panche all’esterno. Giungiamo dopo 1 ora di cammino. Non ci fermiamo neppure, la nostra meta è qualche metro più in alto, ovvero 5 minuti di cammino. Arrivati in cima purtroppo non possiamo ammirare lo spettacolo: la nebbia è già salita e continua a spostarsi in banchi. Si dovrebbe vedere tutta la Valle Cervo, poi le cime della Valle D’Aosta, tra cui il Cervino, il Monte Rosa, il Monte Bianco, il Gran Combin. Più a destra le alpi lombarde fino all’Adamello. Di fronte oltre al Mars e al Rosso, le pianure, con il lago dei Viverone e poi in lontananza il Monviso e di notte, le luci di Torino. Purtroppo i vede appena il Mars tra le nebbie e poi il nulla. Ci sediamo all’ombra della chiesetta.
Siamo tutti e tre stanchi e accaldati, forse più stanche degli altri giorni!
Ma ecco che dallo zaino di uno di loro esce una meraviglia: melone fresco e già pulito! Solo da mangiare! Una meraviglia! Ci voleva proprio: sali e zuccheri, senza contare l’acqua!
Poi sgranocchiamo qualcosa, mentre un cagnolino si avvicina: è il cane del pastore, che sta mangiando al rifugio.
Scendiamo poi alla Renata a bere un caffè. All’interno troviamo le fotografie dello scorso inverno, quando la neve ha quasi raggiunto il tetto. E pensare che a Biella non ne è venuta!
Restiamo poi seduti sul muretto fuori a guardare la nebbia salire, un poco è scura, un poco è bianca. Il sole ogni tanto fa capolino tra le nubi. Intanto il cane del pastore, o meglio del "marghè" ha trovato un altro cane  con cui giocare, le loro scaramucce sono divertenti, buffe. Intanto poco distante, a uno dei tavoli, un signore sta elencando le sue "prodezze" in montagna, poi parla dell’Himalaya, di Messner, di tante cose un po’ ardite, ma che sicuramente non proverebbe! Purtroppo dall’aspetto e dai modi sembra il classico "bauscia" milanese, pieno di sé e con i suoi "io sono, io faccio, io qui, io là..." che dicono subito che lui è uno di quelli che non ha neppure fatto il sentiero a salire, ma si è servito della bidonvia! Eppure di gente simile continua ad essercene e sembra moltiplicarsi...mah!
Incominciamo a scendere, cosa non semplice su questo stretto sentiero, spesso con sfasciume o erba "ciulerine". Raggiungiamo il Lago, e ci facciamo un giretto. Poi riprendiamo a scendere: ci sono un paio di scolaresche e non vorrei proprio averli davanti sul sentiero! Per nostra fortuna scendono sulla Busancano, la pista da sci, che dal Lago conduce a Oropa.
Scendere diventa quasi peggio che salire: bisogna far attenzione alle pietre, che diventano scivolose a causa dell’umidità, e all’erba. Il caldo è sempre quello, ma forse si è attenuato un po’ a causa della nebbia e delle nubi.
Quando finalmente giungiamo sulla strada interpoderale, le scolaresche ci raggiungono. E’ un vociare allegro, ma stona con il silenzio della montagna, con queste rocce che incombono a sinistra e il ruscello che scorre a destra. La strada sembra infinita, lunghissima. Per fortuna giungiamo alla macchina. Il caldo è pazzesco, le gambe non hanno consistenza e anche i piedi a forza di stare nello scarpone sono "cotti" e doloranti. Ci rinfreschiamo con acqua, parliamo un po’ e poi si scende.

Ultimo aggiornamento:25/04/01