IL TRATTAMENTO PALLIATIVO ENDOSCOPICO
DEI TUMORI MALIGNI RETTO-COLICI
Dr Jacques Fritsch, Dr Bruno Meduri
In questa messa a punto due tecniche endoscopiche saranno presentate: Il laser e le protesi retto-coliche.
LA FOTOCOAGULAZIONE CON IL LASER NEODINIUM YAG
Dal 1982 la fotocoagulazione
laser per via endoscopica é utilizzata con successo nel trattamento palliativo
dei tumori maligni retto-colici.
Lo
scopo del trattamento con il laser é quello di migliorare la sintomatologia e
dunque il conforto di vita del paziente e, infine, di ridurre la massa
tumorale.Durante una decina d’anni questo trattamento fu spesso scelto nei
pazienti inoperabili e/o troppo anziani; poi, il progresso della chirurgia,
dell’anestesia e della rianimazione post-operatoria hanno largamente diminuito
il numero dei pazienti giudicati inoperabili o troppo vecchi; d’altra parte, la
radioterapia ha fatto concorrenza all’endoscopia nel trattamento palliativo dei
tumori rettali. Attualmente, noi pensiamo che il laser resta un’ottima indicazione
per trattare le rettorragie, che questo trattamento é meno efficace sulla
mucorrea e sul tenesmo. D’altra parte, la fotocoagulazione é indicata per
evitare l’ostruzione e la colostomia quando la speranza di vita dei pazienti é
inferiore a 6 mesi (stato generale precario,metastasi multiple,etc). Dopo sei
mesi di trattamento,l’evoluzione tumorale extra-luminale rende spesso
necessaria la colostomia; in questi casi la mortalità e la morbidità
post-operatorie sono molto elevate a causa delle condizioni generali precarie
di questi pazienti. In questi casi si puo’ prendere in considerazione
l’utilizzazione di una protesi metallica espansiva
Noi
riportiamo la nostra esperienza di 14 anni, durante i quali 90 pazienti
giudicati inoperabili sono stati trattati con il laser. E’ interessante
osservare che più del 50% dei pazienti sono stati trattati nei primi 6 anni e
che negli ultimi 6 anni solo 5 pazienti in media per anno hanno iniziato il
trattamento. Altri pazienti, non compresi in questa serie, sono stati trattati
con il laser per 1-3 sedute molto spesso a causa d’emorragie abbondanti, per
poi essere trattati, dopo una nuova discussione medico-chirurgica, dal chirurgo
o dal radio-terapeuta.
PAZIENTI
Da settembre 1984 a settembre 1998, 90 pazienti sono stati
trattati con il laser Neodinium YAG. In questa serie erano compresi 58 uomini e
32 donne con una età media di 77 ± 13 anni (estremi:52 et 101).
85 pazienti presentavano delle contrindicazioni maggiori all’intervento e 5
altri lo rifiutavano.
La localizzazione
più frequente era il retto 74 (82,2%), il colon per altri 7 pazienti. 9
pazienti presentavano una recidiva anastomotica.
Prima del trattamento il sintomo predominante era la
subocclusione in 28 pazienti, delle rettorragie in 27, una “sindrome rettale”
con mucorrea e tenesmo in 20, rettorragie e tenesmo in 8 e,infine, 7 pazienti
erano asintomatici.
METODI
Il laser utilizzato é stato un Medilas 2, MBB; la potenza
utilizzata é stata di 30 a 100 watts; il numero medio di joules per seduta é
stato di 13000. Delle resezioni diatermiche sono stete associate, quando
possibile.
La
fotocoagulazione era praticata, nella maggior parte dei casi, dall’alto verso
il basso, preceduta da una dilatazione idrostatica se la stenosi tumorale non
era superabile dall’endoscopio.
In
funzione delle condizioni locali, abbiamo utilizzato la fibra nuda o quella con
insufflazione coassiale di CO2 con, in questo caso, una soda rettale
d’evacuazione per il CO2 insufflato, inserita quando possibile a monte della
stenosi per evitare la distensione del colon.
Lo
schema terapeutico era costituito da due sedute d’attacco a distanza di una
settimana, seguite da una seduta ogni mese.
La
sedazione era praticata il più spesso dallo stesso endoscopista tramite
l’associazione di Imidazolam e Pentazocina. Il paziente era tenuto spesso 24 in
osservazione dopo la seduta.
RISULTATI
Dopo il trattamento d’attaccco, la sintomatologia
scomparve nell’82% per la sub-occlusione, per il 90% per le rettorragie; i
risultati furono meno buoni in caso di mucorrea con solo 40% di buoni
risultati.
Sei mesi più tardi, 42 pazienti erano ancora in
trattamento, 40 pazienti erano deceduti, solo 3 colostomie erano state
praticate e 8 pazienti erano stati persi di vista.Al di là di 6 mesi, 12
interventi erano stati necessari nei 42 pazienti ancora in vita (11 colostomie
e 1 resezione ), con una mortalità per-operatoria del 50%.
In definitiva, la sopravvivenza media fu di 8,2 +/- 3
mesi. 3 pazienti sono ancora in vita più di un anno dopo l’inizio del
trattamento e 2 di essi non presentano alcuna recidiva endoluminale; 5 pazienti
sono deceduti senza recidiva endoluminale visibile.
Le complicazioni furono poco frequenti e nessuna si é
verificata nelle prime 24 ore; questo permette di prendere in considerazione un
trattamento ambulatoriale dei pazienti in buone condizioni generali. Due
perforazioni peritoneali sono apparse più di 48 ore dopo la seduta, due fistole
retto-vaginali sintomatiche furono messe in evidenza nei primi 6 mesi. Infine,
7 stenosi in parte secondarie all’effetto termico del laser sono state
osservate. Queste stenosi, spesso asintomatiche, sono state talvolta trattate
con dilatazioni meccaniche o idrostatiche per potere continuare il trattamento
delle lesione a monte della stenosi. Due di queste stenosi, asintomatiche, non
presentavano recidiva del tumore.
CONCLUSIONI
Il trattamento con il laser dei tumori maligni
retto-colici, anche se stenosanti e di volume importante, permette di evitare
la colostomia nei primi 6 mesi nell’80% dei casi, permette di migliorare la
sintomatologia e, in particolare, le rettorragie in più del 90% dei casi.
Per i tumori poco estesi, il laser consente di ottenere
una distruzione tumorale endoluminale che, in un piccolo numero di casi,
corrisponde a una distruzione tumorale totale con controlli istologici
negativi, come noi abbiamo constatato in 7 casi.
Noi insistiamo, tuttavia, sulla necessità di valutare
bene la sopravvivenza potenziale dei pazienti, prima di intraprendere un
tratamento palliativo con il laser, giacché, al di là di 6 mesi, i risultati
ottenuti pegiorano rapidamente. E’ necessario che la decisione terapeutica sia
collegiale associando il gastroenterologo, l’anestesista, il chirurgo e il
radioterapeuta e che il paziente e, eventualmente la sua famiglia, siano al
corrente dei risultati che si possono sperare, senza creare eccessive
illusioni.
LE PROTESI METALLICHE ESPANSIVE RETTO-COLICHE
Nel 1991, le prime protesi utilizzate per il tratto digestivo basso sono state quelle dell’esofago, che furono introdotte nel retto-colon per trattare una stenosi tumorale.
Da
circa un anno una protesi enterica é disponibile, commercializzata attualmente
da Microvasive USA. Si tratta di una protesi non ricoperta, derivata dalle
Wallstent biliari; esse sono disponibili in 3 diametri: 18, 20 et 22 mm e in 2
lunghezze possibili: 60 e 90 mm. L’insieme del dispositivo, prime
dell’espansione della protesi, misura 10 F di diametro e puo’ dunque essere
introdotta attaverso il canale operatorio di un fibroscopio con canale di 3,6
mm di diametro. La lunghezza dell’introduttore é di 255 cm e si puo’ dunque
introdurre la protesi nel duodeno o nel colon destro, cosa che non era
possibile con gli introduttori di protesi esofagee che erano limitati a 65
centimetri.
L’utilizzazione
contemporanea dell’amplificatore di brillanza e dell’endoscopia é ideale, ma
numerosi autori hanno riportato la loro esperienza utilizzando soltanto il
controllo radiologico. L’introduzione con il solo controllo endoscopico é
possibile ma implica la necessità di superare la stenosi con l’endoscopio e
quindi di praticare una dilatazione aumentando quindi il ruschio di
complicazioni..
Per il
colon, noi procediamo, come per il duodeno, all’introduzione sotto doppio
controllo radiologico e endoscopico. Il polo inferiore della lesione é
visualizzato endoscopicamente, la stenosi é cateterizzata con un filo guida
idrofilo su cui é introdotto un catetere che permette di opacizzare la stenosi
per valutarne la lunghezza e scegliere quindi la protesi più adatta. Successivamente,un
filo guida rigido é introdotto nel catetere; su questo filo guida é spinto
attraverso, il canale operatorio, il dispositivo di introduzione della protesi.
L’espansione della protesi é seguita radiologicamente per il polo superiore e
endoscopicamente per quello inferiore. Il giorno dopo, si pratica una
radiografia dell’addome e un clisma con contrasto idrosolubile per valutare
l’espansione, la posizione e le eventuali complicazioni.
Le
protesi metalliche espansive sono utilizzate per il colon con due indicazione
differenti: la prima consiste a proporla come trattamento definitivo palliativo
di una stenosi tumorale non trattabile altrimenti, come abbiamo visto in corso
di trattamento con il laser quando la stenosi impedisce la prosecuzione della fotocoagulazione;
la seconda indicazione é costituita dall’utilizzazione delle protesi d’urgenza
per trattare un’occlusione colica acuta. L’intervento chirurgico é praticato in
elezione dopo adeguata preparazione del colon, in maniera da evitare la colostomia
procvvisoria. In effetti, la chirurgia in un tempo delle occlusioni acute
tumorali del colon presenta un tasso di morbidità e di mortalità valutabili in
media a 45% e 6 %. La maggior parte dei chirurghi trattano quindi questi
pazienti con una colostomia provvisoria,per praticare in seguito, in buone
condizioni, l’intervento di resezione, aumentando quindi il costo del
trattamento e sottoponendo il paziente a due interventi.
Non
avendo l’esperienza personale sufficiente, noi vi presentiamo un’analisi succinta
di 8 articoli.
140
pazienti sono stati trattati. In 133 casi ssi trattava di lesioni tumorali e in
7 casi la patologia stenosante era non tumorale (sigmoidite diverticolare e
colite ischemica).
La
lesione era situata nel retto o nel sigma in 117 casi, nel colon discendente in
16 casi e nel trasverso in 5 casi.
Il
tasso di successo per l’introduzione é stato di 92% e 82% dei pazienti furono
migliorati dal trattamento.
Il
tasso di complicazioni immediate riferite é elevato(20,5%), ma comprende
soprattutto complicazioni poco gravi, trattabili per via endioscopica. Le
migrazioni rappresentano 8,5% delle complicazioni immediate; esse sono favorite
dall’utilizazionze di protesi di diametro ridotto e di protesi coperte. Una
perforazione é riportata nel 6% dei casi; il fattore predisponente alla
perforazione sembra essere costituitoi dalla dilatazione praticata prima di
introdurre la protesi.
Complicazioni
a distanza sono osservate nel 13% dei casi e cio’ deve quindi incitare alla
prudenza prima di prendere uin considerazione questo tipo di trattamento come
palliativo definitivo.
In
conclusione, la protesi metallica espansiva retto-colica sembra costituire una
alternativa interessante alla colostomia d’urgenza nei pazienti che presentano
un’occlusione acuta d’origine tumorale.