IL VETERINARIO E LA SPERIMENTAZIONE ANIMALE
INTERVENTO AL CONVEGNO SULLA "SPERIMENTAZIONE ANIMALE"
DEL 26 FEBBRAIO 2000 - S. PIERO A SIEVE- 

Enrico Moriconi, Febbraio 2000

 

Il veterinario e la sperimentazione animale.

Gli animali da esperimento sono oggetto di considerazione da parte del legislatore in un decreto del 1991, il numero 116 che, in maniera quasi assurda, ha come titolo la protezione degli animali usati nella sperimentazione scientifica.

Al di fuori delle critiche che da più parti vengono fatte in merito alla scientificità delle sperimentazioni condotte sugli animali e alla loro ricaduta per quanto riguarda la loro interpretazione dei risultati per gli uomini, un aspetto che può colpire in maniera particolare è proprio quella che può sembrare una incongruenza irrisolvibile di parlare di protezione di animali che sono costretti a vivere situazioni che sfuggono completamente al controllo della coscienza sociale.

Diciamo subito, che, come cercheremo di spiegare, la legge che regola queste attività è stata fatta per sancire la totale e assoluta libertà degli sperimentatori di eseguire le loro ricerche senza nessun intralcio.

Che cosa dice la legge

Il Decreto 116/92, sulla protezione degli animali da esperimento, è stato integrato da una circolare esplicativa 22 aprile 94 n. 8 in applicazione del decreto 116/92, che si pone l’obiettivo chiarire i punti di intervento e i compiti specifici del veterinario nell’ambito delle strutture dove si effettuano gli esperimenti.

Innanzi tutto va detto che la legge parla di utilizzo degli animali in senso lato e pertanto varrebbe per tutti gli esprimenti con animali, nelle diverse facoltà quali medicina, biologia e veterinaria. Anche gli animali soggetti a studi sulle modificazioni genetiche rientrano in questi ambiti.

Sul punto specifico del dolore e della sofferenza il D.L.vo 116/91 dice all’articolo 5 " chiunque alleva, fornisce o utilizza animali da esperimento deve provvedere, conformemente alle linee di indirizzo dell’allegato II a che:

a) gli animali siano tenuti in un ambiente che consente una certa libertà di movimento e fruiscano di alimentazione, acqua e cure adeguate alla loro salute e al loro benessere;

b) sia ridotta al minimo qualsiasi limitazione alla possibilità di soddisfare ai bisogni fisiologici e comportamentali dell’animale;

c) siano effettuati controlli quotidiani per verificare le condizioni fisiche in cui gli animali sono allevati, tenuti o utilizzati;

d) un medico veterinario controlli il benessere e le condizioni di salute degli animali allo scopo di evitare danni durevoli, dolore, inutili sofferenze o angoscia;

e) siano adottate le misure dirette a correggere tempestivamente difetti o sofferenze eventualmente constatati.

La circolare del 22 aprile 1994, n. 8 , di applicazione del decreto 116/91 dice, alla voce "Ambito di applicazione" : "omissis..." Non è rilevante invece per la definizione di esperimento la quantificazione o la qualificazione del dolore inferto: l’accezione di dolore di cui alla lettera d) ( vedi sopra n.d.r.) è troppo estesa e comprensiva anche dell’aspetto psicologico per poter costituire criterio discriminante dell’esperimento.

La quantificazione del dolore viene invece in rilievo con riguardo all’obbligo generale di anestesia dell’animale quando sia prevedibile in sede di progetto, o valutabile dal medico veterinario in corso di esperimento, che il dolore causato dall’anestesia è maggiore di quello causato dall’esperimento".

Sempre secondo la circolare per i controlli previsti all’art. 5 punto d) il medico veterinario "può essere un dipendente della struttura (stabilimento produttore o utilizzatore) ovvero un medico veterinario libero professionista ( con rapporto di consulenza) e tale controllo si esercita nell’ambito della verifica generale del protocollo di sperimentazione quando ricadano, nel corso delle singole prove, le circostanze predette (possibilità di danni durevoli, dolore, inutili sofferenze o angosce).

La stessa circolare ricorda che "L’art. 6, comma 4, stabilisce che un medico veterinario controlli la buona esecuzione delle procedure di esperimento e decida se l’animale debba o possa essere tenuto in vita".

Sottovalutazione del dolore

La legge dimostra una grande sottovalutazione del dolore degli animali, dal momento che si pensa che il "dolore" dell’anestesia possa in qualche caso essere superiore a quello dell’esperimento. Possiamo dire tranquillamente che, ove l’esperimento non consista nella somministrazione di qualche pastiglia, in ogni caso l’anestesia darà sempre un dolore inferiore all’esperimento. Se pensiamo a quelle che sono le pratiche dell’anestesia, che si basa su di una perdita di conoscenza che inizia a partire da una semplice iniezione, diventa difficile ipotizzare un intervento di sperimentazione che sia meno doloroso di una semplice inoculazione sottocutanea.

Compiti del veterinario.

Secondo la circolare un medico veterinario, quindi, dovrebbe essere il giudice cui è demandato il compito di fare le valutazioni riguardo al dolore o alla sofferenza dell’animale nelle varie fasi, dalla stabulazione all’esperimento. Al veterinario privato, dipendente o consulente della struttura si chiede veramente l’impossibile. Come si può facilmente intuire la figura del veterinario diventa quasi un pro forma che giustifica la sua presenza nell’accettare tutto quello che gli viene proposto. Come è possibile infatti pensare che un veterinario privato, pagato dalla stessa persona che effettua gli esperimenti, possa mettere un intoppo all’esperimento stesso? come può un veterinario giudicare della sofferenza dell’animale dal momento che essa è in ogni momento subordinata all’interesse dello stesso e che tale interesse non viene deciso a priori ma risiede nel potere decisionale del ricercatore?

Ammesso che il veterinario sia una specie di Don Chisciotte incosciente e che, prima di essere immediatamente licenziato, voglia giudicare del dolore in corso di esperimento, come potrà decidere quale sia un dolore utile o inutili, così come propone la legge? Come può decidere dell’inutilità del dolore di un esperimento se questo è fatto da un diverso professionista, il medico il quale solo potrebbe decidere dell’inutilità del dolore. Per fare un esempio molto realistico, poiché sappiamo che gli esperimenti sono sovente condotti ai fini della ricerca sul cancro, come potrà un medico veterinario decidere che la sofferenza di un animale è inutile, se il medico stabilirà che tale ricerca è fondamentale per salvare delle vite umane? Chiaramente il decisore dell’utilità o dell’inutilità è il medico e non il veterinario. Le stesse procedure sperimentali non sono soggette alla decisione del veterinario perché l’esperimento attuato sugli animali è finalizzato per l’uomo e pertanto il giudizio del veterinario non potrà che avere un valore parziale.

Il giudizio del veterinario può al massimo valere per esperimenti condotti su animali per studi inerenti gli animali.

Come potrebbe infatti il veterinario giudicare dell’esattezza dell’esperimento sull’animale e sulle ricadute per la medicina umana? Non ha nessuna competenza, dobbiamo dirlo subito.

Il veterinario non può che assistere e procedere all’effettuazione di quegli atti che gli sono permessi: fare l’anestesia, se gliela lasciano fare, ed effettuare l’eventuale eutanasia, sempre quando gli è possibile.

Il punto di snodo che esautora il veterinario sta proprio nella definizione di inutile sofferenza: chi decide quando la sofferenza è utile o inutile? Chiaramente il medico, perché non è la sofferenza animale il punto fondamentale dell’esperimento, ma l’esperimento stesso e la sofferenza vi è subordinata, pertanto essa sarà sempre utile finché servirà allo sperimentatore e diventerà inutile solo ad esperimento totalmente finito.

In altre parole il medico veterinario non può fare nulla se non procedere ad una eutanasia, anche in questo caso solo con il permesso del ricercatore. Il vero decisore in tutto questo procedimento è solo il ricercatore di cui il veterinario diventa un mero esecutore obbediente. Il tutto è rinforzato dal fatto che il medico veterinario è assunto dalla stessa struttura per cui opera e diventa giudice: se provasse ad andare controcorrente al volere dello sperimentatore è sicuro che la sua attività cesserebbe immediatamente.

Un po' diversa potrebbe essere la situazione se il veterinario fosse obbligatoriamente pubblica, appositamente formato anche per il rispetto degli animali e se gli fossero affidate delle linee di indirizzo sulle quali poter verificare quello che accade. Dovrebbe anche avere un potere decisionale se non pari almeno fortemente garantito per poter interferire e controllare dal punto di vista della sofferenza animale. Si sa che finché gli esperimenti saranno permessi la situazione di dolore si perpetuerà negli animali, ma si deve almeno avere la forza morale non solo di rivendicare la necessità degli interventi ma anche di spingersi a ragionare sull’intensità e sulle modalità con le quali riusciamo ad infierire dolore. Se vi è chi sostiene l’ineluttabilità della sperimentazione animale dovrà assumersi anche l’impegno di dichiarare quale sia la sofferenza che è disposta ad infierire agli animali.

In ogni caso, però, anche una figura esterna, non potrebbe tutelare gli animali dalle sofferenze più grandi, proprio perché chi che deve decidere è lo sperimentatore che avrà tutti gli interessi a sottovalutare la sofferenza animale a vantaggio della riuscita del suo lavoro.

Anche ugualmente grave è il fatto che, sempre in base al dispositivo previsto alla legge, nessuno possa tutelare gli animali da comportamenti irresponsabili, quali di addetti che abbandonano gli animali alla loro sofferenza, che ritardano l’intervento anche di eutanasia, che non si curano affatto degli esseri viventi ma li abbandonano sui tavoli dei laboratori. Troppe volte si sono visti questi comportamenti anche oggetto di filmati

Purtroppo la situazione attuale è che nessuno tutela neanche al minimo livello gli animali, perché così com’è concepita questa legge permette di non rispettare gli animali. Solo con una figura di controllo pubblico, con possibilità di intervento ben definite potrebbe significare un leggero miglioramento per gli animali e almeno la garanzia di un superiore rispetto della legge, che, in questo momento non è assolutamente garantito. Inoltre al figura pubblica di controllo potrebbe garantire almeno la possibilità di richiedere un controllo ufficiale su quanto avviene in queste cattedrali "della sofferenza dove non sono ammessi visitatori e dove le notizie trapelano a fatica e solo grazie a qualche benemerita voce che trasgredisce la regola del silenzio.

Anche questo è un aspetto assolutamente particolare, in quanto troppo spesso si stabiliscono regole e si propongono attività che pur essendo legittime per legge vivono in un clima di continua ombra, senza mai avere il coraggio di affermare pubblicamente quello che fanno e come lo fanno. Se si tratta di attività ammesse per legge, perché si deve assumere un atteggiamento di questo tipo? Forse perché gli esperimenti sarebbero schioccanti per la popolazione ? e se sono sconvolgenti è giusto che i cittadini non ne siano informati? Non è anche un modo per influenzare il giudizio quello di non rivelare appieno la realtà che si sta vivendo? Non è pensabile che se i cittadini conoscessero fino in fondo la realtà forse molti che sono adesso scettici o favorevoli alla sperimentazione potrebbero cambiare idea? È giusto condizionare a tal punto il giudizio dei cittadini che, fino a prova contraria dovrebbero essere, in un tanto celebrata democrazia, il giudice della liceità dei nostri comportamenti in quanto persone civili?

Il controllo delle ASL

La pubblica amministrazione avrebbe una parte nel controllo, in particolare la citata circolare prevede che i controlli e le ispezioni, al fine di verificare il rispetto dei protocolli e delle pratiche cartolari relativi a quanto prescrive la legge spettano al ministero della sanità, e che parimenti compiti di controllo sono previsti anche per i comuni. La circolare specifica che la vigilanza veterinaria permanente su tutti gli stabilimenti è svolta, come da propria competenza, dai servizi veterinari. Va precisato che i compiti di controllo non possono intervenire nel merito della sperimentazione ma solo verificare che siano rispettati i protocolli e le pratiche richieste dalla legge. È cioè un controllo di rispetto della legge che non può in alcun modo impedire la sperimentazione animale. Cioè un tipo di controllo che non entra nel merito ma che riduce i veterinari pubblici a meri controllori di protocolli scritti sulla carta, quando i veri problemi sono invece insiti proprio nelle pratiche di attuazione degli esperimenti.

In conclusione a otto anni dalla sua emanazione appare piena di lacune e non riesce a soddisfare le esigenze di controllo sociale su di una pratica così al limite quale quella della vivisezione. Accanto quindi all’impegno per una forte riduzione della pratica della vivisezione, si deve richiedere una maggiore trasparenza e funzioni di controllo più efficaci per la parte pubblica.

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