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NODI E LEGAMI DEL FANCIULLO DALLE PICCOLA CORNA

III. Il legno e il fumo, il corpo e l'anima

Accanto alle tre storie sull'anima, presentate nei capitoli primo e secondo, ho ritenuto fosse gradito esplorare i nessi simbolici che sono stati stabiliti nelle parole di un proverbio, il quale proviene dallo stesso contesto culturale di quelle narrazioni, e che parla proprio dell'anima.

La struttura concettuale del proverbio è molto semplice. Ad un primo sguardo non lascia presagire significati particolari, in realtà, come accade molto spesso nei prodotti della cultura contadina, stabilisce una sottile e profonda connessione fra il mondo esteriore e quello interiore dell'uomo, gettando, fra i due mondi, un legame di similitudine e di identità. C'è da considerare, poi, ma in generale, che alcuni prodotti orali, per la qualità simbolica di cui sono impregnati, sebbene spesso la loro natura tematica e letteraria è simile a quella di altre composizioni orali ordinarie, esprimono una visione del mondo che trascende i limiti dell'esistenza invidividuale, di coloro che ne sono i portatori in una determinata epoca. Anche quando, come nel caso che viene presentato, mirano a descrivere l'uomo, si situano oltre i limiti dell'esistenza quotidiana. Questi vengono contemplati in una prospettiva più ampia, si tratta di una presenza dell'uomo in quanto tale e non degli esclusivi e angusti ambiti psicologici dell'uomo economico.

III

Dalla tradizione orale contadina di Guglionesi, ci è pervenuto un proverbio, noto con varianti in altre regioni italiane, la cui breve formula recita:

Ogni làne caccie u feume sè - Ogni legno brucia con il suo fumo (profumo) -

L'annotazione del proverbio è osservabile davanti ad un fuoco, dove si può fare l'esperienza del profumo di ogni tipo di legno.

Perché il legno ceda il suo fumo è necessario che il fuoco lo bruci.

Il fuoco compenetra il corpo legnoso e lascia che sprigioni ciò che contiene in forma virtuale, trasformando parte della sostanza del legno in una sostanza leggera, il fumo, e parte in un residuo, la cenere.

Il fumo ha un aspetto simile per ogni tipo di legno, ma il suo profumo li distingue l'uno dall'altro. Il fumo è contenuto in ciascun legno, dunque, in uno stato adeguato e non ancora visibile, fino a quando il fuoco, bruciandolo, permette che si manifesti.

Il legno, simbolicamente, rapportato all'uomo, dovrebbe corrispondere, al corpo. Da un '1egno' adeguato si può, infatti, secondo un proverbio sardo, trarre il corpo del 'santo': "Non de ogni linna si faghent sos Sanctos' (Ogni legno non è buono a far santi). Oppure il corpo del filosofo come nel proverbio latino che si fa risalire a Pitagora: "Non enim ex omni ligno, ut Pythagoras dicebat, debet Mercurius exsculpi'" (Come diceva Pitagora, non ogni legno è buono per scolpirvi un Mercurio). Mentre la personalità di un individuo è paragonabile al fumo, cioè alla parte leggera dell'essere come è attestato nei proverbi italiani: "Uomo e fumo gli è tutt'uno" e "Dar di sè buon odore".

La corrispondenza fra legno e corpo non è casuale si pensi, su un piano fantastico, ma che ha riflessi psicologici profondi, alla trasmutazione da legno a carne nella fiaba di Pinocchio e quanto, su un piano molto complesso, sia valsa nel cristianesimo l'assimilazione del Cristo con la croce di legno.

I corpi degli uomini sono sostanzialmente simili l'uno all'altro, come fra di loro il legno di alberi diversi, infatti il loro destino è comune: (It.) "Tanto va in cenere il più bel corpo, come il più brutto". Ogni legno però sprigiona un fumo proprio e, seguendo l'analogia, sebbene ogni uomo è dotato, come tutti gli altri, di un corpo (il legno) più o meno simile, in ognuno di essi si esprime un'anima (il fumo), con una diversa personalità (profumo).

Come il vapore o il fumo sono la parte più leggera di un corpo più pesante, allo stesso modo i pensieri sono più sottili e aerei rispetto alla pesantezza della carne, e vanno a costituire la personalità. Ciò che racchiude le esperienze psichiche di un individuo nell'ambito dell'Io è proprio la personalità.

Essa è formata da pensieri e emozioni (fumo), che hanno una particolare espressione o sentimento (profumo).

Il profumo di ogni anima è la qualità propria ad ognuna di esse e, su un piano psicologico, corrisponde alle differenze di personalità. Pensiamo, allora, alla personalità come ad una specificazione dell'anima, verso la quale l'anima è attratta: allo stesso modo il fumo è inscindibile da un profumo proprio.

L'anima è attratta dal profumo e di esso si nutre: in un racconto sul greco Democrito, si dice che il filosofo si mantenne in vita per alcuni giorni, dopo aver cessato di assimilare cibi, aspirando il profumo di pani appena sfornati.

Nella medicina popolare abruzzese si ritrova l'intuizione di Democrito sotto forma di un rimedio magico alle apnee infantili: "...si accosta il bambino ad una madia nella quale è stato posto il pane, e la si apre e rinchiude per nove volte in modo che il piccolo ammalato, tenendo la bocca aperta, inspjri l'aria che viene spinta fuori della madia". Frazer racconta di un Kruman il quale "...era in grandi ansie circa la propria anima perché da molte notti aveva sentito in sogno l'odore appetitoso dei gamberi affurnicati (...). Evidentemente qualche malevolo aveva messo una trappola con questa leccornia per la sua anima volendo fargli qualche grave danno"..

Alcuni personaggi leggendari delle fiabe, infine, si nutrono d'aria e la loro anima e il loro corpo vivono senza cibi ponderali.

L'anima dunque è sensibile ai profumi, con essi si alimenta ed è in grado di rimanere in un corpo anche quando questo non è nutrito con cibi ordinari o ha altri impedimenti come una malattia, oppure, sempre con i profumi, è attratta lontano dal corpo per vari scopi.

L'anima nutrendosi di profumi è perciò composta di una sostanza simile agli odori. Si può intendere questa affermazione se si considera che su un piano parallelo, i cibi alimentano il corpo e sono ad esso prossimi al punto che si dice che sono 'assimilabili', cioè resi simili al corpo, infatti alla fine dei processi fisiologici i cibi si trasformeranno in carne.

L'anima allo stesso modo assimila gli odori e questo assorbimento la compenetra della loro natura.

Torniamo ora, brevemente, al fuoco che determina, con la sua attività, l'esistenza del fumo e la trasformazione del legno.

Si diceva prima che l'elemento fuoco che consente al corpo legnoso di liberare il fumo, è estraneo sia al fumo che al legno.

Nell'uomo il fuoco è tradizionarnente identificato con l'elemento volitivo. Il fuoco comburente parte dell'energia del corpo in energia mentale, è la volontà. Tramite essa si esprime compiutamente un individuo, pur non essendo, la volontà, né mente né corpo, come il fuoco non è né fumo né legno.

Il fuoco o volontà è quindi un elemento estraneo alla personalità di un individuo e vi partecipa come presenza, come influsso, più che direttamente, infatti il fuoco non è il fumo, come la volontà non è la personalità.

Tocchiamo, infine, un'ultima problematica che nel proverbio è contenuta in uno stato embrionale che si può introdurre servendosi sempre degli stessi simboli verbali.

Il fumo è il risultato della combustione cioè della disintegrazione del vecchio essere, il corpo legnoso. Il fumo è l'essere vero che si cela nel legno, che può emergere solo al momento della trasformazione del corpo pesante in uno sottile e leggero. Il fumo è, in questo caso, l'essere vero che si nasconde nell'essere apparente del corpo.

Nell'uomo, parallelamente, egli avrà la coscienza della natura reale della sua anima nel momento in cui l'avrà liberata dalla forma apparente del corpo. Liberazione che egli ottiene dopo aver combusto il corpo con la volontà, trovando il nuovo stato d'essere nella cenere bianca e pura in luogo del corpo legnoso corruttibile.

Nelle fiabe si ritrovano queste metamorfosi o morti simboliche dove il vecchio essere lascia le forme apparenti, spesso simboleggiate da una pelle di un animale scuoiato, per nascere in quelle reali.

Il proverbio da parte sua, accenna velatamente alla morte simbolica ma palesa il legame fra anima e fumo che ritroviamo in varie tradizioni rituali di carattere inziatico. L'aspirante 'guerriero' o stregone veniva affumicato per purificare la sua amma. Fra gli Italici, nell'Abruzzo, i Marsi accendevano nel mese di giugno (in corrispodenza con il solstizio d'estate), presso il fiume Giovenco, molti fuochi e vi danzavano attorno tutta la notte. Una tradizione simile si ritrova presso lo sciamanismo dell'America centrale dove l'aspirante viene esposto, dall'istruttore, a bagni di fumo, con l'obiettivo di restituire la luminosità alla loro anima, e renderli "chiari e diretti".

In ambito popolare e nel folklore si ritrovano vestigia della purificazione rituale tramite il salto in mezzo ai falò sacri.

Nelle feste del fuoco che si celebravano in tutta l'Europa, in vari momenti dell'anno, i contadini credevano di allontanare da loro stessi, dal bestiame, dagli alberi e dai campi, la malattia, la sfortuna e il cattivo raccolto, attribuendo il beneficio alle qualità magiche sprigionate dal fumo e dalle fiamme dei falò sacri, alle cui volute si purificavano.

Ancora una volta l'anima e il fumo sono legati da reciprocità funzionale, l'una è sensibile all'altro. Gli estensori dei rituali di purificazione dell'anima trovarono il fumo e l'anima legati da relazioni e reciprocità, perciò è lecito supporre che il fumo conservi delle caratteristiche, anche fisiche, prossime a quelle dell'anima.


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