Da <<Bollettino Società Tarquiniense d'Arte e Stroria>>, n.28, 1999

        Alberto Palmucci

GLI ELOGI DEGLI SPURINNA

 

  1. La lingua etrusca a Roma. La più antica documentazione epigrafica attestata nel Lazio antico è il nome personale Vetusia [1] scritto in caratteri etruschi su una coppa d’argento della Tomba Bernardini a Palestrina (675-650 a.C.). La cosa rimanda a consimili nomi che si ritroveranno poi a Vulsini (VI sec. a.C.) e a Chiusi (ThLE, p. 147).

Da Satrico proviene un vaso di bucchero (fine VII – inizio VI sec. a.C.) con la scritta Velchainasi (= io sono di Velchaina, - nome attestato nella stessa epoca anche a Chiusi, a Cere ed altrove -,  vedi Thle, p. 147).

Da Roma provengono cinque iscrizioni.

 

1)         Snu […][2](VII sec. a.C.). Sono le iniziali di una parola graffita su un piatto italo-geometrico proveniente dal sepolcreto dell’Esquilino. Si tratta forse della più antica iscrizione trovata a Roma. Dalla stessa tomba proviene un vaso corinzio recante in alfabeto greco-corinzio il nome del defunto proprietario o costruttore del vaso: Kleikles/Keiklos[3]. E’ l’unica iscrizione greca del VII sec. a. C. finora rinvenuta a Roma. Nella città sono stati trovati altri vasi di stile corinzio; e si è supposto che Kleikos fosse stato uno dei vasai compagni di Demarato[4]. La compresenza, infatti, in una tomba romana, di un greco di Corinto e di un etrusco, fa pensare che proprio l’Etruria, e Tarquinia in particolare, come voleva Cicerone, fosse stata la tramite fra Corinto e Roma ( vedi par. 1).

2)          […] Uqnus (ThlE, pag. 358; fine VII sec. a.C.).  E’ scritto in alfabeto di tipo meridionale su un frustulo di vaso d’impasto trovato in una fossa per sacrifici sotto gli strati della base del tempio nell’area di S. Omobono. Per le caratteristiche dell’alfabeto, si veda, in particolare, il sigma (s) a quattro tratti in uso a Cere e Veio, ma in parte anche a Tarquinia, durante gli ultimi decenni del VII sec. a. C. Il testo  richiama il nome di Ocno, mitico fondatore di Perugia e di Mantova. 

3)         Araz Silqetenas Spurianas[5] (metà VI sec. a.C.) . E’ il nome di un personaggio etrusco di alto rango, inciso sul retro di una placchetta d’avorio a forma di leoncino, trovata nel pozzo votivo del tempio appartenente all’area di S. Omobono. Araz  (= Arunte) è il nome personale, Silqetenas e Spurianas hanno la forma del gentilizi etruschi. Il secondo ci riporta a Tarquinia dove, attorno al 530 a.C., un quasi omonimo Arath Spuriana verrà sepolto nella famosa Tomba dei Tori.

4)         Mi Araziia Laraniia (TLE, 24; ThLE, pag. 66; di poco posteriore al precedente). Iscrizione graffita su una coppa trovata in un pozzo presso il tempio di Saturno alle pendici del Campidoglio. Ni sta per Mi: <<io sono di Araziia Laraniia>>. Si tratta del prenome e del nome del possessore (uomo o donna) del vaso. Laraniia è  un gentilizio che deriva dal teonimo etrusco Laran (= Marte).

5)         […]+enteisiua[…] (seconda metà inoltrata del VI sec. a.C.). Si tratta di dieci lettere appartenenti a un testo più lungo, graffite su due frammenti ricomposti di una coppa di bucchero, trovati in via del Campidoglio, sul lato sud-occidentale del Tabularium[6]. La scrittura sinistrorsa e la forma del t, che si ritrova a Tarquinia, Cere e Lavinio, hanno fatto supporre che si tratti di una scrittura etrusca[7].

 

 Nella stessa Roma dovette svilupparsi un particolare dialetto etrusco. Ne abbiamo due esempi.

 L’uso precoce della sincope all’interno del gentilizio Laraniia in luogo di *Laranaia[8].

 L’uso del suono z in luogo di th, come nel caso, documentato due volte, della forma Araz del prenome Arant[9]. Il nome dovette esser molto frequente fra gli Etruschi di Roma.  Tradizionalmente era attribuito ad

·       Arunte, fratello di Tarquinio Prisco [10], figlio di Demarato Corinto;

·       Tarquinio Arunte (detto Collatino ed Egerio), nipote di Tarquinio Prisco [11];

·       Tarquinio Arunte, fratello di Tarquinio il Superbo [12];

·       Tarquinio Arunte, figlio di Tarquinio il Superbo [13];

·       Arunte, figlio di Porsenna [14].

 

18. Gli Elogi degli Spurinna. Quanto al nostro Arunte Silqetenas Spurianas, proprietario della placchetta d’avorio trovata a Roma, potrebbe trattarsi, come ha ipotizzato il Pallottino, <<di un discendente dei primi nobili compagni di Tarquinio o di un tarquiniese recentemente attratto alla corte di Roma>> [15].

Nel Foro di Tarquinia sono stati trovati i frammenti di tre epigrafi marmoree dedicate, in epoca imperiale, a tre antichi Spurinna : 1) Velthur figlio di Lart, 2) un altro Velthur, 3) ed Aulus, figlio di un Velthur. I testi dei tre elogi, nell’ordine, sono i seguenti[16].

 

1.          V[ELTH]UR SPUR[INNA] /  [L]ARTIS F. / PR(AETOR) II [; IN] MAGISTRATU AL[ERIAE][17] / EXERC[I]TUM HABUIT ALTE[RUM IN] / SICILIAM DUXIT PRIMUS O[MNIUM] / ETRUSCORUM MARE CU[M – LEGIONE]  / TRAIECIT A QU[…] / AUREA OB VI[ …] etc.[18]

2.          [VELTHU]R SPUR[INNA] / [VELTUR]I[S F. (?)] / […]VN[…] / […] PR(AETOR) […] / […]MA[…] / […]A[…]

3.          AUL[U]S S[PU]RINNA VE[LTH]UR[IS - F] / PR III ; ORGOLN[IU]M VELTURNE[…]ENSI[…] / CAERITUM REGEM IMPERIO EXPU[LIT (?) …]XI[…] / [A]RRETIUM BELLO SEVILI V[EXATUM LIBERAVIT] / [LA]TINIS - NOVEM - OP[PIDA …] / CEP[IT (?) …] / FALIS[C …]

 

Secondo il primo elogio, Velthur, figlio di Lart, rivestì per due volte la carica di praetor a Tarquinia (cioè fu il capo della città); e, durante il suo magistrato, fu il primo a condurre oltre mare un esercito regolare. Infatti, comandò, ad Aleria, in Corsica, la flotta etrusca[19]. Condusse poi una seconda spedizione in Sicilia[20], forse a Lipari[21].

Per Emilio Gabba[22], il fatto sarebbe avvenuto nella seconda metà del V sec. a. C. ; a giudizio di Mauro Cristofani, invece, attorno ai <<decenni finali del VI sec. a.C.>>[23].

La flotta etrusca comandata da Velthur potrebbe esser stata, allora, quella che nel 540 a.C. sconfisse ad Aleria i Greci di Focea; e poiché Velthur fu praetor a Tarquinia, e non rex, si dovrebbe arguire che la città, nella seconda metà del VI sec. a.C. era già una repubblica[24].

Il secondo elogium è troppo lacunoso.

Il terzo, quello di Aulus Spurinna, dice che il personaggio fu tre volte praetor, e compì varie imprese: avrebbe espulso il re dalla città di Cere, combattuto vittoriosamente contro gli etruschi di Arezzo, e occupato ai Latini nove città.

 Mario Torelli (op. cit.) ha voluto identificare i tre Spurinna degli Elogi (secondo lui, padre figlio e nipote) con i proprietari della Tomba dell’Orco II  (IV sec. a.C.) a Tarquinia; ed ha ritenuto che Aulus fosse stato il condottiero della guerra combattuta nel 358 a.C. dai Tarquiniesi contro i Romani. In quella occasione, Aulus avrebbe espulso dal trono il re di Cere perché gli negava il passaggio verso le terre latine.

Ma Cere, nel IV sec. a. C. non aveva un re[25]. La città aveva un regime repubblicano già forse alla fine del VI sec. a. C. [26]. C’è poi il fatto che la Tomba dell’Orco II (che è del IV sec. a.C.) non apparteneva agli Spurinna, bensì ai Murina, come è stato recentemente dimostrato.  Non abbiamo dunque nessuna prova che a quel tempo gli Spurinna risiedessero a Tarquinia. Sappiamo invece con certezza che essi furono presenti qui e a Roma durante la seconda metà del VI sec. a.C. (vedi par. 1)[27].

 Bisogna poi considerare che, durante la guerra del 358, Tarquiniesi e Romani trucidarono vicendevolmente i prigionieri; e non è verosimile che, in epoca imperiale, i Tarquiniesi, ormai da tempo sotto il dominio di Roma, avessero interesse a rievocare ai Romani  quegli episodi, né tanto meno a ricordar loro l’occasione in cui li avevano sconfitti e li avrebbero privati di nove città latine .

 A ben guardare, l’elogium di Aulus non parla di una guerra di Tarquinia contro Roma, bensì dell’occupazione di nove città latine, di una guerra contro Arezzo, e della espulsione del re di Cere dal trono.

I fatti dovrebbero ricondurci attorno alla metà del VI sec. a.C. quando la gens degli Spurinna era presente sia a Tarquinia che a Roma. A quel tempo era ancora possibile che i Tarquiniesi di Tarquinia e quelli di Roma combattessero insieme contro vari popoli etruschi e latini che volevano soppiantarli nel controllo di Roma: una situazione più o meno analoga a quella che, a nostro avviso, si era verificata durante il regno che la tradizione assegnava a Tarquinio Prisco (vedi par. 4 di Lucumone -Tarquinio Prisco).



[1] ThLE, pag. 155. Per la relativa problematica si rimanda alla bibliografia contenuta in M. Pallottino, Origini e Storia Primitiva di Roma, Milano, Rusconi, 1984, pag. 187; 374-375.

[2] M. Guarducci, Un’epigrafe greca arcaica a Roma, in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, 49, 1976-77 (1978), pag. 92, n.21.

[3] L’iscrizione corinzia è stata pubblicata da M. Guarducci, Un’epigrafe greca arcaica a Roma, in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, 49, 1976-77 (1978), pp. 85-92.

[4] G. Colonna, Etruria e Lazio nell’età dei Tarquini, in M. Cristofani, Etruria e Lazio arcaico, a cura di, Roma, C.N.R., 1987, pagg. 57-58; M. Pallottino, Origini e storia primitiva di Roma, cit., pag. 193; 198.

 

[5] M. Cristofani, La grande Roma dei Tarquini, a cura di , Roma, <<L’Erma>> di Bretschneider, 1990, pag. 21.

[6] M. Albertoni, Frammento iscritto del Campidoglio, in La grande Roma dei Tarquini, a cura di M. Cristofani, Roma, <<L’Erma>> di Bretschneider, 1990, pag. 22.

[7] M. Cristofani, Frammento iscritto del Campidoglio, in La grande Roma dei Tarquini, cit. , pag. 22.

[8] TLE, 24; ThLE, pag. 66.

[9] M. Cristofani, Coppa iscritta dalle pendici del Campidoglio, in La grande Roma dei Tarquini,  cit., pagg. 23-24.

[10] Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, III, 46,5; 50,3; 65,4.

[11] Dionigi di Alicarnasso, op. cit. , III, 50,3; IV, 64,3.

[12] Dionigi di Alicarnasso, op. cit. , IV, 30,2; 30,3; 79,1.

[13] Dionigi di Alicarnasso, op. cit. , IV, 63,1; 69,2; V, 15,1.

[14] Dionigi di Alicarnasso, op. cit. , V, 30,1; 36,1; VII, 5,1.

[15] M. Pallottino, op. cit. , pag. 208.

[16] Da M. Torelli, Elogia Tarquiniensia, Firenze, Sansoni, 1975 pagg. 43-44 e tav. IV.

[17] Per la fine della terza riga, il testo di M. Torelli propone Al[terum]; noi lo abbiamo sostituito con Al[eriae] perché abbiamo accettato in questo caso la proposta fatta da E. Gabba (E. Gabba, Proposta per l’elogio tarquiniese di Velthur Spurinna, <<Numismatica e antichità classiche>>, VIII, 1979. Pagg.143-147).

[18] Secondo M. Torelli (op. cit.), l’elogio, dopo <<traiecit>> della quarta riga, dovrebbe esser integrato così: <<a qu[a clupeo et corona] / aurea ob vi[rtutem donatus est]>>. Secondo G. Colonna, andrebbe invece, integrato così: <<a qu[o Apollo cortina] / aurea ob vi[ctoriam donatus est]>> (G. Colonna, Apollon, Les Etrusques et Lipara, <<MEFRA>>, 96, 1984 – 2, pagg. 557-578).   

[19] E. Gabba, op. cit. ; G. Colonna, op. cit.; M. Cristofani, Saggi di storia etrusca arcaica, 1987, G. Bretschneider, pagg. 51-76.

[20] M. Torelli, op. cit.

[21] G. Colonna, op. cit. ; M. Cristofani, op. cit

[22]E. Gabba, op. cit. , pag. 146-147. Erroneamente, Elena Massi ritiene che il Gabba intenda che Velthur Spurinna <<comandò un esercito in Corsica durante la guerra del Mare Sardo (540 a.C.)>> (E. Massi, Gli “Elogia degli Spurinna”, <<Bollettino della Società Tarquiniese di Arte e Storia>>, 21, 1992. Pagg. 61-67).

[23] M. Cristofani, op. cit. , pag. 75. La flotta etrusca comandata da Velthur potrebbe esser stata, allora, la stessa che nel 540 a.C. sconfisse ad Aleria i Greci di Focea.

[24] Tarquinio il Superbo fu detronizzato a Roma  dai membri repubblicani della sua stessa famiglia: Tarquinio Collatino e Bruto figlio di Tarquinia. Conseguentemente, si recò  a  Tarquinia per chiedere che la città intervenisse presso i Romani  per restituirgli almeno i beni personali. In quello occasione, egli si presentò ai magistrati (non al re) della città; e costoro lo condussero dinanzi alla assemblea del popolo (Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, V, 2;3). Evidentemente, Tarquinia era repubblica già nel 509 a.C.. Forse la monarchia romana cadde quando i repubblicani di Tarquinia non la sostennero più.

[25] M. Cristofani, op. cit., pagg. 66-67.

[26] Adriano Maggiani, Appunti sulle magistrature etrusche, <<Studi etruschi>>, LXII, 1996 (1998), pagg. 102-4).

[27] A Roma saranno fra le famiglie eminenti. Un Vestricium Spurinna è menzionato da Tacito (2, Hist. 11) e da Plinio il Giovane (2, 7 e 3 Epistola1). Un altro da Valerio Massimo in Fatti e detti memorabili, IV, 5, e da Ambrosio in De virginitate, 3.. Fu uno Spurinna l’aruspice che avvisò invano Cesare di guardarsi dalle Idi di Marzo ( Cicerone, Della divinazione, I, 119; Fam. 9; 52; Svetonio, Cesare, 81).