Il sistema immunitario

Autore: Vincenzo Cordiano
Divisione di Medicina Generale, O.C. Valdagno (VI)
Ultimo aggiornamento: 13/09/2002

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Il sistema immunitario è molto complesso ed ha la funzione di proteggere l'organismo dall’aggressione degli agenti patogeni. Esso è presente in tutti i vertebrati, e nessun individuo con il sistema immunitario gravemente compromesso può sopravvivere, anche se sottoposto alla più moderna terapia antibiotica. 
Il sistema immunitario è capace di rispondere a tutte le sostanze estranee all'organismo, chiamate genericamente antigeni, e riesce a riconoscere in modo altamente specifico milioni d’antigeni diversi anche solo per minime variazioni della loro composizione.  
Per svolgere queste funzioni, il sistema immunitario è ogni momento in grado di riconoscere ciò che è proprio dell'organismo da ciò che è estraneo, impedendo che avvenga una risposta contro gli organi propri dell'organismo stesso. Quando questa capacità è persa, possono derivarne  le cosiddette malattie autoimmunitarie, in cui il sistema immunitario reagisce contro i propri organi, come se fossero una cosa estranea.  

Origine dei linfociti

I linfociti, come tutte le cellule del sistema emolinfopoietico, originano nel soggetto adulto nel midollo osseo  da cellule staminali pluripotenti, da cui originano i precursori linfocitari T e B. Durante lo sviluppo fetale anche il fegato e ad altri organi sono sedi di produzione di queste cellule. 
I precursori T migrano nel timo, dove completano il loro processo di maturazione, alla fine del quale passano nel sangue periferico. 
I precursori linfoidi B continuano probabilmente nel midollo la fase di maturazione: in ogni modo nell’uomo questo non è ancora assodato definitivamente, mentre negli uccelli essa si svolge nella borsa di Fabrizio (dal nome di Fabrizio d’Acquapendente, un famoso scienziato dell’Università di Padova che per primo descrisse questo organo alcuni secoli orsono).

Fig. 1- Schema semplificato dello sviluppo dei linfociti

I linfociti T e B, una volta completata la maturazione nei rispettivi organi (per questo chiamati anche organi linfoidi primari o centrali) passano nel sangue e quindi negli altri organi linfoidi periferici: linfonodi, tonsille, milza, appendice, placche di Peyer dell’intestino ed altri simili aggregati di tessuto linfatico che sono distribuiti un po’ in tutto il corpo, anche se non sono organizzati in veri e propri organi distinti. 
Nel sangue e in questi organi i linfociti circolano continuamente alla ricerca di sostanze estranee eventualmente penetrate, come fossero delle pattuglie di ronda; qualora essi riconoscano un antigene estraneo si legano ad esso ed avviano la risposta immunitaria.  

Tipi di risposta immunitaria

La risposta immunitaria può essere di due tipi: umorale o cellulo-mediata. 
Le risposte umorali avvengono mediante la produzione d’immunoglobuline, chiamate anche anticorpi, prodotte dai linfociti B in risposta alla penetrazione di un antigene nell'organismo. 
La reazione cellulo-mediata avviene mediante il contatto diretto dei linfociti T con l'antigene estraneo, anche senza la produzione d’anticorpi da parte dei linfociti B.  
Un esempio di risposta cellulo-mediata è quella che avviene dopo l'iniezione sottocutanea della tubercolina, una proteina del batterio che provoca la tubercolosi. In un individuo che era già venuto a contatto con il bacillo della tubercolosi, anche se l’infezione era passata del tutto inosservata, come avviene oggi nella maggioranza dei casi, nel punto d’iniezione si accumulano linfociti ed altri tipi di cellule, provocando un arrossamento e rigonfiamento della cute; se invece il soggetto non era mai venuto a contatto con il batterio, la reazione è negativa, dimostrando la capacità dei linfociti di riconoscere e di reagire direttamente con l'antigene. 
Quanto detto finora permette di porre l’accento su alcune delle caratteristiche peculiari del sistema immunitario, vale a dire quelle di ricordare anche a notevole distanza di tempo i precedenti contatti con un antigene, di riconoscere in modo specifico questa sostanza estranea, anche a distanza di molto tempo dal primo contatto, e di iniziare contro di essa una risposta che porterà alla sua eliminazione. 
La risposta immunitaria umorale è importante soprattutto nella difesa contro le infezioni batteriche; quella cellulo-mediata è efficace contro parassiti, virus, funghi, tumori e cellule trapiantate non compatibili. Tuttavia, non esiste una separazione così netta, in quanto in genere si ha la cooperazione di entrambi i tipi di linfociti. 
L’esistenza di due principali popolazioni di linfociti è confermata da anche numerose malattie, congenite o acquisite, in cui si ha un deficit selettivo di una delle due popolazioni. 

I linfociti B dopo essersi legati con l’antigene, si trasformano in plasmacellule che producono anticorpi diretti contro l’antigene o gli antigeni che hanno innescato la risposta stessa. 
Esistono nel sangue cinque tipi d’anticorpi o immunoglobuline che indicheremo con la sigla Ig: A, I G, M, E, D, differenti fra di loro per struttura e composizione chimica.  
Le IgM e le IgD sono presenti anche sulla membrana dei linfociti B, dove essi svolgono la funzione di recettore per l’antigene, in altre parole è proprio mediante queste Ig di membrana che avviene il contatto con l’antigene ed il suo riconoscimento. 
In un soggetto immune, che ha già avuto il contatto con quell’antigene, intervengono solo e soltanto i linfociti B che durante la precedente risposta immunitaria erano rimasti nell’organismo (i cosiddetti linfociti B memoria). Essi proliferano velocemente, si trasformano in plasmacellule in poco tempo e producono grandi quantità d’anticorpi specifici contro l’antigene che portano alla sua rapida eliminazione. 
Questo spiega perché, normalmente, non si contraggono più di una volta certe malattie infettive, tipo il morbillo o la parotite. Gli anticorpi e i linfociti B sono in grado di impedire la replicazione del virus ogni volta che esso entra nel corpo. 
In un soggetto non immune, invece occorre all’incirca una settimana prima che il sistema immunitario riesca ad organizzare un’efficiente risposta primaria. Non vi siete mai chiesti perché quasi tutte le malattie infettive dei bambini durano circa sette-dieci giorni? Appunto perché questo è il tempo medio richiesto ad un soggetto non immunizzato per montare un’adeguata risposta immunitaria. Semplice, no? 
I linfociti T comprendono, in effetti, sottopopolazioni diverse. Le principali sono:  

I linfociti T non producono anticorpi. Producono invece tutta una serie di molecole, collettivamente chiamate citochine, in grado di distruggere l’antigene o di influenzare la risposta delle altre cellule del sistema immunitario. Anche i linfociti T possiedono sulla loro superficie delle strutture recettoriali, simili per struttura, ma non identiche, alle immunoglobuline di superficie dei linfociti B, le quali sono in grado di riconoscere in modo specifico gli antigeni estranei. 
I recettori delle cellule T imparano a riconoscere, durante lo sviluppo fetale, ciò che è proprio dell’organismo. Questo è reso possibile dalla presenza, praticamente su tutte le cellule del nostro corpo (anche i linfociti stessi), dei cosiddetti antigeni d’istocompatibilità o del trapianto. Essi sono riconosciuti dai linfociti T durante il loro perenne circolare nell’organismo: se una cellula presenta questi antigeni modificati (cosa che accade dopo un’infezione virale) o diversi da quelli dell’individuo cui i linfociti T appartengono (come accade nei trapianti non compatibili) essa sarà eliminata, preservando le cellule non infettate o che hanno antigeni d’istocompatibilità identici a quelli presenti sui linfociti. 
 

Cenni di anatomia del sistema immunitaria

Timo. È un organo localizzato nel mediastino anteriore, una specie di cavità presenta nel torace dietro lo sterno, quel lungo osso del torace. In esso si svolge il processo di maturazione dei linfociti T (così chiamati perché si formano appunto nel timo), alla fine del quale si ottengono le principali sottopopolazioni linfocitarie T. 
Esse non sono distinguibili al microscopio fra di loro o dai linfociti B, ma possono essere facilmente identificate con una sofisticata metodica di laboratorio, la citometria a flusso, che consente di evidenziare particolari molecole presenti sulla loro superficie e indicate collettivamente con la sigla CD e da un numero. Di queste molecole ne esistono oltre cento, non tutte presenti sullo stesso tipo di cellula. Studiando la combinazione di queste molecole sulla superficie linfocitaria si può risalire al tipo di linfocita in esame, al suo stadio di maturazione e alla sua funzione. Così tutti i linfociti possiedono il CD3, solo i T helper possiedono anche il CD4 ma non il CD8, mentre i T suppressor hanno il CD8 ma non il CD4. 
Queste molecole svolgono importanti funzioni, spesso non ben conosciute. A volte esse stesse funzionano da recettore per antigeni estranei, che in questo modo trovano una porta di ingresso per penetrare nel sistema immunitario ed attaccarlo. È quanto avviene nel caso del virus HIV, che provoca l’AIDS, il quale si attacca al CD4 e penetra solo nelle cellule che possiedono questa molecola sulla loro superficie, nel nostro caso i T helper. Se pensate alla funzione di queste cellule, si spiegano le terribili infezioni cui vanno incontro i soggetti con AIDS man mano che i loro linfociti T CD4 positivi sono distrutti dal virus. Recentemente è stato scoperto che anche il virus dell’epatite C utilizza la molecola CD81 per attaccare le cellule dell’organismo, soprattutto linfociti ed epatociti (le cellule del fegato). 
 

linfonodi. Sono questi degli aggregati di tessuto linfatico disseminati, a mo’ di caserme, in tutto il corpo. La risposta immunitaria che in essi si svolge può essere così intensa da portare ad un loro ingrossamento visibile ad occhio nudo. Si parla in questo caso di linfadenite satellite, che si verifica cioè in vicinanza del punto di ingresso dell’agente patogeno (es. linfonodi del collo in corso di mononucleosi infettiva), ad indicare che la risposta è particolarmente forte nelle zone più vicine all’infezione ed ha lo scopo di impedire una sua diffusione nel resto del corpo. Nei linfonodi sono presenti anche altri tipi di cellule, come i monociti-macrofagi, che collaborano con i linfociti sia nella eliminazione dell’agente nocivo sia nel processo di formazione dei linfociti “memoria”. 

Milza. Può essere considerata come una specie di grosso linfonodo localizzato nella parte alta dell’addome, a sinistra, subito sotto il diaframma, il muscolo che separa l’addome dal torace. Ha funzioni analoghe a quelle dei linfonodi ed è inoltre la sede di distruzione dei globuli rossi e di altre cellule del sangue, una volta che esse abbiano terminato il proprio ciclo vitale. 

Altri organi del sistema immunitario 
Le tonsille, le adenoidi, l’appendice, le placche di Peyer dell’intestino ed il tessuto linfatico che è presente in quasi tutti gli organi possono essere considerati come facenti parte del sistema immunitario. 
Tutti gli organi di questo sistema sono collegati fra di loro, oltre che da arterie e vene, dal sistema dei vasi linfatici, nei quali circola la linfa, particolarmente ricca di linfociti. 

Le immunoglobuline

È questo un altro nome per gli anticorpi prodotte dalle plasmacellule. Possono essere considerati come dei proiettili lanciati dai linfociti B contro l’antigene. 
Anche se esistono cinque classi di Ig, tutte hanno la stessa struttura di base. Sono, infatti, dei monomeri, ognuno formato dall’unione di due coppie di catene: una coppia di catene leggere identiche fra di loro ed una coppia di catene pesanti, più lunghe delle precedenti, ma sempre identiche fra di loro in ogni monomero. In altre parole, come si può vedere dalla figura 2, ogni molecola di Ig è essenzialmente costituita da 4 catene, identiche a due a due: 2 catene leggere identiche fra di loro, indicate con la sigla inglese L (per light, leggero); 2 catene pesanti indicate con la sigla H (per heavy, pesante).

Ig2.gif (25407 byte)Fig. 2 - Struttura delle immunoglobuline

In ogni catena si riconosce una parte a costituzione variabile, indicata con la lettera V ed una parte costante indicata con la lettera C. Come si può vedere dalla fig. 1 è la parte variabile delle due catene ha formare una specie di grotta dentro la quale è alloggiato l’antigene. 
La regione C delle catene non partecipa direttamente al legame con l’antigene, ma svolge altre importanti funzioni: ad esempio è questa regione che è riconosciuta dalla placenta e permette il passaggio delle immunoglobuline dalla madre al feto; altre porzioni della regione C sono riconosciute dai macrofagi nei tessuti che in questo modo possono eliminare il complesso che si forma fra l’antigene e l’anticorpo. 
Infatti, il solo anticorpo di per se non è in grado di eliminare l’antigene, ma lo attacca, lo blocca, neutralizzandolo in qualche modo: l’eliminazione vera e propria è opera dei macrofagi ed eventualmente del complemento, un sistema di circa dieci proteine presenti nel sangue che si uniscono a cascata, una dietro l’altra, da una parte alla regione C di una Ig che ha legato un antigene e, dall’altra, all’antigene stesso innescando la sua eliminazione. 
Le immunoglobuline, come tutte le proteine, sono costituite da aminoacidi: nella parte variabile delle catene pesanti e leggere ce ne sono circa un centinaio. Poiché anche il cambiamento di un solo aminoacido in una sola delle catene comporta una notevole modificazione delle proprietà della immunoglobulina, si spiega da un lato l’enorme numero di antigeni che possono essere riconosciuti dal sistema immunitario e, dall’altro, la specificità della risposta stessa, cioè il fatto che solo i linfociti che riconoscono un determinato antigene entrano in azione quando necessario, consentendo una notevole selettività della risposta ed un risparmio di energia. 
Alcune classi di immunogloboline sono presenti anche in forma di dimero  (cioè hanno due monomeri legati insieme) e di pentamero (cinque unità di base legate fra di loro). Possono essere considerati come dei missili a testata multipla in quanto ogni molecola riesce a colpire più bersagli in una volta sola, cioè, fuor di metafora, a legare più antigeni contemporanemente.

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