Ascolta gabbiano, aspetta un momento, un attimo solo ! Sono io che ti chiamo, sono io che rapita, guardandoti in volo invano le mani protendo a prenderti l'ali... Oh gabbiano, potessi io lontano volare, perdermi in orizzonti perlati, potessi come te seguire l'onda di mari infiniti, cullarmi nel cielo coi venti ! Potessi io, ubriaca di sole vagare stordita, gustare appagata lo spazio nei mari e nei cieli e riprendere vita.
Lucciole immote, eterne. Frammenti di luce al sole sfuggiti, lontani pietosi tremori, corpi senz'anima vivi ad umani dolori. Stelle. Stelle che vegliano uomini e donne, Sono dolcezza che tutto ama, sono pietose. Sono stelle.
Sale di notte l'acqua a rapir la barca che all'asciutto posa. A sé l'attrae il flutto e lava la conchiglia alla chiglia abbarbicata che in sosta le rimanda l'amico fluire dell'onda.
Era la prima volta che scendevo lungo il sentiero a picco che porta fino al mare. Ero ormai certa che l'angolo di mondo selvaggio, col mare trapunto di scogli, opulento di pace e bellezza era mio, l'avrei rivisto ogni giorno, ogni ora, ogni attimo avessi voluto. Amico io lo sentivo, burbero e benefico, tenero e accigliato, aperto e prodigo. A lungo respirai di quel salmastro, per troppo forse. Mi scosse il sole ch'era già alto e bruciava da ore la mia pelle. Decisi di tornare. Ansante, arsa la gola, iniziai a salire. Gli occhi, dalla luce offesi, le palpebre accostavano e con le ciglia s'offrivano riparo. Cercavano affannosi, delusi e brucianti un'ala pietosa, un'ombra. Implacabile leone addosso mi ruggiva, facendo corti i passi e il fiato mi contèndeva la mèta. Stordita, pietivo alla natura sollievo di frescura e fu allora che la scorsi all'improvviso, in cima alla salita, e mi stupii non poco: -Stamane non l'ho vista ! E pur c'era, era un'acacia. Era là, sul ciglio della strada, verde contrasto ai capperi selvaggi impolverati che impudichi e innocenti aprivano al sole i fiori sfacciatamente viola. Era in attesa, protesa al mio ritorno, l'ispida chioma china, in generosa offerta. Ed io la vidi bella, la sentii amica. Indietro poi mi volsi e mi parve impoverita l'immensità del mare. Mossi un passo e fui nell'ombra. Poi mi sentii meschina.
M'appresso, frutto e pianta di umana specie, accesi gli occhi ma pur le gote, e leggo mesta il lugubre epitaffio: " Qui, creatura giace, in non desiata pace, da uomo condannata." E' l'ultimo tuo canto e a me è peso, ira e pianto. Nel silenzio greve l'orecchio tendo per ritrovar la voce del tuo fluir lieve, dolce melodia amica a fiori e piante che con alterna vece da te prendevano vita, di te erano vanto. E rubo al vento un soffio che mi solleva a monte sul candido tuo ceppo che ti nutrì di nevi. Ti vedo giovanetto solcar di rughe e pianti le gote alla montagna, sparir per gioco in mal celati anfratti, ricomparir più sotto, a scatti. Dal riso accompagnate erano le tue cadute, garrule fontanelle, scroscianti cascatelle, rimbalzi, saltelli, di acqua gioiosi brandelli poi, più giù tranquilli. Argenteo percorrevi le piste dei tuoi avi, tra i boschi resinosi di silvestri pini vestiti ancor di rame e dalle chiome glauche che riverenti offrivano umili frutti a cono. Ma tu che fretta avevi, tra i greppi,incauto, lasciavi i gemmati intralci. Sentivi il grido del torrente inquieto e rumoroso, schiumoso e prorompente, possente, d'altri già pingue ma ancor di te vorace, che t'apprestava pronto un letto più capace. E lì giacevi adulto senza sussulto. Sereno andavi al lago che grato t'accoglieva e tu lasciavi pago. Poi, tra il pian cantando correvi al mare la voce tua intonando al suo mugghiare. Oggi, che l'uomo altro destino t'impone, trascini nel tuo greto i resti e le immondizie: supremo baluardo di un vivere balordo.
Mia vita... tutta su una pagina sgualcita. Ad ogni riga anni in ogni piega tarli; e negli angoli i sogni, i desideri occulti e poi sepolti, le sorde ribellioni, le ambizioni, i visi indifferenti della gente, le mani non protese dei parenti. Qua e là, macchie indistinte, le cose iniziate e mai finite. Guardo delusa la pagina sgualcita e mi coglie la febbre di finire, finire di sognare, finire di sperare, di aspettare. Finire la pagina invecchiata e continuar sull'altra da un po’ già cominciata e non sciupata ancora, dove trovano risposta domande mai osate, e ascolto le parole, dove si avverano i sogni, i desideri si appagano, le ambizioni riaffiorano. Dove forse vacilla la ragione ma viva mi sento. torna all'indice
L'immobile quercia da presto destino stroncata, le radici l'una all'altra sfuggenti alla terra negava e sul tronco, incrociava i suoi rami! Alla bocca, in smorfia dolente, un rimpianto di vita... e di vita uno sbocco affiorante in rigagnolo bruno, che nel fluire del fiotto e nel suo macabro guizzo ad un fiore vermiglio invocava un appiglio, in grottesco contrasto a una morte non tarda che seccato l'aveva, beffarda. E Tu eri in quel fiore, Padre, eri in quel fiore.
...sensazione lunare le note di un notturno si adagiano nell'aria come carezza all'anima.
Poi improvvisi risi di bimbi gioia accesa dal bacio del sole in fredda giornata di nuvole uggiosa. E ancora note, note oscillanti poi chete su tranquillo dolore, preludi sublimi su tanta tristezza vaganti. Lamenti al vento contesi, dal vento portati, nel vento svaniti. Soffici brume presagi di pianto, mirabile sfogo di pioggia che l'anima irrora.
Tenere note, compagne all'attesa di un albero solo che aspetta il ritorno del passero in volo. Note timbrate di amore lontano, evasioni, ire violente. Inesorabili, diaboliche note: fantasmi recanti paura di morte. E il dramma l'anima tutta riveste frusta ed esalta con furia irrompente, tutta l'adduce a febbrili deliri: focose insegne a tumulti spenti in singulti. Dirada l'ombre un valtzer brillante prodigio d'estro, inebriante, che in vortice allaccia impressioni fluttuanti, fiori sgargianti, farfalle danzanti, voli di uccelli canori, grazie che sublimano il Creato nel cielo del mattino di tenero rosato. Impressioni, pennelli nel suono, colori autunnali, grigiori invernali da eco eternati. Divina armonia che il tempo trascende. Ti amo Chopin ! torna all'indice
Bruni contrasti al pallido azzurro, emergenti ad alterne maree, palpitanti di piccole vite suggenti a prodiga fonte. Fiori di roccia sbocciati su vitrea zolla, ispidi appoggi a corolle di tenere erbe ricciute che languide tendono membra sinuose di lambir d'onda vogliose. Giganti inermi a flagello di acque schiumanti. Angeli neri, custodi notturni di argentei silenzi. torna all'indice
Il sorgere puro del sole, piastra rovente nel cielo di tinta sfuggente, splendidamente nudo, scevro d'orpelli e umide tracce notturne, l'assenza del vento, distratto in immemori giochi tra il verde dei colli. Un lùbrico sciame d'insetti impazienti, ressa di amanti bramosi, elude le foglie e piega a sue voglie le schiuse corolle dei torpidi fiori che lasciano all'erbe una stilla che brilla, prelude a fatica. torna all'indice
Sono immote le foglie dalla pioggia lavate: simili a molli diamanti le gocce percorrono le facce venate, inglobano discoli rivi privi di meta. S'ingrossa la goccia, scivola, esita...cade! Infranta ora giace sull'umida torba sacrario di spoglie, e di foglie. torna all'indice
e continuo a seminare su terra solcata da aratri, nutrita da speranza che non stacca il bove dal giogo ma l'un l'altro alla zolla trattiene con zelo. Speranza, chimera vagabonda che erra su sogni bruciati nei solchi dal gelo. E semino e spero. torna all'indice
In tardi riflessi vedo il sole giocare nel denso cobalto del mare, la riva assetata l'acqua lappare con lento fruscìo. Sento imminente la sera nell'aria che tace, sento la sera che dolce si spande nella sua pace, che spegne i bagliori di obliqui cadenti rossori, che avvolge i sospiri del giorno che langue, che estingue dell'astro la luce nell'ultimo fuoco. Non manca che poco... la luna nel cielo è lucerna; preghiera s'interna alla serica sfera... e abbraccio con gli occhi la sera.
Cerco lo spazio con gli occhi, per te, anima mia braccata. Sii discepola, una volta, ...ascolta: rivendica i diritti che ragione ti contende, apriti mia anima, non imputridire, non far di te quello che tempo fa a tua spoglia! Ridi, urla, canta, libera la ragnatela che t'imbriglia! Fai dell'istinto il tuo fecondo limo, snoda le radici nell'azzurro, ne sentirai il sussurro. Vola! Sempre l'ignoto è preferibile al vissuto. Il cielo è tuo, ne sei il tessuto. Tuo è il tempo. Tuo l'eterno. torna all'indice
Gioiosa e dolente nel crepuscolo vaghi sotto il viola del cielo dove ancor non prevale il ricamo di stelle. Tu vivi e canti nei sussurri dei soffi su onde deboli e disperse, tu vivi e piangi nel vigore di quelle che nel fiorir del sommo in ribollìo ingordo spengono del sole il raggio stanco, mentre su altre lisce e cristalline si specchia del giorno l'ultimo contorno. Tu sei nell'onda più potente che scrosciante scricchiola alla riva come fascina frantumata da piede di gigante. Tu sei nell'alternare del ritmo su scogli che frenano ire furibonde e inerti stanno a carezze amorose. E nell'instancabile vibrare d'invisibili sonore canne nasce un'armonia di voci eterne che al tramonto dell'infinito varcano le soglie. torna all'indice
Dolore di lutti di ieri, amaro sgomento presente. Lacrime, inutili arieti a malefiche ombre, rastrelli sdentati a grovigli segreti, urti di ansia su contorti sentieri, fonti di rabbia impotente vapore convesso su ortiche. torna all'indice
Passi spronati d'angoscia i miei pensieri sui deserti sentieri della notte. Echi tenaci di giorni corrosi in deluse speranze, di ore scandite da inutili attese, un lampo invocano a lor tempo, un sogno, anche se breve, che infranga di cose l'Essenza, invocano un lampo che irraggi la notte. Un lampo... pastura a breve esistenza di benefiche larve corrotte all'aurora. torna all'indice
Lasciarli alla croce contrasto al dolore? E' gioia allora il morire, ché a dolore piace trovare nella fine la sua pace. Chi è sulla croce ormai contorto vuole con questa breve rapporto, non chiede alla vita lunga tortura per vita, non scende a patti con la paura ma invoca con gli occhi rottura. Cristo, perché farli soffrire? torna all'indice
Sei nel mare che medita e tace, nei trabocchi d'azzurro, nella sabbia che scotta e nell'alghe ammassate in ristagno alla riva. Sei negli africi soffi che disperdono malìa nell'afoso tormento dei meriggi infuocati, nella città vuota, nei caldi vapori che ammollano asfalto, nelle orbite vuote di un tram, nell'abbacinìo di una bianca facciata in pienezza di luce, nella violenza di scrosci improvvisi che sciacquano solerti le foglie ed i tetti. Sei nel sereno che succede ai tuoni, nelle rideste erbe che libando il sole smaltiscono ebbrezze in effluvi buoni, nei limpidi ruscelli, nelle serene fonti, nel candore dei gigli e nel ronzio delle api. Sei nel buio, palpitante di mille muti voli, nello scemar dei trilli, nel crescendo dei frinii, tra i sospiri cadenti del vento, nel caldo bacio della sera. Sei in me che vagheggio il freddo delle stelle e gravitare vorrei nel cielo per asciugare le notturne stille. torna all'indice
Pura sei, fiocco di schiuma, chiostra di petali in rapida vita. Bagliore lunare nel sole che t'ama, ti bacia, t'invade, ti assorbe, t'invecchia e in un giorno ti sfoglia. torna all'indice
Perché ho te poesia vivo, perché ho te amo e sono, parlo per chi tace, canto anche nel pianto. con la tua voce grido, affido al vento il mio pensiero e sento la risonanza delle stelle. E' in te, porto dai moli evanescenti che attracco la mia anima. Tu, nocchiera alla mia barca, sicura passi tra i grovigli della mia palude, ne fori le nebbie; e accarezzo nuove aurore se mi sveli i misteri delle radici della notte, e voli di gabbiani vedo su mari inesistenti se mi proietti nei tuoi tersi cieli. Ti cerco, ti desidero, brucio, mi distruggo e mi ricreo, e finalmente libera mi levo, grido, amo e canto perché da cielo, mare e terra m'arriva la tua voce. torna all'indice
Fermati tempo ! Fammi stordire d'argento di luna e oro di stelle, beami di soffi notturni tra i capelli, fa' che la mia corsa lungo la battigia competa ancora con garrule spume. Fermati ! Fammi sentire ancora desiderio di tenerezza e voglia d'amore, fammi rubare ancora i raggi al sole e tuffare il viso tra i candidi petali delle rose che ho nel cuore. Possiedimi tempo, fammi tua essenza, tua linfa, fermati in me, amami, lasciami ancora lava di passione e seme di libertà. Non infierire sulla mia corteccia, non ghermirmi con artigli, accarezzami con guanti di velluto, dammi ancora denti di perla, labbra di corallo e occhi che bramano azzurro. Porta al presente il mio passato e fa che da esso non arrivino sospiri ma solo risa a infrangere il silenzio. Voglio ali di soffici piume per fluttuare con te nello spazio, voglio che si fermi il mio tramonto, voglio un futuro nell'eterno. Ti voglio tempo per contare ancora le stelle vestita di opale di luna per lasciarmi penetrare nella notte dalla voluttà dei gelsomini con l'anima sospesa a un trillo d'usignuolo. torna all'indice
Dell'autunno amo le stelle vigili al giorno che muore, l'ora estrema della notte preludio alla variegata aurora, ed i lattiginosi chiarori del giorno. Amo l'ansimare del mare nel rincorrersi di ribollenti schiume, il vento che impietoso, estirpa ,lacera e contènde, i tuoni che squassano l'aria, la tempesta che in debole ticchettìo muore sui vetri e le gravide corolle chine sugli steli. Amo lo sfioccare di nubi e il cielo imbronciato, l'umido fiatare delle imbibite zolle e le ospitali pozzanghere dove poveri raggi di sole tremuli si accovacciano tra il gricolìo di foglie morte. torna all'indice
Quando per sempre muto sarà il vento, quando ai monti, le pianure e le valli dei fiumi resterà solo il ricordo, quando alle foglie assetate saranno negati diamanti di brina e il sole avvilito a poco a poco richiamerà le sue tristi ed inutili carezze e per sempre immoti i mari specchieranno cieli indifferenti, quando i destini del mondo saranno compiuti e il silenzio incolume dominerà su resti inerti, allora , solo allora, forse, nella loro polvere troveranno risposta i mille perché della vita. torna all'indice
Ora sta il gabbiano argentato e non osa i cieli tersi e i mari infiniti. Ansimante, e con l'ali raccolte, sul suo atollo di spenti coralli conta i giorni sgranati dal tempo, dove, sempre in più rapida corsa dilegua il suo tramonto, e dove, ai confini della luce, stanco si perde l'ultimo suo volo, dove il suo canto lacera l'anima ai venti, dove eco, pietosa, ne raccoglie la spettrale armonia, dove le sue ali, per sempre inerti, si perdono in fredde trasparenze di cristallo, dove la notte genera ombre più dense per nascondere il pietoso tremolio delle stelle. torna all'indice
Ascolta... è il vento! Dal suo mobile podio impone il ritmo a crepitanti, corruschi vapori che in crescendo divorano pini, larici e faggeti. Senti? Non è stormire di foglie il canto ma lugubre concerto, pianto, grido che lacera il silenzio del cielo immobile e sconfitto, ignora l'ebete sorriso del sole indifferente, sale, sfiorando il flagrare d'ignote stelle, rotola tra ombre fatte di nulla, fatte di distanze. Deluso, averte la sua prora dal rutilio delle vanesie lucciole che affollano il sidereo. Porta lontano il gemicare della sua pena, sa che c'è un altro paradiso che l'attende, un paradiso senza porte e chiavistelli dove sarà eterea armonia che affonda le radici nell'eterno.
Ed io ti creo con occhi vigili alla mia tristezza, orecchio teso ai miei pianti muti, mani che mi sfiorano la pelle, all'improvviso, come presaghe dei miei inespressi desideri, braccia che si allargano e mi accolgono, profonde, senza fine dove trovo ciò che è, ciò che non ho. Così ti creo, arpa che vibra ai miei deliri, mare di tenerezza infinita, porto di pace, faro che squarcia le mie tenebre, furia avida di me. Così ti creo uomo, così ti voglio, come non sei. torna all'indice
Ora i rami rinsecchiti disperati proteggono le foglie gialle dalle ombre della sera, ora c'è in me solo il tepore di quel fuoco che la vita mi sostenne, solo il tepore che nulla potrà contro l'imminente freddo. |