Arthur Schopenhauer (1788-1861)

Filosofo nato a Danzica da padre banchiere e madre scrittrice letteraria di romanzi. Viaggiò da giovane in Francia e Inghilterra e, dopo la morte del padre frequentò l’Università di Gottinga dove ebbe come maestro di filosofia lo scettico Schulze. Nel 1811 seguiva a Berlino lezioni di Fichte e nel 1813 si laureava a Jena con una tesi Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente. Negli anni seguenti (1814-1818) visse a Dresda; da qui compose uno scritto Sulla vista e sui colori in difesa delle dottrine scientifiche di Goethe, suo amico, conosciuto a Weimar; sempre in questi anni preparò per la stampa il suo capolavoro Il mondo come volontà e rappresentazione, pubblicato nel 1818. Visitò anche Roma e Napoli e nel 1820 cominciò ad insegnare presso la prestigiosa Università di Berlino, non riscuotendo alcun successo nei suoi corsi, fino al 1832. Tornò in Italia tra il 1822 e il 1825. Infine un epidemia di colera lo scacciò da Berlino nel 1831 ed egli si stabilì a Francoforte sul Meno, dove morì nel 1861.

 

Il filosofo è stato uno dei primi a prendere ispirazione dalle filosofie orientali con le quali era venuto a contatto traendone immagini e idee da riproporre nel suo sistema filosofico. Appunto il suo sistema filosofico si pone come punto di sintesi di varie dottrine, dal Kantismo (criticismo) al Platonismo, dall’Illuminismo al Romanticismo e anche all’idealismo. Considerando come proprio maestro Kant, uno dei suoi filosofi preferiti, anzi Il Suo Preferito, dal suo criticismo prende spunto nella divisione della realtà tra Fenomeno e Noumeno che ricorre anche nella sua filosofia pessimistica. Dall’Illuminismo trae spunto esaminando il materialismo e l’ideologia che lo portano a considerare la vita psichica e sensoriale in termini di fisiologia del sistema nervoso. Ancora, dal Romanticismo trae l’irrazionalismo, l’importanza attribuita all’arte e alla musica e il tema dell’infinito di un Principio assoluto di cui le varie realtà sono manifestazioni transeunti. Un altro motivo romantico è il dolore che farà volgere la sua filosofia verso il pessimismo. L’Idealismo invece, viene considerato come un punto di rottura, viene da Schopenhauer aspramente criticato e indicato come "filosofia delle Università" e presentato come una filosofia farisaica, che non è al servizio della verità, ma di interessi volgari quali il successo personale e il potere, e che si propone di giustificare sofisticamente le credenze che tornano utili all Chiesa e allo Stato. Hegel infatti viene descritto come "un sicario della verità", "un ciarlatano pesante e stucchevole" a causa della divinizzazione dello Stato presente nel suo idealismo.

 

Da quanto ho già detto la filosofia di Schopenhauer nasce dal Kantismo, dalla distinzione Fenomeno-Noumeno. Mentre Kant affermava che il Fenomeno, conoscibile, fosse la manifestazione empirica del Noumeno, e quindi che il Noumeno fosse la vera e propria realtà in sé che però non è passibile di conoscenza, Schopenhauer ritiene che il Noumeno sia ancora alla portata della nostra conoscenza. In pratica il concetto Kantiano di Noumeno riflette soltanto un limite della mente umana e della conoscenza. L’interpretazione di Schopenhauer invece vede il Fenomeno come apparenza, illusione, sogno che ci si pone davanti come Velo di Maya celando dietro di sé la realtà effettiva che è il Noumeno che l’uomo deve arrivare a scoprire e conoscere tramite la filosofia. Altra differenza fondamentale tra le due interpretazioni è la concezione del F. come oggetto della rappresentazione: in Kant entità esterna alla coscienza appresa tramite le forme a priori interne al nostro Io, in Schopenhauer, rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza. Da qui la tesi: il mondo come mia rappresentazione. La rappresentazione viene vista come sintesi di due aspetti essenziali e inseparabili: il soggetto rappresentante e l’oggetto rappresentato. Essi si "trovano" dentro la coscienza e non possono essere scissi, infatti, secondo Schopenhauer materialismo e idealismo sono false dottrine, il primo perché vuole ridurre il soggetto ad oggetto, e il secondo perché attua il processo contrario, riducendo l’oggetto a soggetto rappresentante. Da ciò deriva la concezione schopenhaueriana della mente come sistema di categorie e forme a priori (teoria di stretta derivazione kantiana), delle quali ammette però solo lo spazio, il tempo e la casualità, affermando poi che l’unica vera categoria è quest’ultima, a cui sono riconducibili le altre due. Il Fenomeno di Schopenhauer è paragonato alle forme a priori dei vetri sfaccettati attraverso cui la visione delle cose si deforma, una sorta di rappresentazione alterata della realtà: un sogno. Uno dei passaggi fondamentali di questa filosofia si trova nel superamento del fenomeno allo scopo di trovare la realtà vera, misera, sulla quale egli si interroga in quanto animale metafisico che si stupisce di fronte alla propria esistenza. Per arrivare a considerare la realtà in sé dobbiamo perciò "squarciare" il cosiddetto Velo di Maya, cioè, dal nostro "di dentro", ripiegarci su noi stessi per poi renderci conto che l’essenza profonda del nostro io è la Brama di Vivere o Volonta' di Vivere. La Brama di Vivere è un impulso prepotente e irresistibile che ci spinge ad esistere e ad agire; da ciò anche il nostro corpo è manifestazione esteriore delle nostre brame interiori. Essa però non è solo la radice noumenica dell’uomo, ma anche l’essenza segreta di tutte le cose, ossia la cosa in sé dell’universo finalmente svelata. La Volonta', trovandosi oltre il fenomeno, si sottrae alle categorie che inquadrano quest’ultimo, perciò risulta essere:

Inconscia: perché la consapevolezza e l’intelletto costituiscono soltanto delle sue possibili manifestazioni secondarie (perciò essa è sinonimo di impulso e non di volontà cosciente)
Unica: poiché esiste al di fuori dello spazio e del tempo.
Eterna: proprio perché fuori dal tempo, quindi un Principio senza inizio né fine.

Infine, essendo al di fuori anche della categoria di causa, è un Energia Incausata, senza uno scopo o un perché.

Viste le caratteristiche attribuite alla volontà, che corrispondono essenzialmente a quelle che finora sono state attribuite dai cristiani a Dio, Schopenhauer esclude l’esistenza di quest’ultimo "sostituendolo" ed ammettendo come unico Assoluto la Volontà stessa (in un mondo di sofferenza non vi è spazio per Dio). Ma come si manifesta quest’entità assoluta? Ci sono due manifestazioni: le Idee e le Cose. Le prime sono il "prototipo" delle seconde che sono la loro manifestazione nello spazio e nel tempo.

Il Pessimismo

Essendo la Volontà l’essenza motrice dell’uomo, la condizione umana viene identificata con un continuo desiderio di appagamento, uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa che non si ha e si vorrebbe avere. Questa mancanza porta inevitabilmente dolore. Se poi si provasse ad appagare questo desiderio, l’appagamento risulterebbe fugace e temporaneo, e verrebbe nuovamente soppiantato da un nuovo desiderio e così via. Nell’uomo, poi, questa condizione è ancora peggiore, poiché, la Volontà è più cosciente e quindi più "affamata"; l’appagamento totale e definitivo risulta impossibile. Sostanzialmente, la vita umana può essere rappresentata come un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia passando momentaneamente attraverso il piacere. Il pessimismo di Schopenhauer però, con il suo Senshucht (desiderio inappagato) non si limita agli esseri umani, ma va esteso a tutte le creature: tutto soffre. Ovviamente poi, come già accennato, la sofferenza aumenta in proporzione alla consapevolezza dell’essere e alla sua intelligenza, e perciò l’uomo si trova ad essere la creatura più sofferente tra tutte. Il male infine non è nel mondo ma nel Principio stesso su cui esso si fonda. Schopenhauer, sostenendo le tesi del suo pessimismo, deve analizzare tutto ciò che potrebbe confutarne la veridicità, e tra ciò vi è quello che noi chiamiamo Amore. Il mondo è fatto di dolore e l’amore non è che un piacere, un appagamento illusorio, un sollevamento, un estraniamento temporaneo dal dolore, inoltre assume un aspetto negativo: è un mezzo di perpetrazione del dolore con il suo fine ultimo della procreazione che non fa altro che creare nuovi esseri in cui vivrà ancora la volontà, per sempre. L’Amore e' dunque un illusione, almeno, quello detto anche eros. Il vero amore, cioè una delle vie di liberazione dal dolore, è la pietà, l’amore disinteressato verso il prossimo, che si ha quando uno fa proprie, sente proprie le sofferenze dell’altro. Secondo l’etica della pietà, da un esperienza particolare nasce la necessità di compatire un nostro simile; questa morale ci spinge ad un impegno nel mondo a favore del prossimo. Con un primo freno all’egoismo arriviamo alla giustizia che è il non fare il male ed essere disposti a riconoscere agli altri ciò che siamo pronti a riconoscere a noi stessi (carattere negativo). Un ulteriore freno e superamento dell’egoismo porta alla carita' o pieta', vero amore (agàpe). Questo è uno dei tre momenti essenziali dell’iter salvifico per arrivare alla liberazione dal dolore cosmico. Quali sono però le altre vie di liberazione? Oltre alla pieta' sono l’arte e l’ascesi. Una possibile liberazione si potrebbe pensare possa arrivare tramite il suicidio, ma Schopenhauer lo esclude per due motivi: innanzitutto perché la liberazione dalla volontà consiste nella conversione della Voluntas in Noluntas (da volontà a non-volontà), e il suicidio non sarebbe una negazione della volontà, bensì una prepotente affermazione del malcontento per la vita. In secondo luogo il suicidio eliminerebbe la persona fisica e non la volontà in sé, che persisterebbe in tutti gli altri individui.

Per quanto riguarda le altre vie dell’iter salvifico, l’Arte consente all’uomo di elevarsi al di sopra della volontà e di conseguenza anche dal dolore e dal tempo, ma è anch’essa una liberazione temporanea e fugace. L’Ascesi è il vero e proprio mezzo di soppressione della volontà che si propone di estirpare il desiderio, qualunque esso sia. Essa si attua partendo dalla "castità perfetta" per poi continuare con la rinuncia completa ai piaceri, l’umiltà, il digiuno, la povertà, il sacrificio e l’automacerazione. Grazie al passaggio da Voluntas a Noluntas si giunge alla salvezza, che, per Schopenhauer, corrisponde al NIRVANA buddista. Il NIRVANA è l’esperienza del nulla, un nulla relativo al mondo, cioe' una negazione del mondo.

PRINCIPALE