Palestrina


Palestrina


Circa trentatré anni dopo che Colombo aveva scoperto il Nuovo Continente, Giovanni Pierluigi da Palestrina vide la luce in una piccola città italiana di cui egli assunse poi il nome. Era destinato a divenire, nella maturità, il massimo compositore "ufficiale" della chiesa cattolica romana, e con Orlando di Lasso il più rappresentativo musicista dell'intero XVI secolo. In quegli anni, le alte autorità ecclesiastiche si mostravano assai preoccupate per il fatto che la musica polifonica cantata nelle chiesa non aveva un effetto eccezionalmente edificante dal punto di vista religioso, anche se spesso era di altissimo livello artistico; si trattava di complesse costruzioni contrappuntistiche su temi (o "canti fermi", come si chiamavano in quell'epoca) di origine profana; temi cioè che nello stesso periodo di tempo, la gente cantava o fischiettava, con ben diverse parole per le vie delle città. Inoltre, anche quando le parole del testo sacro venivano dai cantori delle cappelle pronunciate con sufficiente chiarezza di dizione, gran parte del loro senso andava irrimediabilmente perduto a causa dell'estrema complessità dell'intreccio contrappuntistico delle linee, in uso nella polifonia vocale rinascimentale. Si era così quinti quasi alle soglie del divieto di cantare musica sacra polifonica nelle chiese, quando Palestrina, che nel frattempo aveva composto un gruppo di messe polifoniche (la stupenda e celeberrima Missa Papae Marcelli, a sei voci) quale esempio di come egli riteneva fosse ancora possibile contemperare le varie esigenze nella musica liturgica, sottopose questi lavori al giudizio delle autorità ecclesiastiche ed in particolare al Concilio di Trento. La sua musica tanto altamente lodata, e fu giudicata un modello di soluzione del complesso problema; il musicista fu acclamato come "il salvatore della musica sacra". Ancora oggi le composizioni meravigliosamente ispirate ed insieme conteste del grande polifonista corale vengono considerate un modello non più eguagliato di musica da chiesa. Gli ultimi ventitré anni della sua vita li trascorse quale compositore e direttore (maestro di cappella) della cappella Giulia in San Pietro, insignito del clericato, godendo dell'incondizionata stima di pontefici e di principi e riscuotendo l'ammirazione di artisti e pubblico: alla sua sepoltura intervennero infatti, ci narra testualmente uno storico dell'epoca: tutti li musici di Roma, et anco una gran moltitudine di popolo. La salma fu gloriosamente calata in una tomba della basilica di San Pietro, e la sua bara recava infissa una piastra di metallo con l'incisione: Joannes Petraloysius Praenestinus Princeps Musicae.